Finale a sorpresa. Sui premi di Venezia 2024

di Lara Lensi

Data di pubblicazione su web 09/09/2024

Finale a sorpresa. Sui premi di Venezia 2024


Si è conclusa ieri l'81esima Mostra del Cinema di Venezia, dopo un'edizione che ha lasciato il pubblico del Lido alquanto tiepido. Al netto degli undici giorni di festival, sia per la stampa italiana che per quella internazionale, nessun film in concorso ha superato una soglia di gradimento che andasse sopra le fantomatiche tre stelle del quotidiano «Ciak Magazine» che, in termini di apprezzamento, significa rimanere nell'area dell'“interessante”, senza mai riuscire a raggiungere il livello successivo: “da non perdere”. 


A presiedere la giuria dell'edizione è stata la pluripremiata attrice Isabelle Huppert (La pianista 2001, Elle 2016) il cui ruolo ha inevitabilmente fatto avanzare sospetti su preferenze “connazionali” rispetto ad alcuni premi assegnati. La domanda che resta sospesa dopo la conclusione della cerimonia di premiazione è la seguente: il fine, nel cinema, giustifica davvero i mezzi? A giudicare dalla lista di premi assegnati per il concorso, dovremmo dire di sì.


Si aggiudica il Leone d'Oro The Room Next Door di Pedro Almodóvar, con protagoniste Tilda Swinton e Julianne Moore. Lascia assolutamente perplessi l'assegnazione dell'ambito premio a un film che di scottante ha la tematica (il film accompagna negli ultimi giorni Martha – Swinton – che in compagnia di Ingrid – Moore – sceglie di porre fine alla sua vita minata dal cancro con l'eutanasia), e per il resto presenta delle sbavature non trascurabili. A cominciare dal soggetto, ufficialmente tratto dal romanzo Attraverso la vita di Sigrid Nunez, The Room sembra compensare i vuoti di sceneggiatura con dei riempitivi attinti a piene mani dalla filmografia del regista. Diversamente dalle declinazioni fantasiose che i topoi almodovariani felicemente subivano in ogni nuova trama, in The Room le tematiche evocate, parallelamente a quella principale, sembrano dei camei più o meno avulsi dall'intreccio, proposti con la sicurezza di fare breccia in un fandom ormai ben assestato. Non riuscito è allo stesso modo l'approccio dell'opera con la lingua inglese che, se nel corto firmato dallo stesso regista The Human Voice (2020) non aveva influito sulla riuscita, in The Room lascia l'impressione di una traduzione letterale del copione spagnolo, con un risultato a dir poco alienante, soprattutto se interpretato da volti così peculiari come la Swinton.


Pedro Almodovar
© Biennale Cinema


Il Gran premio della giuria - Leone D'argento è stato assegnato a Vermiglio dell'italiana Maura Delpero. Anche qui viene da chiedersi se fosse un'opera così matura da meritarsi il secondo posto, anche considerando le condizioni in cui il film è stato girato. Delpero sul palco ha ricordato le difficoltà atmosferiche, la scelta e la gestione del cast di non professionisti e la volontà di optare per il dialetto, sfidando il botteghino. Tutti onori e oneri che gravano sulle spalle della talentuosa regista, il cui operato andava forse riconosciuto con il premio specifico per la regia. 


A ottenere quest'ultimo è invece Brady Corbet con The Brutalist. Il film è un'opera mastodontica che per sua natura ha coinvolto infinite maestranze; a confermarlo è la lunga lista di nomi letti sul palco dal vincitore. Si ricordi a tal proposito la straniante e sperimentale colonna sonora originale composta da Daniel Blumberg, oltre che la difficile scelta, concordata con il direttore della fotografia Lol Crawley, di girare la pellicola nel formato VistaVision per ottenere la tipica colorazione anni '50 (perfettamente riuscita). Il film ha inoltre avuto una gestazione lunga, dal 2018, i cui ritardi sono stati in parte dovuti alla pandemia da Covid, in parte al lungo studio di Corbet e della sceneggiatrice Fastvold per immergersi nell'universo da loro creato. Impossibile, dunque, concepire The Brutalist come un'opera che possa reggersi soltanto sull'ottima regia, come suppone il premio assegnatogli, forse non comprendendone a pieno il significato. 


Proseguendo si arriva ai due premi per l'interpretazione, maschile e femminile. Vincitrice della Coppa Volpi è Nicole Kidman con il film Babygirl della regista olandese Halina Reijn. A causa di un grave lutto familiare Kidman non ha potuto presenziare alla premiazione e il premio è stato ritirato dalla regista. Nella scarsa rosa di interpretazioni femminili presenti quest'anno in Concorso, quella di Kidman sembrava non aver suscitato particolare clamore. Kidman è quella che si può definire un'attrice-marionetta, che trae il suo vantaggio dalla sinergia stabilita con il regista con cui si interfaccia. La giovane regista Reijn ha avuto la fortuna di trovarsi tra le mani un'interprete formidabile che non ha decisamente saputo plasmare su una sceneggiatura che si presentava già minata da alcune imperfezioni. Pur riconoscendo la bravura di Kidman, ci si dispiace pensando alla grande prova di Fernanda Torres in Ainda estou aqui o alla recitazione minimalista di Ia Sukhitashvili (April).


La miglior interpretazione maschile è stata assegnata a Vincent Lindon per Jouer avec le feu. Un film, quest'ultimo, ben arbitrato, in cui l'operato di Lindon è tanto emotivamente coinvolgente quanto facilmente dimenticabile. La competizione in Concorso era altissima per la categoria e sembra veramente difficile aver pensato alla buona prova attoriale di Lindon più che agli sforzi di Daniel Craig, Adrien Brody, Joaquin Phoenix e alla sua drammatica perdita di peso, senza dimenticarsi del camaleontico Nahuel Pérez Biscayart (El Jockey). Gli infiniti ringraziamenti che Lindon una volta sul palco ha rivolto quasi esclusivamente a Isabelle Huppert hanno fatto storcere il naso.


Vincent Lindon
© Biennale Cinema

Il premio per la miglior sceneggiatura va alla coppia di scrittori Murilo Hauser e Heitor Lorega per il film Ainda Estou Aqui di Walter Salles. Sorgono dei dubbi anche sull'assegnazione di questo premio considerando che per la prima parte del film la sceneggiatura si è avvalsa principalmente dei ricordi personali del regista Salles, intrecciati con quelli del figlio di Rubens Paiva, Marcelo, sul cui omonimo libro si impernia invece la seconda parte. Certamente grazie all'operato dei due sceneggiatori è stata raggiunta un'armonia il cui cuore però batte chiaramente nel dialogo intimo tra Marcelo Paiva e Walter Salles. Una scelta, il premio, che non sembra tenere in considerazione le difficoltà del lavoro di scrittura di cui si può avvalere un film, togliendo la possibilità di vittoria agli interessanti intrecci di Love (secondo capitolo indipendente della trilogia di Joan Haugerund) o ai bei dialoghi dell'epopea adolescenziale Leurs enfants.


Il Premio speciale della giuria è assegnato ad April della georgiana Dea Kulumbegashvili. Sincero è il compiacimento per la vittoria di questo film che, nonostante l'eventuale difficoltà di fruizione, ha inaspettatamente ottenuto la possibilità di farsi riconoscere internazionalmente. Sebbene la tematica affrontata sia di imprescindibile importanza, l'opera di Kulumbegashvili presenta ancora delle evidenti immaturità risultando troppo legata al padre artistico Carlos Reygadas. Che il Leone sia l'input a definirsi come artista e donna. 


Infine, il premio Mastroianni per un giovane attore o attrice esordiente è stato assegnato a Paul Kircher, protagonista di Leurs enfants. La natura ambigua del premio Mastroianni lascia, a quanto pare, spazio anche ad attori non proprio esordienti come il bravo Kircher che lavora dal 2020, annoverando già nella breve carriera una collaborazione con Christophe Honoré. Senza mettere in dubbio la splendida recitazione dimostrata in Leurs enfants, di veramente esordiente c'era Martina Scrinzi (Vermiglio) che a soli ventisette anni ha saputo dare corpo a una giovane donna del '45, donando al suo personaggio notevoli chiaroscuri.


Tornando alla domanda di apertura, la risposta è no; (al cinema) il fine non dovrebbe giustificare il mezzo. Sarebbe auspicabile lasciare da parte il politically correct quando il proprio compito è quello di valutare l'arte. Troppo spesso negli ultimi tempi il peso di una cancel culture che distoglie lo sguardo da ciò che non è più in linea con il costume di questa epoca influenza scelte in ambiti che dovrebbero rimanere al riparo da simili incursioni. Se però l'obiettivo era quello “di far tutti contenti”, allora è bene mettere i puntini sulle “i”, precisando che si è lasciata a piedi tutta la comunità LGBTQ+, quest'anno molto presente in concorso e con ottimi rappresentanti (Queer, El Jockey, Love).


Leone d'Oro per il Miglior Film

The Room Next Door di Pedro Almodóvar (Spagna)



Leone d'Argento - Gran Premio della Giuria

Vermiglio di Maura Delpero (Italia, Francia, Belgio)



Leone d'Argento per la Miglior Regia

The Brutalist di Brady Corbet (Regno Unito)



Coppa Volpi per la Migliore Interpretazione Femminile

Nicole Kidman per Babygirl di Halina Reijn (USA)



Coppa Volpi per la Miglior Interpretazione Maschile

Vincent Lindon per Jouer Avec Le Feu di Delphine Coulin e Muriel Coulin (Francia)



Premio per la Migliore Sceneggiatura

Ainda Estou Aqui di Walter Salles (Brasile, Francia)



Premio Speciale della Giuria

April di Dea Kulumbegashvili (Francia, Italia, Georgia)



Premio Marcello Mastroianni

Paul Kircher per Leurs Enfants Après Eux di Ludovic Boukherma e Zoran Boukherma (Francia)



Cast & Credits



Isabelle Huppert, presidente della giuria di Venezia 2024