Ludus in artem paulatim verterat (Livio Ab urbe condita VII 2, 11).
1.Le pietre degli spazi dello spettacolo antichi e moderni non sono scisse dagliuomini e larchitettura è di per sé «in grado di evocare stati danimo, affettied emozioni».[1]Ma, attenzione, quelle pietre autosignificanti non sono atemporali. Vannostoricizzate riconducendole (di volta in volta, caso per caso) alla vita che leanimò: ai committenti e agli artisti-esecutori come agli eventi spettacolari eal pubblico. Non sempre lo spettacolo pietrificato degli edifici eclissa illabile ricordo delle performances e delle rappresentazioni. Sappiamo che,paradossalmente, «lo storico dello spettacolo non può fare la storia suglispettacoli».[2]Resta che deve decodificarne le tracce documentali per tentare di ricostruire einterpretare lidea di teatro e spettacolo di unepoca o di un determinatoambiente culturale. Sia essa utopica o reale. Sipensi al grandioso palcoscenico dei Flavi, alias Colosseo. Un monumentosfarzoso costruito per leternità. Dedicato alla mitopoiesi imperiale.Concepito, nellambito di un ampio disegno urbanistico, per stupire il mondo etrasmettere la memoria di una nuova dinastia cancellando il ricordo di Nerone edella sua magniloquente Domus Aurea.[3] Ledificio (che coronòlavventura anfiteatrale dellurbe avviata da Cesare nel 46 a.C.)[4] fu iniziato durante ilregno di Vespasiano, concluso e inaugurato da suo figlio Tito e perfezionato daDomiziano. Linaugurazione ebbe luogo tra il giugno e il settembre dell80 d.C.Durò cento giorni e fu, è ben noto, memorabile: «Sesei un tardivo spettatore venuto da lontani lidi che oggi per la prima voltaassiste al sacro spettacolo, non farti trarre in inganno dalla battaglia navalecoi suoi battelli e dalle onde che eguagliano quelle del mare: qui poco facera la terra. Non ci credi? Aspetta che le acque prostrino Marte, da unmomento allaltro dirai: “Qui poco fa cera il mare”».[5]
Marzialesi rivolge idealmente a uno spettatore giunto in ritardo al Colosseo perassistere ai giochi straordinari offerti con evergetica magnificenzadallimperatore Tito per esprimere la sua maestà.[6] Se prestiamo fede alleparole del poeta (vivace testimone oculare di quei remoti eventi performativi),allepoca lanfiteatro era provvisto di dispositivi che consentivanolallagamento dellarena. Dispositivi incompatibili con lassetto attuale degliipogei articolato in un fitto reticolo di massicci tratti murari in tufo emattoni. Dunque, Marziale non è attendibile? Vi furono davvero giochi in acqua[7] così complessi durantelinaugurazione dellanfiteatro Flavio? A lungo la domanda è rimasta priva dirisposte del tutto convincenti. Poi decisive indagini, fondate su un nuovoaccurato rilievo architettonico, hanno provato la veridicità della fonte,dimostrando che il monumento nel monumento[8] (i sotterranei in tufo)venne costruito soltanto dopo linaugurazione, al tempo di Domiziano(81-96 d.C.).[9]Da allora non fu più possibile utilizzare linvaso ipogeo per allestirespettacoli acquatici.[10] Durante linaugurazione,invece, larena dove si svolgevano i ludi aveva una struttura in legnoed era reversibile. Sicché il tavolato e limpalcato lignei potevano esseremontati e smontati in tempi brevi, sfruttando per la spettacolare naumachia(ricca di effetti scenotecnici: le «onde che eguagliano quelle del mare»evocate dal poeta) anche gli spazi sotterranei dellanfiteatro che, sgombri ecircoscritti da un muro di contenimento, potevano essere allagati.[11] Comprendiamo meglio,adesso, un altro epigramma di Marziale sui giochi inaugurali, quello incentratosulla elegante danza equorea delle Nereidi: «Unammaestrataschiera di Nereidi ha danzato su tutto lo specchio di mare e ha disegnato sullecedevoli acque svariate figure. Con le punte dritte è comparso minaccioso untridente, con quelle ricurve unancora: ci è sembrato di vedere un remo, ci èsembrato di vedere un battello, e splendere la costellazione dei Laconi graditaai naviganti, e spiegarsi gonfiate dal vento le smaglianti vele. Chi hainventato così ingegnosi artifici nelle limpide acque? Questi giochi li hainsegnati Teti, oppure li ha imparati».[12]
Erra la storiografia che instaura una dicotomia tra drammaturgie dello spazio eforme dello spettacolo. Esse, di norma, sono osmotiche.[13] La geografia e la storiadegli spazi dello spettacolo non vanno banalizzate confinandole negli“steccati” delle sole tipologie architettoniche e scenografiche.
2.Di più. I teatri come i documenti sono luoghi della memoria.[14] Se li studiamo in unaprospettiva multilineare possono “raccontarci” tante vicende, ambizioni,delusioni, speranze, avventure individuali e collettive. È nostro compito,anzitutto, si è accennato, cercare di documentare e decifrare la realtà storicacomplessiva di unepoca. Il suo clima politico culturale artistico. Lamentalità dei committenti degli artisti del pubblico. I loro gusti, le loroinclinazioni ideologiche e culturali. Le analogie e le differenze. Le opere e igiorni. Per restituire spessore ai nostri “oggetti” dindagine e avere maggiorichances di interpretarli in modo corretto giovano anche le pratiche dellamicrostoria fondate su un serrato confronto tra teorie storiografiche e scienzeumane. Si pensi alla thick description (la descrizione densa enunciatada Clifford Geertz in ambito antropologico) che mira alla costituzione direpertori di materiali «descritti densamente, resi cioè intellegibili dal loroinserimento nel contesto».[15] Storia “unitaria globale”e “contestuale” di un fluido sincronico “sistema di relazioni”: questo, insintesi, lapproccio fruttuoso per cercare di restituire le complessità e laricchezza delle molteplici storie dei teatri e degli spettacoli nei tempilunghi della storia.[16] Nonsi sottolineerà mai abbastanza, ad esempio, limportanza dellanalisiiconografica e iconologica[17] degli spazi del teatro edello spettacolo del mondo antico e delletà moderna. Penso specialmente aiteatri romani detà imperiale o a quelli accademici e di corte del Cinquecentoitaliano[18](ma si potrebbero convocare altre esperienze) permeati da temi iconici che,riconducendoci alla sfera del significato, inducono a riflettere, entro undeterminato contesto culturale e anche in rapporto ai mutamenti delle mentalitàdelle ideologie e del gusto, sulla cultura dellimmagine, sui percorsidellimmaginazione a essa correlati, sui simboli e sui meccanismi di ricezione,sulla retorica delle forme di rappresentazione in cui si esprime unepoca,sulle dinamiche tra creazione artistica e ricerca storica. 3.Proprio nel potere delle immagini il mito di stato augusteo individuò unefficacissimo vettore di diffusione.[19] Nel 42 a.C. il ventunennefiglio adottivo erede di Cesare decise che il culto del padre assassinato (DivusIulius) entrasse ufficialmente nella religione di stato. Da alloraOttaviano fu il carismatico Divi filius. Di lì a poco decollò un nuovoeloquente «linguaggio delle immagini» espresso in monete con effigi, inritratti, gemme, cammei, armi, statue celebrative, edifici e spazi grandiosipulsanti di vita, cerimonie, feste e spettacoli di stato da un forte contenutoideologico illustrato in specie con la creazione di un simbolico lessicofigurativo assimilante i Cesari alle divinità.[20] Nel 27, dopo la decisivavittoria di Azio (31 a.C.) evento fondatore del nuovo potere imperiale, fuconferito a Ottaviano il titolo di Augustus (lequivalente del greco Sebastós,“venerando”) che lo avvolse in un alone di sublimità e prodigio.[21] In quellanno iniziò difatto il suo ambiguo principato che distrusse lantica repubblica mantenendolaapparentemente in vita.[22] Da allora il compito dicelebrare il signore di Roma e dellimpero, dimostrandogli lealtà egratitudine, ricadde sul senato e sulle città soggette, sulle corporazioni, suigruppi e su singoli privati cittadini.[23] Amici fedeli, sostenitoripolitici, circoli intellettuali e poeti, organizzatori di feste, ritualireligiosi e spettacoli, architetti, artisti e botteghe alle dipendenze deicommittenti furono i protagonisti e gli esecutori di tale progetto fondato sulconsenso. Tra il 27 e il 23 a.C. il cesariano Vitruvio dedicò al Divi filiusi dieci libri del De architectura, esortandolo a perseguire unapolitica di memoria monumentale proseguendo nellambizioso programma dicostruire edifici pubblici e privati capaci di sfidare i secoli e trasmettereai posteri il ricordo delle sue gesta.[24] In questo quadro siinscrive la politica di edilizia teatrale di Augusto nellurbe: «Senzateatri laspirazione di Roma a diventare il centro anche culturale dellimperosarebbe rimasta poco credibile. […] I grandi teatri davano unimprontainconfondibile allaspetto urbano della Roma augustea. Soprattutto il teatro diMarcello e quello di Balbo offrivano ai visitatori unimmagine particolarmentesignificativa della pietas e della publica magnificentia propriedella nuova Roma. Lemiciclo delle due caveae era disposto in modo taleche, durante le pause degli spettacoli, lo sguardo poteva spaziare attraversole arcate dei corridoi perimetrali su un paesaggio urbano unico al mondo, fattodi templi marmorei e di sontuosi complessi ricreativi […]. Dal teatro diMarcello si vedevano i portici del II secolo a.C. appena restaurati, coi lorotempli e giardini, si vedeva il Circo Flaminio coi suoi monumenti celebrativi,il nuovo tempio di Apollo Sosiano e quello di Bellona, così vicini alle arcatedel teatro che sembravano toccarlo. Lo sguardo poteva spaziare fino al tempiodi Giove Capitolino. Dai camminamenti del teatro di Balbo si vedevano invece iquattro templi dellArea sacra, sullattuale largo Argentina. Eranoquesti i paesaggi urbani più amati dal princeps».[25]
Ilteatro e la città, dunque, la città del principe. La felice endiadi applicatada Ludovico Zorzi alla scena italiana tra Quattro e Settecento[26] funziona anche in questodiverso contesto storico e culturale. Già nel 32 a.C. Ottaviano avevafinanziato «con grande spesa» il restauro del teatro di Pompeo in Campo Marzio,la cui scenafronte esibiva colossali sculture raffiguranti Apollo e le Muse.[27] In quelloccasione,inoltre, egli «rimosse anche la statua di Pompeo dalla Curia dove era statoucciso Cesare, e la sistemò sopra un arco di marmo, di fronte alla loggia delteatro».[28]Perseguiva una politica di pacificazione. Circa ventanni dopo, tra il 13 el11, vennero dedicati, sempre in Campo Marzio divenuto quartiere dei teatri,[29] i citati edifici teatralidi Balbo e di Marcello.[30] Questultimo, voluto daCesare, fu fatto edificare da Augusto che lo dedicò al nipote (e genero)prematuramente scomparso.[31] Il principe fecesistemare nelludienza una statua bronzea di costui[32] e disporre nella fronsle quattro alte preziose colonne greche che un tempo avevano abbellito lascena delleffimero teatro ligneo di Scauro splendente di marmi, vetro, legnodorato, argento, avorio.[33] Nel 12 a.C., intanto,Augusto era diventato pontifex maximus.[34] La carica gli conferivaulteriore carisma assommandosi alle parti di Divi filius, princeps,imperator e Augustus da lui recitate sulla scena del mondo. Unarecita non priva di “doppi”. Doppi pietrificati dislocati in tutto limpero.Statue dallacceso cromatismo dense di significato. Si pensi allAugustoloricato di Prima Porta (post 20 a.C.) ritratto in origine col paludamentumrosso porpora segno squillante dautorità militare.[35] Una concentrazione dipotere supremo e universale, di prestigio e sacralità che portò allavvento diuna salvifica età delloro miscelando rispetto formale per le anticheistituzioni repubblicane, ripristino della virtus romana, rinnovamentoreligioso (pietas), sontuose iniziative edilizie di pubblica utilità esplendidi ludi (publica magnificentia). Un programma politico eculturale di ampio respiro e di rinnovamento della mentalità collettiva: «maiin precedenza – e forse anche in seguito – la conquista del potere siaccompagnò a un programma di politica culturale così elaborato e a una così suggestivamessa in scena di valori a cui quel programma si ispirava».[36]
Lamonumentalizzazione architettonica e scultorea dellurbe[37] fece di Ottaviano ilnuovo conditor urbis e cristallizzò le gesta augustee trasfigurandolassetto urbanistico della capitale e le sue precedenti più modeste emergenzearchitettoniche in una nuova Roma.[38] La Roma «tutta doro»ricordata da Ovidio agli albori del nuovo secolo.[39] Una città capace dinarrare le imprese del sovrano e della provvidenziale gens Iulia illustratenel programma figurativo del foro augusteo «vetrina» del nuovo stato;[40] al pari dei celebri versidel sesto libro dellEneide, letti da Virgilio alla famiglia imperiale,culminanti nella visione della futura gloria di Cesare e Augusto annunciata aEnea nei campi Elisi dallombra profetica di Anchise che mostra al figlio leanime in attesa di incarnarsi per compiere lillustre destino di Roma.[41] E Svetonio rammenta chelimperatore «superòtutti nella frequenza, nella varietà e nella magnificenza degli spettacoli […](e) abbellì in tal modo lUrbe, non certo adorna come avrebbe richiesto lamaestà dellimpero e sempre soggetta a inondazioni e a incendi, che potévantarsi a buon diritto di lasciarla di marmo dopo averla ricevuta di mattoni».[42]
La«mia generosità mi innalzerà sino alla gloria celeste», scriveva Augusto alpoco amato Tiberio.[43] Morì a Nola nel 14 d.C.Era il diciannove di agosto. Ebbe una «fine dolce» nell«ora nona di quelgiorno».[44]Prima di spirare chiese agli amici se, a parer loro, avesse ben condotto il mimumvitae.[45]La sue spoglie furono portate nellurbe. Inevitabilmente solenni lespettacolari esequie, così descritte da una fonte tarda ma autorevole, DioneCassio: «Ceraun feretro fatto davorio e doro, adornato con delle coltrici purpuree e dorate(ossia con un manto trionfale): dentro di esso era stato celato il corpo,sotto, dentro una bara, ma era visibile unimmagine di cera che lo raffiguravacon la veste trionfale. Questa immagine venne portata dal Palatium (laresidenza di Augusto sul Palatino) dai magistrati designati per il nuovo anno,unaltra doro venne condotta a partire dal senato ed una terza venne portatasu di un carro trionfale. Dietro a queste immagini venivano fatte sfilarequelle dei suoi avi e degli altri parenti defunti – tranne quella di Cesare,poiché questi era stato annoverato tra i semidei –, e anche quelle di Romaniche, per una ragione o per laltra, avevano raggiunto una posizione di unacerta importanza, a partire da Romolo stesso. Si vide anche unimmagine di PompeoMagno, e furono portate in processione persino (delle immagini di) tutte leprovince che aveva annesso».[46]
Unamagniloquente teoria di immagini allusive, sigillo di un congedo trionfaledallesistenza che segnò lingresso definitivo di Augusto nel cielo del mito.Al gran teatro del mondo era seguito il gran teatro della morte e dellamemoria. 4. Apartire dalletà augustea, nel giro di qualche decennio, maestosi teatri romanipubblici permanenti si diffusero in tutto loccidente e poi in Africa e in oriente.Inoltre si restaurarono e abbellirono preesistenti edifici teatrali.[47] E sappiamo che il primosecolo dellimpero fu «il più fertile di innovazioni nel campo deglispettacoli»[48](teatrali e non) e che i ludi scaenici si fondavano in buona misurasulla prassi del repertorio, cioè sulla drammaturgia dellattore (mutuata dagli«spettacoli-antologia» delle compagnie ellenistiche) e sulle vigorosemolteplici abilità dei performers. Si pensi alle pantomime e alletragedie-concerto dei professionisti.[49] Oppure, su un diversoregistro dinterprete, al Nerone nevroticamente «trepidante» in scena, duranteuna tragedia, «essendogli caduto a terra lo scettro […] e temendo di essereescluso dal concorso per quella pecca». E costui non «era tanto ossequiente alregolamento che non osava mai sputare e si asciugava il sudore delle fronte colbraccio»?[50] Aldi là dellaneddotica, prendiamo atto che, con lavvento dei grandi teatri inpietra che fiorirono nei territori soggetti a Roma, ledificio teatrale divenneveicolo di romanizzazione anche in virtù delle sue valenze simboliche dettatedal contesto politico. Fu una fioritura straordinaria. Ricca di implicazioniurbanistiche iconografiche iconologiche e favorita da quei Cesari che finanziaronoi ludi.[51]Il nesso età imperiale-fioritura dei teatri stabili dà da pensare sullafunzione attribuita ed esercitata allepoca da tali edifici specchiodellordinamento sociale. Notiamo, e si tratta di un punto saliente, che ilculto imperiale, suggerito dal contatto con loriente,[52] dominò le monumentaliscene dellimpero dispiegandosi, soprattutto in occidente, in apparati statuariincentrati sulliconografia della famiglia di Augusto o sulle effigi delladinastia giulio-claudia.[53] Fu così che le scenafrontidi molti teatri divennero veri e propri “manifesti” dinastici popolandosi disignificanti suites scultoree in “condominio” con muse, eroi e deipietrificati. Lungi dallessere meramente esornative, infatti, le statueimperiali allineate sulla scena proponevano ai convenuti il clima, i valori e isimboli della nuova era trasmettendo un messaggio politico e religioso «inequivocabilee di tale importanza per il potere centrale da essere spesso promotore dellastessa costruzione del teatro. Nelle scaenae frontes il principe, lafamiglia imperiale, talvolta i geni dellimperatore sono quasi sempre presenticon un recepimento precoce di questo sistema di propaganda in Hispania rispettoalle altre province, dove sarà acquisito con un certo ritardo».[54]
Unadrammaturgia iconografica “perenne” contestuale alle volatili pratiche scenicheistrioniche frutto di un mestiere considerato infamante[55] e perciò talvoltaoccultato. Si pensi al tanto intrigante quanto sino a tempi recenti poco notoritratto dattore risalente al 20-40 d.C. Un marmo solenne, memoriale,mitopoietico.[56]La statua raffigura Gaius Fundilius Doctus. Lo dichiara, sulla base dellascultura, lepigrafe svelante parimenti laltrimenti insospettabile professionedi costui. Egli non è raffigurato in abiti di scena, ma in toga come un nobileoratore. Una presa di distanza dal mestiere: «sono infami coloro che scendonoin lizza per guadagno e tutti coloro che vanno in scena per soldi», scrivevaUlpiano.[57]Ma questa, si suol dire, è unaltra storia tra le tante che animano le vestigiadei teatri romani in bilico tra arte dellattore e istanze celebrative dellacommittenza, forme dello spettacolo e scienza edificatoria. Neglispazi del teatro, peraltro, la mitopoiesi imperiale, coltivata da numerosecittà e personalità delle élites urbane a testimonianza di unesibitafedeltà politica,[58] non si “celebrava” solonella decorazione della frons. Sono documentati spazi a essa riservatianche nella cavea e nella porticus post scaenam. Significativi i casi diAugusta Emerita (Mérida) in Spagna[59] e di Leptis Magna inLibia.[60] Il teatro iberico fuconsacrato nel 16-15 a.C. dal numero due del regime, il fedele Marco VipsanioAgrippa (lamico e genero di Augusto che aveva fatto sistemare nel circoMassimo luccicanti delfini argentei contagiri).[61] La decorazione scultoreaemeritense impalcava una galleria imperiale dislocata sia nella porticuspost scaenam e nella scaenaefrons sia nel sacrarium al centrodellima cavea.[62] Tra i reperti conservatinel suggestivo Museo nacional de arte romano di Mérida segnalo almeno lintensoritratto marmoreo di Augusto velato,[63] ubicato nella cappelladel portico dietro la scena; nonché il mutilo imperatore divinizzato oeroizzato che, invece, faceva parte del décor della scenafronte dellafase claudia, come un altrettanto mutilo imperator con corazza militaree paludamentum.[64] Ancheil teatro augusteo di Leptis, inaugurato nel 1-2 d.C., fu uno spazio di culto elealismo imperiale. Eloquente in proposito la metaforica assimilazione tra ladiva Livia (linfluente consorte di Augusto, la sola donna che egli amò «consingolare perseveranza»)[65] e la Cerere-Tyche conditrixurbium scolpita con corona turrita nella statua del tempio sulla caveadedicato nel 35-36 d.C. dal proconsole Rubellio Blando ed edificato da unadonna evergeta, Suphunibal «ornatrix patriae».[66] Ancora. Nel 42-43 d.C.nel quadriportico post scaenam del medesimo teatro fu consacrato iltempio agli augusti divinizzati (Cesare, Augusto, ancora Livia) posto in asseal tempio a Cerere Augusta; e lolimpo imperiale e divino della scenafronte diLeptis Magna si è rivelato «un vero museo di sculture».[67] E come non rammentare lacolossale statua marmorea di Alessandro Magno innalzata in età adrianea nella fronsdel teatro di Perge in Turchia e rinvenuta durante le campagne di scavo1985-1992 a conferma che sono ancora possibili nuove rilevanti scoperte?[68] Riassumendo:lo studio delliconografia e delliconologia dei teatri romani detà imperialeè dimportanza capitale per capire la funzione e il significato politico eculturale degli edifici teatrali di quella civiltà fondata sulle evergesie.[69] Eppure si tratta di unargomento trascurato da noi storici dello spettacolo. Un argomento che dovràessere affrontato in équipe acquisendo e praticando logiche di lavoro“aperte” al confronto interdisciplinare. E che potrà essere meglio “aggredito”quando si disporrà di un organico repertorio che, raccogliendo le fontiletterarie sui ludi, consentirà proficui raffronti e riscontri dordinecontestuale.[70]Anche in rapporto, ad esempio, alle ramificazioni in Roma della corporazionemondiale degli artisti di Dioniso (che, a far tempo da Traiano, associò ilculto imperiale e quello del dio della maschera);[71] o agli attori al direttoservizio della casa imperiale;[72] oppure alle preziosetestimonianze epigrafiche destinate ai contemporanei come ai posteri. Si leggaallora, infine, la dedica incisa nel 147 d.C. nelledificio scenico del teatrodi Patara in Asia Minore: «AllimperatoreCesare Tito Elio Adriano Antonino Augusto Pio, figlio del divo Adriano, nipotedel divo Traiano Partico, discendente del divo Nerva, sommo pontefice,investito della tribunicia potestà per la decima volta, console per la quartavolta, padre della patria; ai divi Augusti e agli dei patrii e alla dolcissimapatria, la città di Patara metropoli della gente Licia. Velia Procla di Patara,figlia di Quinto Velio Tiziano, ha dedicato e consacrato il proscenio che suopadre costruì dalle fondamenta, e le decorazioni intorno ad esso, e ha curatolerezione di statue e di sculture, e la costruzione e il rivestimento in marmodel logeion, che ella stessa ha costruito; inoltre lundicesimo gradinodel secondo diazoma e i velari del teatro apprestati dal padre suo, sono statida lei offerti e dedicati in conformità ai decreti delleccellentissimoconsiglio».[73]
Unaltradonna evergeta, Velia Procla. Suo padre, il nobile Quinto Velio. Antonino Pio.Il grande viaggiatore Adriano, il conquistatore Traiano. La gente Licia e la«dolcissima patria». Le pietre dei teatri, i Cesari, il fluire del tempo edella vita.
[1] D.M. KAPLAN, Larchitettura teatrale come derivazione della cavità primaria, in Lacavità teatrale, a cura di R. SCHECHNER, Bari, De Donato, 1968, p. 75. [2] F. MAROTTI, Prefazione, in A. APPIA, Attore musica e scena. La messa inscena del dramma wagneriano. La musica e la messa in scena. Lopera dartevivente, Milano, Feltrinelli, 1983³, p. 8. [3] Basti qui rinviare (anche per laprecedente bibliografia) a Il Colosseo, a cura di A. GABUCCI, Milano,Electa, 1999; Sangue e arena, catalogo della mostra (Roma, 22 giugno2001-7 gennaio 2002), a cura di A. LAREGINA, Milano, Electa, 2001; G. TOSI, Gli edifici per spettacolinellItalia romana, con contributi di L. BACCELLE SCUDELER et al., Roma,Quasar, 2003, vol. I, pp. 13-16; vol. II, tav. I, figg. 1-10. [4] Cfr. F. COARELLI, Gli anfiteatri a Roma prima del Colosseo,in Sangue e arena, cit., p.43. [5] Mart. Sp. XXIV (cito dallediz. degli Epigrammiin Marco Valerio Marziale. Libro degli spettacoli, libri I-VII,introd. di M. CITRONI, trad. di M. SCÀNDOLA, note di E. MERLI, Milano, Rizzoli,1996, vol. I, p. 135). Sullepigramma in questione cfr. anche R. REA, Il Colosseo, teatro per gli spettacoli dicaccia. Le fonti e i reperti, in Sanguee arena, cit., pp. 225 ss. [6] Per il decisivo cap.dellevergetismo resta fondamentale P. VEYNE, Il pane e il circo. Sociologiastorica e pluralismo politico (1976), Bologna, il Mulino, 1984, passim; pp. 468, 598, per quantosopra osservato. [7] Sullargomento cfr. G. TRAVERSARI,Gli spettacoli in acqua nel teatro tardo-antico, con due ricostruzionidi I. GISMONDI, Roma, «LErma» di Bretschneider, 1960, vol. I. [8] Cfr. R REA, Il Colosseo: architettura e funzionamento, in Il Colosseo, cit., p. 103. [9] Cfr. H.J. BESTE, I sotterranei del Colosseo: impianto,trasformazioni e funzionamento, in Sanguee arena, cit., specialmente pp. 280-283, con utili ipotesi grafiche diricostruzione della originaria struttura in legno dellarena. Si tenganopresenti, inoltre, le precedenti, condivisibili osservazioni al riguardo di F.COARELLI, Guida archeologica di Roma (1974), con la collaborazione di L.USAI, per la parte cristiana, fotografie di M. PUCCIARELLI, Milano, Mondadori,19844, pp. 166, 171. [10] Cfr. REA, Il Colosseo, teatro per gli spettacoli di caccia, cit., p. 229;BESTE, I sotterranei del Colosseo,cit., p. 280. [11] Cfr. REA, Il Colosseo, teatro per gli spettacoli di caccia, cit., pp. 225s.;BESTE, I sotterranei del Colosseo,cit., p. 281. [12] Mart. Sp. XXVI (ed. in MarcoValerio Marziale. Libro degli spettacoli, cit., p. 137). [13] Cfr. M. DE MARINIS, La drammaturgia dello spazio, in ID., Incerca dellattore. Un bilancio del Novecento teatrale, Roma, Bulzoni, 2000,pp. 29-51; Drammaturgie dello spazio dalteatro greco ai multimedia, a cura di S. MAZZONI, «Drammaturgia», 2003, 10, pp. 15-467. [14] Per abbreviare la dimostrazionerinvio a S. MAZZONI, LOlimpico di Vicenza: un teatro e la sua «perpetuamemoria», Firenze, Le Lettere, 1998. [15] G. LEVI, A proposito di microstoria, in La storiografia contemporanea,a cura di P. BURKE, Roma-Bari, Laterza, 1993, pp. 118 ss. Ecfr. C. GEERTZ, The Interpretation of Cultures, New York, Basic Books,1973. [16] Per unesemplificazione alriguardo cfr. S. MAZZONI, Studiare iteatri: un atlante iconografico per la storia dello spettacolo, in «Culture teatrali», 2002-2003, 7-8,pp. 221-253. [17] Per il quadro di riferimento cfr. E.H.GOMBRICH, Aby Warburg. Una biografia intellettuale (1970), Milano,Feltrinelli, 1983; M.A. HOLLY, Iconografia e iconologia. Saggio sulla storiaintellettuale (1992), Milano, Jaca Book, 1993; C. CIERI VIA, Neidettagli nascosto. Per una storia del pensiero iconologico, Roma, La NuovaItalia Scientifica, 1994; M. CARBONI, Locchio e la pagina. Tra immagine aparola, Milano, Jaca Book, 2002; K.W. FORSTER-K. MAZZUCCO, Introduzionead Aby Warburg e all“Atlante della Memoria”, Milano, Mondadori,2002. Condivisibili osservazioni di metodo in S. BERNARDI, Il paesaggio nelcinema italiano, Venezia, Marsilio, 2002, pp. 99-105. [18] Cfr. ad esempio S. MAZZONI, Vincenzo Scamozzi e il teatro di Sabbioneta,in ID.-O. GUAITA, Il teatro di Sabbioneta, Firenze, Olschki, 1985, pp.11-91; MAZZONI, LOlimpico di Vicenza,cit., e rivedi n. 16. [19] Cfr. lesemplare P. ZANKER, Augustoe il potere delle immagini (1987), Torino, Einaudi, 1989, p. 179 e passim. [20] Ivi, p. 39 e passim:ad esempio le pagine dedicate a Feste e rituali (pp. 123-128), quelleintitolate Applauso e ordine. Il teatro come luogo dincontro fra il«princeps» e il popolo (pp. 158-164) e il cap. V (Lo scenario mitico delnuovo Stato, pp. 179-254). [21] Sullappellativo cfr. F. GUIZZI, Augusto,la politica della memoria, Roma, Salerno Editrice, 1999, p. 61; più ampieosservazioni in ZANKER, Augusto e il potere delle immagini, cit., pp. 37, 105-108, par. Iltitolo di «Augusto» e il nuovo ritratto. [22] Cfr. Res gestae VII 2 (ed.GUIZZI, Augusto, la politica della memoria, cit., p. 87). Sulle strategie adottate da Augusto perconseguire il dominio sulle coscienze e addivenire al potere assoluto cfr. A.FRASCHETTI, Roma e il principe, Roma-Bari, Laterza, 1990 e ID., Augusto,Roma-Bari, Laterza, 1998, pp. 56 ss., 60-62, per gli eventi del 27 e leconseguenti “ricadute” politiche. [23] Per la “svolta” post 27 a.C. cfr. ancoraZANKER, Augusto e il potere delle immagini, cit., pp. 99, 108. [24] Cfr. Vitr. De arch. I praef.,1-3 (ed. Vitruvio De architectura, a cura di P. GROS, trad. e commentodi A. CORSO e E. ROMANO, Torino, Einaudi, 1997, vol. I, pp. 10-13). Per ladatazione della dedica ad Augusto cfr. M. BARRESI, Marcus Vitruvius Pollio: per una biografia, in G. MOROLLI, Larchitetturadi Vitruvio, una guida illustrata, Firenze, Alinea Editrice, 1988, vol. I,p. 146. Per la datazione del trattato e delle sue diverse fasi compositive(dalla preparazione alla pubblicazione) cfr. Vitruvio De architectura,cit., vol. I, pp. XXVII-XXXII. [25] ZANKER, Augusto e il poteredelle immagini, cit., pp.160, 164. [26] Cfr. L. ZORZI, Il teatro e lacittà. Saggi sulla scena italiana, Torino, Einaudi, 1977. [27] Lo afferma lo stesso Augustoasserendo di aver restaurato «il Campidoglio e il teatro di Pompeo, con grandespesa, senza farvi iscrivere il mio nome»: Res gestae XX 1 (ed. GUIZZI, Augusto,la politica della memoria, cit.,p. 113). Quanto alla datazione cfr. COARELLI, Guida archeologica di Roma, cit., p. 257. Per un riepilogo,anche documentale, sul teatro di Pompeo cfr. da ultimo TOSI, Gli edifici perspettacoli nellItalia romana,cit., vol. I, pp. 22-24, con bibliografia; vol. II, tav. I, figg. 14-27. [28] Suet. Aug. XXXII (citodalled. Caio Svetonio Tranquillo. Vite dei Cesari, introd. e premessaal testo di S. LANCIOTTI, trad. di F. DESSÌ, Milano, Rizzoli, 1982, vol. I, p.205). [29] Cfr. C. NEUMEISTER, Romaantica. Guida letteraria della città (1991), ed. it. a cura di C. SALONE,Roma, Salerno Editrice, 1993, pp. 176-192; N. SAVARESE, Introduzione. Paradossi dei teatri romani, in Teatri romani. Glispettacoli nellantica Roma, a cura di N. S., Bologna, il Mulino, 1996, pp.LV ss. [30] Sui teatri di Balbo e Marcellocfr. G. GATTI, Il teatro e la “crypta” diBalbo in Roma, in «Mélanges de lÉcole française de Rome. Antiquité», XCI,1979, 1, pp. 237-313; P. FIDENZONI, Il teatro di Marcello, Roma, Liber,1970; COARELLI, Guida archeologica di Roma, cit., pp. 244 ss., 254; ZANKER, Augusto e il potere delleimmagini, cit., pp. 147,149, 156-59, 164 ss. Cfr. poi le schede di Ciancio Rossetto e Ruggiero in P.CIANCIO ROSSETTO-G. PISANI SARTORIO, Censimento analitico. Teatri greci eromani. Alle origini del linguaggio rappresentato, Roma, Edizioni Seat,1994, vol. II, pp. 594-600, nonché TOSI, Gli edifici per spettacolinellItalia romana, cit., vol. I, pp. 24-27, con bibliografia; vol. II,tav. I, figg. 28-43. I lavori del teatro di Marcello erano conclusi già nel17. [31] Cfr. Res gestae XXI 1: «suunarea in gran parte acquistata da privati costruii, presso il tempio diApollo, un teatro che volli avesse il nome di mio genero Marco Marcello» (ed.GUIZZI, Augusto, la politica della memoria, cit., p. 115). Marcello era morto nel 23. [32] Cfr. P. CIANCIO ROSSETTO-G. PISANISARTORIO, Gli edifici per lo spettacolo,in Hispania romana. Da terra di conquista a provincia dellimpero,catalogo della mostra (Roma, 22 settembre-23 novembre 1997), a cura di J. ARCE,S. ENSOLI, E. LA ROCCA, Milano, Electa, 1997, p. 191. [33] Cfr. ZANKER, Augusto e ilpotere delle immagini, cit.,pp. 147, 149; F. DUPONT, Teatro e società a Roma (1985), Roma-Bari,Laterza, 1991, p. 52; TOSI, Gli edifici per spettacoli nellItalia romana,cit., vol. I, p. 21. [34] Cfr. Res gestae VII 3 (ed.GUIZZI, Augusto, la politica della memoria, cit., p. 87). [35] Restituito in calco con ricostruzionedelloriginario cromatismo in una recente, suggestiva mostra (cfr. I coloridel marmo. Mille anni di colore nella scultura antica, catalogo dellamostra (Roma, 17 novembre 2004-31 gennaio 2005), a cura di P. LIVERANI, Roma,De Luca, 2004. [36] ZANKER, Augusto e il poteredelle immagini, cit., p.109. [37] Per unanalisi delle impreseedilizie di Augusto è dobbligo prender le mosse dalle Res gestae XIX-XXI(ed. GUIZZI, Augusto, la politica della memoria, cit., pp. 110-115) che meriterebbero unanalisi approfonditache non è qui il caso di compiere. [38] Cfr. specialmente, nella vastaletteratura al riguardo, ZANKER, Augusto e il potere delle immagini, cit., passim. [39] Cfr. Ars amatoria III 113. [40] Per il quale cfr. ancora ZANKER, Augustoe il potere delle immagini, cit.,pp. 207 ss. [41] Cfr. Eneide VI 788 ss. [42] Suet. Aug. rispettivamenteXLIII e XXVIII (ed. Caio Svetonio Tranquillo. Vite dei Cesari, cit., vol. I, pp. 221, 199). Per i ludiin questione è indispensabile anzitutto rifarsi ancora alle Res gestae IX1; XXII 1-3; XXIII (ed. GUIZZI, Augusto, la politica della memoria, cit., pp. 91, 117, 119). [43] In una lettera cit. ivi, p. 46. [44] Cfr. ivi, p. 16; e, per la duplice citazione, cfr. Suet. Aug.XC e C (ed. Caio Svetonio Tranquillo. Vite dei Cesari, cit., vol. I, pp. 297, 299). [46] Dio Cass. LVI 34, 1-3 (citodalled. della Storia romana, libri LII-LVI, introd. di G. CRESCIMARRONE, note di F. ROHR VIO, trad. di A. STROPPA, Milano, Rizzoli, 2000³, vol.V, pp. 551, 553). [47] Cfr. ZANKER, Augusto e ilpotere delle immagini, cit.,p. 343; CIANCIO ROSSETTO-PISANI SARTORIO, Censimentoanalitico, cit., vol. I, specialmente a p. 70; H.P. ISLER, Larchitettura teatrale antica, inCIANCIO ROSSETTO-PISANI SARTORIO, Censimento analitico, cit., vol. I, p.114. [48] SAVARESE, Introduzione. Paradossi dei teatri romani, cit., p. LXV. [49] Cfr. ivi, pp. XLV, LXI ss., LXX-LXXV; H.A. KELLY, Tragedia e rappresentazione della tragedianella tarda antichità romana (1979), in Teatriromani, cit., pp. 69-97; N. SAVARESE, Lorazionedi Libanio in difesa della pantomima, in «Dioniso», n.s. 2, 2003, pp. 84-105. [50] Suet. Nero XXIV (CaioSvetonio Tranquillo. Vite dei Cesari,cit., vol. I, p. 593). [51] Cfr. D. LANZA, Lattore, in Introduzione alleculture antiche. I. Oralità scrittura spettacolo, a cura di M. VEGETTI,Torino, Bollati Boringhieri, 1983, p. 133. [52] Si ricordi il culto ellenisticodei sovrani e limitatio Alexandri che, tra laltro, portò Ottaviano,Caligola, Settimio Severo e Caracalla a visitare la tomba del Macedone adAlessandria. Cfr. G. PUGLIESE CARRATELLI, Loperapolitica di Alessandro, in Alessandro Magno, storia e mito, catalogodella mostra a cura di C. ALFANO (Roma, 21 dicembre 1995-21 maggio 1996),Milano, Leonardo Arte, 1995, p. 46; P. MORENO, Limmagine di Alessandro nella “maniera” classica (323-301 a.C.), in Alessandro Magno,storia e mito, cit., pp.135 ss.; G. FERRARO, Il libro dei luoghi, a cura di G. CAUDO, Milano,Jaca Book, 2001, p. 234. Sulla ricezione di Alessandro nel mondo antico cfr.ora la sintesi di C. MOSSÉ, Alessandro Magno. La realtà e il mito (2001),trad. di O.D. CORDOVANA, Roma-Bari, Laterza, 2003, pp. 175-185. [53] Cfr. ZANKER, Augusto e ilpotere delle immagini, cit.,p. 345; CIANCIO ROSSETTO-PISANI SARTORIO, Censimento analitico, cit.,vol. I, p. 82. Sullapparato decorativo dei teatri romani un punto diriferimento è M. FUCHS, Untersuchungen zur Ausstattung römischer Theater inItalien und den Westprovinzen des Imperium Romanum, Mainz am Rhein, vonZabern, 1987. [54] CIANCIO ROSSETTO-PISANI SARTORIO, Gli edifici per lo spettacolo, cit., p. 191. [55]Sullattore romano cfr. F. DUPONT, Lorateur sans visage. Essai sur lacteurromain et son masque, Paris, Presses Universitaires de France, 2000. [56] La statua (proveniente dal tempiodi Diana in Nemi) è conservata a Copenhagen, Ny Carlsberg Glyptotek, No. 707. Cfr.W. STROH, “Give us your applause!” The Worldof the Theatre, in The Power of Spectacle in Ancient Rome: Gladiatorsand Caesars, catalogo dellamostra a cura di R. JACKSON (London, 21 ottobre 2000-23 gennaio 2001), London,British Museum Press, 2000, pp. 122 ss.; C. MOLINARI, Préface, in European theatre iconography. Atti degli workshops dellEuropeanScience Foundation Network (Mainz, 22-26 luglio 1998; Wassenaar, 21-25 luglio1999; Poggio a Caiano, 20-23 luglio 2000), a cura di C. BALME, R. ERENSTEIN, C.M., Roma, Bulzoni, 2002, p. 16; S. MAZZONI, Atlante iconografico. Spazi eforme dello spettacolo in occidente dal mondo antico a Wagner, Corazzano(Pisa), Titivillus, 2003, p. 131, tav. 65. [57] Digesto III 2, 2, 5. [58] Cfr. ad esempio la decorazioneplastica dei teatri romani di Lecce e di Volterra. Al riguardo cfr. V. BLASI, Il teatro romano di Lecce, in «Dioniso», n.s. 1, 2002, pp.172-178; M. MUNZI, Il teatro romano diVolterra: larchitettura, in Il teatro romano di Volterra, a cura diG. CATENI, Firenze, Octavo Franco Cantini Editore, 1993, pp. 41-54; nellostesso volume cfr. A. PIZZIGATI, Ladecorazione architettonica del teatro di Volterra: analisi preliminare,alle pp. 55-76. Cfr. inoltre,più in generale, le parole che ZANKER, Augusto e il potere delle immagini, cit., pp. 335-343, dedica a Le élitesurbane e il programma augusteo. [59] Cfr. A. NEPPI MODONA, Gliedifici teatrali greci e romani. Teatri, odei, anfiteatri, circhi, Firenze,Olschki, 1961, pp. 138 ss.; CIANCIO ROSSETTO-PISANI SARTORIO, Gli edifici per lo spettacolo, cit., pp.188-191; e la scheda (con bibliografia) di G. Sese Alegre, in CIANCIOROSSETTO-PISANI SARTORIO, Censimento analitico, cit., vol. III, pp.250-253. Ulteriori referenze in A. VELÁZQUEZ JIMÉNEZ, Repertorio debibliografía arqueólogica emeritense, Mérida, Museo nacional de arteromano, 1992. Utile per il contesto J.C. SAQUETE, Las élites sociales deAugusta Emerita, Mérida, Museo nacional de arte romano, 1996. [60] Cfr. NEPPI MODONA, Gli edificiteatrali greci e romani, cit., p. 147; G. CAPUTO-G. TRAVERSARI, Lesculture del teatro di Leptis Magna, Roma, «LErma» di Bretschneider, 1976;G. CAPUTO, Il teatro augusteo di Leptis Magna. Scavo e restauro (1937-1951),Roma, «LErma» di Bretschneider, 1987, 2 voll.; e da ultimo, per un riepilogo,la scheda (con bibliografia) di H.P. Isler, in CIANCIO ROSSETTO-PISANISARTORIO, Censimento analitico, cit., vol. III, pp. 148-150. Ricordoinoltre il sacello imperiale ipotizzato (con buoni argomenti) nel porticodietro alla scena del teatro romano di Caere (Cerveteri): cfr. M. FUCHS-P. LIVERANI-P.SANTORO, Il teatro e il ciclo statuario giulio-claudio, Roma, CNR, 1989,specialmente pp. 7 ss. e n. 24. [61] Cfr. ZANKER, Augusto e ilpotere delle immagini, cit., pp. 78ss. e fig. 56. Per il consistente apporto di Agrippa al rinnovamento urbanisticodi Roma cfr. ivi, pp.149-154. [62] Cfr. CIANCIO ROSSETTO-PISANISARTORIO, Gli edifici per lo spettacolo, cit., p. 191. [63] Corrispondente al modelloiconografico ufficiale approvato dal princeps. Cfr. il catalogo delMuseo nacional de arte romano, Mérida, Getafe (Madrid), Ministerio deeducación y cultura, 1997³, pp. 13-14; MAZZONI, Atlante iconografico, cit., p. 125, tav. 58. Spuntiinterpretativi sul ritratto imperiale offre D. BOSCHUNG, Lesempio del ritratto imperiale, in Hispania romana, cit., pp. 239-243. Sulliconografiadi Augusto a capo coperto cfr. ZANKER, Augusto e il potere delle immagini, cit., pp. 137 ss., 250, 317. [64] Cfr. il citato catalogo del Museonacional de arte romano, a pp. 12, 14 e Hispania romana, cit., pp. 385 ss., schede 167 e168. [65] Suet. Aug. LXII (ed. CaioSvetonio Tranquillo. Vite dei Cesari,cit., vol. I, p. 245). [66] Cfr. CAPUTO-TRAVERSARI, Lesculture del teatro di Leptis Magna,cit., p. 76 e n.; CAPUTO, Il teatro augusteo di Leptis Magna, cit., vol. I, pp. 25, 56 ss., 61-66e tav. I; ZANKER, Augusto e il potere delle immagini, cit., pp. 250-252, 346 e fig. 185. [67] Cfr. CAPUTO, Il teatro augusteodi Leptis Magna, cit., vol.I, pp. 51, 57-59, 95 per la citazione, 127, 133 ss. [68] Cfr. Alessandro Magno, storia emito, cit., pp. 207 ss. Sulteatro di Perge cfr. la scheda (con bibliografia) di H.P. Isler in CIANCIOROSSETTO-PISANI SARTORIO, Censimento analitico, cit., vol. III, pp.356-358. [70] Unesigenza scientifica ormaiimprocrastinabile. Segnalo che chi scrive ha avviato, presso lUniversità diFirenze, un progetto (Fonti per lo spettacolo romano) in collaborazionecon i propri allievi. [71] Cfr. E.J. JORY, Associazioni di attori in Roma, in Teatriromani, cit., pp. 181 ss. [72] Cfr. ivi, pp. 186-189. [73] In M. GALLINA, Appendice II, in D. DE BERNARDI FERRERO,Teatri classici in Asia Minore.IV. Deduzioni e proposte. Con un capitolo epigrafico di M. G., econtributi di K.T. ERIM, G.A. PUGNO, E. POZZI, Roma, «LErma» di Bretschneide,1974, p. 210.
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