Dopo il debutto alla regia con A Star is Born
(2018) – vincitore del premio Oscar per la miglior canzone (Shallow)
–, Bradley Cooper presenta Maestro all80a Mostra
internazionale darte cinematografica di Venezia. Il secondo lavoro registico
del noto attore statunitense è dedicato alla biografia di Leonard Bernstein,
compositore, pianista, tra i più grandi direttori dorchestra a livello
mondiale ma soprattutto personaggio complesso, eccentrico, in bilico tra il
rigore del contrappunto e la frivolezza mondana, capace di transitare dai
classici alla partitura per musical. Come nel caso di West Side Story
(1957), trasposto sul grande schermo prima da Robert Wise e Jerome
Robbins (1961) e recentemente da Steven Spielberg (2021), con le
musiche di Bernstein riadattate da David Newman. Proprio Spielberg,
insieme a Martin Scorsese, figura tra i produttori di Maestro.
Con un inizio folgorante, ritmato (per buona
parte merito del montaggio di Michelle Tesoro), la vicenda del protagonista attrae fin da subito lo spettatore.
Cooper dimostra di padroneggiare il mezzo, forte del sodalizio con Matthew
Libatique, direttore della fotografia che ha già affiancato registi del
calibro di Spike Lee (in Miracolo a SantAnna, 2008) e di Darren
Aronofsky (si pensi a Il cigno nero, 2010, o allultimo The Whale,
2022), nonché lo stesso Cooper in A Star
is Born. Diversi elementi arricchiscono la narrazione filmica: la scelta
azzeccata di trucco e parrucco, il passaggio sapiente dal bianco e nero al
colore, luso del musical per introdurre una situazione amorosa sui generis, un po come accade in La
La Land (2016) di Damien Chazelle, in cui i due innamorati vagano per la città come se
fossero soli al mondo, costruendo nelle loro menti un mondo di avanspettacolo
in cui si può cantare e ballare per esprimere giovani sentimenti che promettono
storie a lieto fine. 
Una scena del film
Il titolo programmatico non lascia spazio
allinterpretazione dello spettatore, che fin da subito riconosce un giovane
talentuoso ed entusiasta nelle apparizioni pubbliche. Il film è di fatto non
tanto unepopea del genio musicale di Bernstein ma un racconto inedito sulla
sua vita privata, divisa tra famiglia “tradizionale” e diverse relazioni
extraconiugali con altri uomini. Se il genere biopic è occasione per
trasmettere conoscenze e omaggiare figure importanti della storia (in questo
caso storia dello spettacolo), la pellicola è in realtà pretesto per gettare
luce su dinamiche famigliari e coniugali note e non, su una personalità in
bilico tra lessere padre di famiglia e maestro.
Senza forzare la vicenda, il regista fa di Felicia
Montealegre (Carey Mulligan) la vera protagonista. Attrice
televisiva e teatrale a Broadway, è lennesima “vittima” di un amore complicato
che, sebbene la consumi, sembra irrinunciabile, vuoi per convenzione sociale,
vuoi per laffetto e per lamore verso i figli. Di fatto Leonard e Felicia sono
complici: legati fin dal primo istante da una profonda amicizia e da un
sentimento platonico che sembra andare oltre lordinario, rimarranno luno
accanto allaltra fino alla fine.

Una scena del film
Una storia come tante, resa preziosa dai
professionisti che concorrono alla riuscita del film, dalla fotografia al
montaggio, dalla recitazione alle acconciature. Assecondando la moda del bianco
e nero (tanto diffusa negli ultimi tempi), il risultato di Maestro è meno forzato rispetto a quello di altre pellicole,
complice un lavoro di concerto tra regia, suono e recitazione che richiama i
tempi andati pur restando al passo con il mondo attuale. Luniverso femminile è
rappresentato da Mulligan attraverso tanti sottili sfumature: unottima prova,
a tratti struggente. Felicia, forte e fragile, emotiva e indifferente, frivola e sofferente,
ricorda un po la Daisy de Il grande Gatsby (Baz Luhrmann, 2013),
brillantemente interpretata dalla stessa Mulligan che, negli abiti bon ton, sembra stare benissimo. Lattrice
è da lodare soprattutto per la sua versatilità, come recentemente dimostrato con
Promising Young Woman (Emerald Fennel, 2020), che della
condizione della donna è un più realistico manifesto.
Anche per Cooper Maestro è lennesima
occasione per dimostrare un talento indiscusso, sempre più solido e incisivo
sia nei ruoli brevi – si pensi alla sua comparsata nei panni del produttore
cinematografico Jon Peters in Licorice Pizza (Paul
Thomas Anderson, 2021) – sia come protagonista. Frutto di una sensibilità
non scontata nei confronti del mondo della musica e di uno spiccato spirito di
osservazione nella ricostruzione storica, rimarrà per lungo tempo nella mente
la sequenza della direzione di Gustav Mahler presso la Ely Cathedral a
Edimburgo: uno dei momenti finali in cui, nonostante tutto, il maestro dedica
commosso il suo lavoro alla compagna di vita.
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