È
stato uno strano festival, questo 79 (settantanovesimo) che ha celebrato i suoi
novantanni. Nato nel 1932, il primo nel mondo, ha subìto inevitabili
sospensioni restando sempre tra i grandi appuntamenti della cinematografia
mondiale. Questanno, dopo la prorompente esplosione di vitalità della scorsa
edizione (che
celebrava insieme luscita dal Covid e un raccolto particolarmente fertile), il
tutto si è avviato su binari più normali, anche se un festival come quello di
Venezia normale mai sarà. Perché al festival si va a prescindere, e si torna a
prescindere. Anche a prescindere dalle difficoltà sempre crescenti di riuscire
a vedere i film prescelti e non quelli che un astruso e tirannico sistema di
prenotazione concede di vedere.
Per
cui questanno più che mai siamo costretti a riferire non sui film che avremmo
voluto ma su quelli che abbiamo potuto vedere. E si va anche per quella gioiosa
incontenibile atmosfera di festa, di festa collettiva che non perde il suo
senso genuino anche se questanno si è avuta limpressione di maggior
attenzione al glamour che alla qualità, più ai selfie e ai gridolini
adolescenziali. Però. Però seppur non usciti da nessuna sala con latteso colpo
al cuore non sono pochi i film che restano nella memoria e che meritano un
adeguato tranquillo passaggio in sala. Soprattutto se riusciranno a essere
allontanati dalle fastidiose e questanno veramente sovrabbondanti
dichiarazioni di coinvolgimenti autobiografici e verranno visti per quel che
sono. Partendo dal piano riconoscimento che ogni opera è autobiografica. Quanto
hanno giovato allottimo Il signore delle
formiche le non compostissime dichiarazioni di Gianni
Amelio che, dopo aver fatto quello che a nostro giudizio è forse il film
più compiuto della Mostra, lo ha banalizzato riducendolo ai traumi personali? O
le più sommesse dichiarazioni di Crialese
sulla sua transizione che hanno allungato la propria ombra fastidiosa su
unopera certo non pienamente risuscita ma che sarebbe stata assai più apprezzata
se fosse stata vista come un film sulladolescenza, le sue incertezze, le sue
tenerezze?
Un momento della premiazione
Cosa
vorremmo vedere in sala oltre a questi due e al premiato Leone dargento Bones and All di Luca Guadagnino che non siamo riusciti a vincere nella lotteria
delle prenotazioni? Certamente il Gran premio della giuria: Saint Omer dellesordiente francese di origine
senegalese Alice Diop, affermata documentarista qui al
primo lungometraggio. Storia di un processo per infanticidio che mette a nudo,
insieme alle fragilità personali della madre, il dramma di una mancata (forse
impossibile?) integrazione. Certamente Love
Life di Koji Fukada che segue
con infinita finezza levoluzione di vita e sentimenti di una famiglia in cui
la morte del figlioletto (sì, ancora un bambino morto con tutto il carico di
angoscia che la cancellazione del futuro porta con sé) deve rimettere a posto
le tessere di una vita sconvolta dal dolore e medicata dalla pietas. Certamente The Banshees of Inisherin (Gli spiriti dellisola) del pluripremiato Martin McDonagh, qui confermato con il
premio per la miglior sceneggiatura e la Coppa Volpi per il miglior interprete
maschile allindiscutibile Colin Farrell.
Certamente Argentina di Santiago Mitre che con Mariano Llinás firma la solidissima
regia di un film politico che segue la storia di due impavidi giudici argentini
(Strassera e Ocampo) che osarono perseguire i maggiori responsabili della fase più
sanguinaria della dittatura argentina. Film non certo immeritevole dei due premi
assegnati invece al film di McDonagh. Ma si sa che i premi per le
interpretazioni e spesso quelli per la sceneggiatura hanno sempre più candidati
meritevoli e sono i più soggetti alle fluttuazioni degli equilibri interni.
Certamente vorremmo vedere in sala The
Whale di
Darren Aronofsky, tratto
dallomonimo testo teatrale di Samuel
Hunter, con un commovente Brendan
Fraser, ripugnante nella sua obesità e straziante nella sua umanità (non
meritava forse anche lui qualcosina?). Intorno al divano nel quale è
praticamente crocifisso si accende e si spegne il microcosmo dei suoi affetti,
che cerca di riattrarre disperatamente a sé prima del grande freddo, in un
ultimo anelito di redenzione.
Luca Guadagnino premiato con il Leone dargento
E
il Leone doro? Mai avremmo pensato a una vittoria di All the Beauty and the Blooshed, documentario di Laura Poitras sullartista di fama internazionale Nan Goldin che intreccia le immagini
della sua biografia e della sua arte con le testimonianze del suo impegno
civile nella lotta contro la famiglia Sackler al contempo grande benefattrice
nei più importanti musei internazionali e dispensatrice di morte con la
produzione dellOssicodone, un antidolorifico che ha portato alla dipendenza e
alla morte almeno mezzo milione di americani. Il documentario ha certo goduto
del benevolo appoggio della presidente della giuria Julianne Moore confermando il feeling
particolare del festival con la cinematografia degli States)… eppure forse il
premio trova una sua profonda giustificazione nella natura originaria del festival
che mantiene ancora, al di là di contingenti aggiustamenti, la natura e
lambizione di mostra darte cinematografica.
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