Fino
a che punto può un genitore spingersi per la salvezza del proprio figlio? Su
questa domanda, non certo nuova ma sempre terribile per la profondità dei
risvolti etici e affettivi che evoca, si articola Bik Eneich di Mahdi M.
Barsaoui, film acclamato da una standing
ovation alla prima in sala.
Ambientato
nella vicina Tunisia, paese quanto mai scisso tra la prossimità al modello
occidentale e le resistenze della tradizione islamica, un padre e una madre
affrontano ognuno il proprio purgatorio personale per salvare la vita di Aziz,
il figlio urgentemente bisognoso di un trapianto di fegato.
Felice
coppia, Fares (Sami Bouajila) e Meriem
(Najla Ben Abdallah) si allontanano
bruscamente dopo che lui scopre di non essere il padre biologico di Aziz. Il tradimento,
più che essere un fattore psicologico, funge da strategia narrativa nelleconomia
del film separando i due personaggi e aprendo la storia a un doppio racconto:
da una parte Fares, animato dal fuoco dellira, sceglierà la via del mercato
nero degli organi; dallaltra Meriem si metterà sulle tracce del padre
biologico (di cui non ha più contatti da dieci anni), il quale ignora
completamente la sua paternità.
Senza celare nulla (ma forse esplicitando troppo), Barsaoui ci mostra come il mercato nero delle cliniche private non sia altro che la facciata dello schiavismo: bambini reclusi e allevati in attesa di essere macellati per i loro organi. A rivelare la truce verità a Fares è di nuovo un escamotage narrativo abbastanza macchinoso che toglie il personaggio dalla necessità di scegliere tra la vita di un bambino sconosciuto e quella del figlio.
Una scena del film
© Biennale Cinema 2019
Similmente,
Meriem rintraccia lamante perduto ma non riesce a convincerlo a donare parte del
proprio fegato. È di nuovo un colpo di trama a sciogliere la situazione: tornato
in ospedale, Fares chiede notizie dellamante dellex moglie e, ottenuto
lindirizzo, lo raggiunge minacciandolo di denunciarlo per adulterio se non
acconsentirà al trapianto. Il film si conclude così con loperazione tanto
attesa: i due genitori che per tutto il film non hanno fatto che allontanarsi
si ritrovano uno di fronte allaltro. Stravolti, si scambiano un sorriso
incerto.
A
differenza di altri film in competizione che affrontano temi impegnati e dattualità,
Bik Eneich sembra affidarsi
maggiormente alla forza della propria sceneggiatura. Così facendo però dà
origine a un sottile stridore che toglie bellezza al film: la sensazione che
nei momenti decisivi i due personaggi restino in sospeso in attesa dellintervento
di un risolutore – lo sceneggiatore – che puntualmente li guida indicando loro
la strada.
Perciò il film ci lascia
con lamaro in bocca: pur dimostrando grande sensibilità nel confrontarsi con
temi profondi come il perdono, lamore filiale, le tentazioni che nascono dalla
disperazione senza mai scadere nel banale, spiace che nei suoi momenti decisivi
non osi allontanarsi dal rassicurante campo della finzione narrativa.
* Dottorando in Storia dello spettacolo presso lUniversità di Firenze.
Impaginazione di Ludovico Peroni, dottorando in Storia dello spettacolo presso lUniversità di Firenze.