drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti

cerca in vai


Maria Virginia Marchesano

Dalla sala al palcoscenico: il linguaggio gestuale della danza classica


Benevento, Kinetès Edizioni, 2022, 145 pp., euro 18,00
ISBN 9791280910035

Il breve ma opportuno volume intitolato Dalla sala al palcoscenico: il linguaggio gestuale della danza classica (2022) – edito da Kinetès –, ha il merito di colmare, nonostante l’incompletezza dichiarata dalla stessa autrice, un vuoto: rara o inesistente è infatti la bibliografia dedicata alla tecnica della danza classica e, in generale, alla danza come linguaggio.

Destinato sia agli addetti ai lavori sia (soprattutto) ai “profani”, il testo di Virginia Marchesano ha lo scopo di diffondere conoscenze sulla danza classica attraverso l’uso delle parole. Spesso il pubblico fruisce il balletto come mera rappresentazione estetica: difficilmente riesce a cogliere i significati profondi che la coreografia si propone di veicolare. Come ogni forma artistica, la danza è comunicazione, codice linguistico dotato di norme specifiche. In particolare, essa è un linguaggio “non verbale” in quanto si esprime attraverso il corpo: ogni gesto, espressione, postura e posizione nello spazio ha un preciso significato. Per aprire un canale di comunicazione tra emittente (danzatore o coreografo) e ricevente (spettatore) è necessario sia adottare un linguaggio condiviso sia «saper ascoltare» (p. 18).

L’autrice – danzatrice, insegnante di danza e docente di tecnica della danza classica presso il liceo coreutico “E. Pascal” di Pompei – fa tesoro del suo sfaccettato bagaglio culturale per tracciare un percorso multilineare. Dalla danza al palcoscenico sfiora la prossemica, la cinesica, le teorie della comunicazione, i beni culturali, le scienze dello spettacolo, la musica e le discipline coreutiche.

Il volume si articola in quattro sezioni. La prima parte consiste in un excursus storico in cui ha largo spazio la vicenda dell’Académie Royale de Danse, istituita a Parigi nel 1661 per volere di Luigi XIV, alias Re Sole che, in prima persona, si era dedicato all’esercizio della danza. Nell’ambito dell’Académie si discute per codificare universalmente la disciplina coreutica e i principi stabiliti – col contributo fondamentale di Pierre Beauchamps – riguardano le cinque posizioni dei piedi (basate sull’en dehors) e delle braccia, i movimenti sulle punte, i salti, la corretta postura. Gli esiti di tale codificazione, diffusi tutt’oggi in lingua rigorosamente francese, vengono fissati nel secolo successivo all’interno delle pagine dei trattati.

Già nel Cinquecento, nell’ambito della riscoperta umanistica dell’antico e in un’epoca caratterizzata dalla tendenza a sistematizzare le più diverse discipline, la danza ha un ruolo centrale anche nella formazione del buon cortigiano. Baldassarre da Castiglione, nel suo Il Cortegiano (1528), parla in particolare di “sprezzatura” o della capacità di non «mostrare lo sforzo di controllarsi» (p. 32). L’idea di “classicismo” – da cui deriva la definizione di “danza classica” – è tuttavia viziata dalla visione settecentesca di Johann Joachim Winckelmann, che definisce il “classico” come «nobile semplicità e quieta grandezza» (p. 30), in parte fraintendendo la vera essenza dell’antico.

Se la danza ha origini arcaiche, frutto del ventesimo secolo sono invece l’arte coreutica come la conosciamo oggi e le sue potenzialità comunicative: «Il legame tra uno stato emotivo interno e la sua traduzione esterna in termini di movimento è l’elemento cruciale su cui si è innescata la rivoluzione coreutica del Novecento, a partire dalle riflessioni di François Delsarte» (p. 23). Nel “secolo breve” la danza perde qualsiasi legame col «vuoto artificio» (p. 23).

La seconda parte del volume tratta di movimento e linguaggio gestuale. Il primo corrisponde al «tragitto compiuto nello spazio dal corpo oppure da una parte di esso» (p. 39) e nasce da uno stimolo o da un’intenzione. Come insegna Alwin Nikolais, il movimento è un outcome: effetto di una causa. Esistono tuttavia anche movimenti invisibili – come quello di tendere gli addominali – ma altrettanto importanti per un danzatore. Come il movimento, anche il gesto ha uno scopo e un significato che devono essere veicolati con consapevolezza dal danzatore.

La terza parte è dedicata invece agli spazi della danza: la sala delle prove e il palcoscenico. La sala è luogo di lezione e di esercizio, in cui si svolgono attività quotidiane accompagnate da precisi rituali: vestirsi e acconciarsi i capelli secondo i canoni, seguire alcune norme disciplinari come la puntualità, il prendere posto educatamente nel proprio spazio, il rispetto per l’insegnante. Delle riflessioni sugli oggetti presenti in sala – come la sbarra, l’orologio, il pianoforte – è particolarmente interessante quella sullo specchio. Si tratta di un elemento utile in sede di esercitazione, funzionale all’auto-osservazione e dunque alla possibilità del danzatore di migliorarsi, ma assente nell’altro spazio del ballerino, quello del palcoscenico, dove lo specchio viene sostituito dal pubblico, nonché da un «buco nero» (p. 54).

Nella quarta parte vengono infine approfonditi alcuni aspetti tecnici inerenti alla danza classica, in particolare gli esercizi alla sbarra, i passi fondamentali, le posizioni di piedi, braccia e testa, la direzione dello sguardo. L’analisi pone l’accento sull’aplomb, l’equilibrio, che «conferisce al corpo quel senso di stabilità, compostezza e armonia» (p. 86) nonché sul respiro, «veicolo di ricognizione interna» che, come insegnano lo yoga e la mindfulness, «favorisce una piena consapevolezza del proprio corpo e del proprio sé» (p. 86). Se secondo un certo immaginario comune l’allenamento di danza corrisponde alla messa in crisi del corpo e della mente – si pensi ad alcuni classici della cinematografia come Scarpette rosse (1948) o Il cigno nero (2010) –, Marchesano propone una visione più ampia, prediligendo una formazione consapevole e a tutto tondo. Gli approfondimenti sui fondamenti della danza classica sono accompagnati da disegni schematici: supporto essenziale alla piena comprensione delle teorizzazioni enunciate.

Dalla sala al palcoscenico è un contributo dai tratti esplicitamente manualistici, un lavoro «aperto, in divenire» (p. 133), che richiederebbe un respiro più ampio nello spaziare tra le diverse epoche, al fine di evitare i rischi dell’anacronismo. Tuttavia il testo – in linea con gli obiettivi di partenza – si rivela uno strumento inedito sia a livello didattico sia al fine della divulgazione scientifica, gettando nuova luce su una disciplina che molti conoscono ma che pochi comprendono a pieno nelle sue effettive, talvolta impercettibili sfumature.


di Benedetta Colasanti


Dalla sala al palcoscenico: il linguaggio gestuale della danza classica

cast indice del volume


 



 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013