A
ben sei anni di distanza da Lo chiamavano Jeeg Robot, suo esordio alla
regia nel lungometraggio, Gabriele Mainetti ritorna nelle sale con un kolossal
che poco fa rimpiangere, dal punto di vista produttivo, i più recenti lavori
hollywoodiani. Con la sua Goon Films (casa di produzione fondata nel 2011), Lucky
Red, Rai Cinema – e in coproduzione con la società belga Gapbusters – il
regista romano approda a Venezia con non poche perplessità da parte della
critica. «Unimprevedibile atmosfera conquista lo spettatore proiettandolo in
un mondo tanto spettacolare quanto catastrofico. Tra tendoni da circo e campi
da guerra, quattro protagonisti, nella loro diversità, esprimono la necessità
di essere umani. Unopera innovativa e coraggiosa, che racchiude in una grande
avventura fra sogno e realtà, tutto lamore per il cinema». Queste le
motivazioni della vittoria del Leoncino dOro 2021, assegnato dalla giuria dei
giovani di Agiscuola.
Una scena del film
Roma,
1943. Guidato dallimpresario ebreo Israel (Giorgio Tirabassi), il circo
Mezza Piotta si esibisce in una serie di numeri, forte delle sue quattro
celebrità dal passato scuro e nebuloso: il forzuto uomo-scimmia Fulvio (Claudio
Santamaria), la ragazza-elettrica Matilde (Aurora Giovinazzo), il
ragazzo-insetto Cencio (Pietro Castellitto) e luomo-calamita Mario (Giancarlo
Martini). Durante uno spettacolo la guerra irrompe con tutta la sua
violenza, annichilendo pubblico e tendone, lasciando soltanto una scia di
sangue e polvere. Nel periodo immediatamente successivo allarmistizio di
Cassibile, la compagnia decide di emigrare nel Nuovo Mondo ma la scomparsa
improvvisa di Israel porta tre dei quattro freaks – il cui unico padrone
è il pubblico pagante – alla ricerca di unoccupazione presso il Zirkus Berlin,
gestito dallo spregiudicato pianista Frantz (interpretato dal talentuoso Franz
Rogowski). Questi, affetto da polidattilia e capace di vedere il futuro, è
alla ricerca dei quattro per poter formare un esercito di superuomini in grado di
cambiare le sorti disastrose che attendono allorizzonte il Terzo Reich. Ma i
“fantastici quattro” hanno altri piani.
Una scena del film
Sceneggiato
con Nicola Guaglianone, con cui Mainetti collabora sin dal
cortometraggio Basette (2008), questo fantasy bellico (e/o coming
of age) non si limita a far convergere una visione di cinema di tipo
autoriale con una dimensione più strettamente popolare, ma unisce il classico blockbuster
americano a un prodotto tipicamente italiano, nello specifico romanesco. Durante
la visione un pubblico cinefilo non può non cogliere numerose citazioni: dal
titolo che rimanda a Freaks (1932) di Tod Browning allambiente
circense (e felliniano) presente in Big Fish (2003) di Tim Burton;
dalla celebre luna di Méliès e di E.T. (1982) di Spielberg
al volo dei bambini nel Peter Pan targato Disney (1953); dalla
Dorothy de Il mago di Oz (1939) alla riscrittura della Storia attuata da
Tarantino in Bastardi senza gloria (2009). E perché non un
omaggio al finale di Roma città aperta (1945)? Una sovrabbondanza di
forme e contenuti che non pesa sulle schiene degli spettatori, in barba ai
centoquaranta minuti di proiezione che volano via leggiadri come la donna
cannone di De Gregori.
Una scena del film
Sicuramente,
a una prima visione, lopera risulta una commistione di generi dai risvolti
prevedibili con sequenze grandiose anche quando non necessarie. Ma bisogna
prendere atto della cura nel dettaglio di ciascun fotogramma: dallimponente
lavoro sulla fotografia (Michele D'Attanasio) e sulla scenografia (Massimiliano
Sturiale) a quello sugli effetti speciali (Maurizio Corridori e Stefano
Leoni) e naturalmente sulla regia, in alcune scene così dinamica e vivace
da richiamare i musical di Baz Luhrmann. Nel comparto degli
interpreti degne di lode le prove di un inedito Castellitto ma soprattutto della
rivelazione Giovinazzo (daltronde Mainetti aveva già dimostrato le sue doti di
direttore di attori con Ilenia Pastorelli nel suo lungometraggio
precedente). Probabilmente, così come i suoi protagonisti, questa pellicola
stona nel panorama italiano, difforme e forse deforme eppure pulsante, capace
di reggersi in piedi con il coraggio e il vigore dei veri sognatori. Il film presenta
tratti universali, adatto per ogni fascia di spettatori, facendo della
contaminazione il punto di forza della propria impalcatura. Lo sforzo cè e si
vede; il coinvolgimento emotivo e tensivo anche, così come lemozione.
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