A
cinque anni di distanza dal successo di The Favourite (2018), il regista
di Atene Yorgos Lanthimos ritorna in concorso alla Mostra Internazionale
dArte Cinematografica di Venezia con Poor Things, ispirato allomonimo
romanzo di Alasdair Gray che, nel 1992, proponeva una storia dal sapore
gotico sulla condizione femminile e lidentità del singolo in una società
castrante e opprimente.
Nellatmosfera
sinistra di una grande casa vivono due personaggi bizzarri. Un uomo siede
davanti a una tavola elegantemente apparecchiata e si nutre supportato da un
marchingegno collegato direttamente al suo stomaco: una sorta di Frankenstein
con il volto sezionato da vistose cicatrici. Dallaltro capo del tavolo una
giovane donna vestita di bianco lo osserva con unespressione in bilico tra
curiosità e interrogazione (richiamando Olimpia, lautoma di Der Sandmann
di Ernst T.A. Hoffmann, 1815).
La figura della ragazza è un pretesto per affrontare questioni spinose
traslate, con maestria, in un universo steampunk
che da un delizioso bianco e nero vira verso colori sgargianti: un “mondo nuovo”
che la protagonista osserva con i suoi occhi vergini, assorbendo prima tutto
ciò che cè di buono e bello ma smascherandone, alla fine, gli aspetti più
amari e dolorosi. Una scena del film
Il
film ruota intorno a un interrogativo: come si comporterebbe una donna adulta
se le fosse impiantato il cervello di un neonato? La protagonista Bella Baxter,
interpretata magistralmente dal premio Oscar Emma Stone, è la creatura
(o la “povera creatura”) del dottor Godwin Baxter (Willem Dafoe).
Questultimo, da lei chiamato (non a caso) col diminutivo God, è colui che lha
salvata, che lha riportata in vita in seguito a un fallito tentativo di
suicidio. Il chirurgo, noto in città per i suoi eccentrici esperimenti e a sua
volta vittima della scienza, ingaggia lo studente Max McCandless (Ramy
Youssef) per osservare e riportare per iscritto levoluzione
comportamentale di Bella, segnata dalla crescita repentina dei capelli, dalla
camminata che si fa progressivamente meno incerta, dai movimenti sempre meno
meccanici, da un vocabolario sempre meno elementare. Tra i due nasce un affetto
platonico ma la giovane è destinata a sfuggire a soffocanti convenzioni
sociali.
Già
in Kynodontas (2009) Lanthimos aveva messo in scena le possibilità di
crescere ed evolversi in un microcosmo chiuso e dittatoriale. Scoperte le
proprie pulsioni sessuali, la protagonista si promette in sposa a Max ma subito
dopo, giunta alla conclusione di una propria “incompletezza”, decide di fuggire
col libertino Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo). Da questo momento in poi
nella pellicola si dipana un tentativo di emancipazione femminile
eccessivamente freudiano, in cui il sesso assume una posizione predominante, toccando
temi come lo sfruttamento del corpo teso al raggiungimento dellindipendenza.
Presa
dalla sua voglia di sperimentare, di conoscere e di conoscersi, Bella vaga per uninedita
e atemporale Europa, sfuggendo di tanto in tanto al controllo di Wedderburn (ma
non dai suoi desideri sessuali): osserva le strade di Lisbona, i panorami dai
suoi miradouros, vede macchine volare,
imponenti costruzioni che sembrano essere sopravvissute a indicibili
bombardamenti. In questo bizzarro coming
of age si abbandona allingordigia, allebrezza, camminando col naso
allinsù nei suoi vestiti vaporosi e sgargianti (veri e propri capolavori della
costumista Holly Waddington). Una scena del film
La
sapiente regia è in grado di conciliare una recitazione impeccabile a
suggestivi lavori di fotografia (Robbie Ryan), effetti speciali (Gabor
Kiszelly) e scenografia (Shona Heath, James Price). In un
racconto in cui presente e futuro si intrecciano inesorabilmente, si rischia di
trarre una morale amara: lemancipazione femminile è ancora ben lontana
dallessere realizzata. Poor Things sembra raccontare che il puro
istinto di una donna – o forse il cervello che le è stato impiantato è quello
di un feto maschio? – si riduce sostanzialmente al ribellarsi con urla,
schiaffi e parolacce nonché al concedersi sessualmente a qualsiasi uomo che le
si presenti davanti, lasciandosi sopraffare talvolta da un profondo altruismo
che la porta a concedere tutto quello che ha.
Ci
si trova senzaltro dinanzi al lavoro più maturo di Lanthimos, costellato da
scelte visive e contenutistiche coraggiose a supporto della propria visione di
un universo femminile che si trova a fare i conti con convenzioni sociali
opprimenti ma di fatto eludibili. Con la viva speranza che il percorso di questo
autore continui a sorprenderci e a entusiasmarci, come testimoniato dagli
apprezzamenti in Sala Grande al termine della proiezione.
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