Dopo
quattro anni dalluscita del pluripremiato La forma dellacqua – e dopo
un anno da Le streghe di Robert Zemeckis, da lui co-prodotto e
co-sceneggiato – Guillermo del Toro ritorna al cinema con un adattamento
dal romanzo Nightmare Alley di William Lindsay Gresham (1946),
edito per la prima volta in Italia soltanto nel 2021, a Palermo, dai tipi di
Sellerio. Dopo un solo anno dalluscita statunitense il testo venne trasposto
cinematograficamente dal quasi dimenticato Edmund Goulding, con Tyrone
Power nel ruolo del protagonista. Se per ragioni produttive e censorie lopera
edulcorava o addirittura eliminava i contenuti più espliciti e macabri (probabilmente
per via del produttore Darryl F. Zanuck), la nuova versione di del Toro riesce
a esaltare le componenti fiabesche e orrorifiche tipiche della sua filmografia,
in una “misurata” contaminazione di generi.
Una scena del film
Fine
anni Trenta. L(anti)eroe Stan (Bradley Cooper), dopo aver dato fuoco a
un cadavere di cui si ignora lidentità, giunge in una imprecisata località
americana. Qui si unisce a un suggestivo e non proprio legale luna park,
pullulante di fenomeni da baraccone, cartomanti e giostrai, gestito dallimpresario
Clem (Willem Dafoe). Nel “circo” Stan svolge umili mansioni fino ad
apprendere i segreti del mentalismo grazie alla coppia formata da Zeena (Toni
Collette) e Pete (David Strathairn), anchessi con un passato
misterioso alle spalle. In questo caotico e malioso microcosmo il protagonista si
innamora della ragazza-elettrica Molly (Rooney Mara), desiderosa di
viaggiare e di conoscere il mondo “fuori”. Noncurante delle raccomandazioni dei
suoi precettori, Stan fugge via con la giovane verso la città, iniziando a
praticare lo spiritismo dietro ingenti compensi. Durante unesibizione incontra
la psicologa Lilith (Cate Blanchett), tanto affascinante quanto
pericolosa e imprevedibile. In un turbinio di inganni, illusioni e finzioni, luomo
affronterà prove sempre più ardue che lo costringeranno a compiere un iter amaramente circolare.
Una scena del film
La
prima parte del film ha luogo allinterno del contesto circense (ambientazione
vista recentemente in Freaks Out), la cui atmosfera onirica e sospesa
lascia spazio a una seconda parte più consistente, teorica e moralista radicata
nella città, dove la società si svela nei suoi orrori, specchio di quelli del
circo. La abitano figure poco rassicuranti, topoi
del cinema di del Toro: oltre baracche, tendoni e roulotte, i veri “mostri”
si rivelano le persone comuni, libere di girare impunite. Lantinomia tra
dimensioni differenti è il vero leitmotiv di questopera: uomo e “bestia”,
realtà e finzione, gonzi e scaltri, campagna e metropoli, passato e presente, forma
e contenuto, come i visi angelici di Cooper e Blanchett contrapposti alla loro
natura oscura. Ma soprattutto spiritismo e psicanalisi: due tentativi di manipolare
e ipnotizzare il prossimo il quale, inconsciamente desideroso di rivelarsi o di
essere “scoperto”, si lascia sopraffare per liberarsi da fantasmi, rimpianti,
colpe, traumi, paure.
Una scena del film
La
sceneggiatura – del regista e della moglie Kim Morgan – non è esente da
difetti soprattutto nel disegnare le tre principali figure femminili. La femme
fatale interpretata dalla Blanchett (sempre una garanzia) è resa in maniera
bidimensionale, così come poco approfondite risultano Zeena e il personaggio
interpretato da Rooney Mara. Eppure, nonostante un ruolo piuttosto marginale, questultima
riesce a incarnare uno sguardo puro e “giusto” che ammicca a quello della
piccola Ivana Baquero nel capolavoro Il labirinto del fauno
(2006). Molly è inoltre confinata nella mera funzione di specchio di Stan,
riflettendo le sue colpe e le sue malefatte. La scrittura filmica si concentra
forse eccessivamente sul protagonista che, da un fondo nebuloso e fangoso, compie
un percorso di ascesa fino ad approdare alla tanto agognata vetta del successo.
Ma proprio quando la raggiunge comprende che tanto più alto è il punto da cui
si cade tanto più fragorosa sarà la caduta.
Per
quanto riguarda la fotografia, una menzione particolare va al lavoro del danese
Dan Laustsen, collaboratore decennale del regista, abile a rievocare toni
e atmosfere lugubri e misteriose dal gusto spiccatamente noir. Chiari i
rimandi alle atmosfere di grandi classici del genere: si pensi ai lavori di Otto
Preminger, Howard Hawks o Jacques Tourneur. Per il resto la
messa in scena è notevole, con ammalianti e calibrati movimenti di macchina
nonché scenografie, trucco e costumi che lasceranno senzaltro il segno ai
prossimi premi Oscar. Tra gli attori è Cooper a emergere, a prescindere
dallimportanza del suo ruolo, restituendo unampia gamma di sentimenti, paure
e incertezze e condividendo con lo spettatore la sua umanità in crisi.
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