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Tra contrappunto e frivolezza mondana

di Benedetta Colasanti
  Maestro
Data di pubblicazione su web 14/09/2023  

Dopo il debutto alla regia con A Star is Born (2018) – vincitore del premio Oscar per la miglior canzone (Shallow) –, Bradley Cooper presenta Maestro all’80a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Il secondo lavoro registico del noto attore statunitense è dedicato alla biografia di Leonard Bernstein, compositore, pianista, tra i più grandi direttori d’orchestra a livello mondiale ma soprattutto personaggio complesso, eccentrico, in bilico tra il rigore del contrappunto e la frivolezza mondana, capace di transitare dai classici alla partitura per musical. Come nel caso di West Side Story (1957), trasposto sul grande schermo prima da Robert Wise e Jerome Robbins (1961) e recentemente da Steven Spielberg (2021), con le musiche di Bernstein riadattate da David Newman. Proprio Spielberg, insieme a Martin Scorsese, figura tra i produttori di Maestro.

Con un inizio folgorante, ritmato (per buona parte merito del montaggio di Michelle Tesoro), la vicenda del protagonista attrae fin da subito lo spettatore. Cooper dimostra di padroneggiare il mezzo, forte del sodalizio con Matthew Libatique, direttore della fotografia che ha già affiancato registi del calibro di Spike Lee (in Miracolo a Sant’Anna, 2008) e di Darren Aronofsky (si pensi a Il cigno nero, 2010, o all’ultimo The Whale, 2022), nonché lo stesso Cooper in A Star is Born. Diversi elementi arricchiscono la narrazione filmica: la scelta azzeccata di trucco e parrucco, il passaggio sapiente dal bianco e nero al colore, l’uso del musical per introdurre una situazione amorosa sui generis, un po’ come accade in La La Land (2016) di Damien Chazelle, in cui i due innamorati vagano per la città come se fossero soli al mondo, costruendo nelle loro menti un mondo di avanspettacolo in cui si può cantare e ballare per esprimere giovani sentimenti che promettono storie a lieto fine.

Una scena del film
Una scena del film

Il titolo programmatico non lascia spazio all’interpretazione dello spettatore, che fin da subito riconosce un giovane talentuoso ed entusiasta nelle apparizioni pubbliche. Il film è di fatto non tanto un’epopea del genio musicale di Bernstein ma un racconto inedito sulla sua vita privata, divisa tra famiglia “tradizionale” e diverse relazioni extraconiugali con altri uomini. Se il genere biopic è occasione per trasmettere conoscenze e omaggiare figure importanti della storia (in questo caso storia dello spettacolo), la pellicola è in realtà pretesto per gettare luce su dinamiche famigliari e coniugali note e non, su una personalità in bilico tra l’essere padre di famiglia e maestro.

Senza forzare la vicenda, il regista fa di Felicia Montealegre (Carey Mulligan) la vera protagonista. Attrice televisiva e teatrale a Broadway, è l’ennesima “vittima” di un amore complicato che, sebbene la consumi, sembra irrinunciabile, vuoi per convenzione sociale, vuoi per l’affetto e per l’amore verso i figli. Di fatto Leonard e Felicia sono complici: legati fin dal primo istante da una profonda amicizia e da un sentimento platonico che sembra andare oltre l’ordinario, rimarranno l’uno accanto all’altra fino alla fine.

Una scena del film
Una scena del film

Una storia come tante, resa preziosa dai professionisti che concorrono alla riuscita del film, dalla fotografia al montaggio, dalla recitazione alle acconciature. Assecondando la moda del bianco e nero (tanto diffusa negli ultimi tempi), il risultato di Maestro è meno forzato rispetto a quello di altre pellicole, complice un lavoro di concerto tra regia, suono e recitazione che richiama i tempi andati pur restando al passo con il mondo attuale. L’universo femminile è rappresentato da Mulligan attraverso tanti sottili sfumature: un’ottima prova, a tratti struggente. Felicia, forte e fragile, emotiva e indifferente, frivola e sofferente, ricorda un po’ la Daisy de Il grande Gatsby (Baz Luhrmann, 2013), brillantemente interpretata dalla stessa Mulligan che, negli abiti bon ton, sembra stare benissimo. L’attrice è da lodare soprattutto per la sua versatilità, come recentemente dimostrato con Promising Young Woman (Emerald Fennel, 2020), che della condizione della donna è un più realistico manifesto. 

Anche per Cooper Maestro è l’ennesima occasione per dimostrare un talento indiscusso, sempre più solido e incisivo sia nei ruoli brevi – si pensi alla sua comparsata nei panni del produttore cinematografico Jon Peters in Licorice Pizza (Paul Thomas Anderson, 2021) – sia come protagonista. Frutto di una sensibilità non scontata nei confronti del mondo della musica e di uno spiccato spirito di osservazione nella ricostruzione storica, rimarrà per lungo tempo nella mente la sequenza della direzione di Gustav Mahler presso la Ely Cathedral a Edimburgo: uno dei momenti finali in cui, nonostante tutto, il maestro dedica commosso il suo lavoro alla compagna di vita.



Maestro
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