Ambizione dellopera è porsi
quale censimento mondiale di un genere teatrale che compie almeno un secolo. La
ricerca sui diversi aspetti dei “teatri documentari”, coordinata, con esiti
interdisciplinari e sguardo europeo, da Béatrice
Picon-Vallin – maestra della storiografia teatrale novecentesca – e da una
sua collaboratrice dellultima generazione, litaliana Erica Magris, riguarda un fenomeno che ha promosso sia
linformazione storica e scientifica mediante larte teatrale, sia
linnovazione della stessa drammaturgia, alimentandola con documenti e
protagonisti primari. Il panorama, che comprende vari continenti geografici e
culturali – dallEuropa mutata nel secolo appena inaugurato alle Americhe e a
un Oriente dalla rilevanza crescente – si articola in sezioni tematiche
orientate da riferimenti cronologici.
Ai saggi specialistici su temi ed
eventi saccostano focus su documenti
di valore storico. I casi più recenti o dattualità – Teatro di narrazione,
Verbatim, Groupov, Rimini Protokoll – sono confrontati col passato per valutare
levoluzione del fenomeno. Viene dapprima individuata la nozione di “documento”,
non soltanto quale fonte della “verità” storica, ma in quanto oggetto e/o
motivo attorno al quale le forme rappresentative si sono manifestate
successivamente. Così del documento si ripropongono alcune definizioni
consolidate, come quelle espresse in Jacques
Le Goff, Document/Monument (trad.
francese della voce italiana dellEnciclopedia
Einaudi, 1978) e in Marc Bloch, Apologie pour lhistoire, 1949 (cfr.
Paris, Colin, 1997, pp. 57-62).
Picon-Vallin introduce la problematica con Le théâtre face à un monde en mutation: à propos des théâtres dits
«documentaires». Nel riconoscere la “porosità” progressiva delle
frontiere fra le arti e le scienze, auspica un necessario spazio di
riflessione, compositivo e creativo, che ponga a distanza prospettica i fatti e
le notizie – oggi come non mai tanto labili ed effimeri – prima dogni
elaborazione storica ed (eventualmente) artistica. Nellambito operativo, osserva: «Le protocole
traditionnel qui préside à lécriture du reportage dinvestigation et à la
recherche en sciences humaines est devenu la base du travail du théâtre de
groupe qui pratique la création collective. […] Dans ce processus sont
convoqués témoins et/ou experts» (p. 13). Lispirazione a “storie vere”
tende ad attribuirsi maggiore autenticità, mentre proprio la via documentaria
si presenta come alternativa per una drammaturgia più aperta alle prospettive
del dibattito ideologico. Forme di teatro politico (con pretese funzioni
riformatrici delle democrazie, p. 45) e di teatro civile – partite da
esperienze primonovecentesche – si ravvisano in proposte italiane odierne.
Autori come Marco Paolini o Roberto Saviano sono ritenuti esemplari
nella ricerca della verità-in-scena. La citazione di La beauté et lEnfer, di Saviano è correlata a Le dernier Caravansérail (2003), dedicato ai migranti, del Théâtre
du Soleil e ad altre creazioni in debito con la sensibilità di Erwin Piscator e di Peter Weiss, autore della memorabile Istruttoria (1965). Ricorrono momenti
coerenti nel dare voce ai bisogni degli ultimi della società, in
drammatizzazioni di situazioni di particolare sofferenza collettiva. Come osserva Ivan Jablonka, «le théâtre documentaire est alors un processus de recherche collectif qui
implique encore plus fortement le spectateur» (p. 42). Le conclusioni
savvalgono dei contributi di alcune opere di Sergueï Tretiakov, Bruno
Tackels e Milo Rau che, nella
loro varietà, individuano presenze di fatto extra-teatrali, come quella del
gruppo Port B di Tokyo (p. 52).
Nel Novecento sincrociano casi
personali e tragedie collettive, in proposte multiformi e «autodocumentaires»
(p. 72).
In Cinemas documentaires: le réel au pluriel, Martin Goutte si occupa degli elementi fondanti del documentario
cinematografico: attraverso definizioni di caratteri e funzioni, fa emergere il
contrasto tra finzione e realtà declinate al plurale. Più recenti vengono
considerate le interferenze e le sovrapposizioni fra cinema e televisione le
quali, contemporaneamente, «affichent tantôt leur concurrence et tantôt leur
complémentarité» (p. 74) nelle conseguenze relative alla novità di Internet. Così Laurence
Allard, in Le webdocumentaire,
indaga (con terminologia inglese specialistica) le potenzialità della Rete,
suscettibili di favorire un importante scambio soprattutto fra gli utenti:
«Cette alimentation du Web en
contenus expressifs issus de lactivité relationelle des internautes peut être
également définie au plan socio-économique comme relevant du croudsourcing, cest-à-dire
lalimentation du Web en contenus par les internautes eux-mêmes» (p. 81).
Le notevoli tracce dellimpiego del documentario sulla scena novecentesca
sono affrontate in La technique de la
citation dans “Les derniers jours de lhumanité” de Karl Kraus di Gerald Stieg e in Montage et authenticité dans le théâtre documentaire de Peter Weiss
di Jean-Louis Besson. LIstruttoria di Weiss, rappresentata a
Milano nel 1967 con la regia di Virgilio
Puecher, si apprezza nella precisa ricostruzione di Magris. Levento,
definito un documentaire total, è
valorizzato ricorrendo alla strutturazione delle informazioni e dellanalisi
secondo il modello ormai affermato delle Voies
de la création théâtrale, pubblicate in Francia dal CNRS.
Nella sezione più corposa del
volume, Kristina Matvienko esamina
lopera e gli influssi di un protagonista russo in Sergueï Tretiakov (1892-1939) et le théâtre documentaire en Russie:
Techniques, idées, découvertes. Ancora Magris riferisce sul Théâtre documentaire britannique, de Joan
Littlewood au Verbatim: traditions, fracture, résonances: i suoi compendi
degli spettacoli compongono un quadro abbastanza esaustivo attorno a US (1966) di Peter Brook, famoso intervento-spettacolo di denuncia sulla guerra
del Vietnam, cui saffianca il testo programmatico del creatore, US par la Royal Shakespeare Company (pp.
197-198).
Alle origini del Verbatin Theatre
sono dedicati alcuni documenti specifici (a cura di Derek Paget, pp. 170 ss.) relativi una particolare modalità che ha
condizionato (anche nellignoranza in materia che permane in Italia) parte
delle generazioni degli anni Settanta. I paragrafi che ne esplicitano intenti e
procedure,
fanno percepire al lettore la compresenza di originalità e di ricalco, di cui quel
genere si nutre, riproducendosi e rinnovandosi continuamente.
Su quella durevole “eccentricità”
ritornano numerosi contributi. La situazione negli USA è illustrata dal saggio
di Marie Pecorari (Déclin et chute du didactisme: évolution du
théâtre documentaire américain), nel quale si scopre un programma teatrale
statale sovvenzionato (anni Trenta) in cui laspetto “documentario” è connotato
con lattributo “fattuale” (factuel).
Si scoprono poi – fra saggi e focus
specifici – altri aspetti di tale tendenza: in Romania, con Visages et voix sur le scènes roumaines
di Mirella Patureau; in Colombia,
con Théâtre documentaire en Colombie di
Bruno Tackels; e in Grecia, con Un Théâtre de vérité face à une Hydre de
Lerne: le combat du théâtre documentaire en Grèce di Athéna-Hélène Stourna.
La
sezione
À la recherche des formes
raccoglie episodi singolari e realizzazioni di gruppo particolarmente
significative. Nella rievocazione di
Olga
- Un regard. Essai de théâtre documentaire, risulta un po misteriosa,
persino ostica, la gestazione di una
pièce
sullolocausto, tratta da un film e rappresentata alla Comédie de Genève nel 2012.
Picon-Vallin ritorna sul lavoro del Théâtre du Soleil (vedi il suo
Le Théâtre du Soleil. Les premières cinquante
années, 2014) per
Le dernier
Caravansérail, «laboratoire dune écriture scénique documentaire»,
lasciandosi guidare dallintenzione creativa di
Ariane Mnouchkine scelta ad
esergo:
«Comment faire pour que le théâtre soit non seulement à la hauteur dune simple
photo, mais dépasse la simple photo!» (p. 286). Lungo fasi di
intuizione e fantasia, corroborate da ricerche minuziose sul campo, lo studio
giunge a confermare come nellimmaginazione i documenti sul soggetto della
migrazione diventino, animati dallattore, epopea poetica (p. 301).