Mauro Bigonzetti è un
coreografo che ha il guizzo, lestro, la fantasia. Il mondo antico chiamava métis lintelligenza attiva ed
esecutrice, in altre parole creatrice; noi possiamo parlare di talento capace
di rimodellare un caposaldo della letteratura coreutica come Cinderella e farne un balletto
modernissimo e soprattutto “bigonzettiano”.
Un balletto che debutta con innegabile successo alla Scala di Milano con il Corpo di Ballo e le étoiles Polina Semionova e Roberto
Bolle e che rappresenta il quarto incarico dato a Bigonzetti da quello che lui
considera «il massimo dei teatri nel mondo». Unennesima importante occasione
per arricchire il suo carnet di coreografo diventato freelance da
quando nel 2007 ha lasciato la direzione dellAterballetto e ha iniziato a creare
per le più blasonate compagnie internazionali.
Questa moderna Cenerentola è
senza ombra dubbio “bigonzettiana” nella partitura coreografica vivacizzata da “mosse”
tipiche dello stile postclassico del coreografo romano con il gioco velocissimo
di caviglie (tallone-punta-tallone), lintreccio geometrico di braccia e mani,
le involuzioni ed evoluzioni sinusoidali di gambe e corpi, le ricercate pose
del bacino fuori asse, le teste che si muovono come marionette, le continue
infrazioni allordine nelleseguire développés
e développés penchés, attitudes, manèges, fouettés, luso
libero ed estremizzato delle scarpe da punta.
Un momento dello spettacolo
© Marco Brescia e Rudy Amisano - Teatro alla Scala
Un modo insomma tutto personale di ossequiare la tradizione che fa
capo a grandi maestri come Balanchine,
Cunningham, Forsythe, e di arrivare a esprimere il suo sentire coreutico-coreografico
non disgiunto da una altrettanto originale e guizzante scelta delle scenografie.
Scenografie in questo caso virtuali che si formano e si deformano vis à vis, ideate da Carlo Cerri e realizzate con la
collaborazione di Alessandro Grisendi
e Marco Noviello. Tutte evanescenti eppure
avvolgenti che esaltano i costumi di Maurizio
Millenotti ispirati alla ricchezza degli abiti settecenteschi ma attualizzati
da inserti di pelle e parrucche crespe, quasi rasta.
Cinderella piace, diverte,
riscuote applausi a scena aperta e ovazioni nel finale, e ha le sue punte di
diamante in Polina Semionova e Roberto Bolle, degnamente affiancati dal Corpo
di Ballo e accompagnati dalla celeberrima musica di Prokofev eseguita dallOrchestra della Scala diretta da Michail Jurowski.
Bigonzetti per questa mise en
danse segue a grandi linee la favola di Perrault partendo però dalla partitura di Prokof'ev ed eliminando
scopa e carrozza per puntare al dialogo fiabesco tra i corpi che agiscono sulla
scena e le immagini che vengono proiettate.
Nel primo atto marcata è la solitudine umana e affettiva di
Cenerentola, dileggiata e maltrattata dalle sorellastre e dalla matrigna. Tuttavia,
come noto, larrivo di una mendicante, ben accolta dalla ragazza, cambierà il
suo destino. È la Fata madrina, che insieme alle Fate delle stagioni regala a
Cenerentola labito per il ballo a palazzo a patto però che a mezzanotte torni
a casa e riprenda la sua triste vita.
Un momento dello spettacolo
© Marco Brescia e Rudy Amisano - Teatro alla Scala
Nel secondo atto si svolge la festa, e larrivo di Cenerentola
stupisce tutti, Principe compreso. Le sorellastre e la matrigna, che non la riconoscono,
pensano che sia una principessa. La ragazza è felice e balla con il Principe
dimenticando la promessa fatta alla fata. I rintocchi della mezzanotte la
sorprendono allimprovviso e Cenerentola si libera dalla stretta amorosa del
Principe il quale, restando con la gonna rossa – e non la classica scarpetta – come
unico ricordo dellamata, decide di ritrovarla.
La ricerca parte nel terzo atto dove il Principe, accompagnato da
quattro fedeli amici e dalle Fate, arriva alla casa di Cenerentola. Qui le
sorellastre tentano invano di indossare la gonna che invece calzerà a pennello
a Cenerentola. Il Principe la riconosce e insieme coronano il loro sogno damore.
In questa Cinderella Bigonzetti
sceglie innanzitutto di rendere eccentriche e dissociate le sorellastre e la
matrigna facendole apparire degli automi che si muovono dietro a una triplice struttura
metallica a forma di manichino. Da questa sorta di impalcatura entrano ed
escono senza perdere mai la loro fisionomia dis-umana, accentuata dalle
stridule urla della matrigna. Classici ruoli da caratteriste che diventano figure
di primo piano: le ballerine che le impersonano, Stefania Ballone, la matrigna, Antonella
Albano e Virna Toppi, le
sorellastre, sono odiosamente così brave nellinterpretare queste sgraziate e
presuntuose parenti da riuscire antipatiche e simpatiche allo stesso tempo. Tre
“antieroine” che non solo ricordano quelle della Cenerentola di Kenneth Branagh, fra cui spicca la perfida matrigna
di Cate Blanchett, ma piacciono.
Come piacciono, anche se per altri motivi, la Fata madrina, Nicoletta Manni, e le Fate delle
stagioni, Chiara Fiandra, Lusymay Di Stefano, Antonina Chapkina, Denise Gazzo, che, rispetto alle “vipere” e alle loro movenze
distoniche e pazzoidi, eseguono una danza più morbida, ordinata e aggraziata.
In questo balletto non manca neppure lironia quando il Principe si
sente male davanti al tentativo delle due sorellastre di indossare la gonna di
Cenerentola e corre il rischio di vedersi sposato ad una delle sue scellerate.
Di grande impatto sono poi le scene corali della festa e qui
Bigonzetti dimostra di saper muovere allunisono gli ensemble maschili e
femminili costringendoli ad eseguire legati classici ma contemporanei nella
resa esplosiva, che volutamente collide con la suadente musica di Prokofev.
I soli e i passi a due dei protagonisti sono momenti luminosi con
Polina Semionova che balla in solitudine nel primo atto, il Principe allinizio
del secondo per poi unirsi nella festa a palazzo e nellepilogo del terzo dove danzano
circondati da un bosco stilizzato in un romantico trionfo damore e non in società
come vuole il racconto.
Roberto Bolle è un vero principe ed è perfettamente a suo agio con lo
stile bigonzettiano, rivelandosi un danzatore disponibile a interpretare
poetiche coreografiche sempre diverse e stimolanti. E a suo agio è anche Polina
Semionova, una danzatrice definita “assoluta”, semplicemente divina che dà a
Cenerentola il volto della fiaba ma la consistenza del suo corpo.
Nei passi a due Bigonzetti attenua la spigolosità della sua cifra
stilistica prediligendo la morbidezza del dettato espressivo, e si conferma un
fine facitore della forma del duetto postclassico. Un modulo compositivo in cui
richiede ai ballerini grande scioltezza performativa ma al tempo stesso forza
esecutiva, costringendoli a grovigli inconsueti, a mutevoli figurazioni
plastiche, a energiche e acrobatiche prese contemporanee che sono il
corrispettivo di quelle sicure e atletiche della danse décole.
Un balletto, questa Cinderella,
che nella modernità scenografica, costumistica e coreografica non ha nulla di “museale”
e permette a Bigonzetti in virtù di quelli che lui definisce ballerini “alfabetizzati”
di dare libero sfogo alla sua métis. Unestrosa
fantasia che chiede a tutti i protagonisti di inverare con il linguaggio della
danza e del corpo il suo sentire coreutico.
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Cinderella
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Il coreografo Mauro Bigonzetti
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