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Lorena Vallieri

«L’opera non puol essere se non che superba e bella con tutta magnificenza». Niccolò Jommelli al teatro Malvezzi di Bologna (1741-1742)

Data di pubblicazione su web 13/11/2021
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Pubblichiamo qui la relazione presentata da Lorena Vallieri al XXVIII Convegno annuale della Società Italiana di Musicologia (Roma 29-31 ottobre 2021), prima traccia di un più ampio contributo sulla messa in scena delle opere di Jommelli al teatro Malvezzi di Bologna.

 

Nella primavera del 1741 andò in scena al teatro Malvezzi di Bologna l’Ezio di Niccolò Jommelli.[1] A quell’altezza cronologica il teatro, che aveva sempre avuto stagioni operistiche discontinue, non proponeva un’opera seria già da quattro anni,[2] ovvero da quando nel 1737 era stato allestito in prima assoluta il Siface di Leonardo Leo su libretto di Pietro Metastasio (fig. 1).[3] In occasione dello spettacolo del 1737 gli impresari[4] non avevano badato a spese[5] e il ruolo del protagonista era stato affidato a una “star” di livello internazionale: il castrato Giovan Battista Carestini detto Cusanino (fig. 2).[6] «Virtuoso di S. A. Elettorale di Baviera»,[7] il cantante vantava un “curriculum” di tutto rispetto: dopo aver debuttato quindicenne a Milano (1720), aveva prestato servizio presso la cappella imperiale di Vienna (1723-1725) e aveva fatto parte della compagnia londinese di Händel (1733-1735);[8] si era poi esibito in numerose città della Germania e aveva soggiornato presso le corti di Vienna e Berlino (1735-1750).[9] Al suo fianco Lucia Facchinelli (Viriate), Caterina Fumagalli (Ismene) e Natalina Schiantarelli (Libanio), oltre a Felice Salimbeni (Erminio), «in attual servizio di Sua Maestà Cesarea, e Cattolica»,[10] e Agnolo Amorevoli (Orcano). Due voci, queste ultime, “molto buone” e degne di applauso, come attesta un’inedita lettera del 9 maggio 1741 scritta dal Cavaliere Impresario Alfonso Hercolani – che in quel momento si trovava a Reggio –  al conte Sicinio Pepoli, impegnato nei preparativi per l’Ezio

L’Opera di Reggio è magnifica, ma è mancante in molte parti, che poi sinceramente le dirò a bocca al mio ritorno e solamente dirò all’E. V. che basterebbe a noi che Marianino cantasse con più di riputazione, e son sicuro, che migliore senza fallo e senza alcuna prevenzione sarebbe la nostra.[11] Quello che posso dirle si è che Salimbeni canta come un Angelo, ed Amorevoli è molto buono, ed aplaudito da tutti. Il rimanente ha molti difetti, particolarmente la Musica, e Balli, che sono meno che mediocri.[12] 

Il libretto del Siface insisteva poi nel sottolineare le novità dell’allestimento (fig. 3): dalle scene di Francesco Bibiena, di «nuova, e vaga invenzione, e Pittura», al vestiario «tutto nuovo» del veneziano Natale Canciani. Senza trascurare i balli, che furono una «nuova invenzione del Sig. Gaetano Grossatesta, da eseguirsi da otto persone».[13] 

Tra ingaggi degli interpreti e spese di allestimento lo spettacolo arrivò a costare 40.245,12 lire. Una cifra notevole, solo in parte recuperata attraverso gli incassi delle ventisette repliche organizzate tra l’11 maggio e il 30 giugno 1737 (16.910,5 lire).[14] Il passivo risultò di oltre 13.337,7 lire e, come già era accaduto durante precedenti periodi di crisi finanziaria, costrinse gli impresari a togliere l’opera seria dal “cartellone” del Malvezzi. La cosa non sorprende. L’attenzione dei nobili impresari non era rivolta tanto all’ottenimento di un beneficio economico, quanto piuttosto a un ritorno di immagine, ricercato anche attraverso l’altissima qualità degli spettacoli proposti: dalla sontuosità degli allestimenti – con nomi del calibro di Marc’Antonio Chiarini, dei Bibiena e dei loro allievi – al livello professionale dei cantanti e del corpo di ballo. Per altro il teatro in quei quattro anni non rimase chiuso: nel 1738 vennero allestiti due intermezzi,[15] dopodiché venne utilizzato da alcune compagnie di dilettanti e da attori professionisti.[16] 

Nel 1740 entrarono a far parte della società dei Cavalieri impresari tre nuovi membri, ricchi seppur non nobili: Gaetano Dondini, Luigi Pasi e Francesco Scarani, con un notevole beneficio economico che permise di progettare una nuova stagione operistica.[17] La scelta per il libretto cadde nuovamente su un’opera di Metastasio – il già citato Ezio (fig. 4) – per musicare il quale il conte Pepoli si rivolse ai propri interlocutori romani – come spesso accadeva – alla ricerca di un giovane compositore che avesse appena debuttato con successo nell’Urbe. Una scelta che soddisfaceva il desiderio di novità dell’aristocrazia felsinea, che in questo modo si manteneva al passo con Roma e addirittura primeggiava su Venezia nel proporre nuovi nomi, e nel contempo garantiva la qualità dell’artista ingaggiato. Tra coloro che consigliarono il nome di Jommelli – che si era appena fatto conoscere con il Ricimero re de’ Goti (teatro Argentina, dicembre 1740) e con l’Astianatte (teatro Argentina, febbraio 1741) –[18] ci fu Annibale Ringhieri: 

Presentandomisi opportuna l’occasione di autenticare la mia riverente et obbligata servitù al Sig.re Co.te Sicinio Pepoli, e a tutta la stimatiss.ma di lui Casa, non voglio mancare di lasciare questa, per cui so che ella unitam.te con gli altri Sig.ri Impresarij della bel opera da farsi in questa primavera, hanno prescielto il Sig.re Niccolò Jommella famoso compositore, non <però> a mio riguardo, <solo> che lo avevo raccomandato […] desiderando, che dal canto suo si facij onore, e ne riporti applauso, come io spero.[19] 

Non è da escludere, per altro, che la preferenza accordata a Jommelli rispondesse anche al bisogno di dare una sorta di “continuità” alla programmazione del teatro. Il compositore aversano, come noto, era uno degli allievi più promettenti di Leonardo Leo, cui erano state commissionate le musiche per il Siface del 1737. Ma Leo era anche uno dei protetti di Pepoli, come confermano alcune lettere conservate all’Archivio di Stato di Bologna. Una di queste lo mostra intento a chiedere l’invio del libretto metastasiano in modo da poter comporre le musiche come divertimento durante il lungo viaggio da Napoli a Bologna: 

Non potei nella passata posta adempire al mio dovere con rispondere a V.E. d’esser contentiss.mo dell’onore mi ha dato in servirla, e della causa ne feci partecipe confidentem.te il Sig.r Domenico Grimaldi. In questa ne confermo l’istesso piacere, ed assicuro all’E.V. che sarò costantem.te e personalm.te a baciarle le mani. La prima grazia che le chiedo si è di favorirmj mandare il libro che per q.nto ho inteso […] è il Siface, affinché me ne formi l’idea prima della partenza e mi serva di applicatione per il viaggio, e di divertim.to insieme, avendo anche il vantaggio di aver sonatto per la consaputa compagnia altre volte.[20] 

Ma torniamo al 1741. Una volta deciso il nome del compositore si avviò l’efficiente macchina organizzativa del Malvezzi e in breve tempo furono ingaggiati i cantanti e i ballerini, i cui nomi sono puntualmente registrati nel libretto a stampa (figg. 5-6). Quasi tutti i contratti sono giunti fino a noi e si datano alla seconda metà di marzo. Il breve spazio di questa relazione non mi permette di presentare i singoli documenti – per quanto interessanti – ma vorrei soffermarmi almeno su quello del ballerino Vincenzo Campioni, che fu inviato a Bologna da Michele Grimani, come attesta una lettera scritta da quest’ultimo il primo aprile 1741: 

Eccellenza 

Ecco la scrittura firmata dal Ballarino Campioni, che annessa alla presente a V.S. rasegno; aggiungendo, che questa sera scrivo al medesimo di ritrovarsi costà per li 8, o 9 del corrente a norma dei riveriti di lei comandi. La seconda donna poi, che volea ricordare a V.E., è appunto la Giustina Galletta, in cui rilevo incontrare il di lei sentimento, quando la Babbi[21] non sij sgravata in tempo. Ho parlato alla sudd.a per sapere le di lei pretensioni, facendole noto, che sino a S. Gio. dureranno le recite; essa si è intieramente rimessa alle mie disposizioni, ed io la rimetto a quelle di V.E.; onde quando succedesse il caso, non vi sarà su tale articolo alcuna difficoltà; essendo in di lei arbitrio assegnarle poi quell’onorario, che sii, il fatto crederà onesto e conveniente. Si riservò l’accennata <solo> la condizione, che la prima donna sij una di quelle, che con tal rango giri li teatri d’Italia. Starò in attenzione dei nuovi comandi di V.E., protestandomi con quel ver’ossequio, che mi fa essere

di V.E.

Venezia, p.o aprile 1741

div.o obb.o ser.e V.o

Michele Grimani[22] 

Ho deciso di trascriverla integralmente soprattutto per quel riferimento a Giustina Galletta, da identificare con «La Galletta» messa in caricatura da Anton Maria Zanetti (fig. 7).[23] Se nel 1969 Alessandro Bettagno affermava trattarsi di una cantante il cui «soprannome non era ricordato nei repertori e nei libretti d’opera»,[24] già Enrico Lucchese aveva individuato in Giustina Gallo (o Galli) la candidata più probabile.[25] Se la lettera appena trascritta fornisce solo il nome – Giustina –, una successiva missiva di Grimani sgombra il campo da qualsiasi dubbio: 

Giuntomi all’orecchio, che costì si prepari per la ventura primavera una cospicua opera, mi prendo la confidenza di ricordare a V.E. quando <vi> abbia interesse, la signora Giustina Gallo per seconda donna, giacché in quest’anno a motivo dell’altrui raccomandazioni non ha potuto aver loco. So, che per la medesima V.E. avea tutta l’intenzione; onde su tale fondamento io mi sono disposto a raccomandargliela.[26] 

L’opera in preparazione era l’Eumene, ma anche questa volta Grimani arrivò in ritardo: se nell’Ezio Giovanna Babbi era stata sostituita da Rosa Gabrielli, nell’Eumene cantò Maria Teresa Baratti. Per altro la prima delle due opere di Jommelli – le cui repliche si erano da poco concluse quando Grimani scrive la lettera – aveva avuto uno straordinario successo e Pepoli ne aveva tempestivamente informato Farinelli: 

Vorrei trovarmi anch’io nella bell’opera che attualmente stanno loro Cavallieri godendo […]. L’opera non puol esser se non che superba e bella con tutta magnificenza; conosco abbastanza il core di Vostra Eccellenza, e questo basta solo per crederla una perfezzione. I virtuosi descrittomi hanno tutto il merito, il compositore quantunque non sia di mia conoscenza l’ho imparato a conoscere dalle sue composizioni essere un giovine di merito, avendomi questo signor duca d’Atri l’altra settimana data una sua opera, e poi mi basta per prenderne tutto il concetto vedendolo scelto in tale occasione; così dunque supplico Vostra Eccellenza a farmi degno di mandarmi tutta la composizione della musica.[27] 

Nel contempo con gli altri impresari si era affrettato a scritturare compositore, cantanti e ballerini per la stagione successiva (figg. 8-10).[28] Anche questa volta si sono conservati quasi tutti i contratti che, salvo qualche inevitabile aggiustamento, furono firmati nel giugno del 1741, quindi quando erano ancora in corso le recite dell’Ezio. Questa volta abbiamo anche quello del compositore, conservato in due diverse redazioni. La prima – una sorta di bozza in cui non è ancora specificato alcun nome («sig.r N N.»), poi firmata da Jommelli – è datata 3 giugno 1741 e dimostra che a questa altezza cronologica i nobili cavalieri non avevano ancora deciso né la stagione in cui proporre l’opera (carnevale o primavera), né il compenso da elargire, né, appunto, il compositore da scritturare: 

Con la p[rese]nte privata scrittura la quale avrà forza di pubblico instr[ument]o il sig.r N N. s’obbliga di comporre in musica il dramma che dovrà servire per second’opera nel venturo carnovale 1741 · in 1742 · e detta composizione sarà nuova; e conforme alle voci che dovranno recitarla, e dovrà detto s.r N N. puntualm[en]te eseguire le istruzioni che se gli manderanno col libretto dell’op[er]a. La detta composiz[io]ne sarà compiuta in maniera che d[ett]o s.r N N. ne possa mandare i due primi atti alla fine di novem[br]e pros[si]mo, ed’indi venire egli stesso alle Sante Feste di Natale per disporre quanto sarà necessario per metter l’opera in scenna alla metà di gennaio, suonando, ed’assistendo conforme al solito. Il perché gl’ill.mi ss.ri Cavaglieri dirrettori s’obbligano, e promettono di pagare à detto sig.re N N cecchini n.o … ne quali s’intenderanno comprese le spese di viaggi, del quartiere, del mantenim[ent]o, ò sia vitto, e tutte le altre che saranno à carico di detto sig.re N N. Il tutto sotto l’obbligo de’ beni p[rese]nti, e futuri, col constituto d’essi in forma Camerale. Bologna li 3 giug[n]o 1741.

Nicolo Jomelli[29] 

Le decisioni furono prese rapidamente e il 17 giugno venne stilato l’accordo definitivo: 

Adi 17 giugno 1741 – In Bologna 

Con la presente privata Scrittura, quale vogliono le parti habbia forza di publico, e giurato instromento, roborato con tutte le clausole solite, necessarie, et opportune, il sig.r Niccolò Jommelli napolitano maestro di musica s’obbliga, e promette di comporre in musica il drama, che dovrà servire per l’opera, che dovrà rappresentarsi in questo teatro Malvezzi nella primavera dell’anno prossimo avenire 1742; e detta composizione sarà nuova, e conforme alle voci che dovranno recitarla, dovendo anche il sudetto sig.r Jommelli puntualmente eseguire quanto per l’effetto sudetto le verrà prescritto dalli SS.ri Impresarij direttori della sudett’opera; dovrà parimenti il predetto sig.r Niccolò Jommelli ritrovarsi in Bologna alla metà del mese di marzo di detto anno prossimo avenire 1742-; non tanto per eseguire puntualmente quanto di sopra, come anche per assistere, e suonare, sì alle prove, che a tutte le recite, che si faranno della sudett’opera; accettando per tutto questo l’onorario dalli sudetti SS.ri impresarij obbligato in somma di lira di Bologna novecento dico lire sudette 900 da paoli due per lira, dovendo però essere proveduto il detto sig.r Niccolò del solo semplice alloggio fornito della necessaria biancheria grossa, restando a carico del sudetto sig.r Jommelli tutte le spese che le potranno occorrere, sì per li viaggi, che per cibaria, anche per tutto il tempo di sua permanenza in Bologna; intendendosi il tutto con tutte quelle riserve solite praticarsi all’uso da teatri, cioè di guerra guerreggiata, fatto del principe, et incendio di teatro; In fede

Io Niccolò Jommelli affermo e prometto quanto di sop.a[30] 

Più interessante, dal mio punto di vista, il primo dei due contratti, che appare meno mediato e ci lascia intravedere le frenetiche modalità organizzative del Malvezzi, un teatro bolognese ancora troppo poco indagato. 



[1]  Ezio. Dramma per musica da rappresentarsi nel teatro Malvezzi la primavera dell’anno M.DCCXLI., Bologna, Per Bartolomeo Borghi negli Orefici, 1741. Cfr. La librettistica bolognese nei secoli XVII e XVIII. Catalogo e indici, a cura di L. Callegari, G. Sartini e G. Bersani Berselli, Roma, Torre d’Orfeo, 1989, p. 70; nonché la scheda su Corago. Repertorio e archivio di libretti del melodramma italiano dal 1600 al 1900: http://corago.unibo.it/evento/SST0017091 (ultima data di consultazione: 26 ottobre 2021).

[2]  Per il teatro Malvezzi, come per altri teatri bolognesi, occorre ancora rifarsi alla silloge ottocentesca di C. RICCI, I teatri di Bologna nei secoli XVII e XVIII. Storia aneddotica, Bologna, Successori del Monti, 1888 (rist. anast. Bologna, Forni, 1965), passim. Si veda poi M. CALORE, Il nobile teatro dei Malvezzi (1686-1745), in «Strenna Storica Bolognese», XLIV, 1994, pp. 97-123; ID., Il nobile Teatro Malvezzi di Bologna e il Farinelli, in Il Farinelli e gli evirati cantori. Atti del Convegno internazionale di studi in occasione delle manifestazioni per il 300º anniversario della nascita di Carlo Broschi detto il Farinelli (Bologna, 5-6 aprile 2005), a cura di L. Verdi, Lucca, LIM, 2007, pp. 25-45.

[3]  Siface. Dramma per musica da rappresentarsi nel teatro Malvezzi la primavera dell’anno M.DCC.XXXVII., Bologna, Per Clemente Maria Sassi successore del Benacci, 1737. E cfr. La librettistica bolognese nei secoli XVII e XVIII, cit., p. 68; nonché la scheda su Corago: http://corago.unibo.it/evento/SSE0001143 (ultima data di consultazione: 26 ottobre 2021).

[4]  Il Malvezzi fu gestito, almeno dal 1694, da un gruppo di nobili bolognesi noti come “Accademici (o cavalieri) Uniti”, “Cavalieri Impresari” o anche “Interessati all’opera”. Cfr. CALORE, Il nobile teatro dei Malvezzi, cit., pp. 110-112; ID., Il nobile Teatro Malvezzi di Bologna e il Farinelli, cit., passim.

[5]  Il Conto del denaro ricavato dalle infrascritte n. 27 recite che si sono fatte dell’opera in musica intitolata il “Siface” nel teatro Malvezzi l’anno 1737 è pubblicato in appendice a RICCI, I teatri di Bologna nei secoli XVII e XVIII, cit., pp. 542-548.

[6]  Cfr. F. DEGRADA, Carestini, Giovanni, detto il Cusanino, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto della enciclopedia italiana, 1977, vol. 20, pp. 83-85; C.M. KORSMEIER, Der Sänger Giovanni Carestini (1700-1760) und seine Komponisten: die Karriere eines Kastraten im der ersten Hälfte des 18. Jahrhunderts, Eisenach, Karl Dieter Wagner, 2000.

[7]  Siface. Dramma per musica da rappresentarsi nel teatro Malvezzi, cit., p. 6.

[8]  A Londra era entrato in rivalità con Farinelli, che nelle lettere a Sicinio Pepoli lo descrisse come un «maledetto castrato» e un «soggetto vanaglorioso». Cfr. C. Broschi Farinelli, La solitudine amica. Lettere al conte Sicinio Pepoli, a cura di C. Vitali e F. Boris, Palermo, Sellerio, 2000, lettere n. 9, 11 e 46; A. CHIARELLI-M.P. JACOBONI, Cusanino e Farinelli: note preliminari a un confronto, in Il Farinelli e gli evirati cantori, cit., pp. 233-242.

[9]  Aveva poi concluso la sua carriera internazionale a San Pietroburgo nella compagnia di Francesco Araja. Cfr. DEGRADA, Carestini, Giovanni, detto il Cusanino, cit., p. 84.

[10]  Siface. Dramma per musica da rappresentarsi nel teatro Malvezzi, cit., p. 6.

[11]  Hercolani allude all’imminente messa in scena dell’Ezio, di cui il virtuoso Mariano Niccolini, detto Marianino, fu il protagonista.

[12]  Lettera di Alfonso Hercolani a Sicinio Pepoli, Reggio, 9 maggio 1741, Bologna, Archivio di Stato (d’ora in avanti ASB), Archivi privati e diversi, Fondo Pepoli, v. Carteggi, b. 162, fasc. 1741.

[13]  Siface. Dramma per musica da rappresentarsi nel teatro Malvezzi, cit., p. 5. I nomi dei danzatori non sono riportati nel libretto, ma grazie ad alcune lettere di prossima pubblicazione siamo a conoscenza dell’impegno profuso dal coreografo nella formazione di una compagnia all’altezza dell’evento e delle difficoltà incontrate.

[14]  Cfr. Conto del denaro ricavato dalle infrascritte n. 27 recite che si sono fatte dell’opera in musica intitolata il “Siface” nel teatro Malvezzi l’anno 1737, cit., p. 548. Per un confronto si tenga presente che il Siroe (1733) costò 31.572, 5 lire a fronte di un incasso di 26.468,5 con un disavanzo di 5.104 (ivi, p. 542) e l’Eumene (1742), ultima opera seria ad andare in scena al Malvezzi, costò 39.176,7 lire, incassò 24.515,14 con un passivo di 14.660,13 (ivi, p. 556). Sto ancora studiando i conti dell’Ezio, conservati manoscritti all’ASB assieme a una copia di quelli dell’Eumene.

[15]  Al sospetto effetto, per dispetto. Intermezzi da rappresentarsi in musica nel teatro Malvezzi di Bologna la primavera dell’anno 1738, Bologna, Clemente Maria Sassi successore del Benacci, 1738, un anonimo libretto musicato da Antonio Costantini, e La contadina. Intermezzi da rappresentarsi in musica in Bologna nel teatro Malvezzi la primavera dell’anno 1738, Bologna, Clemente Maria Sassi successore del Benacci, 1738, libretto di Andrea Belmuro e musiche di Johann Adolf Hasse.

[16]  Cfr. CALORE, Il nobile teatro dei Malvezzi, cit., pp. 115-116.

[17]  Cfr. ivi, pp. 113-114.

[18]  Cfr. A. D’OVIDIO, Jommelli all’Argentina: nascita di una carriera e ragioni di un successo nella Roma degli anni Quaranta, in Le stagioni di Niccolò Jommelli, a cura di M.I. BIGGI et al., Napoli, Turchini edizioni, 2018, pp. 557-586.

[19]  Lettera di Annibale Ringhieri a Sicinio Pepoli, Roma, 15 aprile 1741, in ASB, Archivi privati e diversi, Fondo Pepoli, Serie V, Carteggi, b. 162, fasc. 1741.

[20]  Lettera di Leonardo Leo a Sicinio Pepoli, Napoli, 5 febbraio 1737, ASB, Archivi privati e diversi, Fondo Pepoli, Serie V, Carteggi, b. 157, fasc. 1737. Nella busta si trovano anche altre lettere a firma del compositore.

[21]  La cantante Giovanna Guaitti, moglie di Gregorio Babbi, viene nominata in molte delle lettere indirizzate a Sicinio Pepoli, non solo nel biennio in questione. Ingaggiata sia per l’Ezio del 1741, sia per l’Eumene del 1742, dovette rinunciare a entrambe le opere per le frequenti gravidanze e gli altrettanto frequenti aborti. Almeno una delle figlie nate in questo periodo ebbe come padrino di battesimo il conte bolognese.

[22]  Lettera di Michele Grimani a Sicinio Pepoli, Venezia, primo aprile 1741, ASB, Archivi privati e diversi, Fondo Pepoli, Serie V, Carteggi, b. 162, fasc. 1741.

[23]  Anton Maria Zanetti il vecchio, «La Galletta», s.d., penna e inchiostro bruno su traccia di matita nera (Venezia, Fondazione Giorgio Cini, 36733).

[24]  Caricature di Anton Maria Zanetti, catalogo della mostra a cura di A. Bettagno (Venezia, 1969), presentazione di G. Fiocco, Vicenza, Neri Pozza, 1969, p. 109.

[25]  Cfr. E. LUCCHESE, L’album di caricature di Anton Maria Zanetti alla Fondazione Giorgio Cini, Venezia, lineadacqua, 2015, p. 336. Sulle caricature di Zanetti si veda anche: G. STEFANI, Le “convenienze teatrali”: i cantanti nelle caricature di Anton Maria Zanetti, in «Drammaturgia», XI / n.s. 1, 2014, pp. 139-166 (p. 149 per la Galletta).

[26]  Lettera di Michele Grimani a Sicinio Pepoli, Venezia 16 luglio 1741, in ASB, Archivi privati e diversi, Fondo Pepoli, Serie V, Carteggi, b. 162, fasc. 1741.

[27]  Lettera di Carlo Broschi Farinelli a Sicinio Pepoli, Aranjuez, 6 giugno 1741, in Broschi Farinelli, La solitudine amica, cit., pp. 172-174: 172. Sui successivi rapporti di Farinelli con Jommelli cfr. S. MAZZONI, «Qualche presa di Farinello». Carlo Broschi in Spagna, in «Drammaturgia», XV / n.s. 5, 2018, pp. 83-165 (anche per bibliografia precedente).

[28]  Dai documenti si intuisce che non era ancora stato deciso il titolo dell’opera, che sarà poi l’Eumene. Cfr. Eumene. Dramma per musica da rappresentarsi nel teatro Malvezzi la primavera dell’anno M.DCCXLII., Bologna, Per Bartolomeno Borghi negli Orefici, 1742. E v. La librettistica bolognese nei secoli XVII e XVIII, cit., p. 71; nonché la scheda su Corago: http://corago.unibo.it/evento/SST0016929 (ultima data di consultazione: 26 ottobre 2021). 

[29]  Scrittura di Niccolò Jommelli con gli impresari del teatro Malvezzi, Bologna, 3 giugno 1741, ASB, Archivi privati e diversi, Fondo Marsili, Strumenti e scritture, b. 287: Teatro Malvezzi, fasc. 1/i: 1841-42 [ma 1741-1742] Scritture di artisti, carta sciolta.

[30]  Scrittura privata tra Niccolò Jommelli e gli impresari del teatro Malvezzi, Bologna, 17 giugno 1741, ivi, carta sciolta.



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