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Poesia e forme di prosa

di Marco Pistoia
  Il male dei ricci - Ragazzi di vita e altre visioni
Data di pubblicazione su web 07/10/2022  

Sono quasi vent’anni che Fabrizio Gifuni lavora su Pier Paolo Pasolini, dal tempo del suo memorabile ritorno al teatro nel 2004 con ’Na specie de cadavere lunghissimo, spettacolo complesso sia dal punto di vista drammaturgico sia dal punto di vista performativo, nonché calibratissima regia di Giuseppe Bertolucci. Anni dopo arriverà lo studio di Ragazzi di vita con un allestimento specifico e oggi con questo rinnovato lavoro, che non è una semplice combinazione dei due citati spettacoli. 

Tuttavia, nel caso specifico e nella (per ora) unica serata nella quale questa nuova “idea” è andata in scena, in un Teatro Argentina riempito in tutti i settori, è anche la confluenza di più testi di Pasolini a innervare, quale più quale meno, i due precedenti spettacoli: Ragazzi di vita, che è come il leitmotiv, Poesia in forma di rosa, Lettere luterane e Seconda forma de La meglio gioventù. Quest’ultima costituì, nel 1975 e in edizione Einaudi, la seconda di tre sezioni in una raccolta complessivamente intitolata La nuova gioventù, ultima selezione delle poesie friulane ancora una volta dedicata a Gianfranco Contini, uno dei due grandi filologi – l’altro era Leo Spitzer – che Pasolini amava, essendone peraltro ricambiato. 

La rinnovata sapienza nel costruire un’acutissima drammaturgia, dove i testi si alternano, combinano ma soprattutto dialogano fra loro, è certamente un’altra magistrale prova della speciale configurazione che questo meraviglioso attore ha oggi (e non solo in Italia). Il male dei ricci è un voluto richiamo a un passo di una splendida poesia che, citandola dal friulano, in italiano dice: «Posso soltanto dire che, “dal male dei ricci” (che non ho mai avuto) al mondo non si può guarire». Forse accostabile al male di vivere di una poesia di Eugenio Montale (Spesso il male di vivere ho incontrato…) senz’altro e del resto ovviamente riferita ai “riccetti” ragazzi di vita e in particolare a Lui, il Riccetto.


Fabrizio Gifuni
© Filippo Manzini

Il romanzo e la sua evoluzione narrativa, si diceva, costituiscono come un leitmotiv e Gifuni vi entra e vi esce per tutto lo spettacolo, perché lo pone in dialogo con le altre opere. Questa soluzione drammaturgica era già in parte presente nella interpretazione scenica del romanzo, ma stavolta si arricchisce ulteriormente della presenza o confluenza, rispetto al romanzo, di ancora più testi, tutti poetici eccetto le Lettere luterane. Laddove gli Scritti corsari, pure presenti fra i testi citati in scena, possono costituire anche un richiamo infra-artistico, ossia al primo Pasolini di Gifuni-Bertolucci, come se si volesse creare anche una memoria storica attoriale, dentro un agone, un corpo a corpo tra l’attore e uno dei suoi autori di riferimento. Ascoltando di nuovo, fra gli altri passi, il richiamo che Pasolini fa all’Italietta fascista, per prendere le distanze da chi lo tacciava di essere nostalgico di una certa Italia, non ho potuto non pensare – quindici giorni prima delle elezioni – che Gifuni abbia voluto rimarcare certi testi, da pregiato intellettuale a proprio modo militante qual è. E del resto anche il richiamo, che l’attore fa all’inizio, a mo’ di prologo, a Aldo Moro e l’accostamento a Pasolini come due fantasmi, ossia due “corpi” mai metaforicamente sepolti, con i quali continuare un possibile dialogo, sembra andare in direzione anche militante. 

Ma lo fa – se lo fa – senza essere didascalico e tanto meno ideologico, tra l’altro confermando la scelta di non aggiungere niente di suo ai testi che porta in scena. Anche stavolta compie qualcosa di straordinario: nel mettere in dialogo opere di uno stesso autore ne ricostruisce anche il pensiero e fa emergere – come fosse un analista di testi – quanto Pasolini abbia costantemente a propria volta dialogato con i propri testi, molteplici e così differenziati anche per generi, nell’arco di più di trent’anni. Lo stesso motore dei riccetti è notoriamente una costante – pur tra varianti, come direbbe Contini – dal primo Pasolini friulano ai romanzi, i film, le successive raccolte poetiche e, da ultimo, il Gennariello delle Lettere luterane.   

E quando Gifuni entra ed esce da un testo, poi lo riprende e orchestra le interrelazioni con altri testi, è anche Pasolini, soprattutto mettendosi in ascolto egli stesso (a parte noi spettatori) e dunque creando un concertato dialogo dell’autore con sé stesso e con l’attore che lo incarna. Infine: ancora una volta emerge non solo il plurilinguismo di un poeta e scrittore, lo stile, la forma, la struttura dei testi, ma anche la magistrale capacità di Gifuni di farne voce, corpo, strumento. Un tripudio di applausi ha suggellato una serata speciale.




Il male dei ricci - Ragazzi di vita e altre visioni
cast cast & credits
 




Spettacolo visto al Teatro Argentina di Roma il 10 settembre 2022

 
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