Dato alle stampe nel gennaio 2020, LItalia sullo schermo è lennesimo contributo di valore di Gian Piero Brunetta,
critico e storico del cinema divenuto nei decenni un vero e proprio punto di
riferimento, accademico e non. A più di dieci anni di distanza dal penultimo Il cinema neorealista italiano (Roma-Bari, Laterza, 2009), il professore emerito dellUniversità di
Padova ritorna, con una lunga serie di saggi, sul mai abbastanza indagato rapporto
tra cinema e Storia; in particolare sulle modalità e sugli approcci con cui il
cinema del belpaese ha saputo mostrare e scandagliare le pieghe della nostra
identità, dallambiente risorgimentale (si pensi al primo film a soggetto La presa di Roma, 1905) fino alla
contemporaneità. Il filo rosso del volume è la trasposizione su schermo di
imprescindibili figure, episodi e fenomeni italiani, ideologicamente assunti a
vero e proprio riflesso della società coeva rispetto alla produzione delle
pellicole stesse.Già nellAvvertenza Brunetta ricorda il suo pluriennale interesse verso lo studio del
cinema come fonte storiografica per la lettura della storia italiana, precisando
che «alcuni
saggi hanno subito ritocchi minimi, altri sono stati completamente rivisti,
ampliati e aggiornati» (p. 13). LIntroduzione si apre con una citazione
della giornalista e critica cinematografica Natalia Aspesi che, a fronte
dello sconforto per il ridimensionamento dello studio della storia nelle
scuole, sottolinea la peculiarità del cinema di non far cadere mai nelloblio
gli errori e gli orrori del passato. Proprio al centro del volume viene
evidenziata limportanza del distacco (temporale e cognitivo) per poter
«collocare, in modo più corretto, il testo nel suo contesto, etichettare il
film per le idee e le ideologie, le mentalità di cui si fa portatore» (p. 15).
Di
notevole interesse è lanalisi delle procedure con cui il cinema degli esordi ha
saputo sfruttare il teatro, la letteratura e soprattutto la Storia, a mo di
nano sulle spalle di un gigante (per richiamare la metafora del filosofo
francese Bernardo di Chartres).
Svincolatasi dalla becera catalogazione di fenomeno da baraccone, la settima
arte ha potuto così legittimare la propria nobiltà culturale e assurgere talvolta
a vero e proprio “libro di storia” sullo schermo. Muovendosi anche oltre i
confini nazionali e adoperando analisi comparate e intertestuali, Brunetta si
serve delle fonti archivistiche e documentaristiche reperite quasi
esclusivamente presso lIstituto LUCE di Roma per indagare in maniera
diacronica lidentità europea, il divismo, la costruzione del consenso, la
guerra e la Resistenza, lemigrazione, le influenze del cinema italiano
allestero, fino a giungere alle svariate forme di rappresentazione della Storia
negli ultimi cinquantanni.
Nel
primo capitolo Brunetta sottolinea linclinazione interdisciplinare degli
storici tout court ad avvicinarsi alle immagini in movimento, chiamando
in causa – ai fini di una maggiormente approfondita lettura delle fonti –
metodologie appartenenti ai campi della semiotica, dello strutturalismo e del
positivismo. A tal proposito lo studioso sostiene che «il campo cinematografico
è diventato sempre più una sorta di vaso comunicante, un contenitore in cui ci
sono tantissimi elementi che confluiscono, coesistono, si possono districare,
valorizzare e considerare nella loro complessità e interattività» (p. 21). Si aggiunge
infine una considerazione sulle molteplici complessità nella comprensione del
cinema come linguaggio, considerato un territorio in continua espansione ma che
tuttavia stimola i ricercatori ad addentrarsi in zone oscure per scoprire cose
impreviste.
Entrando
nel vivo delliter preannunciato, il volume propone un saggio sul
Risorgimento al cinema dalletà giolittiana e fascista fino a quella repubblicana
e contemporanea. Passando in rassegna le principali pellicole sullargomento,
Brunetta compie un'intelligente suddivisione tematica ed estetica in base alla
vena eroica dei personaggi; a quella sentimentale; a quella legata alla
continuità tra passato e presente (in particolare in epoca fascista); a quella
nostalgica e a quella narrata dal punto di vista dei vinti, come ad esempio i
briganti filoborbonici del Meridione o gli stessi eroi tragici, delusi e
rammaricati, di Noi credevamo di Mario
Martone (2010), con la struggente conclusione del personaggio di Domenico (Luigi
Lo Cascio): «Eravamo tanti. Eravamo insieme, il carcere non bastava: la
lotta noi dovevamo cominciarla quando ne uscimmo. Noi, dolce parola. Noi
credevamo…» (p. 62).
Dopo
aver affrontato il divismo femminile degli anni Dieci ne Lirresistibile
ascesa di Giuditta, il critico giunge a unattenta riflessione sul portato
propagandistico del nuovo medium durante
la Prima guerra mondiale. In tale contesto il cinema è utilizzato come
vera e propria macchina di consenso, fino al momento in cui «il grande
pubblico, bombardato ogni settimana da immagini e racconti di guerra, subisce
un processo rapido di adattamento, assuefazione e rifiuto di immagini» (p. 90).
Acuto osservatore anche dei fenomeni sociologici, Brunetta si addentra in
unanalisi minuziosa dei processi migratori di cineasti e maestranze italiane
alla volta del Nuovo Mondo, influenzando le abitudini e limmaginario americano
sia dal punto di vista sociale sia da quello più prettamente cinematografico.
In Divismo,
misticismo e spettacolo della politica vengono indagate le modalità con le
quali il mezzo cinematografico è riuscito a edificare il mito di alcune tra le
principali figure politiche del Novecento: da Mussolini a Hitler,
da Stalin a De Gaulle. Sempre rimanendo nel contesto fascista, Lora
dAfrica del cinema italiano si focalizza sullimportanza dei documenti
LUCE sulla «benefica luce di civiltà che il fascismo fa scendere sulle terre
africane» (p. 176). Lexcursus bellico continua nei successivi capitoli
dedicati rispettivamente alla guerra civile spagnola e alla Seconda guerra
mondiale. Di grande valore la minuziosa analisi del periodo della Ricostruzione
in una vera e propria ricerca dellidentità-umanità perduta tra anni Quaranta e
Cinquanta: da Roberto Rossellini, Vittorio De Sica,
Luigi Comencini, Carlo Lizzani, Pietro Germi
e Alberto Lattuada, giungendo a Luciano Emmer, Luigi
Zampa e ai film con Totò, Alberto Sordi, Ugo
Tognazzi e Vittorio Gassmann.
In Cinema
come autobiografia e memoria di una civiltà al tramonto, Brunetta definisce la settima arte come luogo in cui
«miliardi di persone […] hanno trascorso un tempo importante del proprio
vissuto, segnato da emozioni, empatie, pulsioni, transfert, desideri,
traumi, sogni e passioni» (p. 289). Segue unanalisi delle cause della crisi
delle sale risalente agli ultimi decenni, complice la proliferazione massiva di
emittenti televisive ma anche una crisi di idee e di coraggio sia negli
sceneggiatori che nei produttori (da tenere sempre a mente che un certo Federico
Fellini non riusciva a trovarne per produrre i suoi ultimi progetti). In chiusura, con Opere-mondo e cantori della storia dItalia del Novecento si tratteggia il percorso che alcuni tra i più grandi autori del cinema italiano (ma anche del mondo) hanno compiuto nel cantare le donne, i cavallier, larme, gli amori, le cortesie, laudaci imprese a partire dagli anni Sessanta fino ai giorni nostri: da Francesco Rosi a Bernardo Bertolucci, da Elio Petri a Ermanno Olmi, dai fratelli Taviani fino a Marco Tullio Giordana. La trattazione di questo labirintico dedalo di viuzze politiche, ideologiche, economiche e oscure, della produzione artistica nostrana, deve renderci tutti fieri del nostro cinema, al pari dellinestimabile eredità rinascimentale che così bene ci contrassegna. Brunetta incastra nel mosaico della sua bibliografia un altro imprescindibile tassello.
di Giuseppe Mattia
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