Lo scorso marzo (dal 2 al 12) al
Teatro Vascello di Roma Fabrizio Gifuni
ha dato vita a una personale dattore composta da quattro spettacoli (tra i
quali Lo straniero, unintervista
impossibile).
Eccetto Il dio di Roserio, studio sul primo capitolo (da Giovanni Testori), inscenato poche
volte, finora questi spettacoli – quale più quale meno – avevano attraversato molte
e fortunatissime tappe. Ma è proprio Il
dio di Roserio il più sorprendente, forse anche perché non eravamo più
adusi a sentire un Gifuni-Testori dai tempi delladattamento radiofonico de LArialda per la regia di Giuseppe Bertolucci (1998). Questo
magistrale “assolo” trae spunto da un testo assai ostico, ma lattore con un
colpo di genio decide di partire più avanti nel plot, da dopo lincidente, interpretando il gregario paraplegico in
un impeccabile quanto straniato e straniante milanese popolano depoca.
Nellora circa di durata dello spettacolo Gifuni sta sospeso su uno sgabello (a
mo di bicicletta) andando a recuperare a ritroso la trama testoriana e
ricreando i frenetici movimenti quasi futuristici della corsa ciclistica. E,
ancora una volta, mettendo in atto voci, suoni, rumori come un musicale concertato.
Polifonica, ma con tuttaltra
lingua, è anche la performance da mise en
espace di Ragazzi di vita,
durante la quale talora lattore esce di ruolo, spostandosi come da un centro
spaziale, per inserire brani di altri testi di Pasolini, creando una dialettica interna tra la voce dellautore e
quella dei personaggi. Anche stavolta il romanzo di riferimento è scomposto e
ricomposto, ma sempre con il fine di offrire allo
spettatore liter e il senso della
storia, con la consueta e acutissima sensibilità verso la lingua, messa in
risalto da una sempre rinnovata e impressionante gamma espressivo-vocale.
Rispetto agli altri autori – tutti
europei – appare piuttosto eccentrica la scelta di Julio Cortázar e, in seconda battuta, di Roberto Bolaño, da un romanzo del quale (Notturno cileno) Gifuni ha da poco inciso un audiolibro per Emons. Attraverso
Un certo Lucas, raccolta dove Cortázar crea un alter ego, lattore ha loccasione di mettere in ulteriore rilievo la
propria vis comica. Con una delle sue
infinite declinazioni linguistiche, talora accompagnato dal sapiente sax di Javier Girotto, ci fa entrare nellironico, inquietante quotidiano
delle tranches de vie immaginate da Cortázar
e, non pago di stupirci, crea una sorta di doppio introducendo anche testi di
Bolaño, fra i quali brani di unintervista dove questultimo parla della
propria ammirazione e del proprio debito artistico verso il grande scrittore e
drammaturgo argentino, con Borges a
far da nume tutelare.
Quattro magistrali one man show diversi fra di loro eppure legati da una ricerca
costante nella lingua e nella narrazione di storie complesse. di Marco Pistoia
Di seguito il programma dell'evento:
Lo
straniero, unintervista impossibile (dallÉtranger di
Albert Camus) suono G.U.P.
Alcaro ideazione
e regia Roberta Lena produzione
il Circolo dei lettori di Torino Ragazzi di vita di
Pier Paolo Pasolini produzione
Solares Fondazione delle Arti Il Dio di Roserio di
Giovanni Testori studio sul primo capitolo Un
certo Julio omaggio a Julio Cortázar e Roberto
Bolaño
con Javier Girotto, sassofoni
|