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Antonin Artaud

Sono nato dal mio dolore. Lettere dai manicomi (1937-1946)

A cura di Pasquale Di Palmo

Milano, Medusa Edizioni, 2021, 283 pp., euro 24,00
ISBN 978-8876983672

Caratteristica e destino dell’opera (almeno di quella scritta) di Antonin Artaud è di restare soggetta a scoperte, fraintendimenti, ma anche a riprese di discussione e verifica che ne approfondiscano la comprensione. Le traduzioni italiane seguono un andamento se non casuale certamente non programmato. Pasquale Di Palmo è fra gli studiosi e traduttori più attivi nel recuperare testi meno noti e trascurati, rispetto a quelli accreditati dalla divulgazione. Fra i suoi ultimi lavori, l’Album Antonin Artaud (Rovigo, 2010, illustrato e commentato) e L’Ombelico dei limbi seguito dalla Corrispondenza con Jacques Rivière (Milano, 2021). Ora Di Palmo propone una scelta di Lettere, (tratte da una maggiore raccolta, Lettres 1937-1943 per Gallimard 2015,da cui deduce soprattutto le condizioni di vita del pensatore-poeta lungo il decennio appena precedente la sua morte. Nel passaggio da Le Havre (1937) a Rodez (1946) si seguono i disturbi psichici, lo sdoppiamento e la scissione disperata della personalità e poi la risalita verso un mondo di relazioni, nel ritorno al pensiero organizzato e alla scrittura creativa. 

 

La corrispondenza ha sempre costituito per Artaud una forma eminente di espressione, oltre che di mezzo informativo, rilevante nella sua produzione letteraria e teorica. Lo dimostra il carteggio con Jacques Rivière, iniziale strumento di legami umani e di concentrazione di urgenze esistenziali e poetiche. Nel periodo documentato, la forma grafica stessa assume funzione di sottolineatura e valorizzazione dei “contenuti”: il maiuscolo, ad esempio, quale corrispettivo visivo enfatico sulla dimensione vocale dell’emissione della parola e del concetto connesso. Quasi un nuovo apporto semantico al messaggio ossessivo, delirante del poeta, affidato alla “vociferazione”. O residuo di una energia esercitata dall’attore (quale fu per anni) nella sua azione, drammatica per essenza. Lo riconosce Di Palmo: «L’epistolario ha sempre avuto per Artaud la valenza di una rappresentazione teatrale, sostenuta da un gioco delle parti che vede nel ruolo del protagonista lo stesso mittente e in quello del pubblico il destinatario» (risvolto di copertina).

Nell’Introduzione lo studioso si sofferma di preferenza sullo stato di salute, sulle relative cure (in episodi significativi), sui rapporti personali del malato con i curanti responsabili. Fra i medici, René Allendy, Jacques Lacan, Jacques Latrémolière, Léon Fouks Gaston Ferdière, che lo coinvolse nell’arte-terapia e lo sottopose all’elettroshock. I destinatari implicati, artisti e intellettuali, come Yves Tanguy, Roger Blin, Alain Cuny, Robert Desnos, Jean Paulhan,André Gide e Henri Parisot. Scrive alla Signora Artaud: «Mia cara mamma, saranno esattamente 7 anni da quando sono recluso e questi 7 anni saranno stati per me 7 eternità. […] Per lavorare e costruire la mia opera bisognerebbe che fossi libero. In un Manicomio non si può né pensare né scrivere» (Rodez, 25 agosto 1944). Si incontrano i sorts, messaggi (o sortilegi) disegnati, spesso intercettati dalla censura interna. Nei momenti forse più tormentati affiorano le glossolalie: locuzioni inventate composte di neologismi, nate da psicosi e stati di trance e trascritte appunto quali “vociferazioni”. Tutti elementi che compongono, nella complessa tipicità dell’artista, il rapporto tra follia e arte o comunque creatività.

La traduzione pone un aspetto problematico, delicato e discutibile. Di fronte alle difficoltà interpretative, il traduttore sceglie la soluzione più comprensibile fra quelle plausibili e non sempre riesce a soddisfare, al contempo, la fedeltà e la fruibilità dei testi che affondano nell’ambiguità e nella plurivalenza a essi consustanziali. Libro di notevole interesse, sia perché rinvia il lettore ai testi originali (con esempi in fac-simile) e ne fornisce la Bibliografia, sia perché li illumina con la letteratura e la storiografia critica sul tema.      


di Gianni Poli


La copertina

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