A cinque
anni di distanza da Il filo nascosto (Phantom Thread, 2017) perla
che confermò la presenza di Paul Thomas Anderson nellalbo dei più
grandi cineasti di sempre , esce nelle sale italiane la sua pellicola forse più
intima e personale, ancora una volta su un amore che prende forma in unepoca
passata ma comunque “senza tempo”. Nonostante le candidature ai tre premi Oscar
più ambìti (Miglior regia, miglior film e miglior sceneggiatura originale), Licorice
Pizza non è riuscito ad aggiudicarsi nessuna statuetta: vien da dire che
anche questanno è stata ribadita la totale assenza di meritocrazia, in una
serata ormai dedita solo al glamour e al politicamente corretto. Il
regista nato a Los Angeles è per fortuna più apprezzato in area europea: si
pensi allOrso doro per Magnolia (1999) e a quello dargento per Il
petroliere (There Will Be Blood, 2007), così come alla miglior regia
a Cannes per Ubriaco damore (Punch-Drunk Love, 2002) o a quella a
Venezia per The Master (2012). Il risentimento per la mancata
assegnazione del premio nella sua città natale deriva dalla consapevolezza di
trovarsi di fronte un autore che da sempre, oltre a dirigere, scrive e produce
i propri film, supervisionando tutte le fasi produttive delle sue opere (qui è
addirittura co-autore della fotografia).
Una scena del film
In
attesa della foto di fine anno per lannuario del liceo, il quindicenne Gary
Valentine (Cooper Hoffman) si innamora a prima vista dellaiutante del
fotografo, la venticinquenne Alana Kane (Alana Haim). Intraprendente
aspirante imprenditore e attore, il giovane coinvolge Alana in unattività di
vendita di materassi ad acqua, provando a coronare il tanto agognato american
dream: quello di emergere con impegno e caparbietà, a costo di reinventarsi
più volte pur di raggiungere lindipendenza economica e laffermazione
personale e professionale. La pendenza in salita della loro relazione, causata
dalla differenza detà (e quindi di maturità), è al centro di una struttura
episodica nella quale i protagonisti si ritrovano ad affrontare le intemperie
di un decennio epocale.
Sono
tanti i punti di contatto tra questultima fatica di Anderson e le sue opere
precedenti, fra cui la scelta di ambientare le vicende nella Los Angeles degli
anni Settanta, come in Boogie Nights (1997) e in Vizio di forma (Inherent
Vice, 2014). Il ritorno alla San Fernando Valley dellinfanzia del regista (nato
proprio nel 1970) è restituito con un caleidoscopio di vestiti, sale giochi, campagne
elettorali e successi musicali. Proprio da qui trae origine il titolo del film:
la “pizza alla liquirizia”, nello slang statunitense, richiama il vecchio
disco in vinile (LP), sia per le iniziali che per forma e colore. Anderson
ritrae così unadolescenza perduta che accomuna tutti, tra scontri, confronti, malintesi,
involuzioni e percorsi di formazione.
Una scena del film
La
scelta degli attori protagonisti, entrambi esordienti, si è rivelata tra le più
azzeccate degli ultimi anni: lui figlio del compianto Philip Seymour Hoffman;
lei una delle tre sorelle del gruppo musicale Haim (per cui il regista ha
diretto numerosi videoclip). Luna dà vita a un personaggio che, a un
certo punto, tenta di risollevarsi attraverso la politica da unesistenza senza
aspettative e senza obiettivi raggiunti; laltro interpreta un giovane egocentrico,
forse cresciuto troppo in fretta, focalizzato sul successo personale, con i
comprensibili limiti dettati dalletà che gli impediscono di interessarsi a ciò
che succede “fuori”: dalla guerra in Vietnam alla crisi energetica del 1973, annunciata
in televisione da Richard Nixon. Lontani dai modelli attoriali “impeccabili”
a cui il cinema hollywoodiano ci ha abituati, i due attori presentano visi e
corpi “imperfetti”, dalla pelle ai denti, dai capelli allabbigliamento. Questo
indugiare sulle imperfezioni e sulla timidezza di corpi impacciati rende il
film vivido, credibile, anche quando le conversazioni al telefono si poggiano
sui soli sospiri e silenzi.
Tra
i numerosi interpreti del film si segnala il “breve ma intenso” Bradley
Cooper nel ruolo di Jon Peters, produttore del celebre A Star is
Born (1976) di Frank Pierson (con lallora compagna Barbra
Streisand nel ruolo della protagonista); molti anni più tardi, nel 2018,
proprio Cooper ne ha realizzato un ulteriore remake. Tra le altre partecipazioni
spiccano inoltre il cameo dellimmenso Sean Penn qui nei panni di Jack
Holden, ispirato al divo William Holden e quello di George
DiCaprio, padre del ben più celebre Leonardo. Per quanto riguarda la
colonna sonora, a brani del tempo (Nina Simone, i Doors, David Bowie ecc.)
si alternano composizioni originali curate dallo storico collaboratore Jonny
Greenwood dei Radiohead (tra laltro candidato allOscar con Il potere
del cane). Ottime la regia (indimenticabile il piano sequenza iniziale) e
la fotografia, mentre la sceneggiatura non è stata esente da critiche a causa
della frammentazione delle vicende narrate. Per quanto riguarda alcuni dialoghi,
ci è sembrato di assistere a un film della Nouvelle Vague francese (un locale
nel film si chiama tra laltro Rive Gauche!).
Una scena del film
Nel
complesso, il film è senza dubbio uno dei più memorabili degli ultimi anni,
capace di trasmettere allo spettatore sensazioni come la spensieratezza, la purezza,
lingenuità: insomma, tutto ciò che si vorrebbe vedere ogni tanto sullo
schermo, in barba agli artifici scenici e drammaturgici ritagliati ad hoc
per sbalordire, intrattenere. In fondo, grazie a Paul Thomas Anderson, abbiamo finalmente
la prova che, nonostante tutto, anche dalle fenditure dellasfalto possono
fuoriuscire fiori.
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