È
stato un verdetto senza sorprese, per lo meno senza grandi sorprese. Almeno per
noi, che temevamo molto di essere sorpresi. Soprattutto a partire
dallimprovvida dichiarazione di apertura della “presidenta” della giuria Lucrecia Martel, che riportava indietro
di qualche secolo il dibattito sui rapporti tra arte e morale, dibattito che
già Aristotele aveva risolto con lassioma della moralità del bello. Per chi si
mettesse ora in ascolto la “presidenta”, in uninterpretazione talebana del me too (particolarmente caro alle
artiste in età sinodale), dichiarava la sua indisponibilità a vedere lopera,
in concorso, di Roman Polanski
dedicata allaffaire Dreyfus a causa dei ben noti problemi giudiziari che il
regista si trascina dagli anni Settanta. Rimessa a posto dal direttore Alberto Barbera, che questa distinzione
ben conosce, garbatamente retrocedeva con la consueta àncora di salvataggio del
“sono stata fraintesa”. A
suo onore, non vogliamo pensare debolezza, il verdetto della giuria riflette in
pieno questo ravvedimento con il Gran Premio della giuria (il Leone dargento)
assegnato proprio allopera di Polanski. Il film è dedicato alla vittima di uno
dei più angosciosi e celebri casi giudiziari della storia, e cioè la condanna
per alto tradimento dellebreo ufficiale Dreyfus attraverso una articolata
macchinazione delle alte sfere militari della Terza Repubblica, nella Francia
di fine Ottocento umiliata dalla sconfitta contro la Germania e dalla perdita
dellAlsazia e della Lorena. Protagonista del vigoroso affresco storico non è
però limputato, bensì lufficiale Georges Picquart che, a capo dei servizi
segreti, non si arrenderà nella ricerca della verità, pagando di persona offese
e degradazioni ma riuscendo a coinvolgere gran parte dellopinione pubblica del
tempo e anche lala progressista a cui Emile Zola darà, con il suo Jaccuse gridato sulle pagine del
giornale «lAurore», uno dei più grandi esempi del potere della stampa libera.
Il leader di Action française dichiarò «Falsi sì, ma patriottici» i documenti
di accusa. Film storico di grande forza e chiarezza che non esibisce ma nemmeno
occulta una precisa sofferenza autobiografica. Il
Leone doro, in qualche misura atteso anche per oculate ragioni di diplomazia
festivaliera, è andato senza scosse al brillante Joker di Todd Phillips
che, forse con qualche eccesso manieristico, inventa per lavversario di Batman
un vissuto psicanalitico che lo sottrae allo stereotipo del male assoluto. Joaquin Phoenix mette una seria ipoteca
(quanto meno una serissima candidatura) ai prossimi Oscar (di cui Venezia si è
fatta negli ultimi anni battistrada) per indagare le frustrazioni e le
delusioni alla base della sua perversa personalità. Premio condiviso sul palco
tra il regista e linterprete. Il
binomio si è dimostrato indissolubile anche nella Coppa Volpi per la miglior
interpretazione maschile, assegnata con pieno merito a Luca Marinelli inscindibile dal consenso ottenuto dal film Martin Eden, dalla fortissima impronta
autoriale del regista Pietro Marcello
maturo e coraggioso. La Coppa Volpi per la miglior interprete femminile è
andata poi a un esempio ventennale di simbiosi creativa: Ariane Ascaride, musa, ispiratrice, praticamente coregista dei
lavori del marito, Robert Guédiguian.
Con Gloria Mundi i due artisti
continuano instancabilmente a fare di Marsiglia e del suo proletariato la fonte
di ispirazione della loro ostinata attenzione alle vite drammatiche degli “ultimi” (a volte facendo prevalere lottimismo della volontà, a volte il
pessimismo della ragione), tenaci non meno di Ken Loach. LItalia
riemerge alla ribalta con il divertente e insieme impegnato titolo di Franco Maresco, La mafia non è più quella di una volta, che si prende il premio
speciale della Giuria con la panoramica grottesca di una società nei cui
confronti prosegue lindagine avviata qualche anno fa con laltrettanto vitale
e allarmante Belluscone. Niente da
eccepire sul premio Mastroianni destinato allinterprete emergente vinto da Toby Wallace, protagonista di Babyteeth di Shannon Murphy, che esordisce nel lungometraggio con uno stile
narrativo originale ed eclettico. Lasciamo
per ultime le “sorprese”, cioè le decisioni da cui dissentiamo: premio alla Miglior
sceneggiatura al raffinatissimo Ji yuan
tai qi hao (No7 Cherry Lane) in cui il regista Yonfan prende di
petto la storia di Hong Kong degli anni Sessanta del secolo scorso e,
infarcendola di infiniti rimandi letterari e filmici, pare rimpiangere i tempi
distesi di una vita non frenetica che lasci spazio alla riflessione, al gioco
delle ambiguità erotiche, insomma alluomo più che al prodotto. Di splendida
animazione, opera colossale di unéquipe di disegnatori, ci è parso però che laffastellamento
dei temi e delle immagini non fosse il risultato di una sceneggiatura
esemplare. Segue
lincomprensibile Premio alla regia a Roy
Andersson che nel suo Om det oändliga
- Sullinfinito arricchisce
stancamente il catalogo di situazioni spiazzanti di un humour che sembra la
residuale ripetizione delle felici intuizioni del precedente vincitore a
Venezia Un piccione seduto su un ramo
riflette sullesistenza (2014). La
delusione (cioè il rapporto tra le attese e la realtà): primo in classifica
assoluta Pablo Larraín con Ema. Segnaliamo
con piacere il Premio Orizzonti al durissimo e coraggioso lungometraggio sulla
guerra nel Donbass Atlantis
dellucraino Valentyn Vasyanovych. Coup de coeur: Madre, di Rodrigo
Soroguyen, sempre nella sezione “Orizzonti”, che ha visto il premio
allincantevole protagonista Marta Nieto:
storia di una madre che perde, letteralmente perde, nel senso che non lo trova
più, il figlio bambino e che dieci anni dopo, in un adolescente che sa
perfettamente non essere il figlio perduto, ritrova le dolcezze e le emozioni
per una meritata pacificazione. Film femminile nel senso migliore di un giovane
artista intelligente e sensibile che ben ha compreso come le ideologie crollino
di fronte allumana comprensione. “Non
sorprendente” può anche significare non coraggioso. Ma se per coraggio si
intende il premio alle provocazioni gratuite molto meglio un verdetto piano,
forse un po compromissorio ma largamente condivisibile anche da un pubblico
meno professionale. Quel pubblico meno professionale che questanno ha fatto vivere il Lido, con una presenza vitale ed esplosiva in
tutte le sezioni, con un affollamento delle sale senza precedenti.
Da segnalare anche, nellottima direzione di
Barbera, la “prenotazione” di due settimane sfavillanti, con un clima fulgido.
Meglio un generale bravo o un generale fortunato?
Questo lelenco dei premi assegnati:
Leone
dOro per il Miglior Film
Joker
di Todd Phillips
Leone dArgento – Gran
Premio della Giuria
JAccuse
di Roman Polanski
Leone
dArgento per la Migliore Regia
Roy Andersson per Om det oändliga (About Endlessness)
Coppa
Volpi per la Migliore Interpretazione Maschile
Luca Marinelli per Martin Eden di Pietro Marcello
Coppa
Volpi per la Migliore Interpretazione Femminile
Ariane Ascaride per Gloria Mundi di Robert
Guédiguian
Miglior Sceneggiatura
Yonfan per Ji yuan tai qi hao (No.7 Cherry Lane)
Premio
Marcello Mastroianni a un giovane attore
Toby Wallace per Babyteeth di Shannon
Murphy
Premio
Speciale della Giuria
La Mafia Non È Più Quella Di Una Volta di Franco Maresco
Premio
Orizzonti per il Miglior Film
Atlantis di Valentyn
Vasyanovych
Premio
Orizzonti per la Miglior Regia
Théo Court per Blanco En Blanco
Premio
Orizzonti per la Miglior Sceneggiatura
Jessica Palud, Philippe
Lioret, Diastème per Revenir di Jessica
Palud
Premio Speciale
della Giuria di Orizzonti
Verdict di Raymund
Ribay Gutierrez
Premio
Orizzonti per il Miglior Cortometraggio
Darling di Saim
Sadiq
Premio
Orizzonti per la Miglior Interpretazione Maschile
Sami Bouajila per Bik Eneich (Un Fils) di Mehdi
M. Barsaoui
Premio
Orizzonti per la Miglior Interpretazione Femminile
Marta Nieto per Madre di Rodrigo Sorogoyen
Leone del Futuro –
Premio Venezia Opera Prima Luigi De Laurentiis You Will Die at 20 di Amjad Abu Alala (Giornate degli Autori)
Miglior Film VR
The Key di Céline
Tricart
Migliore Esperienza
VR (per contenuto interattivo)
A Linha di Ricardo
Laganaro
Migliore
Storia VR (per contenuto lineare)
Daughters of Chibok di Joel Kachi Benson
Premio Venezia
Classici per il Miglior Film Restaurato
Extase di Gustav
Machatý
Premio
Venezia Classici per il Miglior Documentario Sul Cinema
Babenco – Alguém Tem Que Ouvir o Coração e Dizer: Parou di Bárbara Paz
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