drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

In the Mood for Dream

di Giuseppe Mattia
  Minari
Data di pubblicazione su web 27/04/2021  

Presentato al Sundance Film Festival 2020 vincendo il Gran premio della giuria e il Premio del Pubblico, Minari (2020), scritto e diretto da Lee Isaac Chung, ha cominciato a fare incetta di riconoscimenti e apprezzamenti in tutto il mondo: dal Golden Globe per il miglior film in lingua straniera (sebbene la produzione sia statunitense) alle sei candidature della notte degli Oscar, in cui si è aggiudicato la statuetta per la miglior attrice non protagonista (Yoon Yeo-jeong). Dopo l’esperienza di Okja (2017) di Bong Joon-ho – che l’anno scorso ha sbaragliato tutti a Los Angeles con Parasite (2019) – il produttore esecutivo del film, un “certo” Brad Pitt, ritorna a collaborare con un autore sudcoreano, fiutando il valore della storia messa in scena. Ispirato all’infanzia dell’autore a stelle e strisce classe 1978, figlio di emigrati coreani, il film ripercorre una vicenda familiare apparentemente semplice, raccontata in maniera fluida senza grandi velleità spettacolari, affrontando la tematica del “sogno americano” e dei sacrifici per raggiungerlo.


Una scena del film

Ambientato durante la cosiddetta “Reagan Revolution” degli anni Ottanta, i quattro componenti della famiglia sono intenti a traslocare dalla California verso i territori rurali dell’Arkansas. La nuova dimora degli Yi è una precaria casa con delle ruote, un tema casualmente presente agli Oscar sia in Nomadland (2020) sia in Sound of Metal (2019). Il pater familias Jacob (Steven Yeun) insegue la chimera del benessere economico attraverso la coltivazione di frutta e verdura coreana, puntando sulla nostalgia del cibo “di casa” vissuta da decine di migliaia di suoi connazionali che ogni anno approdano nel Nuovo Mondo. Per sbarcare il lunario lavora con la moglie Monica (Han Ye-ri) in un centro di pollicoltura, effettuando la pratica del sessaggio e condannando al rogo migliaia di pulcini di sesso maschile, reputati inutili dalle aziende. In mezzo a numerose difficoltà di coppia, economiche e di salute (come il problema cardiaco del figlio più giovane), la donna manifesta quotidianamente il proprio malcontento e le proprie preoccupazioni dettate, inoltre, dall’eccessiva lontananza rispetto all’ospedale più vicino. A stravolgere il già precario equilibrio degli Yi c’è l’arrivo dalla Corea di Soon-ja (Yoon Yeo-jeong), eccentrica e imprevedibile madre della donna.



Una scena del film

La delicata, penetrante colonna sonora di Emile Mosseri accompagna questi cinque individui nelle loro effimere gioie e nei loro tangibili turbamenti: di notevole intensità la scena nella quale i due genitori litigano con veemenza e i due figli tentano di placarli lanciando loro aeroplani di carta con sopra scritto «Non litigate». La potenza di determinate sequenze è avvalorata dall’alternanza tra la lingua inglese – usata nelle conversazioni “civili” – e quella “madre” coreana, applicata nei momenti di paura e rabbia. L’ictus che colpisce la nonna (situazione simile a quella eduardiana in Natale in casa Cupiello) costringe i restanti membri a ridimensionare le proprie abitudini: l’anziana, nel bene e nel male, ha la funzione di collante, avvalendosi della propria leggerezza emotiva e del proprio spirito di adattamento incarnato dal minari, pianta acquatica con la capacità di crescere ovunque (ideale metafora di multiculturalismo) in maniera indipendente, nonché di elargire frutti, a detta della donna, senza fare distinzioni tra poveri e benestanti. Il punto di rottura viene a un certo punto decretato dalle differenti scelte di Jacob e Monica, moderni Malavoglia di fronte a una sciagura “ardente”.



Una scena del film

Rimanendo sull’onda delle solide e per certi versi indimenticabili produzioni sudcoreane degli ultimi anni (si pensi ai lavori del citato Bong Joon-ho, di Lee Chang-dong, Park Chan-wook e del recentemente scomparso Kim Ki-duk), Minari porta avanti una poetica incentrata sulle complicate relazioni consanguinee e sull’integrazione, troppo spesso ostacolata da pregiudizi di natura etnica e razziale. L’ultima fatica di Chung è senz’altro un lavoro pesato, misurato in ognuna delle proprie pieghe. La sensazione che arriva allo spettatore è quella di un regista con i piedi per terra, consapevole dei rischi “autobiografici”, attento a evitare forzature: ciò si rispecchia nella sceneggiatura controllata e realistica – capace di raffigurare un contesto socioculturale verosimile e autentico, seppur non abbastanza indagato – e nella regia che guida discreta i dialoghi e gli attori nelle loro vicissitudini, forse con troppa prudenza ma restituendo un ritratto onesto e godibile fino all’ultima idilliaca inquadratura.




Minari
cast cast & credits
 


La locandina del film



 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013