Bisogna certo credere a Mario Martone quando dice che questo non è un film doccasione, nato cioè per approfittare delle imminenti (?) celebrazioni per lUnità dItalia. Allora bisognerà dire che questo è un film danniversario «preterintenzionale».
Il regista non si libera qui del cappio al collo che pare soffocare la sua generazione. Essere postmoderni. Citare senza accorgersene copie dautore, ripetere moduli figurativi e narrativi (della migliore tradizione, certamente) già visti, accendere i riflettori su visioni e “storie” già altre volte scritte (e qualche volta in modo più efficace). Lo sforzo peraltro è generoso: cercare di andare oltre il minimalismo del nostro cinema medio per ritrovare slanci e aneliti, emozioni perdute, punti di vista originali sulla storia dItalia. Ma in otto anni – così il regista riassume la gestazione del film – questi slanci si sono forse perduti.
Il Risorgimento poteva essere – una volta accantonato i protocolli celebrativi – un buon punto di partenza. Qualche dubbio si poteva avere a proposito del romanzo Noi credevamo da cui il film è tratto (ma è possibile che non si riescano più a inventare storie?): opera rispettabilissima, la cui mole non giustifica comunque un trattamento e una sceneggiatura così estenuate e – come si diceva una volta – «illustrative». Lambizione di tenere insieme un ampio ventaglio di anni e luoghi e lingue dItalia (da Torino alla Sicilia) lascia intravvedere intenzioni che guardano a Rossellini; la vita nel carcere dei patrioti – mentre informazioni didascaliche sulla storia dItalia cadono tuttintorno come in un manuale – è già stata più volte ri-scritta e ri-vista nelle medesime posture (modi e contenuti); Giuseppe Mazzini, seppure semovente, pare uscito diritto diritto dal museo delle cere etc etc…

Il taglio narrativo dellinsieme pare daltra parte cadenzato sul timing delle puntate televisive cui è – Rai adiuvante – destinato. La seducente figurazione di alcune sequenze (il nostro autore non è privo di gusto scenotecnico come ha dimostrato in alcuni bellissimi allestimenti dopera), giocate con un ottimo montaggio e sostenute da una colonna sonora efficace e suggestiva, impreziosiscono il “prodotto”. La recitazione dellottimo cast di professionisti di qualità – certo ben diretti – come Luigi Lo Cascio, Andrea Renzi, Renato Carpentieri, Francesca Inaudi, ma soprattutto leccellente Valerio Binasco, sostiene almeno due terzi del film. Di mediocre qualità le interpretazioni attoriche della prima parte che narrano con qualche errore di sintassi recitativa ladolescenza dei tre protagonisti Domenico, Angelo e Salvatore, allalba di un Risorgimento che si rivelerà fallimentare.
Imbarazzanti le presenze di due grandi attori come Toni Servillo (Mazzini) e Luca Zingaretti (Crispi) poco più che illustrazioni di un sussidiario scolastico. Anchesso tuttavia dotato di belle illustrazioni che si lasciano guardare come un album di famiglia.
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