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Il diritto di conoscere (e conoscersi)

di Giuseppe Mattia e Benedetta Colasanti
  Poor Things
Data di pubblicazione su web 05/09/2023  

A cinque anni di distanza dal successo di The Favourite (2018), il regista di Atene Yorgos Lanthimos ritorna in concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia con Poor Things, ispirato all’omonimo romanzo di Alasdair Gray che, nel 1992, proponeva una storia dal sapore gotico sulla condizione femminile e l’identità del singolo in una società castrante e opprimente. 

Nell’atmosfera sinistra di una grande casa vivono due personaggi bizzarri. Un uomo siede davanti a una tavola elegantemente apparecchiata e si nutre supportato da un marchingegno collegato direttamente al suo stomaco: una sorta di Frankenstein con il volto sezionato da vistose cicatrici. Dall’altro capo del tavolo una giovane donna vestita di bianco lo osserva con un’espressione in bilico tra curiosità e interrogazione (richiamando Olimpia, l’automa di Der Sandmann di Ernst T.A. Hoffmann, 1815). La figura della ragazza è un pretesto per affrontare questioni spinose traslate, con maestria, in un universo steampunk che da un delizioso bianco e nero vira verso colori sgargianti: un “mondo nuovo” che la protagonista osserva con i suoi occhi vergini, assorbendo prima tutto ciò che c’è di buono e bello ma smascherandone, alla fine, gli aspetti più amari e dolorosi.


Una scena del film

Il film ruota intorno a un interrogativo: come si comporterebbe una donna adulta se le fosse impiantato il cervello di un neonato? La protagonista Bella Baxter, interpretata magistralmente dal premio Oscar Emma Stone, è la creatura (o la “povera creatura”) del dottor Godwin Baxter (Willem Dafoe). Quest’ultimo, da lei chiamato (non a caso) col diminutivo God, è colui che l’ha salvata, che l’ha riportata in vita in seguito a un fallito tentativo di suicidio. Il chirurgo, noto in città per i suoi eccentrici esperimenti e a sua volta vittima della scienza, ingaggia lo studente Max McCandless (Ramy Youssef) per osservare e riportare per iscritto l’evoluzione comportamentale di Bella, segnata dalla crescita repentina dei capelli, dalla camminata che si fa progressivamente meno incerta, dai movimenti sempre meno meccanici, da un vocabolario sempre meno elementare. Tra i due nasce un affetto platonico ma la giovane è destinata a sfuggire a soffocanti convenzioni sociali. 

Già in Kynodontas (2009) Lanthimos aveva messo in scena le possibilità di crescere ed evolversi in un microcosmo chiuso e dittatoriale. Scoperte le proprie pulsioni sessuali, la protagonista si promette in sposa a Max ma subito dopo, giunta alla conclusione di una propria “incompletezza”, decide di fuggire col libertino Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo). Da questo momento in poi nella pellicola si dipana un tentativo di emancipazione femminile eccessivamente freudiano, in cui il sesso assume una posizione predominante, toccando temi come lo sfruttamento del corpo teso al raggiungimento dell’indipendenza. 

Presa dalla sua voglia di sperimentare, di conoscere e di conoscersi, Bella vaga per un’inedita e atemporale Europa, sfuggendo di tanto in tanto al controllo di Wedderburn (ma non dai suoi desideri sessuali): osserva le strade di Lisbona, i panorami dai suoi miradouros, vede macchine volare, imponenti costruzioni che sembrano essere sopravvissute a indicibili bombardamenti. In questo bizzarro coming of age si abbandona all’ingordigia, all’ebrezza, camminando col naso all’insù nei suoi vestiti vaporosi e sgargianti (veri e propri capolavori della costumista Holly Waddington).


Una scena del film

La sapiente regia è in grado di conciliare una recitazione impeccabile a suggestivi lavori di fotografia (Robbie Ryan), effetti speciali (Gabor Kiszelly) e scenografia (Shona Heath, James Price). In un racconto in cui presente e futuro si intrecciano inesorabilmente, si rischia di trarre una morale amara: l’emancipazione femminile è ancora ben lontana dall’essere realizzata. Poor Things sembra raccontare che il puro istinto di una donna – o forse il cervello che le è stato impiantato è quello di un feto maschio? – si riduce sostanzialmente al ribellarsi con urla, schiaffi e parolacce nonché al concedersi sessualmente a qualsiasi uomo che le si presenti davanti, lasciandosi sopraffare talvolta da un profondo altruismo che la porta a concedere tutto quello che ha. 

Ci si trova senz’altro dinanzi al lavoro più maturo di Lanthimos, costellato da scelte visive e contenutistiche coraggiose a supporto della propria visione di un universo femminile che si trova a fare i conti con convenzioni sociali opprimenti ma di fatto eludibili. Con la viva speranza che il percorso di questo autore continui a sorprenderci e a entusiasmarci, come testimoniato dagli apprezzamenti in Sala Grande al termine della proiezione. 




Poor Things
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La locandina
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