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Riti elettronici

di Benedetta Colasanti
  Stuporosa
Data di pubblicazione su web 21/09/2023  

Da sempre l’uomo si interroga sul senso della vita, sulla morte e sul mistero che l’avvolge. In alcune comunità il dolore per la perdita di una persona cara viene accompagnato ed esorcizzato col pianto, col canto e con la preghiera di figure femminili vestite di nero, in modo che i singoli possano condividere la propria disperazione con la collettività, in una vera e propria pratica sociale descritta e affrontata soprattutto in campo antropologico (si pensi agli studi di Alfonso Di Nola o a quelli di Ernesto De Martino). In una società sempre più frammentata Francesco Marilungo riflette sul significato di un rito riproponendolo in chiave fortemente attuale senza tuttavia snaturarlo. Nello spazio del Chiostro del Museo Novecento va in scena il suo ultimo lavoro; dopo aver presentato Party Girl al Teatro Cantiere Florida per l’edizione passata di Fabbrica Europa, il giovane coreografo supera i confini dell’edificio teatrale e sceglie un luogo – fortemente evocativo – per la messinscena di Stuporosa.

La scenografia, benché estremamente minimale (fatta di un pavimento bianco circondato da teli e cavi neri, da un sintetizzatore, da microfoni e da una chitarra elettrica), risulta fin da subito fortemente evocativa, coadiuvata dalle suggestive logge del chiostro e dal canto salentino di Vera Di Lecce. Una nenia che rimanda a tempi e tradizioni lontane ma che ancora vive – in qualche modo – nei meandri della cultura italiana. In scena ci sono altre quattro donne, vestite a lutto e col volto velato di nero; osservano la cantatrice immergere le mani e le braccia in una fonte. Sono figure portatrici di riti ancestrali, di codici, di magia, di purificazione: quelle “prefiche prezzolate” che ai funerali accompagnano il trapasso piangendo, urlando un dolore proprio e altrui che oggi, sempre più spesso, vive nel silenzio e nel buio.

Il movimento è, come si direbbe, “catartico”. Attraverso torsioni, convulsioni e occhi che roteano, le danzatrici portano nel tempo presente un cerimoniale che – nonostante la predominanza del nero – trova spazio alla luce del sole. La coreografia di Marilungo, portata in scena da Alice Raffaelli, Barbara Novati, Roberta Racis e Francesca Linnea Ugolini, è esasperata eppure accattivante alla vista, con gesti ampi che conducono il pensiero altrove, suscitano curiosità, pongono domande, portano alla luce nuovi stimoli.

© Luca Dal Pia
Un momento dello spettacolo
© Luca Dal Pia

Notevole il lavoro sonoro: il canto e il pianto sono registrati in presa diretta, campionati e riprodotti con strumentazione elettronica, diventando a loro volta base per nuove melodie. La scenografia, apparentemente quasi inesistente, si fa via via oggetto di scena: i teli neri diventano immense gonne alle quali attaccarsi e sulle quali piangere; una treccia di capelli lunghissima, prima quasi invisibile poiché inerme sul pavimento, diventa una sorta di catena che lega irrimediabilmente le protagoniste, facendole sembrare ora delle spire di un serpente ora liete danzatrici degli antichi balli con i nastri. Sulla scena un perturbante mutuo soccorso nel quale la ripetizione ossessiva di gesti e suoni si fa ipnotica.

Tanti i simboli e le suggestioni: il taglio dei capelli a ricordare le proteste contro la condizione aberrante della donna in Iran; la chitarra elettrica, icona del rock & roll, espressione di ribellione capace di rendere i canti delle prezzolate suggestivamente contemporanei. E infine la Pietà, immagine ricorrente nelle arti figurative, plastiche e performative, qui evocata nel momento in cui una delle danzatrici, parzialmente denudata, giace tra le braccia delle compagne. Infine la svestizione dei corpi che si erge a simbolo di liberazione ma che esprime anche la vulnerabilità: fazzoletti bianchi e candide sottovesti rappresentano la luce dopo le tenebre mentre il cielo sopra il chiostro si fa crepuscolare, in un contrasto forse non voluto ma ricorrente nelle performance all’aperto. Marilungo conferma di saper raccontare l’universo femminile in maniera non scontata: mette in scena personaggi fortemente caratterizzati, capaci di raccontare storie anche tra le righe. I corpi femminili si fanno materia viva da osservare, da devastare, da distruggere e tuttavia da ricostruire.



Stuporosa
cast cast & credits
 


© Spettacolo visto a Fabbrica Europa (Teatro Cantiere Florida) il 17 settembre 2023

© Luca Dal Pia

Spettacolo visto a Fabbrica Europa (Teatro Cantiere Florida) il 17 settembre 2023



 
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