Ci sono film più urgenti di altri. Alcuni di essi, come questo Judas and the Black Messiah, contribuiscono a far riemergere verità considerate inopportune, occultate da quelle che siamo soliti definire “democrazie”. Il regista newyorkese Shaka King propone sullo schermo una Chicago oscura durante il turbolento passaggio tra la fine degli anni Sessanta e linizio degli anni Settanta, concentrandosi principalmente sulla figura di Fred Hampton (Daniel Kaluuya), leader del Black Panther Party in Illinois, e su quella di William ONeal (Lakeith Stanfield), ladro di automobili che per evitare la prigione accetta di infiltrarsi nelle Pantere Nere collaborando con lagente dellFBI Roy Mitchell (Jesse Plemons). Con
ben sei candidature agli Oscar, il film si è aggiudicato due statuette,
rispettivamente per il miglior attore non protagonista (Kaluuya) e per la
miglior canzone. La tutela dei diritti civili, troppo spesso calpestati anche
in Occidente, rappresenta una cifra preponderante per la cinematografia
americana degli ultimi anni, dai movimenti per la parità dei sessi allintegrazione
razziale. King che porta sulle spalle un cognome fin troppo evocativo si
avvale di un cast di primordine adottando un punto di vista originale che fa
ben sperare per il suo futuro da regista, essendo questo il suo secondo
lungometraggio.
Una scena del film
Dopo
la premessa iniziale di una storia ispirata a fatti realmente accaduti,
appaiono sullo schermo vari filmati di repertorio tra cui unintervista al vero
William ONeal (il “Giuda” del film), vendutosi a quei federali che rivestono un
ruolo fondamentale di ostruzionismo e di soffocamento verso i nuovi partiti e
organizzazioni nascenti. La mente corre a Il processo ai Chicago 7
(2020), in cui il timore del governo Nixon e dellamministrazione Hoover
paventava una possibile coalizione degli schieramenti con i comunisti, al fine
di sovvertire lordine costituito adottando unottica marxista-leninista
incentrata sulla lotta di classe. Il movimento di liberazione degli
afroamericani trova qui una sua rappresentazione ideale non solo nelle figure
di Malcolm X e di Martin Luther King ma anche in quella di
attivisti come Hampton (“il Messia nero”), vittima di una vera e propria
cospirazione ai suoi danni.
Una scena del film
ĞLAmerica è in fiamme!ğ, dice Fred a un
gruppo di sudisti per convincerli ad allearsi, aggiungendo che la città di
Chicago è quella con più ghetti degli Stati Uniti. Come non leggervi una
diretta accusa al sistema dei valori statunitensi degli ultimi anni durante la
presidenza Trump, rea di aver riacceso sentimenti razzisti legati al
movimento ideologico della White Supremacy? Si perde ormai il conto negli ultimi anni degli abusi di potere da parte delle forze
dellordine, responsabilità che la pellicola riconduce ai “piani alti”: dal
capo della polizia, al sindaco, al governatore, al Presidente: un vero e
proprio razzismo istituzionalizzato. La scelta di raccontare unorganizzazione,
politica o criminale che sia, attraverso gli occhi di individui inizialmente
estranei, ha esempi celebri nella settima arte: Donnie Brasco (1997) di Mike
Newell, The Departed (2006) di Martin Scorsese fino a Eastern
Promises (2007) di David Cronenberg. Questa componente aggiunge
ulteriore tensione alla narrazione per quanto riguarda il rischio che corre la
talpa di venire scoperta. A tal proposito impossibile non citare BlacKkKlansman
(2018) di Spike Lee, storia di Ron Stallworth, poliziotto afroamericano
infiltratosi nel KKK.
Una scena del film Judas
and the Black Messiah
è una pellicola ben calibrata sia nella forma sia nel contenuto, con pochi ma
intelligenti picchi (come la sparatoria verso il finale) valorizzati
mirabilmente dal montaggio che conferisce la giusta cadenza senza strafare
e dalla fotografia che valorizza ambiguità cromatiche tra giorno e notte nelle
sfumature e nei toni. Altro fattore importante riguarda il connubio
inseparabile tra la politica e la vita personale dei protagonisti, in una
sceneggiatura equilibrata che, tassello dopo tassello, ricostruisce il mosaico
di un rapporto tortuoso tra lestablishment e la sinistra radicale del tempo,
di una lotta al capitalismo sostenuta dal socialismo (tematica riscontrabile
anche in Mank). I due protagonisti, il “Giuda” e il “Messia”, si
equivalgono impedendo alla scrittura di entrare troppo nelle pieghe
psicologiche, restituendo tuttavia una parabola cristologica frammentata ma
efficace. Hempton, verso il finale, ricorda quellaccettazione del proprio
destino come un Socrate dinanzi i propri discepoli o come un Cristo nel Getsemani.
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