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Atti privati in luoghi osceni

di Giuseppe Mattia
  Bad Luck Banging or Loony Porn
Data di pubblicazione su web 11/04/2021  

Come ci si addentra al giorno d’oggi in una folle ma allo stesso tempo lucida riflessione su cosa è osceno, immorale, proibito? La miglior soluzione, nell’ultima Berlinale, la propone il pluripremiato autore rumeno Radu Jude, che si aggiudica la vittoria in un’edizione anomala, presieduta da una giuria internazionale – tra cui il “nostro” Gianfranco Rosi – composta da soli autori premiati in passato con l’Orso d’oro. Permangono forti dubbi circa la distribuzione della pellicola nelle sale per via di alcune sequenze di sesso esplicito, sebbene una nuova luce sia affiorata in Italia, nei primi giorni di aprile, grazie a un provvedimento che vieta i tagli censori optando per dei criteri di classificazione in base al pubblico di destinazione.

Bad Luck Banging or Loony Porn è un’opera in quattro capitoli che lascia esterrefatti e che fa e farà sicuramente parlare di sé. Con un respiro decisamente provocatorio, forte di echi sperimentali, lo spettatore non ha il tempo di addentare un popcorn (o premere il tasto Play) che bruscamente viene catapultato in un sex tape amatoriale. La protagonista della performance è la rispettabile insegnante Emi (Katia Pascariu) che scoprirà, di lì a poco, che il filmato è diventato virale e che anche i genitori dei suoi studenti ne sono venuti a conoscenza. La donna andrà incontro a un vero e proprio processo sulla falsariga di quello subito da Giovanna d’Arco secoli fa.



Una scena del film
© Silviu Ghetie / Micro Film 2021

In una Bucarest in piena emergenza sanitaria, dove per le strade e nei discorsi della gente è ancora vivo il passato dittatoriale post-socialista, si consuma la passio della protagonista, con battute e volgarità da parte delle persone che l’hanno riconosciuta nel video. L’odierna Romania è specchio di tutte le realtà sociali, quantomeno quelle occidentali, portatrici (in)sane di valori e di modelli poggiati su contraddizioni continue e fortemente pericolose, soprattutto per i più giovani che tanto si tenta di proteggere. La domanda che si pone il regista ha origine proprio dal sottile confine tra l’etica e la morale, tra il lecito e il proibito, tra il pubblico e il privato.

Nel primo capitolo, intitolato Strada a senso unico, la cinepresa segue da lontano Emi con un gusto voyeuristico perverso, tra sguardi malevoli, battute squallide, cartelloni pubblicitari che inneggiano al consumismo e al corpo perfetto, battibecchi alle casse dei supermercati per la distanza non mantenuta o per la mascherina tenuta al di sotto del naso, passanti che litigano tra di loro utilizzando una reiterata, veemente violenza sia fisica che verbale. Molte riprese si soffermano su particolari e dettagli che non hanno nulla a che fare con la trama ma che in qualche modo arricchiscono – da un punto di vista sia iconografico sia iconologico – il tema del film (si noti la sostenuta inquadratura su una pianta che prepotentemente sbuca da una fenditura nell’asfalto). Come un cinéma vérité di vertoviana memoria la macchina da presa entra con la donna nei negozi testimoniando discussioni sui tagli alla cultura, sui problemi del sistema sanitario, sugli scandali, sulle tragedie, sui ricordi.



Una scena del film
© Silviu Ghetie / Micro Film 2021

Tutto il testo filmico si aggrappa al concetto di paradosso con numerosissimi esempi, come nel contrasto tra un banco dove si vende cibo biologico e la ripresa di un cartellone della Coca-Cola. Osserviamo una società, collocata nell’attuale Romania ma dalla valenza universale, che fa della violenza e dell’oscenità il suo pane quotidiano, ma che allo stesso tempo trema davanti a un audiovisivo privato che nulla ha a che fare con la pornografia – che prevede la presenza del denaro – o con l’illegalità, in quanto si tratta di due adulti consenzienti che non hanno leso nessuno. Viene da domandarsi se questo calvario si sarebbe riproposto qualora l’“imputato” fosse stato l’uomo del video (che nel film non compare mai). Ritornano ancora una volta le tematiche dei preconcetti sessisti e della disparità tra i sessi, ricorrenti nelle pellicole del connazionale Cristian Mungiu – come nello struggente 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni (2007) – o nel più recente Dio è donna e si chiama Petrunya (2019) della macedone Teona Strugar Mitevska.

La punta di diamante del film è però il secondo capitolo (Breve dizionario di aneddoti, simboli e meraviglie), latore di una potenza e di un’originalità devastanti. In questa sezione fortemente anti-narrativa il concetto di paradosso raggiunge il suo apogeo. Il regista e sceneggiatore Jude, citando Pasolini, propone decine di brevi brani che incarnano contraddizioni, incoerenze, insensatezze, in un’enciclopedia di simboli novecenteschi e contemporanei che stridono e collidono tra loro: religione, guerra, pubblicità, dittatura, violenza, sessualità, inquinamento, ecc.



Una scena del film
© Silviu Ghetie / Micro Film 2021

Come anticipato, nell’ultima parte si passa da una mera riunione scolastica a un vero e proprio processo dove tutti i perbenisti genitori presenti si ergono a giudici tuttologi. Ma la sola imputata risulta essere Emi, vilipesa, umiliata e offesa, esposta al pubblico ludibrio come il peggiore dei criminali. I genitori, preoccupati per l’effetto del video sui propri figli, non badano a tutta l’oscenità nella quale quotidianamente sono invischiati. Ma tale oscenità deve essere preclusa agli occhi, come già accadeva nel teatro greco antico, quando per esempio venivano occultati nella skené l’incesto, l’infanticidio o il matricidio. I tre finali proposti, ognuno a suo modo aperto, non intaccano affatto la credibilità e l’intelligenza di un film ironico, sarcastico, grottesco, coraggioso.




Bad Luck Banging or Loony Porn
cast cast & credits
 


La locandina del film



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Miglior regista
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