Il
Teatro di Genova che di Friedrich Schiller
ha rappresentato Intrigo e amore (2016) e La congiura del Fiesco (2021), allestisce ora Maria Stuarda. La regia di Davide Livermore mira a indagare «sul ruolo della donna e il
rapporto tra femminilità e potere. […] Elisabetta è costretta a mascolinizzarsi
per governare e per non perdere la sfida con la sua rivale. Attraverso
Elisabetta è ancora il patriarcato a riconfermare se stesso», per poi invocare «un
principio femminile nel diritto, legge più umana e comprensiva e dunque più
giusta» (Nota di regia). Invita a condividere il gusto per il feuilleton
e le narrazioni melodrammatiche, fusione di musica e poesia come nellopera
lirica. Profittando di due grandi attrici, rischia la casualità di un gioco per
attribuire loro, ignare, il ruolo da recitare ogni sera: un artificio
drammaturgico deciderà linterprete di Maria e di Elisabetta.
A
questo serve il Prologo, ispirato alla favola allegorica Il ritorno
di Ulisse in patria di Monteverdi,
dove il personaggio dellUmana Fragilità interpella cantando il Tempo, la
Fortuna e lAmore. Lala dellAngelo del destino rilascerà la piuma segno della
scelta. Una trovata per mostrare la specularità latente delle figure a
confronto, le interpreti delle quali «scopriranno sul palco, sera dopo sera, chi
interpreterà chi il lupo chi lagnello sacrificale. Un gioco di ruoli
virtuosistico per svelare come in fondo i due opposti siano la stessa cosa,
quanto questa cruenta dualità non sia che un riflesso dellUguale» (Programma
di sala). Alla “prima”, la piuma indica Laura Marinoni in Maria ed Elisabetta
Pozzi in Elisabetta I. Una scena dello spettacolo © Alberto Terrile
La
centralità storica del conflitto fra le due regine è sfruttata dallautore a scopi
drammatici. Le sovrane dovranno assumere caratteri femminili tali da esasperare
il dilemma della condanna con sentimenti, pulsioni e suscettibilità personali:
così saranno quasi fanciulla la bellissima Maria, a quarantacinque anni e laltra,
a cinquantatré anni, donna che ancora può vantare risorse seduttive. Dinvenzione,
subentra il cattolico convertito Mortimer, sostenitore e innamorato della
regina scozzese. Un incontro immaginario fra le contendenti sarà fonte di
ulteriore tensione. Gli snodi romanzeschi avventurosi vedono la tentata evasione
della prigioniera tramata da Mortimer e il rinvio dellesecuzione a sentenza
approvata.
La
traduzione di Carlo Sciaccaluga
(già autore di quella della Congiura), intesa a sfoltire e omogeneizzare
lo stile prolisso dellopera, fornisce un testo dallenfasi diluita in una
sobria rassicurante modernità: si perdono così laura e lo slancio romantici del
capolavoro originale creato nel 1800, che pure Schiller conformava al suo trattato
destetica, Del sublime (1801). Il copione nuovo ben corrisponde al progetto
registico. Se larte di Schiller plasmava la verità storica, la regia inclina la
vicenda verso il dramma esistenziale di due personalità a conflitto fatale per
il potere e per lamore, con implicazioni di sensibilità molto attuali. Il Programma
indica lambientazione «negli anni Cinquanta di un Novecento distopico». La stilizzazione
dei costumi, degli spazi e degli arredi, lascia però lepoca indeterminata,
aperta a potenzialità o funzioni della scena elisabettiana (da Schiller
apprezzata), evocative nellimmaginazione di interni ed esterni, nonché di
atmosfere oniriche o fantasiose.
Una scena dello spettacolo © Alberto Terrile
Limponenza
del dispositivo scenografico è impressionante, come la coordinazione tecnica
dellapparato visivo e sonoro. Praticabile e scale laterali fissi, un velario avanzato
verso il proscenio e sfondi variabili dispongono spazi e luoghi ai diversi momenti
drammatici. Sala della vestizione delle regine, bosco della caccia alla volpe e
carrozza in scala naturale per lingresso di Elisabetta nellincontro-scontro
con Maria. Luci di fluidità connotativa efficacissima, tanto nei contrasti quanto
nelle sfumature intimistiche, nel gioco con il rosso, fondamentale costante
coloristica simbolica. I costumi connotano più decisamente le protagoniste con
segni depoca e rango creati (in duplice taglia) da Dolce & Gabbana, con
scintillio di orpelli “barocchi”; mentre restano vagamente storicizzate le
divise con alamari o decorazioni, per militari e notabili.
Le
musiche vengono da Henry Purcell (Dido
and Aeneas, 1689) e da John Dowland,
cantautore del Cinquecento. Gli arrangiamenti saccostano a brani originali di Mario Conte, a Fourth Act e alla
canzone The Queens di Giua.
La cantante e attrice detta il ritmo dei cambi di scena a cui partecipa, nelle
parentesi liriche e nei contrasti, sottolineati dallhard rock della sua
chitarra. La collaborazione amalgama sinfonicamente la prosa poetica e
laccompagnamento a contrappunto, a stabilire la misura ritmica sovrana,
ordinatrice dellidea del regista fatta rappresentazione. Essa infatti sembra creazione
coreografica duna cosmogonia, composta da un doppio sistema solare di due
astri (le regine), attorno ai quali orbitano come pianeti e satelliti i
personaggi complementari, mossi da interferenze e attrazioni. Lemulazione
fra le interpreti regala acmi di bravura che escludono compiacimento esibito e
confermano nella sfida una maturità frutto di passione e dominio espressivo
totali. LElisabetta di Elisabetta Pozzi saffida allautorità legale, allinflessibile
garanzia del potere con lalibi della ragion di stato. La personalità si
biforca nel bisogno damore, insoddisfatto malgrado tante profferte, e nellergersi
invincibile nel primato. Altera nel confronto diretto, cede forse nellintimo
mentre si sottrae alla responsabilità di fare eseguire la condanna. Lotta tra
passioni e necessità, finendo travolta dalla sua stessa violenza. Laura
Marinoni in Maria non deroga dalla linea difensiva che ammette lassassinio del
marito, ma rifiuta laccusa di usurpazione. Pieghe sensibili in profondo
emergono, oltre che nello scontro diretto con la nemica, ribollente demozioni,
nei rapporti con Mortimer e con Leicester. La voce dalle tonalità aspre,
supplici o delicate, rivela una peccatrice che si confessa sinceramente, una
donna che dallAltra invoca una risposta impossibile: «Scioglimi il cuore, così
che io possa scuotere il tuo».
Una scena dello spettacolo © Alberto Terrile
A
Leicester Sax Nicosia dà la giusta incoerenza
eloquente, nei propositi e nei comportamenti, inerenti sia al ritorno di fiamma
per Maria, a cui offre inefficaci servigi, sia alla riconquista di Elisabetta. Al
momento di confermarsi quale favorito (e aspirante consorte), nel crescendo del
corteggiamento e dei preliminari sessualmente espliciti, la pantomima ritualizzata
di un amplesso finisce per ridursi a una volgare scopata. Gli altri attori
simpegnano in più ruoli e le attrici in alcuni maschili. Linda Gennari assume il protagonismo di Mortimer e lo rende coerente
con gli eccessi e le contraddizioni al limite della follia. Troppo giovane,
intraprendente, generoso per nobile causa; aggressivo per desiderio e morboso
fino allesaltazione, guasta il proprio amore con lo stupro (gesto ingiustificato
dal testo) della donna che in lui spera, per poi suicidarsi, disperato. Giancarlo Judica Cordiglia recita il cortigiano
Burleigh e il maggiordomo di Maria che diventa il suo confessore, in fraternità
profonda e condivisa. Olivia Manescalchi
interpreta il severo custode della prigioniera e con verve lambasciatore di
Francia. Duttile trasformista, Gaia
Aprea è la nutrice Anna e il conte di Shrewsbury.
Laffollato e concitato scioglimento appare ulteriormente condensato. Dopo la
decapitazione fuori scena, ma vissuta in diretta, si assiste alla solitudine incurabile
della pur vincente regina, ossessionata dallombra di Maria. Buio e silenzio al
calare del sipario. Nelle chiamate ripetute, negli applausi interminabili, si
sfoga lentusiasmo degli spettatori.
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