Qui non si muore

di Giuseppe Mattia

Data di pubblicazione su web 03/09/2024

Campo di battaglia

Il primo film italiano a essere presentato in concorso alla 81ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia è stato Campo di battaglia, ultima fatica di Gianni Amelio. A due anni di distanza dallo struggente (ma non indimenticabile) Il signore delle formiche, il regista classe 1945 ritorna al Lido con un lavoro dichiaratamente antimilitarista, ispirato al romanzo La sfida di Carlo Patriarca (Rizzoli, 2018) e scritto insieme ad Alberto Taraglio, già co-sceneggiatore di Amelio per Così ridevano (Leone d'oro 1998), La tenerezza (2017) e Hammamet (2020).

«Diverse lingue, orribili favelle, parole di dolore, accenti d'ira, voci alte e fioche, e suon di man con elle». Queste parole di Dante (Inf. III, 1) ben si accordano al caos che regna sovrano nel “campo di battaglia” dove si svolge gran parte del film: un ospedale militare friulano durante il fatidico 1918, anno conclusivo del primo conflitto mondiale. A dirigere la struttura, nella quale ha preso forma una babele linguistica di proporzioni bibliche, c'è il capitano Giulio (Gabriel Montesi), coadiuvato dal collega e amico Stefano (Alessandro Borghi), entrambi impegnati a curare centinaia di feriti al giorno. Il primo è un medico con un'educazione molto rigida, di famiglia altolocata, che considera la guerra un dovere, in linea coi tempi; il secondo è invece più disilluso, più consapevole dell'atrocità dei conflitti e proprio per questo, di nascosto ma soprattutto illegalmente, aiuta i degenti a risultare inabili al ritorno in trincea, compiendo amputazioni o causando infezioni ad hoc.



Una scena del film
© Biennale Cinema

Ogni volta che sospetta un tentativo tra i soldati di simulazione di disagi psichici o di autolesionismo, Giulio dichiara seduta stante l'idoneità al ritorno al fronte o, peggio, decreta la spedizione del malcapitato al Tribunale Militare. Un giorno si presenta nell'ospedale militare Anna (Federica Rosellini), crocerossina volontaria nonché ex compagna d'università dei due, alla quale è stato impedito di laurearsi in quanto donna. Anche lei, come Giulio, è convinta che la guerra sia un dovere ineluttabile. A cambiare le carte in tavola in queste ferree convinzioni il diffondersi dell'epidemia di febbre spagnola che, anche a guerra finita, continua a mietere centinaia di migliaia di vittime.


A sorreggere l'intera impalcatura del film è sicuramente la tematica bellica, valorizzata dall'aberrante massacro che si compie quotidianamente davanti agli occhi dei protagonisti, un massacro capace di rendere insensibili gli uomini al dolore altrui, intorpidendo la propria capacità empatica ed emotiva. I conflitti sembrano non vedere mai una conclusione: questa pare essere la tesi di Amelio, che decide di osservare le ricadute degli eventi da una posizione più defilata rispetto alla trincea vera e propria, laddove decine di migliaia di giovani e giovanissimi, la cui unica pallida speranza di sopravvivenza si identifica con l'automutilazione, vengono mandati al macello senza un adeguato addestramento e senza possedere alcuna vocazione al martirio. Campo di battaglia non è infatti un film di guerra ma sulla guerra, pensato per evocare e provocare l'orrore, per emanare la forza negativa dei conflitti.



Una scena del film
© Biennale Cinema

La regia, opportunamente mai strabordante e virtuosistica, accompagna con grazia il lento decadimento fisico e morale dei degenti, così come il processo di maturazione dei due protagonisti innescato dalla figura di Anna: se solitamente nei film di ambiente bellico la donna rappresenta solo un elemento ornamentale, qui ambisce infatti a suscitare un cambiamento in Giulio e Stefano. Il ritmo compassato – sancito dalla regia ma anche dal montaggio della storica collaboratrice di Amelio Simona Paggi – convive in maniera adeguata e senza sbavature con il tono quieto e con l'atmosfera tiepida che aleggiano nel film nonostante l'orrore dilagante: a tal proposito si segnalano gli eccellenti contributi della scenografa Beatrice Scarpato e del costumista Luca Costigliolo. Amelio si riconferma non a caso un abilissimo maestro nel lavorare negli (e sugli) spazi angusti e claustrofobici, nonché sulle percezioni solo suggerite. Si pensi alla diffusione del morbo reso quasi esclusivamente da colpi di tosse fuori campo.


Punto dolente di Campo di battaglia è invece la scrittura, troppo moderata, con un'insipidità provocata da numerose allusioni e accenni senza che mai il fuoco divampi. Il testo filmico non riesce a sostenere il cambio di rotta improvviso dalla guerra all'emergenza pandemica, creando una spaccatura narrativa troppo netta: l'ultima parte del film assume infatti i contorni di un'appendice incollata a forza, slegata da quanto visto fino a quel momento. Altra perplessità concerne il mancato approfondimento della psicologia dei tre protagonisti così come la carenza di un focus sulla reciproca attrazione fisica, sottesa ma mai esplicitata, tra Giulio e Stefano.



Una scena del film
© Biennale Cinema

Tali questioni mai veramente espletate denotano un disinteresse quasi ostentato, nonostante le premesse per una penetrazione drammaturgica che sarebbe risultata senz'altro proficua e costruttiva. I protagonisti rischiano infatti, a più riprese, di diventare mere figure funzionali per far progredire gli eventi, bidimensionali e poco incisivi, con la complicità di un certo manierismo e macchiettismo riscontrato nelle interpretazioni di Borghi e di Rosellini, mentre Montesi risulta essere più centrato nel ruolo. Azzeccata e funzionale la scelta di proporre un florilegio di dialetti, con gusto squisitamente neorealista, sorretto da numerosi personaggi secondari interpretati da sconosciuti, ma a proprio modo talentuosi, interpreti.


L'attualizzazione dell'ultima parte del film, incentrata sull'influenza spagnola, rimanda alla tristemente celebre pandemia scoppiata nel 2019: dalle mascherine ai tamponi, dalla polmonite fino al trasporto di massa di cadaveri che ammiccano alle immagini indelebili delle bare caricate sui mezzi militari nel bergamasco. In questo senso il quattordicesimo lungometraggio di Amelio si configura come un tentativo più o meno riuscito di attingere al passato per tentare di rintracciare chiavi di lettura per il contemporaneo, dando spazio anche al dilemma etico che intercorre tra l'amore per la patria e quello per la propria vita. Campo di battaglia riesce comunque a regalare momenti struggenti grazie all'essenzialità e al rigore estetico ma soprattutto grazie a uno sguardo autoriale importante che imprime negli occhi dello spettatore immagini alle quali ormai risultiamo, ahinoi, assuefatti e insensibili.


Campo di battaglia

Cast & Credits


Gianni Amelio

Cast & credits

Titolo 
Campo di battaglia
Origine 
Italia
Anno 
2024
Durata 
103 min.
Colore 
Regia 
Gianni Amelio
Produzione 
Kavac Film (Simone Gattoni, Marco Bellocchio), Ibc Movie (Beppe Caschetto), One Art Film (Bruno Benetti) con Rai Cinema
Scenografia 
Beatrice Scarpato
Costumi 
Luca Costigliolo
Sceneggiatura 
Gianni Amelio, Alberto Taraglio
Montaggio 
Simona Paggi
Fotografia 
Luan Amelio Ujkaj
Effetti speciali 
Caos Online / Digimax
Suono 
Emanuele Cicconi, Marco Falloni
Musiche 
Franco Piersanti