L’altra faccia del sogno americano
Una scena del film
© Biennale Cinema 2020
Il film è tratto dall'omonimo libro-inchiesta di Jessica Bruder (2017) in cui si raccontano le storie vere di persone che hanno deciso di seguire le teorie e la prassi dello scrittore e blogger Bob Wells, che invita a non farsi condizionare dalle ansie del classico stile di vita borghese per scegliere la “vera libertà” di un'esistenza nomade all'interno di un camper o di una roulotte, fatta di lavori occasionali in giro per gli Stati Uniti e periodici ritrovi con la sua comunità di houseless: ovvero “senza indirizzo”, cosa ben diversa da homeless (i “senza casa”). La protagonista è Fern, una donna di sessant'anni che, rimasta vedova e senza figli, lascia Empire, un paese nato e morto intorno alle fortune di una fabbrica di cartongesso, per andare a vivere come houseless, appunto, a bordo del suo camper. Qui, tra un lavoro per un magazzino di Amazon e uno come inserviente in un campeggio, viene a contatto con questa comunità di moderni nomadi, con lo stesso Wells e con la tutt'altro che banale filosofia che sottostà a questa scelta esistenziale.
Una scena del film
© Biennale Cinema 2020
Girato tra la fine del 2018 e il 2019 (e
forse destinato a Cannes), Nomadland arriva nella filmografia di Chloé Zhao (nata a Pechino, ma
formatasi in Inghilterra e negli Stati Uniti) dopo Songs My Brother Taught Me (2015) e The Rider (2017) (entrambi ambientati tra la
comunità dei nativi Lakota Sioux del Sud Dakota). Per certi versi il film chiude
una trilogia incentrata sulla dissoluzione del sogno americano, proprio in quei
territori dove la retorica della frontiera sembra conservare ancora un suo
fascino. Una trilogia che fa della Zhao una delle autrici più interessanti del panorama
del cinema indipendente americano, tanto che Hollywood le ha già gettato una
“manciata d'oro negli occhi”, chiamandola a girare Eternals, il nuovo cinecomic della Marvel da 200 milioni di dollari.
Una scena del film
© Biennale Cinema 2020
La regista, ma
anche sceneggiatrice, montatrice e produttrice (con la McDormand) della
pellicola,
innesta il personaggio di Fern (sorta di abbreviazione-anagramma di Frances) tra
quelli del libro della Bruder e sceglie di portare sullo schermo i veri
protagonisti raccontati dalla scrittrice che interpretano loro stessi. Il
risultato è un film che, pur privo di un vero e proprio sviluppo narrativo,
mantiene un tocco leggero, empatico, impressionista su una realtà molto più
profonda e “politica” di quello che potrebbe apparire. Lo sguardo di Zhao segue
sobriamente il volto (sempre in scena) duro e dolce della protagonista, che si
riverbera sul paesaggio altrettanto duro e dolce del Middle-West, mostrando
allo spettatore la durezza e la dolcezza di come un'altra vita sia possibile
anche in quella parte di America così vicina a Trump. In tutto questo
spiace sottolineare come quella che si potrebbe non a caso definire la nota più
stonata del film si trovi proprio nella scelta delle musiche di Ludovico
Einaudi, che vengono impropriamente e anche un po' ingenuamente usate nel
preciso intento di dare suggestione a immagini di per sé già suggestive,
finendo così per risultare ridondanti, se non addirittura imprevedibilmente
invadenti. Sia chiaro non siamo davanti a un capolavoro, ma a un buon film ben
fatto con lampi di verità dove, sotto il personaggio di Fren, si riesce a vedere
non solo Frances McDormand, l'attrice, ma anche Cynthia Ann Smith, la
donna.
Nomadland
Cast & credits
Titolo
Nomadland |
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Origine
Stati Uniti d'America |
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Anno
2020 |
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Durata
107 min. |
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Colore | |
Soggetto
Nomadland |
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Autori testo d'origine
Jessica Bruder |
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Regia
Chloé Zhao |
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Interpreti
Frances McDormand (Fern) David Strathairn (David) |
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Produttori
Frances McDormand, Peter Spears, Mollye Asher, Dan Janvey, Chloé Zhao |
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Produzione
Highwayman Films, Hear/Say Productions, Cor Cordium Productions |
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Scenografia
Joshua James Richards |
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Costumi
Hannah Logan Perterson |
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Montaggio
Chloé Zhao |
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Fotografia
Joshua James Richards |
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Musiche
Ludovico Einaudi |
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Lingue disponibili
inglese |