Pubblichiamo qui la relazione presentata da Lorena Vallieri al XXVIII Convegno annuale della Società Italiana di Musicologia (Roma 29-31 ottobre 2021), prima traccia di un più ampio contributo sulla messa in scena delle opere di Jommelli al teatro Malvezzi di Bologna. Nella primavera del 1741 andò in scena al teatro Malvezzi di Bologna lEzio di Niccolò Jommelli. A quellaltezza cronologica il teatro, che aveva sempre avuto stagioni operistiche discontinue, non proponeva unopera seria già da quattro anni, ovvero da quando nel 1737 era stato allestito in prima assoluta il Siface di Leonardo Leo su libretto di Pietro Metastasio (fig. 1). In occasione dello spettacolo del 1737 gli impresari non avevano badato a spese e il ruolo del protagonista era stato affidato a una “star” di livello internazionale: il castrato Giovan Battista Carestini detto Cusanino (fig. 2). «Virtuoso di S. A. Elettorale di Baviera», il cantante vantava un “curriculum” di tutto rispetto: dopo aver debuttato quindicenne a Milano (1720), aveva prestato servizio presso la cappella imperiale di Vienna (1723-1725) e aveva fatto parte della compagnia londinese di Händel (1733-1735); si era poi esibito in numerose città della Germania e aveva soggiornato presso le corti di Vienna e Berlino (1735-1750). Al suo fianco Lucia Facchinelli (Viriate), Caterina Fumagalli (Ismene) e Natalina Schiantarelli (Libanio), oltre a Felice Salimbeni (Erminio), «in attual servizio di Sua Maestà Cesarea, e Cattolica», e Agnolo Amorevoli (Orcano). Due voci, queste ultime, “molto buone” e degne di applauso, come attesta uninedita lettera del 9 maggio 1741 scritta dal Cavaliere Impresario Alfonso Hercolani – che in quel momento si trovava a Reggio – al conte Sicinio Pepoli, impegnato nei preparativi per lEzio: LOpera di Reggio è magnifica, ma è mancante in molte parti, che poi sinceramente le dirò a bocca al mio ritorno e solamente dirò allE. V. che basterebbe a noi che Marianino cantasse con più di riputazione, e son sicuro, che migliore senza fallo e senza alcuna prevenzione sarebbe la nostra. Quello che posso dirle si è che Salimbeni canta come un Angelo, ed Amorevoli è molto buono, ed aplaudito da tutti. Il rimanente ha molti difetti, particolarmente la Musica, e Balli, che sono meno che mediocri. Il libretto del Siface insisteva poi nel sottolineare le novità dellallestimento (fig. 3): dalle scene di Francesco Bibiena, di «nuova, e vaga invenzione, e Pittura», al vestiario «tutto nuovo» del veneziano Natale Canciani. Senza trascurare i balli, che furono una «nuova invenzione del Sig. Gaetano Grossatesta, da eseguirsi da otto persone». Tra ingaggi degli interpreti e spese di allestimento lo spettacolo arrivò a costare 40.245,12 lire. Una cifra notevole, solo in parte recuperata attraverso gli incassi delle ventisette repliche organizzate tra l11 maggio e il 30 giugno 1737 (16.910,5 lire). Il passivo risultò di oltre 13.337,7 lire e, come già era accaduto durante precedenti periodi di crisi finanziaria, costrinse gli impresari a togliere lopera seria dal “cartellone” del Malvezzi. La cosa non sorprende. Lattenzione dei nobili impresari non era rivolta tanto allottenimento di un beneficio economico, quanto piuttosto a un ritorno di immagine, ricercato anche attraverso laltissima qualità degli spettacoli proposti: dalla sontuosità degli allestimenti – con nomi del calibro di MarcAntonio Chiarini, dei Bibiena e dei loro allievi – al livello professionale dei cantanti e del corpo di ballo. Per altro il teatro in quei quattro anni non rimase chiuso: nel 1738 vennero allestiti due intermezzi, dopodiché venne utilizzato da alcune compagnie di dilettanti e da attori professionisti. Nel 1740 entrarono a far parte della società dei Cavalieri impresari tre nuovi membri, ricchi seppur non nobili: Gaetano Dondini, Luigi Pasi e Francesco Scarani, con un notevole beneficio economico che permise di progettare una nuova stagione operistica. La scelta per il libretto cadde nuovamente su unopera di Metastasio – il già citato Ezio (fig. 4) – per musicare il quale il conte Pepoli si rivolse ai propri interlocutori romani – come spesso accadeva – alla ricerca di un giovane compositore che avesse appena debuttato con successo nellUrbe. Una scelta che soddisfaceva il desiderio di novità dellaristocrazia felsinea, che in questo modo si manteneva al passo con Roma e addirittura primeggiava su Venezia nel proporre nuovi nomi, e nel contempo garantiva la qualità dellartista ingaggiato. Tra coloro che consigliarono il nome di Jommelli – che si era appena fatto conoscere con il Ricimero re de Goti (teatro Argentina, dicembre 1740) e con lAstianatte (teatro Argentina, febbraio 1741) – ci fu Annibale Ringhieri: Presentandomisi opportuna loccasione di autenticare la mia riverente et obbligata servitù al Sig.re Co.te Sicinio Pepoli, e a tutta la stimatiss.ma di lui Casa, non voglio mancare di lasciare questa, per cui so che ella unitam.te con gli altri Sig.ri Impresarij della bel opera da farsi in questa primavera, hanno prescielto il Sig.re Niccolò Jommella famoso compositore, non <però> a mio riguardo, <solo> che lo avevo raccomandato […] desiderando, che dal canto suo si facij onore, e ne riporti applauso, come io spero. Non è da escludere, per altro, che la preferenza accordata a Jommelli rispondesse anche al bisogno di dare una sorta di “continuità” alla programmazione del teatro. Il compositore aversano, come noto, era uno degli allievi più promettenti di Leonardo Leo, cui erano state commissionate le musiche per il Siface del 1737. Ma Leo era anche uno dei protetti di Pepoli, come confermano alcune lettere conservate allArchivio di Stato di Bologna. Una di queste lo mostra intento a chiedere linvio del libretto metastasiano in modo da poter comporre le musiche come divertimento durante il lungo viaggio da Napoli a Bologna: Non potei nella passata posta adempire al mio dovere con rispondere a V.E. desser contentiss.mo dellonore mi ha dato in servirla, e della causa ne feci partecipe confidentem.te il Sig.r Domenico Grimaldi. In questa ne confermo listesso piacere, ed assicuro allE.V. che sarò costantem.te e personalm.te a baciarle le mani. La prima grazia che le chiedo si è di favorirmj mandare il libro che per q.nto ho inteso […] è il Siface, affinché me ne formi lidea prima della partenza e mi serva di applicatione per il viaggio, e di divertim.to insieme, avendo anche il vantaggio di aver sonatto per la consaputa compagnia altre volte. Ma torniamo al 1741. Una volta deciso il nome del compositore si avviò lefficiente macchina organizzativa del Malvezzi e in breve tempo furono ingaggiati i cantanti e i ballerini, i cui nomi sono puntualmente registrati nel libretto a stampa (figg. 5-6). Quasi tutti i contratti sono giunti fino a noi e si datano alla seconda metà di marzo. Il breve spazio di questa relazione non mi permette di presentare i singoli documenti – per quanto interessanti – ma vorrei soffermarmi almeno su quello del ballerino Vincenzo Campioni, che fu inviato a Bologna da Michele Grimani, come attesta una lettera scritta da questultimo il primo aprile 1741: Eccellenza Ecco la scrittura firmata dal Ballarino Campioni, che annessa alla presente a V.S. rasegno; aggiungendo, che questa sera scrivo al medesimo di ritrovarsi costà per li 8, o 9 del corrente a norma dei riveriti di lei comandi. La seconda donna poi, che volea ricordare a V.E., è appunto la Giustina Galletta, in cui rilevo incontrare il di lei sentimento, quando la Babbi non sij sgravata in tempo. Ho parlato alla sudd.a per sapere le di lei pretensioni, facendole noto, che sino a S. Gio. dureranno le recite; essa si è intieramente rimessa alle mie disposizioni, ed io la rimetto a quelle di V.E.; onde quando succedesse il caso, non vi sarà su tale articolo alcuna difficoltà; essendo in di lei arbitrio assegnarle poi quellonorario, che sii, il fatto crederà onesto e conveniente. Si riservò laccennata <solo> la condizione, che la prima donna sij una di quelle, che con tal rango giri li teatri dItalia. Starò in attenzione dei nuovi comandi di V.E., protestandomi con quel verossequio, che mi fa essere di V.E. Venezia, p.o aprile 1741 div.o obb.o ser.e V.o Michele Grimani Ho deciso di trascriverla integralmente soprattutto per quel riferimento a Giustina Galletta, da identificare con «La Galletta» messa in caricatura da Anton Maria Zanetti (fig. 7). Se nel 1969 Alessandro Bettagno affermava trattarsi di una cantante il cui «soprannome non era ricordato nei repertori e nei libretti dopera», già Enrico Lucchese aveva individuato in Giustina Gallo (o Galli) la candidata più probabile. Se la lettera appena trascritta fornisce solo il nome – Giustina –, una successiva missiva di Grimani sgombra il campo da qualsiasi dubbio: Giuntomi allorecchio, che costì si prepari per la ventura primavera una cospicua opera, mi prendo la confidenza di ricordare a V.E. quando <vi> abbia interesse, la signora Giustina Gallo per seconda donna, giacché in questanno a motivo dellaltrui raccomandazioni non ha potuto aver loco. So, che per la medesima V.E. avea tutta lintenzione; onde su tale fondamento io mi sono disposto a raccomandargliela. Lopera in preparazione era lEumene, ma anche questa volta Grimani arrivò in ritardo: se nellEzio Giovanna Babbi era stata sostituita da Rosa Gabrielli, nellEumene cantò Maria Teresa Baratti. Per altro la prima delle due opere di Jommelli – le cui repliche si erano da poco concluse quando Grimani scrive la lettera – aveva avuto uno straordinario successo e Pepoli ne aveva tempestivamente informato Farinelli: Vorrei trovarmi anchio nella bellopera che attualmente stanno loro Cavallieri godendo […]. Lopera non puol esser se non che superba e bella con tutta magnificenza; conosco abbastanza il core di Vostra Eccellenza, e questo basta solo per crederla una perfezzione. I virtuosi descrittomi hanno tutto il merito, il compositore quantunque non sia di mia conoscenza lho imparato a conoscere dalle sue composizioni essere un giovine di merito, avendomi questo signor duca dAtri laltra settimana data una sua opera, e poi mi basta per prenderne tutto il concetto vedendolo scelto in tale occasione; così dunque supplico Vostra Eccellenza a farmi degno di mandarmi tutta la composizione della musica. Nel contempo con gli altri impresari si era affrettato a scritturare compositore, cantanti e ballerini per la stagione successiva (figg. 8-10). Anche questa volta si sono conservati quasi tutti i contratti che, salvo qualche inevitabile aggiustamento, furono firmati nel giugno del 1741, quindi quando erano ancora in corso le recite dellEzio. Questa volta abbiamo anche quello del compositore, conservato in due diverse redazioni. La prima – una sorta di bozza in cui non è ancora specificato alcun nome («sig.r N N.»), poi firmata da Jommelli – è datata 3 giugno 1741 e dimostra che a questa altezza cronologica i nobili cavalieri non avevano ancora deciso né la stagione in cui proporre lopera (carnevale o primavera), né il compenso da elargire, né, appunto, il compositore da scritturare: Con la p[rese]nte privata scrittura la quale avrà forza di pubblico instr[ument]o il sig.r N N. sobbliga di comporre in musica il dramma che dovrà servire per secondopera nel venturo carnovale 1741 · in 1742 · e detta composizione sarà nuova; e conforme alle voci che dovranno recitarla, e dovrà detto s.r N N. puntualm[en]te eseguire le istruzioni che se gli manderanno col libretto dellop[er]a. La detta composiz[io]ne sarà compiuta in maniera che d[ett]o s.r N N. ne possa mandare i due primi atti alla fine di novem[br]e pros[si]mo, edindi venire egli stesso alle Sante Feste di Natale per disporre quanto sarà necessario per metter lopera in scenna alla metà di gennaio, suonando, edassistendo conforme al solito. Il perché glill.mi ss.ri Cavaglieri dirrettori sobbligano, e promettono di pagare à detto sig.re N N cecchini n.o … ne quali sintenderanno comprese le spese di viaggi, del quartiere, del mantenim[ent]o, ò sia vitto, e tutte le altre che saranno à carico di detto sig.re N N. Il tutto sotto lobbligo de beni p[rese]nti, e futuri, col constituto dessi in forma Camerale. Bologna li 3 giug[n]o 1741. Nicolo Jomelli Le decisioni furono prese rapidamente e il 17 giugno venne stilato laccordo definitivo: Adi 17 giugno 1741 – In Bologna Con la presente privata Scrittura, quale vogliono le parti habbia forza di publico, e giurato instromento, roborato con tutte le clausole solite, necessarie, et opportune, il sig.r Niccolò Jommelli napolitano maestro di musica sobbliga, e promette di comporre in musica il drama, che dovrà servire per lopera, che dovrà rappresentarsi in questo teatro Malvezzi nella primavera dellanno prossimo avenire 1742; e detta composizione sarà nuova, e conforme alle voci che dovranno recitarla, dovendo anche il sudetto sig.r Jommelli puntualmente eseguire quanto per leffetto sudetto le verrà prescritto dalli SS.ri Impresarij direttori della sudettopera; dovrà parimenti il predetto sig.r Niccolò Jommelli ritrovarsi in Bologna alla metà del mese di marzo di detto anno prossimo avenire 1742-; non tanto per eseguire puntualmente quanto di sopra, come anche per assistere, e suonare, sì alle prove, che a tutte le recite, che si faranno della sudettopera; accettando per tutto questo lonorario dalli sudetti SS.ri impresarij obbligato in somma di lira di Bologna novecento dico lire sudette 900 da paoli due per lira, dovendo però essere proveduto il detto sig.r Niccolò del solo semplice alloggio fornito della necessaria biancheria grossa, restando a carico del sudetto sig.r Jommelli tutte le spese che le potranno occorrere, sì per li viaggi, che per cibaria, anche per tutto il tempo di sua permanenza in Bologna; intendendosi il tutto con tutte quelle riserve solite praticarsi alluso da teatri, cioè di guerra guerreggiata, fatto del principe, et incendio di teatro; In fede Io Niccolò Jommelli affermo e prometto quanto di sop.a Più interessante, dal mio punto di vista, il primo dei due contratti, che appare meno mediato e ci lascia intravedere le frenetiche modalità organizzative del Malvezzi, un teatro bolognese ancora troppo poco indagato.
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