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Alix Denambride, Emmanuel Vigier, Béatrice Picon-Vallin

Terres communes. Vies et morts dans la rue. Du web-doc au théâtre. Une traversée documentaire


Montpellier, Deuxième époque, 2022, 144 pp., 22,00 euro
ISBN 978-2-37769-080-0

Il libro raccoglie esperienze d’arte e di vita, nate da uno sguardo concentrato sulle manifestazioni performative e interessato alla loro documentazione, fra storia, sociologia e originalità creativa dei mezzi impiegati. Due artisti, autori ciascuno di un’opera dal soggetto comune, collaborano a un lavoro di fusione ulteriore e ne nasce il resoconto delle loro singolarità e interferenze. Ad esso s’aggiunge il contributo della studiosa e storica del teatro, Béatrice Picon-Vallin, frutto dell’osservazione critica delle attività spettacolari dedicate allo spazio pubblico e ai loro documenti (cfr. la nostra recensione a Les Théâtres documentaires). Il tema qui affrontato riguarda il fenomeno dell’esclusione e della morte solitaria nelle società «liberali». Situazioni e comportamenti consueti nelle città, dove tante persone marginalizzate vivono e muoiono, sconosciute e abbandonate.   

Emmanuel Vigier, autore di video per il web, tratta qui della sua opera Terres communes (2012). Alix Denambride è l’autrice di Terre commune, testo ispirato a quell’esperienza e da lei messo in scena (2017). In quanto ricerca di portata sociale, oltre che artistica, la composizione di Vigier partecipa all’impegno d’un gruppo di cittadini di fronte alla morte e alla vita dei senza-fissa-dimora, e lo rappresenta in un «film hybride et interactif [qui] convoque différentes matières, textes, photographies, créations sonores, séquences de cinéma documentaire» (p. 39). S’adegua alle tecniche di codificazione e conservazione standardizzate della rete, per cui il lettore può fruire dell’opera accedendovi mediante QR code.  

Nell’organizzazione testuale della pièce, la drammaturga comprende l’utilizzazione delle immagini e di altri complementi espressivi, in un copione destinato alla rappresentazione all’aperto e di sera. Il dispositivo scenico e le sue funzioni sono progettati per condizioni periferiche urbane. Una baracca e un cartellone pubblicitario indicano sinteticamente la convivenza assurda e tragica della società dei consumi con gli esclusi ch’essa produce: «Le décor se fait l’écho du réel. Le réel des lieux des vies, mais aussi des lieux des morts. Tout d’abord terrain vague, l’espace devient peu à peu celui du cimetière» (p. 57).

La vicenda si svolge in cinque scene. Momenti tipici della scrittura e della tensione drammatica sorgono dall’ambientazione presso un cumulo di rifiuti (Au rebut), dove s’intrecciano le voci dei protagonisti. Si distinguono le voci della morta Marie e di X, suo fantasma (interpretate dall’autrice), fra quelle d’un uomo (con più ruoli), d’una giornalista e di altri, provenienti da altoparlanti piazzati al suolo. È il guidatore del furgone, anche becchino, a scoprire il cadavere di Marie/X nella spazzatura. Così si forma il mélange di verità straziante e di dolente immaginazione nel dialogo della figura sdoppiata: due voci, due personalità che rievocano le circostanze e i sentimenti di chi vive in strada: «Dehors était chez nous! Pourquoi je dis dehors? Parce que c’est beau dehors? Parce que c’est poétique dehors! Parce que dehors c’est une promesse» (p. 62).

In Paysage d’outre-tombe, figurazioni simboliche, ma topograficamente vere, nascono dall’enumerazione della morta mentre depone fiori sulle tombe in una sequenza danzata. Danza che si ripete quando Étienne, sfruttando l’immagine d’una donna sullo schermo, coinvolge X in un macabro rito funebre. L’inumazione di Marie è fatta interagire con l’identificazione della morta con una miss o diva del cinema. La toilette richiama metaforicamente la necessità di purezza e d’innocenza, in persone pervase da un insistente senso di colpa. Lavare il corpo, comporlo per la sepoltura, acutizza il desiderio, fino al bisogno di fare l’amore. Avviene al cimitero, con accenti ironici e surreali. La veillée usa la celeberrima canzone Bang bang come una specie di antidoto alla retorica della preghiera proposta da un Prete. X / Marie indossa la fascia, con la scritta «divertissement intéressant», raccolta da una corona funebre. La parodia di Miss France muta nell’apprezzamento del ritorno alla terra, nel «revenir si concrètement à ses racines» (p. 78). La pièce si chiude con la demolizione della baracca e l’accensione d’uno slogan luminoso augurale: «Passer une nuit à la belle étoile» (p. 79).

Alla rappresentazione, l’autrice aggiungeva una notizia sullo spunto del lavoro e sui rapporti personali che dal 2013 la coinvolgono e che comprendono tre personaggi reali, inseriti nell’indagine filmata e nella fiction. Da testimoni diventati protagonisti, essi si chiamano Mireille Denoyer (1936), Étienne Grosdidier (1969-2014), Mihajl Sabo, detto Michaël (1943). Nell’incontro con Mireille, Alix scopre l’accompagnamento alle sepolture in fosse comuni nel cimitero Saint-Pierre di Marsiglia. Il bisogno di teatralizzare un’assenza e un oblio imperdonabili, per restituire alla città il senso della morte che veramente accomuna tutti, è confessato. Gli autori colgono infatti da Jean Genet, L’Étrange Mot d’…, l’exergo ammonitore sulla necessaria funzione celebrativa dei morti nel luogo della convivenza umana.

Nell’Intervista, Picon-Vallin raccoglie e analizza il significato del lavoro, i motivi delle scelte, le tappe problematiche del percorso. Riesce a fare emergere, per sé e per i lettori, i nuclei importanti dell’avventura, gli stili compositivi sia del documentario, sia del racconto scenico. Non sempre le domande trovano risposte esaurienti; ma sempre, suscitandone di nuove, concorrono a un bilancio equo fra realtà e finzione, fra il documento e la sua poetica espressione.


di Gianni Poli


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