Unimpostazione sobria e
sontuosa, sorta da una lettura scrupolosa e ispirata, segna la rappresentazione
del “dramma borghese” di Friedrich
Schiller sul palcoscenico della Corte al Teatro Stabile di Genova. Marco Sciaccaluga ne è il primo
responsabile, alla guida dun gruppo artistico distinto per stile e vocazione.
Senso civile e ricerca formale saccordano nello spettacolo con una visione
precisa e vigorosa per motivi e sentimenti, della società tedesca di fine Settecento,
governata da dettami e convenzioni terribilmente coerenti. Così un amore
giovanile, puro e ardente, subisce vincoli legali e formali, in un sistema
spesso a sostegno della prevaricazione del potere. Gli innamorati finiscono per
conformarsi alla ragione politica, avvertita come insuperabile istanza della
coscienza e fino a negare i loro sentimenti. Dramma borghese, perché di quella
classe adotta il linguaggio peculiare, attraverso tanti passaggi duna comicità
sapida e persuasiva, segno della fusione drammaturgica di poesia e di
semplicità quotidiana. Tragedia, per i destini infausti raffigurati.
Sciaccaluga ha preferito, allimpostazione
verdiana di Luisa Miller, esaltante
lo scatenamento passionale, lanalisi degli effetti del suo contenimento
controllato. Gli scontri di idee si susseguono concretati in urti fisici, per
cui si richiede unazione fisiologica nei duelli non soltanto verbali e oltre
le tensioni psicologiche. La dimensione melodrammatica, puntuale in colpi di
scena attesi e ricorrenti reticenze, rivelazioni, lettere e confessioni si
palesa in un andamento da fiaba ineluttabile e crudele, che narra della
difficoltà per i giovani eroi di assumere il proprio destino. Lo prova il clima
di ostilità e prevaricazione in cui la storia inizia, con un amore osteggiato
sia dai genitori di Luise, ragazza di umili origini, sia dal Presidente Von Walter,
padre del rampollo Ferdinand. Reciprocamente coinvolti in un mondo
incompatibile con la loro unione, ma non come gli amanti shakespeariani Romeo e
Giulietta, certi della bellezza di un legame oltre la morte, Ferdinand e Luise
attraversano e scontano colpe mai commesse, tanto però assimilate da non sapersene
perdonare. Fedeli al proprio onore, fino a morirne.
Un momento dello spettacolo
© Bepi Caroli In tali frangenti, il motore principale
del dramma emerge nella figura di Wurm, il segretario del Presidente, ignobile,
scaltro suggeritore del piano distruttivo chiesto dal padre snaturato per impedire
il matrimonio del figlio con Luise e accasare il
giovane ufficiale con Lady Milford, la favorita del Principe. Interpreta Wurm Andrea Nicolini, il quale, anche autore
delle musiche, diventa “concertatore” (con pianoforte, percussioni e metronomo)
dello sconcerto umano da lui stesso provocato. Per la complicità in delitti
precedentemente occultati, tiene in ostaggio il Presidente. La sua malvagità
corrosiva è nel ghigno della sua maschera parodisticamente perversa. Tommaso Ragno interpreta Von Walter
come autoritario, carezzevole o sprezzante, sicuro e inflessibile. Lo raffigura
come emblema di un potere deciso a sacrificare tutto per la reputazione e il privilegio.
Con un registro istrionico, ricchezza di accenti, duttilità al contraddittorio delle
situazioni, tocca forse il culmine nella recitazione.
Un momento dello spettacolo
© Bepi Caroli
Laltro padre è il modesto e succube musicante Miller, reso da Enrico Campanati con certo ingenuo impeto popolano, con furie velleitarie, paure e rammarichi per la scelta della sua Luise, causa della sua ansia di compromettere credito e professione, nonché di gelosia paterna. Lo fronteggia petulante e presuntuosa sua moglie, una Orietta Notari speranzosa invece nella sistemazione della figlia. Un personaggio che l'autore fa sparire presto e che quindi riappare brevemente all'inizio dell'atto quinto, come madre impazzita dal dolore e dal trauma dell'incarcerazione. Nella coppia giovane, mi pare prevalere il Ferdinand di Simone Toni, fisicamente e idealmente coincidente col modello attualizzato, per energia e chiarezza, pure nei tormenti incessanti a cui risponde con larma del sarcasmo disperato. La sua presenza forte e raffinata offre dizione precisa a un temperamento ricco e modulabile, nel passare dallentusiasmo e il desiderio allo sdegno e alla scelta fatale. Luise di Alice Arcuri mi sembra la più condizionata dai tabù. Nella femminilità delicata di adolescente, offre una maturità forse improbabile (se pure motivata poeticamente dal ruolo deroina) quanto a sapienza espressiva dingenuità e dinnocenza. Risaltano poi netti i ruoli della Lady (Mariangeles Torres), per la seduzione ambigua e i lampi di sincerità che la fanno più umana e fragile, quando svanisce loccasione di unirsi allamato (in segreto) Ferdinand; del Maresciallo Von Kalb, che Roberto Alinghieri mostra duna comicità schietta e connaturata.
Sulla ridondanza del testo, il regista è intervenuto scorciandolo, nella scansione rapida di “scene madri” raccordate, funzionali all'esemplificazione degli effetti del dispotismo sulla felicità individuale. Ciò che inoltre si sente ben riuscito accanto alla traduzione di Macrì che fa «parlare personaggi antichi in una lingua moderna» è la musicalità che lega e pervade atmosfera e caratteri nel gioco conflittuale, misurata come unautentica partitura, vocale e comportamentale e che gli attori, con tocchi al pianoforte, caratterizzano singolarmente. Lo spazio privo di arredo scenografico, quasi sala prove col pianoforte al centro e sedie a supporto daltri strumenti, accoglie gli attori sempre presenti e partecipanti alla vicenda, la cui lunghezza non pesa allo spettatore, poiché alleggerita dal ritmo duna recitazione retorica e antinaturalista.
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