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Nobile passione vittima dei tabù sociali

di Gianni Poli
  Intrigo e amore
Data di pubblicazione su web 18/04/2016  

Un’impostazione sobria e sontuosa, sorta da una lettura scrupolosa e ispirata, segna la rappresentazione del “dramma borghese” di Friedrich Schiller sul palcoscenico della Corte al Teatro Stabile di Genova. Marco Sciaccaluga ne è il primo responsabile, alla guida d’un gruppo artistico distinto per stile e vocazione. Senso civile e ricerca formale s’accordano nello spettacolo con una visione precisa e vigorosa per motivi e sentimenti, della società tedesca di fine Settecento, governata da dettami e convenzioni terribilmente coerenti. Così un amore giovanile, puro e ardente, subisce vincoli legali e formali, in un sistema spesso a sostegno della prevaricazione del potere. Gli innamorati finiscono per conformarsi alla ragione politica, avvertita come insuperabile istanza della coscienza e fino a negare i loro sentimenti. Dramma borghese, perché di quella classe adotta il linguaggio peculiare, attraverso tanti passaggi d’una comicità sapida e persuasiva, segno della fusione drammaturgica di poesia e di semplicità quotidiana. Tragedia, per i destini infausti raffigurati.

Sciaccaluga ha preferito, all’impostazione verdiana di Luisa Miller, esaltante lo scatenamento passionale, l’analisi degli effetti del suo contenimento controllato. Gli scontri di idee si susseguono concretati in urti fisici, per cui si richiede un’azione fisiologica nei duelli non soltanto verbali e oltre le tensioni psicologiche. La dimensione melodrammatica, puntuale in colpi di scena attesi e ricorrenti – reticenze, rivelazioni, lettere e confessioni – si palesa in un andamento da fiaba ineluttabile e crudele, che narra della difficoltà per i giovani eroi di assumere il proprio destino. Lo prova il clima di ostilità e prevaricazione in cui la storia inizia, con un amore osteggiato sia dai genitori di Luise, ragazza di umili origini, sia dal Presidente Von Walter, padre del rampollo Ferdinand. Reciprocamente coinvolti in un mondo incompatibile con la loro unione, ma non come gli amanti shakespeariani Romeo e Giulietta, certi della bellezza di un legame oltre la morte, Ferdinand e Luise attraversano e scontano colpe mai commesse, tanto però assimilate da non sapersene perdonare. Fedeli al proprio onore, fino a morirne.

Un momento dello spettacolo
© Bepi Caroli

In tali frangenti, il motore principale del dramma emerge nella figura di Wurm, il segretario del Presidente, ignobile, scaltro suggeritore del piano distruttivo chiesto dal padre snaturato per impedire il matrimonio del figlio con Luise e accasare il giovane ufficiale con Lady Milford, la favorita del Principe. Interpreta Wurm Andrea Nicolini, il quale, anche autore delle musiche, diventa “concertatore” (con pianoforte, percussioni e metronomo) dello sconcerto umano da lui stesso provocato. Per la complicità in delitti precedentemente occultati, tiene in ostaggio il Presidente. La sua malvagità corrosiva è nel ghigno della sua maschera parodisticamente perversa. Tommaso Ragno interpreta Von Walter come autoritario, carezzevole o sprezzante, sicuro e inflessibile. Lo raffigura come emblema di un potere deciso a sacrificare tutto per la reputazione e il privilegio. Con un registro istrionico, ricchezza di accenti, duttilità al contraddittorio delle situazioni, tocca forse il culmine nella recitazione.


Un momento dello spettacolo
© Bepi Caroli

L’altro padre è il modesto e succube musicante Miller, reso da Enrico Campanati con certo ingenuo impeto popolano, con furie velleitarie, paure e rammarichi per la scelta della sua Luise, causa della sua ansia di compromettere credito e professione, nonché di gelosia paterna. Lo fronteggia petulante e presuntuosa sua moglie, una Orietta Notari speranzosa invece nella sistemazione della figlia. Un personaggio che l'autore fa sparire presto e che quindi riappare brevemente all'inizio dell'atto quinto, come madre impazzita dal dolore e dal trauma dell'incarcerazione. Nella coppia giovane, mi pare prevalere il Ferdinand di Simone Toni, fisicamente e idealmente coincidente col modello attualizzato, per energia e chiarezza, pure nei tormenti incessanti a cui risponde con l’arma del sarcasmo disperato. La sua presenza forte e raffinata offre dizione precisa a un temperamento ricco e modulabile, nel passare dall’entusiasmo e il desiderio allo sdegno e alla scelta fatale. Luise di Alice Arcuri mi sembra la più condizionata dai tabù. Nella femminilità delicata di adolescente, offre una maturità forse improbabile (se pure motivata poeticamente dal ruolo d’eroina) quanto a sapienza espressiva d’ingenuità e d’innocenza. Risaltano poi netti i ruoli della Lady (Mariangeles Torres), per la seduzione ambigua e i lampi di sincerità che la fanno più umana e fragile, quando svanisce l’occasione di unirsi all’amato (in segreto) Ferdinand; del Maresciallo Von Kalb, che Roberto Alinghieri mostra d’una comicità schietta e connaturata. 

Sulla ridondanza del testo, il regista è intervenuto scorciandolo, nella scansione rapida di “scene madri” raccordate, funzionali all'esemplificazione degli effetti del dispotismo sulla felicità individuale. Ciò che inoltre si sente ben riuscito – accanto alla traduzione di Macrì che fa «parlare personaggi antichi in una lingua moderna» – è la musicalità che lega e pervade atmosfera e caratteri nel gioco conflittuale, misurata come un’autentica partitura, vocale e comportamentale e che gli attori, con tocchi al pianoforte, caratterizzano singolarmente. Lo spazio privo di arredo scenografico, quasi sala prove col pianoforte al centro e sedie a supporto d’altri strumenti, accoglie gli attori sempre presenti e partecipanti alla vicenda, la cui lunghezza non pesa allo spettatore, poiché alleggerita dal ritmo d’una recitazione retorica e antinaturalista.




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