Madina
è una Gesamtkunstwerk, ovvero unopera darte totale in cui musica, danza, canto, recitazione e drammaturgia
si fondono per dare vita a uno spettacolo olistico, messo in scena in prima
assoluta al teatro alla Scala di Milano. Un evento apprezzato dal pubblico – finalmente
numeroso per lallentarsi delle misure anti Covid-19 – e salutato da applausi calorosi
e convinti per tutti i protagonisti. Commissionata dal Teatro del Piermarini
e dalla SIAE e nata dalla collaborazione tra il compositore Fabio Vacchi
e il coreografo Mauro Bigonzetti, Madina
si basa sul libretto di Emmanuelle de Villepin, autrice del romanzo La ragazza che non voleva morire da cui
è tratta la storia, ed
è una pièce pluri- e inter-disciplinare in tre
quadri per un attore, due cantanti, coro, orchestra e corpo di ballo. Lopera,
allinsegna di quella che per Vacchi è «unarte umanista», affronta il tema della
violenza interraziale e religiosa, affermando la necessità di non soccombere
alla cultura dellodio ma di scegliere quella dellamore. Lunico modo umano per
superare il sanguinoso scontro ideologico tra Oriente e Occidente e porre fine
alla barbarie.
In Madina
però non ci sono riferimenti geografici e temporali precisi perché in
realtà, come accadeva nella tragedia greca qui riletta in chiave moderna, sono messe
in luce le motivazioni profonde che spingono gli individui ad agire in nome di
unideologia o a rifiutarsi di perseguirla, ancorandosi alla speranza che, nella
lotta tra il male e il bene, sia questultimo a rappresentare lunico baluardo salvifico.
© Marco Brescia & Rudy Amisano
La vicenda è presto detta: la giovane Madina,
tornando da scuola insieme agli amici Zarema e Halid, assiste allo stupro e alluccisione
di Zarema da parte dei soldati dellesercito invasore. Gli uomini, non
contenti, violentano anche lei mentre Halid, terrorizzato, osserva di nascosto
la brutale aggressione. A occuparsi della ragazza, orfana di padre e madre morti
sotto le bombe nemiche, sarà lo zio Kamzan che, per vendicare i genitori della
ragazza, la moglie e i figli, si è unito ai terroristi scegliendo la strada
della montagna e diventando capo dei ribelli. Kamzan sottopone Madina a una
sorta di lavaggio del cervello con droghe e distorti insegnamenti religiosi per
spingerla a diventare kamikaze. Una decisione avversata dal vecchio Sultan, il
padre di Kamzan che prega il figlio di lasciare libera la nipote per non
diventare peggiore dei suoi nemici. Purtroppo la preghiera cade nel vuoto e
Madina, con indosso una cintura esplosiva, si ritrova in un caffè di una piazza
della città da cui provengono i militari assassini e violentatori. La ragazza
allultimo momento si rifiuta di portare a termine il piano omicida e suicida e
getta a terra la cintura. Lartificiere, accorso per disinnescare la bomba, salta
in aria e lei viene arrestata. Nel frattempo a Parigi lindolente giornalista
Louis, non convinto della necessità di occuparsi del caso, traccheggia ma cambia
idea grazie a Olga, la zia “occidentale” di Madina, e uniti dallamore
improvviso e dal desiderio di salvare la ragazza lottano per difenderla durante
il processo. Madina sarà condannata a ventanni di prigione. Il vecchio Sultan
si rifugerà nella capitale francese insieme a Shamil, fratello minore di Madina,
e pubblicherà i diari della nipote. Kamzan, «un po brigante e un po usignolo»,
come lo chiamava Sultan, sarà catturato e ucciso ma il padre recupererà il
corpo per dargli degna sepoltura in un estremo atto damore.
Una trama densa in cui i “personaggi corpo”,
interpretati dai ballerini, agiscono sulla scena sdoppiati nei “personaggi voce”
affidati alla vibrante vocalità del mezzosoprano Anna-Doris Capitelli,
che interpreta Madina e Olga, al timbro cristallino del tenore Chuan Wang,
che riveste i ruoli di Sultan e Louis, al tono suadente dellattore Fabrizio
Falco, che ora è Sultan, ora
Louis, ora un guerrigliero. Tutti accompagnati dallOrchestra del Teatro alla
Scala che esegue la partitura contemporanea di Vacchi, diretta da Michele
Gamba, e dal Coro presente nella forma di voce registrata e spazializzata con
altoparlanti dislocati in sala. Una decisione presa per ottemperare alle regole
del distanziamento e che consente al coro stesso di presenziare fuori campo e
commentare lazione scenica come accadeva nella tragedia greca.
Opera di “teatro-danza”, come la definisce
Vacchi per la fusione e sintesi di linguaggi da cui nasce e che ricorda le pièces del tanztheater di Pina Bausch, Madina avrebbe dovuto debuttare a marzo 2020 ma, annullata a causa
della pandemia, vede ora la luce e si conferma un lavoro di grande impatto
visivo, emotivo e sonoro che nella brevità – dura unora e mezza senza
intervallo – ha la sua cifra stilistica. Una concisione tipica del balletto a
serata intera con cui alla Scala si mette in danza il dramma di una ragazza
vittima del terrorismo, si rappresenta la furia omicida di Kamzan e si riflette
sullumanità del nobile Sultan che, insieme a Olga e Louis, sceglie lamore per
non soccombere alla strategia del terrore.
La scenografia firmata da Carlo Cerri,
ideatore anche delle luci e delle proiezioni video assieme ad Alessandro
Grisendi e Marco Noviello, concorre a rafforzare il senso
claustrofobico della mise en scène. Lo
spazio è delimitato da enormi e fredde colonne dacciaio sulla sinistra del
palcoscenico il quale, come una scena mutevole ma fissa, di volta in volta
diventa la montagna dei guerriglieri, il caffè cittadino, la redazione di un
giornale, il luogo dincontro tra Olga e Louis. Al centro della scena è posizionato
un reticolo su cui vengono proiettate immagini fisse e filmate di bombardamenti
e un muro di luce, il LED wall, permette di far entrare e uscire i
protagonisti da questa modalità prospettica e di fondere corpi e tecnologia.
© Marco Brescia & Rudy Amisano
E sono proprio i corpi, vestiti da Maurizio
Millenotti, a vibrare nella coreografia di Bigonzetti che – come lui spiega
– è «una trasfigurazione coreografica, una materializzazione della musica con
il corpo». Bigonzetti torna alla Scala dopo aver diretto il Corpo di Ballo nel
2016 e aver firmato creazioni come Cenerentola
e Progetto Händel
e incontra per la prima volta il bolognese Vacchi, alla sua terza commissione scaligera,
per un progetto teatrale, musicale e coreutico che li vede uniti nellintento e
concordi nella scelta artistica.
Bigonzetti nella coreografia fa perno
sul registro accademico che riserva a Roberto Bolle, qui nel ruolo
inedito del cattivo Kamzan, e sul registro antiaccademico o per meglio dire
contemporaneo che assegna a Madina e al Corpo di Ballo, in quella ibridazione
di stili che rende inconfondibile il suo linguaggio e il suo estro creativo. Tra
soli, duetti ed ensemble intrecciati
in modo organico e fluido, il dancemaker romano
spinge al massimo le potenzialità dei corpi dei ballerini per far emergere lo strazio
fisico di movimenti esasperati e di legati concitati che evocano il dolore e lorrore
straniante e straniato del clima di odio e violenza.
La resa dei due soli di Bolle è
straordinaria per la capacità dellétoile di piegare il suo accademismo alla
visceralità del dinamismo contemporaneo e altrettanto intensi e coinvolgenti
sono le tenzoni corpo a corpo con Madina, unAntonella Albano brava e “contemporanea”.
Accanto a loro reggono bene il confronto lOlga di Martina Arduino, il
Louis di Gioacchino Starace, il Sultan di Gabriele Corrado e il “coro
corpo” dei danzatori che, nel modo in cui commenta lazione, richiama le
sequenze corali di Cantata, un balletto
creato da Bigonzetti nel 2001. La forza espressiva della danza materica risponde
a pieno alla vigorosa musica di Vacchi e allintensità delle voci dei cantanti
e dellattore, questultimo assai convincente nel melologo di Louis mentre legge
il diario di Madina e capisce limportanza di divulgare la vicenda.
Madina
è uno spettacolo bello, corposo e complesso sia che lo
si voglia considerare unopera di teatro-danza, un balletto a serata intera,
una Gesamtkunstwerk,
e dimostra ancora una volta come larte non sia avulsa dalla realtà ma proprio
nella verità dei fatti trovi gli spunti per – come dice Vacchi – «costruire un
nuovo umanesimo».
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