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Stefano Mazzoni

Sui teatri romani in età imperiale

Data di pubblicazione su web 29/11/2009
.

Ludus in artem paulatim verterat

(Livio Ab urbe condita VII 2, 11).


1.Le pietre degli spazi dello spettacolo antichi e moderni non sono scisse dagliuomini e l’architettura è di per sé «in grado di evocare stati d’animo, affettied emozioni».[1]Ma, attenzione, quelle pietre autosignificanti non sono atemporali. Vannostoricizzate riconducendole (di volta in volta, caso per caso) alla vita che leanimò: ai committenti e agli artisti-esecutori come agli eventi spettacolari eal pubblico. Non sempre lo spettacolo pietrificato degli edifici eclissa illabile ricordo delle performances e delle rappresentazioni. Sappiamo che,paradossalmente, «lo storico dello spettacolo non può fare la storia suglispettacoli».[2]Resta che deve decodificarne le tracce documentali per tentare di ricostruire einterpretare l’idea di teatro e spettacolo di un’epoca o di un determinatoambiente culturale. Sia essa utopica o reale.

Sipensi al grandioso palcoscenico dei Flavi, alias Colosseo. Un monumentosfarzoso costruito per l’eternità. Dedicato alla mitopoiesi imperiale.Concepito, nell’ambito di un ampio disegno urbanistico, per stupire il mondo etrasmettere la memoria di una nuova dinastia cancellando il ricordo di Nerone edella sua magniloquente Domus Aurea.[3] L’edificio (che coronòl’avventura anfiteatrale dell’urbe avviata da Cesare nel 46 a.C.)[4] fu iniziato durante ilregno di Vespasiano, concluso e inaugurato da suo figlio Tito e perfezionato daDomiziano. L’inaugurazione ebbe luogo tra il giugno e il settembre dell’80 d.C.Durò cento giorni e fu, è ben noto, memorabile:

«Sesei un tardivo spettatore venuto da lontani lidi che oggi per la prima voltaassiste al sacro spettacolo, non farti trarre in inganno dalla battaglia navalecoi suoi battelli e dalle onde che eguagliano quelle del mare: qui poco fac’era la terra. Non ci credi? Aspetta che le acque prostrino Marte, da unmomento all’altro dirai: “Qui poco fa c’era il mare”».[5]

Marzialesi rivolge idealmente a uno spettatore giunto in ritardo al Colosseo perassistere ai giochi straordinari offerti con evergetica magnificenzadall’imperatore Tito per esprimere la sua maestà.[6] Se prestiamo fede alleparole del poeta (vivace testimone oculare di quei remoti eventi performativi),all’epoca l’anfiteatro era provvisto di dispositivi che consentivanol’allagamento dell’arena. Dispositivi incompatibili con l’assetto attuale degliipogei articolato in un fitto reticolo di massicci tratti murari in tufo emattoni. Dunque, Marziale non è attendibile? Vi furono davvero giochi in acqua[7] così complessi durantel’inaugurazione dell’anfiteatro Flavio? A lungo la domanda è rimasta priva dirisposte del tutto convincenti. Poi decisive indagini, fondate su un nuovoaccurato rilievo architettonico, hanno provato la veridicità della fonte,dimostrando che il monumento nel monumento[8] (i sotterranei in tufo)venne costruito soltanto dopo l’inaugurazione, al tempo di Domiziano(81-96 d.C.).[9]Da allora non fu più possibile utilizzare l’invaso ipogeo per allestirespettacoli acquatici.[10] Durante l’inaugurazione,invece, l’arena dove si svolgevano i ludi aveva una struttura in legnoed era reversibile. Sicché il tavolato e l’impalcato lignei potevano esseremontati e smontati in tempi brevi, sfruttando per la spettacolare naumachia(ricca di effetti scenotecnici: le «onde che eguagliano quelle del mare»evocate dal poeta) anche gli spazi sotterranei dell’anfiteatro che, sgombri ecircoscritti da un muro di contenimento, potevano essere allagati.[11] Comprendiamo meglio,adesso, un altro epigramma di Marziale sui giochi inaugurali, quello incentratosulla elegante danza equorea delle Nereidi:

«Un’ammaestrataschiera di Nereidi ha danzato su tutto lo specchio di mare e ha disegnato sullecedevoli acque svariate figure. Con le punte dritte è comparso minaccioso untridente, con quelle ricurve un’ancora: ci è sembrato di vedere un remo, ci èsembrato di vedere un battello, e splendere la costellazione dei Laconi graditaai naviganti, e spiegarsi gonfiate dal vento le smaglianti vele. Chi hainventato così ingegnosi artifici nelle limpide acque? Questi giochi li hainsegnati Teti, oppure li ha imparati».[12]

Erra la storiografia che instaura una dicotomia tra drammaturgie dello spazio eforme dello spettacolo. Esse, di norma, sono osmotiche.[13] La geografia e la storiadegli spazi dello spettacolo non vanno banalizzate confinandole negli“steccati” delle sole tipologie architettoniche e scenografiche.


2.Di più. I teatri come i documenti sono luoghi della memoria.[14] Se li studiamo in unaprospettiva multilineare possono “raccontarci” tante vicende, ambizioni,delusioni, speranze, avventure individuali e collettive. È nostro compito,anzitutto, si è accennato, cercare di documentare e decifrare la realtà storicacomplessiva di un’epoca. Il suo clima politico culturale artistico. Lamentalità dei committenti degli artisti del pubblico. I loro gusti, le loroinclinazioni ideologiche e culturali. Le analogie e le differenze. Le opere e igiorni. Per restituire spessore ai nostri “oggetti” d’indagine e avere maggiorichances di interpretarli in modo corretto giovano anche le pratiche dellamicrostoria fondate su un serrato confronto tra teorie storiografiche e scienzeumane. Si pensi alla thick description (la descrizione densa enunciatada Clifford Geertz in ambito antropologico) che mira alla costituzione direpertori di materiali «descritti densamente, resi cioè intellegibili dal loroinserimento nel contesto».[15] Storia “unitaria globale”e “contestuale” di un fluido sincronico “sistema di relazioni”: questo, insintesi, l’approccio fruttuoso per cercare di restituire le complessità e laricchezza delle molteplici storie dei teatri e degli spettacoli nei tempilunghi della storia.[16]

Nonsi sottolineerà mai abbastanza, ad esempio, l’importanza dell’analisiiconografica e iconologica[17] degli spazi del teatro edello spettacolo del mondo antico e dell’età moderna. Penso specialmente aiteatri romani d’età imperiale o a quelli accademici e di corte del Cinquecentoitaliano[18](ma si potrebbero convocare altre esperienze) permeati da temi iconici che,riconducendoci alla sfera del significato, inducono a riflettere, entro undeterminato contesto culturale e anche in rapporto ai mutamenti delle mentalitàdelle ideologie e del gusto, sulla cultura dell’immagine, sui percorsidell’immaginazione a essa correlati, sui simboli e sui meccanismi di ricezione,sulla retorica delle forme di rappresentazione in cui si esprime un’epoca,sulle dinamiche tra creazione artistica e ricerca storica.

 

3.Proprio nel potere delle immagini il mito di stato augusteo individuò unefficacissimo vettore di diffusione.[19] Nel 42 a.C. il ventunennefiglio adottivo erede di Cesare decise che il culto del padre assassinato (DivusIulius) entrasse ufficialmente nella religione di stato. Da alloraOttaviano fu il carismatico Divi filius. Di lì a poco decollò un nuovoeloquente «linguaggio delle immagini» espresso in monete con effigi, inritratti, gemme, cammei, armi, statue celebrative, edifici e spazi grandiosipulsanti di vita, cerimonie, feste e spettacoli di stato da un forte contenutoideologico illustrato in specie con la creazione di un simbolico lessicofigurativo assimilante i Cesari alle divinità.[20] Nel 27, dopo la decisivavittoria di Azio (31 a.C.) evento fondatore del nuovo potere imperiale, fuconferito a Ottaviano il titolo di Augustus (l’equivalente del greco Sebastós,“venerando”) che lo avvolse in un alone di sublimità e prodigio.[21] In quell’anno iniziò difatto il suo ambiguo principato che distrusse l’antica repubblica mantenendolaapparentemente in vita.[22] Da allora il compito dicelebrare il signore di Roma e dell’impero, dimostrandogli lealtà egratitudine, ricadde sul senato e sulle città soggette, sulle corporazioni, suigruppi e su singoli privati cittadini.[23] Amici fedeli, sostenitoripolitici, circoli intellettuali e poeti, organizzatori di feste, ritualireligiosi e spettacoli, architetti, artisti e botteghe alle dipendenze deicommittenti furono i protagonisti e gli esecutori di tale progetto fondato sulconsenso. Tra il 27 e il 23 a.C. il cesariano Vitruvio dedicò al Divi filiusi dieci libri del De architectura, esortandolo a perseguire unapolitica di memoria monumentale proseguendo nell’ambizioso programma dicostruire edifici pubblici e privati capaci di sfidare i secoli e trasmettereai posteri il ricordo delle sue gesta.[24] In questo quadro siinscrive la politica di edilizia teatrale di Augusto nell’urbe:

«Senzateatri l’aspirazione di Roma a diventare il centro anche culturale dell’imperosarebbe rimasta poco credibile. […] I grandi teatri davano un’improntainconfondibile all’aspetto urbano della Roma augustea. Soprattutto il teatro diMarcello e quello di Balbo offrivano ai visitatori un’immagine particolarmentesignificativa della pietas e della publica magnificentia propriedella nuova Roma. L’emiciclo delle due caveae era disposto in modo taleche, durante le pause degli spettacoli, lo sguardo poteva spaziare attraversole arcate dei corridoi perimetrali su un paesaggio urbano unico al mondo, fattodi templi marmorei e di sontuosi complessi ricreativi […]. Dal teatro diMarcello si vedevano i portici del II secolo a.C. appena restaurati, coi lorotempli e giardini, si vedeva il Circo Flaminio coi suoi monumenti celebrativi,il nuovo tempio di Apollo Sosiano e quello di Bellona, così vicini alle arcatedel teatro che sembravano toccarlo. Lo sguardo poteva spaziare fino al tempiodi Giove Capitolino. Dai camminamenti del teatro di Balbo si vedevano invece iquattro templi dell’Area sacra, sull’attuale largo Argentina. Eranoquesti i paesaggi urbani più amati dal princeps».[25]

Ilteatro e la città, dunque, la città del principe. La felice endiadi applicatada Ludovico Zorzi alla scena italiana tra Quattro e Settecento[26] funziona anche in questodiverso contesto storico e culturale. Già nel 32 a.C. Ottaviano avevafinanziato «con grande spesa» il restauro del teatro di Pompeo in Campo Marzio,la cui scenafronte esibiva colossali sculture raffiguranti Apollo e le Muse.[27] In quell’occasione,inoltre, egli «rimosse anche la statua di Pompeo dalla Curia dove era statoucciso Cesare, e la sistemò sopra un arco di marmo, di fronte alla loggia delteatro».[28]Perseguiva una politica di pacificazione. Circa vent’anni dopo, tra il 13 el’11, vennero dedicati, sempre in Campo Marzio divenuto quartiere dei teatri,[29] i citati edifici teatralidi Balbo e di Marcello.[30] Quest’ultimo, voluto daCesare, fu fatto edificare da Augusto che lo dedicò al nipote (e genero)prematuramente scomparso.[31] Il principe fecesistemare nell’udienza una statua bronzea di costui[32] e disporre nella fronsle quattro alte preziose colonne greche che un tempo avevano abbellito lascena dell’effimero teatro ligneo di Scauro splendente di marmi, vetro, legnodorato, argento, avorio.[33] Nel 12 a.C., intanto,Augusto era diventato pontifex maximus.[34] La carica gli conferivaulteriore carisma assommandosi alle parti di Divi filius, princeps,imperator e Augustus da lui recitate sulla scena del mondo. Unarecita non priva di “doppi”. Doppi pietrificati dislocati in tutto l’impero.Statue dall’acceso cromatismo dense di significato. Si pensi all’Augustoloricato di Prima Porta (post 20 a.C.) ritratto in origine col paludamentumrosso porpora segno squillante d’autorità militare.[35] Una concentrazione dipotere supremo e universale, di prestigio e sacralità che portò all’avvento diuna salvifica età dell’oro miscelando rispetto formale per le anticheistituzioni repubblicane, ripristino della virtus romana, rinnovamentoreligioso (pietas), sontuose iniziative edilizie di pubblica utilità esplendidi ludi (publica magnificentia). Un programma politico eculturale di ampio respiro e di rinnovamento della mentalità collettiva: «maiin precedenza – e forse anche in seguito – la conquista del potere siaccompagnò a un programma di politica culturale così elaborato e a una così suggestivamessa in scena di valori a cui quel programma si ispirava».[36]

Lamonumentalizzazione architettonica e scultorea dell’urbe[37] fece di Ottaviano ilnuovo conditor urbis e cristallizzò le gesta augustee trasfigurandol’assetto urbanistico della capitale e le sue precedenti più modeste emergenzearchitettoniche in una nuova Roma.[38] La Roma «tutta d’oro»ricordata da Ovidio agli albori del nuovo secolo.[39] Una città capace dinarrare le imprese del sovrano e della provvidenziale gens Iulia illustratenel programma figurativo del foro augusteo «vetrina» del nuovo stato;[40] al pari dei celebri versidel sesto libro dell’Eneide, letti da Virgilio alla famiglia imperiale,culminanti nella visione della futura gloria di Cesare e Augusto annunciata aEnea nei campi Elisi dall’ombra profetica di Anchise che mostra al figlio leanime in attesa di incarnarsi per compiere l’illustre destino di Roma.[41] E Svetonio rammenta chel’imperatore

«superòtutti nella frequenza, nella varietà e nella magnificenza degli spettacoli […](e) abbellì in tal modo l’Urbe, non certo adorna come avrebbe richiesto lamaestà dell’impero e sempre soggetta a inondazioni e a incendi, che potévantarsi a buon diritto di lasciarla di marmo dopo averla ricevuta di mattoni».[42]

La«mia generosità mi innalzerà sino alla gloria celeste», scriveva Augusto alpoco amato Tiberio.[43] Morì a Nola nel 14 d.C.Era il diciannove di agosto. Ebbe una «fine dolce» nell’«ora nona di quelgiorno».[44]Prima di spirare chiese agli amici se, a parer loro, avesse ben condotto il mimumvitae.[45]La sue spoglie furono portate nell’urbe. Inevitabilmente solenni lespettacolari esequie, così descritte da una fonte tarda ma autorevole, DioneCassio:

«C’eraun feretro fatto d’avorio e d’oro, adornato con delle coltrici purpuree e dorate(ossia con un manto trionfale): dentro di esso era stato celato il corpo,sotto, dentro una bara, ma era visibile un’immagine di cera che lo raffiguravacon la veste trionfale. Questa immagine venne portata dal Palatium (laresidenza di Augusto sul Palatino) dai magistrati designati per il nuovo anno,un’altra d’oro venne condotta a partire dal senato ed una terza venne portatasu di un carro trionfale. Dietro a queste immagini venivano fatte sfilarequelle dei suoi avi e degli altri parenti defunti – tranne quella di Cesare,poiché questi era stato annoverato tra i semidei –, e anche quelle di Romaniche, per una ragione o per l’altra, avevano raggiunto una posizione di unacerta importanza, a partire da Romolo stesso. Si vide anche un’immagine di PompeoMagno, e furono portate in processione persino (delle immagini di) tutte leprovince che aveva annesso».[46]

Unamagniloquente teoria di immagini allusive, sigillo di un congedo trionfaledall’esistenza che segnò l’ingresso definitivo di Augusto nel cielo del mito.Al gran teatro del mondo era seguito il gran teatro della morte e dellamemoria.

 

4. Apartire dall’età augustea, nel giro di qualche decennio, maestosi teatri romanipubblici permanenti si diffusero in tutto l’occidente e poi in Africa e in oriente.Inoltre si restaurarono e abbellirono preesistenti edifici teatrali.[47] E sappiamo che il primosecolo dell’impero fu «il più fertile di innovazioni nel campo deglispettacoli»[48](teatrali e non) e che i ludi scaenici si fondavano in buona misurasulla prassi del repertorio, cioè sulla drammaturgia dell’attore (mutuata dagli«spettacoli-antologia» delle compagnie ellenistiche) e sulle vigorosemolteplici abilità dei performers. Si pensi alle pantomime e alletragedie-concerto dei professionisti.[49] Oppure, su un diversoregistro d’interprete, al Nerone nevroticamente «trepidante» in scena, duranteuna tragedia, «essendogli caduto a terra lo scettro […] e temendo di essereescluso dal concorso per quella pecca». E costui non «era tanto ossequiente alregolamento che non osava mai sputare e si asciugava il sudore delle fronte colbraccio»?[50] 

Aldi là dell’aneddotica, prendiamo atto che, con l’avvento dei grandi teatri inpietra che fiorirono nei territori soggetti a Roma, l’edificio teatrale divenneveicolo di romanizzazione anche in virtù delle sue valenze simboliche dettatedal contesto politico. Fu una fioritura straordinaria. Ricca di implicazioniurbanistiche iconografiche iconologiche e favorita da quei Cesari che finanziaronoi ludi.[51]Il nesso età imperiale-fioritura dei teatri stabili dà da pensare sullafunzione attribuita ed esercitata all’epoca da tali edifici specchiodell’ordinamento sociale. Notiamo, e si tratta di un punto saliente, che ilculto imperiale, suggerito dal contatto con l’oriente,[52] dominò le monumentaliscene dell’impero dispiegandosi, soprattutto in occidente, in apparati statuariincentrati sull’iconografia della famiglia di Augusto o sulle effigi delladinastia giulio-claudia.[53] Fu così che le scenafrontidi molti teatri divennero veri e propri “manifesti” dinastici popolandosi disignificanti suites scultoree in “condominio” con muse, eroi e deipietrificati. Lungi dall’essere meramente esornative, infatti, le statueimperiali allineate sulla scena proponevano ai convenuti il clima, i valori e isimboli della nuova era trasmettendo un messaggio politico e religioso

«inequivocabilee di tale importanza per il potere centrale da essere spesso promotore dellastessa costruzione del teatro. Nelle scaenae frontes il principe, lafamiglia imperiale, talvolta i geni dell’imperatore sono quasi sempre presenticon un recepimento precoce di questo sistema di propaganda in Hispania rispettoalle altre province, dove sarà acquisito con un certo ritardo».[54]

Unadrammaturgia iconografica “perenne” contestuale alle volatili pratiche scenicheistrioniche frutto di un mestiere considerato infamante[55] e perciò talvoltaoccultato. Si pensi al tanto intrigante quanto sino a tempi recenti poco notoritratto d’attore risalente al 20-40 d.C. Un marmo solenne, memoriale,mitopoietico.[56]La statua raffigura Gaius Fundilius Doctus. Lo dichiara, sulla base dellascultura, l’epigrafe svelante parimenti l’altrimenti insospettabile professionedi costui. Egli non è raffigurato in abiti di scena, ma in toga come un nobileoratore. Una presa di distanza dal mestiere: «sono infami coloro che scendonoin lizza per guadagno e tutti coloro che vanno in scena per soldi», scrivevaUlpiano.[57]Ma questa, si suol dire, è un’altra storia tra le tante che animano le vestigiadei teatri romani in bilico tra arte dell’attore e istanze celebrative dellacommittenza, forme dello spettacolo e scienza edificatoria.

Neglispazi del teatro, peraltro, la mitopoiesi imperiale, coltivata da numerosecittà e personalità delle élites urbane a testimonianza di un’esibitafedeltà politica,[58] non si “celebrava” solonella decorazione della frons. Sono documentati spazi a essa riservatianche nella cavea e nella porticus post scaenam. Significativi i casi diAugusta Emerita (Mérida) in Spagna[59] e di Leptis Magna inLibia.[60] Il teatro iberico fuconsacrato nel 16-15 a.C. dal numero due del regime, il fedele Marco VipsanioAgrippa (l’amico e genero di Augusto che aveva fatto sistemare nel circoMassimo luccicanti delfini argentei contagiri).[61] La decorazione scultoreaemeritense impalcava una galleria imperiale dislocata sia nella porticuspost scaenam e nella scaenaefrons sia nel sacrarium al centrodell’ima cavea.[62] Tra i reperti conservatinel suggestivo Museo nacional de arte romano di Mérida segnalo almeno l’intensoritratto marmoreo di Augusto velato,[63] ubicato nella cappelladel portico dietro la scena; nonché il mutilo imperatore divinizzato oeroizzato che, invece, faceva parte del décor della scenafronte dellafase claudia, come un altrettanto mutilo imperator con corazza militaree paludamentum.[64] 

Ancheil teatro augusteo di Leptis, inaugurato nel 1-2 d.C., fu uno spazio di culto elealismo imperiale. Eloquente in proposito la metaforica assimilazione tra ladiva Livia (l’influente consorte di Augusto, la sola donna che egli amò «consingolare perseveranza»)[65] e la Cerere-Tyche conditrixurbium scolpita con corona turrita nella statua del tempio sulla caveadedicato nel 35-36 d.C. dal proconsole Rubellio Blando ed edificato da unadonna evergeta, Suphunibal «ornatrix patriae».[66] Ancora. Nel 42-43 d.C.nel quadriportico post scaenam del medesimo teatro fu consacrato iltempio agli augusti divinizzati (Cesare, Augusto, ancora Livia) posto in asseal tempio a Cerere Augusta; e l’olimpo imperiale e divino della scenafronte diLeptis Magna si è rivelato «un vero museo di sculture».[67] E come non rammentare lacolossale statua marmorea di Alessandro Magno innalzata in età adrianea nella fronsdel teatro di Perge in Turchia e rinvenuta durante le campagne di scavo1985-1992 a conferma che sono ancora possibili nuove rilevanti scoperte?[68] 

Riassumendo:lo studio dell’iconografia e dell’iconologia dei teatri romani d’età imperialeè d’importanza capitale per capire la funzione e il significato politico eculturale degli edifici teatrali di quella civiltà fondata sulle evergesie.[69] Eppure si tratta di unargomento trascurato da noi storici dello spettacolo. Un argomento che dovràessere affrontato in équipe acquisendo e praticando logiche di lavoro“aperte” al confronto interdisciplinare. E che potrà essere meglio “aggredito”quando si disporrà di un organico repertorio che, raccogliendo le fontiletterarie sui ludi, consentirà proficui raffronti e riscontri d’ordinecontestuale.[70]Anche in rapporto, ad esempio, alle ramificazioni in Roma della corporazionemondiale degli artisti di Dioniso (che, a far tempo da Traiano, associò ilculto imperiale e quello del dio della maschera);[71] o agli attori al direttoservizio della casa imperiale;[72] oppure alle preziosetestimonianze epigrafiche destinate ai contemporanei come ai posteri. Si leggaallora, infine, la dedica incisa nel 147 d.C. nell’edificio scenico del teatrodi Patara in Asia Minore:

«All’imperatoreCesare Tito Elio Adriano Antonino Augusto Pio, figlio del divo Adriano, nipotedel divo Traiano Partico, discendente del divo Nerva, sommo pontefice,investito della tribunicia potestà per la decima volta, console per la quartavolta, padre della patria; ai divi Augusti e agli dei patrii e alla dolcissimapatria, la città di Patara metropoli della gente Licia. Velia Procla di Patara,figlia di Quinto Velio Tiziano, ha dedicato e consacrato il proscenio che suopadre costruì dalle fondamenta, e le decorazioni intorno ad esso, e ha curatol’erezione di statue e di sculture, e la costruzione e il rivestimento in marmodel logeion, che ella stessa ha costruito; inoltre l’undicesimo gradinodel secondo diazoma e i velari del teatro apprestati dal padre suo, sono statida lei offerti e dedicati in conformità ai decreti dell’eccellentissimoconsiglio».[73]

Un’altradonna evergeta, Velia Procla. Suo padre, il nobile Quinto Velio. Antonino Pio.Il grande viaggiatore Adriano, il conquistatore Traiano. La gente Licia e la«dolcissima patria». Le pietre dei teatri, i Cesari, il fluire del tempo edella vita.



[1] D.M. KAPLAN, L’architettura teatrale come derivazione della cavità primaria, in Lacavità teatrale, a cura di R. SCHECHNER, Bari, De Donato, 1968, p. 75.

[2] F. MAROTTI, Prefazione, in A. APPIA, Attore musica e scena. La messa inscena del dramma wagneriano. La musica e la messa in scena. L’opera d’artevivente, Milano, Feltrinelli, 1983³, p. 8.

[3] Basti qui rinviare (anche per laprecedente bibliografia) a Il Colosseo, a cura di A. GABUCCI, Milano,Electa, 1999; Sangue e arena, catalogo della mostra (Roma, 22 giugno2001-7 gennaio 2002), a cura di A. LAREGINA, Milano, Electa, 2001; G. TOSI, Gli edifici per spettacolinell’Italia romana, con contributi di L. BACCELLE SCUDELER et al., Roma,Quasar, 2003, vol. I, pp. 13-16; vol. II, tav. I, figg. 1-10.

[4] Cfr. F. COARELLI, Gli anfiteatri a Roma prima del Colosseo,in Sangue e arena, cit., p.43.

[5] Mart. Sp. XXIV (cito dall’ediz. degli Epigrammiin Marco Valerio Marziale. Libro degli spettacoli, libri I-VII,introd. di M. CITRONI, trad. di M. SCÀNDOLA, note di E. MERLI, Milano, Rizzoli,1996, vol. I, p. 135). Sull’epigramma in questione cfr. anche R. REA, Il Colosseo, teatro per gli spettacoli dicaccia. Le fonti e i reperti, in Sanguee arena, cit., pp. 225 ss.

[6] Per il decisivo cap.dell’evergetismo resta fondamentale P. VEYNE, Il pane e il circo. Sociologiastorica e pluralismo politico (1976), Bologna, il Mulino, 1984, passim; pp. 468, 598, per quantosopra osservato.

[7] Sull’argomento cfr. G. TRAVERSARI,Gli spettacoli in acqua nel teatro tardo-antico, con due ricostruzionidi I. GISMONDI, Roma, «L’Erma» di Bretschneider, 1960, vol. I.

[8] Cfr. R REA, Il Colosseo: architettura e funzionamento, in Il Colosseo, cit., p. 103.

[9] Cfr. H.J. BESTE, I sotterranei del Colosseo: impianto,trasformazioni e funzionamento, in Sanguee arena, cit., specialmente pp. 280-283, con utili ipotesi grafiche diricostruzione della originaria struttura in legno dell’arena. Si tenganopresenti, inoltre, le precedenti, condivisibili osservazioni al riguardo di F.COARELLI, Guida archeologica di Roma (1974), con la collaborazione di L.USAI, per la parte cristiana, fotografie di M. PUCCIARELLI, Milano, Mondadori,19844, pp. 166, 171.

[10] Cfr. REA, Il Colosseo, teatro per gli spettacoli di caccia, cit., p. 229;BESTE, I sotterranei del Colosseo,cit., p. 280. 

[11] Cfr. REA, Il Colosseo, teatro per gli spettacoli di caccia, cit., pp. 225s.;BESTE, I sotterranei del Colosseo,cit., p. 281. 

[12] Mart. Sp. XXVI (ed. in MarcoValerio Marziale. Libro degli spettacoli, cit., p. 137). 

[13] Cfr. M. DE MARINIS, La drammaturgia dello spazio, in ID., Incerca dell’attore. Un bilancio del Novecento teatrale, Roma, Bulzoni, 2000,pp. 29-51; Drammaturgie dello spazio dalteatro greco ai multimedia, a cura di S. MAZZONI, «Drammaturgia», 2003, 10, pp. 15-467. 

[14] Per abbreviare la dimostrazionerinvio a S. MAZZONI, L’Olimpico di Vicenza: un teatro e la sua «perpetuamemoria», Firenze, Le Lettere, 1998. 

[15] G. LEVI, A proposito di microstoria, in La storiografia contemporanea,a cura di P. BURKE, Roma-Bari, Laterza, 1993, pp. 118 ss. Ecfr. C. GEERTZ, The Interpretation of Cultures, New York, Basic Books,1973.

[16] Per un’esemplificazione alriguardo cfr. S. MAZZONI, Studiare iteatri: un atlante iconografico per la storia dello spettacolo, in «Culture teatrali», 2002-2003, 7-8,pp. 221-253. 

[17] Per il quadro di riferimento cfr. E.H.GOMBRICH, Aby Warburg. Una biografia intellettuale (1970), Milano,Feltrinelli, 1983; M.A. HOLLY, Iconografia e iconologia. Saggio sulla storiaintellettuale (1992), Milano, Jaca Book, 1993; C. CIERI VIA, Neidettagli nascosto. Per una storia del pensiero iconologico, Roma, La NuovaItalia Scientifica, 1994; M. CARBONI, L’occhio e la pagina. Tra immagine aparola, Milano, Jaca Book, 2002; K.W. FORSTER-K. MAZZUCCO, Introduzionead Aby Warburg e all’“Atlante della Memoria”, Milano, Mondadori,2002. Condivisibili osservazioni di metodo in S. BERNARDI, Il paesaggio nelcinema italiano, Venezia, Marsilio, 2002, pp. 99-105. 

[18] Cfr. ad esempio S. MAZZONI, Vincenzo Scamozzi e il teatro di Sabbioneta,in ID.-O. GUAITA, Il teatro di Sabbioneta, Firenze, Olschki, 1985, pp.11-91; MAZZONI, L’Olimpico di Vicenza,cit., e rivedi n. 16. 

[19] Cfr. l’esemplare P. ZANKER, Augustoe il potere delle immagini (1987), Torino, Einaudi, 1989, p. 179 e passim. 

[20] Ivi, p. 39 e passim:ad esempio le pagine dedicate a Feste e rituali (pp. 123-128), quelleintitolate Applauso e ordine. Il teatro come luogo d’incontro fra il«princeps» e il popolo (pp. 158-164) e il cap. V (Lo scenario mitico delnuovo Stato, pp. 179-254). 

[21] Sull’appellativo cfr. F. GUIZZI, Augusto,la politica della memoria, Roma, Salerno Editrice, 1999, p. 61; più ampieosservazioni in ZANKER, Augusto e il potere delle immagini, cit., pp. 37, 105-108, par. Iltitolo di «Augusto» e il nuovo ritratto

[22] Cfr. Res gestae VII 2 (ed.GUIZZI, Augusto, la politica della memoria, cit., p. 87). Sulle strategie adottate da Augusto perconseguire il dominio sulle coscienze e addivenire al potere assoluto cfr. A.FRASCHETTI, Roma e il principe, Roma-Bari, Laterza, 1990 e ID., Augusto,Roma-Bari, Laterza, 1998, pp. 56 ss., 60-62, per gli eventi del 27 e leconseguenti “ricadute” politiche. 

[23] Per la “svolta” post 27 a.C. cfr. ancoraZANKER, Augusto e il potere delle immagini, cit., pp. 99, 108.

[24] Cfr. Vitr. De arch. I praef.,1-3 (ed. Vitruvio De architectura, a cura di P. GROS, trad. e commentodi A. CORSO e E. ROMANO, Torino, Einaudi, 1997, vol. I, pp. 10-13). Per ladatazione della dedica ad Augusto cfr. M. BARRESI, Marcus Vitruvius Pollio: per una biografia, in G. MOROLLI, L’architetturadi Vitruvio, una guida illustrata, Firenze, Alinea Editrice, 1988, vol. I,p. 146. Per la datazione del trattato e delle sue diverse fasi compositive(dalla preparazione alla pubblicazione) cfr. Vitruvio De architectura,cit., vol. I, pp. XXVII-XXXII. 

[25] ZANKER, Augusto e il poteredelle immagini, cit., pp.160, 164. 

[26] Cfr. L. ZORZI, Il teatro e lacittà. Saggi sulla scena italiana, Torino, Einaudi, 1977. 

[27] Lo afferma lo stesso Augustoasserendo di aver restaurato «il Campidoglio e il teatro di Pompeo, con grandespesa, senza farvi iscrivere il mio nome»: Res gestae XX 1 (ed. GUIZZI, Augusto,la politica della memoria, cit.,p. 113). Quanto alla datazione cfr. COARELLI, Guida archeologica di Roma, cit., p. 257. Per un riepilogo,anche documentale, sul teatro di Pompeo cfr. da ultimo TOSI, Gli edifici perspettacoli nell’Italia romana,cit., vol. I, pp. 22-24, con bibliografia; vol. II, tav. I, figg. 14-27.

[28] Suet. Aug. XXXII (citodall’ed. Caio Svetonio Tranquillo. Vite dei Cesari, introd. e premessaal testo di S. LANCIOTTI, trad. di F. DESSÌ, Milano, Rizzoli, 1982, vol. I, p.205). 

[29] Cfr. C. NEUMEISTER, Romaantica. Guida letteraria della città (1991), ed. it. a cura di C. SALONE,Roma, Salerno Editrice, 1993, pp. 176-192; N. SAVARESE, Introduzione. Paradossi dei teatri romani, in Teatri romani. Glispettacoli nell’antica Roma, a cura di N. S., Bologna, il Mulino, 1996, pp.LV ss. 

[30] Sui teatri di Balbo e Marcellocfr. G. GATTI, Il teatro e la “crypta” diBalbo in Roma, in «Mélanges de l’École française de Rome. Antiquité», XCI,1979, 1, pp. 237-313; P. FIDENZONI, Il teatro di Marcello, Roma, Liber,1970; COARELLI, Guida archeologica di Roma, cit., pp. 244 ss., 254; ZANKER, Augusto e il potere delleimmagini, cit., pp. 147,149, 156-59, 164 ss. Cfr. poi le schede di Ciancio Rossetto e Ruggiero in P.CIANCIO ROSSETTO-G. PISANI SARTORIO, Censimento analitico. Teatri greci eromani. Alle origini del linguaggio rappresentato, Roma, Edizioni Seat,1994, vol. II, pp. 594-600, nonché TOSI, Gli edifici per spettacolinell’Italia romana, cit., vol. I, pp. 24-27, con bibliografia; vol. II,tav. I, figg. 28-43. I lavori del teatro di Marcello erano conclusi già nel17. 

[31] Cfr. Res gestae XXI 1: «suun’area in gran parte acquistata da privati costruii, presso il tempio diApollo, un teatro che volli avesse il nome di mio genero Marco Marcello» (ed.GUIZZI, Augusto, la politica della memoria, cit., p. 115). Marcello era morto nel 23. 

[32] Cfr. P. CIANCIO ROSSETTO-G. PISANISARTORIO, Gli edifici per lo spettacolo,in Hispania romana. Da terra di conquista a provincia dell’impero,catalogo della mostra (Roma, 22 settembre-23 novembre 1997), a cura di J. ARCE,S. ENSOLI, E. LA ROCCA, Milano, Electa, 1997, p. 191.

[33] Cfr. ZANKER, Augusto e ilpotere delle immagini, cit.,pp. 147, 149; F. DUPONT, Teatro e società a Roma (1985), Roma-Bari,Laterza, 1991, p. 52; TOSI, Gli edifici per spettacoli nell’Italia romana,cit., vol. I, p. 21. 

[34] Cfr. Res gestae VII 3 (ed.GUIZZI, Augusto, la politica della memoria, cit., p. 87). 

[35] Restituito in calco con ricostruzionedell’originario cromatismo in una recente, suggestiva mostra (cfr. I coloridel marmo. Mille anni di colore nella scultura antica, catalogo dellamostra (Roma, 17 novembre 2004-31 gennaio 2005), a cura di P. LIVERANI, Roma,De Luca, 2004. 

[36] ZANKER, Augusto e il poteredelle immagini, cit., p.109. 

[37] Per un’analisi delle impreseedilizie di Augusto è d’obbligo prender le mosse dalle Res gestae XIX-XXI(ed. GUIZZI, Augusto, la politica della memoria, cit., pp. 110-115) che meriterebbero un’analisi approfonditache non è qui il caso di compiere. 

[38] Cfr. specialmente, nella vastaletteratura al riguardo, ZANKER, Augusto e il potere delle immagini, cit., passim. 

[39] Cfr. Ars amatoria III 113.

[40] Per il quale cfr. ancora ZANKER, Augustoe il potere delle immagini, cit.,pp. 207 ss. 

[41] Cfr. Eneide VI 788 ss. 

[42] Suet. Aug. rispettivamenteXLIII e XXVIII (ed. Caio Svetonio Tranquillo. Vite dei Cesari, cit., vol. I, pp. 221, 199). Per i ludiin questione è indispensabile anzitutto rifarsi ancora alle Res gestae IX1; XXII 1-3; XXIII (ed. GUIZZI, Augusto, la politica della memoria, cit., pp. 91, 117, 119). 

[43] In una lettera cit. ivi, p. 46. 

[44] Cfr. ivi, p. 16; e, per la duplice citazione, cfr. Suet. Aug.XC e C (ed. Caio Svetonio Tranquillo. Vite dei Cesari, cit., vol. I, pp. 297, 299). 

[45] Cfr. ivi, p. 296.

[46] Dio Cass. LVI 34, 1-3 (citodall’ed. della Storia romana, libri LII-LVI, introd. di G. CRESCIMARRONE, note di F. ROHR VIO, trad. di A. STROPPA, Milano, Rizzoli, 2000³, vol.V, pp. 551, 553). 

[47] Cfr. ZANKER, Augusto e ilpotere delle immagini, cit.,p. 343; CIANCIO ROSSETTO-PISANI SARTORIO, Censimentoanalitico, cit., vol. I, specialmente a p. 70; H.P. ISLER, L’architettura teatrale antica, inCIANCIO ROSSETTO-PISANI SARTORIO, Censimento analitico, cit., vol. I, p.114. 

[48] SAVARESE, Introduzione. Paradossi dei teatri romani, cit., p. LXV. 

[49] Cfr. ivi, pp. XLV, LXI ss., LXX-LXXV; H.A. KELLY, Tragedia e rappresentazione della tragedianella tarda antichità romana (1979), in Teatriromani, cit., pp. 69-97; N. SAVARESE, L’orazionedi Libanio in difesa della pantomima, in «Dioniso», n.s. 2, 2003, pp. 84-105. 

[50] Suet. Nero XXIV (CaioSvetonio Tranquillo. Vite dei Cesari,cit., vol. I, p. 593). 

[51] Cfr. D. LANZA, L’attore, in Introduzione alleculture antiche. I. Oralità scrittura spettacolo, a cura di M. VEGETTI,Torino, Bollati Boringhieri, 1983, p. 133. 

[52] Si ricordi il culto ellenisticodei sovrani e l’imitatio Alexandri che, tra l’altro, portò Ottaviano,Caligola, Settimio Severo e Caracalla a visitare la tomba del Macedone adAlessandria. Cfr. G. PUGLIESE CARRATELLI, L’operapolitica di Alessandro, in Alessandro Magno, storia e mito, catalogodella mostra a cura di C. ALFANO (Roma, 21 dicembre 1995-21 maggio 1996),Milano, Leonardo Arte, 1995, p. 46; P. MORENO, L’immagine di Alessandro nella “maniera” classica (323-301 a.C.), in Alessandro Magno,storia e mito, cit., pp.135 ss.; G. FERRARO, Il libro dei luoghi, a cura di G. CAUDO, Milano,Jaca Book, 2001, p. 234. Sulla ricezione di Alessandro nel mondo antico cfr.ora la sintesi di C. MOSSÉ, Alessandro Magno. La realtà e il mito (2001),trad. di O.D. CORDOVANA, Roma-Bari, Laterza, 2003, pp. 175-185.

[53] Cfr. ZANKER, Augusto e ilpotere delle immagini, cit.,p. 345; CIANCIO ROSSETTO-PISANI SARTORIO, Censimento analitico, cit.,vol. I, p. 82. Sull’apparato decorativo dei teatri romani un punto diriferimento è M. FUCHS, Untersuchungen zur Ausstattung römischer Theater inItalien und den Westprovinzen des Imperium Romanum, Mainz am Rhein, vonZabern, 1987. 

[54] CIANCIO ROSSETTO-PISANI SARTORIO, Gli edifici per lo spettacolo, cit., p. 191. 

[55]Sull’attore romano cfr. F. DUPONT, L’orateur sans visage. Essai sur l’acteurromain et son masque, Paris, Presses Universitaires de France, 2000. 

[56] La statua (proveniente dal tempiodi Diana in Nemi) è conservata a Copenhagen, Ny Carlsberg Glyptotek, No. 707. Cfr.W. STROH, “Give us your applause!” The Worldof the Theatre, in The Power of Spectacle in Ancient Rome: Gladiatorsand Caesars, catalogo dellamostra a cura di R. JACKSON (London, 21 ottobre 2000-23 gennaio 2001), London,British Museum Press, 2000, pp. 122 ss.; C. MOLINARI, Préface, in European theatre iconography. Atti degli workshops dell’EuropeanScience Foundation Network (Mainz, 22-26 luglio 1998; Wassenaar, 21-25 luglio1999; Poggio a Caiano, 20-23 luglio 2000), a cura di C. BALME, R. ERENSTEIN, C.M., Roma, Bulzoni, 2002, p. 16; S. MAZZONI, Atlante iconografico. Spazi eforme dello spettacolo in occidente dal mondo antico a Wagner, Corazzano(Pisa), Titivillus, 2003, p. 131, tav. 65.

[57] Digesto III 2, 2, 5.

[58] Cfr. ad esempio la decorazioneplastica dei teatri romani di Lecce e di Volterra. Al riguardo cfr. V. BLASI, Il teatro romano di Lecce, in «Dioniso», n.s. 1, 2002, pp.172-178; M. MUNZI, Il teatro romano diVolterra: l’architettura, in Il teatro romano di Volterra, a cura diG. CATENI, Firenze, Octavo Franco Cantini Editore, 1993, pp. 41-54; nellostesso volume cfr. A. PIZZIGATI, Ladecorazione architettonica del teatro di Volterra: analisi preliminare,alle pp. 55-76. Cfr. inoltre,più in generale, le parole che ZANKER, Augusto e il potere delle immagini, cit., pp. 335-343, dedica a Le élitesurbane e il programma augusteo

[59] Cfr. A. NEPPI MODONA, Gliedifici teatrali greci e romani. Teatri, odei, anfiteatri, circhi, Firenze,Olschki, 1961, pp. 138 ss.; CIANCIO ROSSETTO-PISANI SARTORIO, Gli edifici per lo spettacolo, cit., pp.188-191; e la scheda (con bibliografia) di G. Sese Alegre, in CIANCIOROSSETTO-PISANI SARTORIO, Censimento analitico, cit., vol. III, pp.250-253. Ulteriori referenze in A. VELÁZQUEZ JIMÉNEZ, Repertorio debibliografía arqueólogica emeritense, Mérida, Museo nacional de arteromano, 1992. Utile per il contesto J.C. SAQUETE, Las élites sociales deAugusta Emerita, Mérida, Museo nacional de arte romano, 1996.

[60] Cfr. NEPPI MODONA, Gli edificiteatrali greci e romani, cit., p. 147; G. CAPUTO-G. TRAVERSARI, Lesculture del teatro di Leptis Magna, Roma, «L’Erma» di Bretschneider, 1976;G. CAPUTO, Il teatro augusteo di Leptis Magna. Scavo e restauro (1937-1951),Roma, «L’Erma» di Bretschneider, 1987, 2 voll.; e da ultimo, per un riepilogo,la scheda (con bibliografia) di H.P. Isler, in CIANCIO ROSSETTO-PISANISARTORIO, Censimento analitico, cit., vol. III, pp. 148-150. Ricordoinoltre il sacello imperiale ipotizzato (con buoni argomenti) nel porticodietro alla scena del teatro romano di Caere (Cerveteri): cfr. M. FUCHS-P. LIVERANI-P.SANTORO, Il teatro e il ciclo statuario giulio-claudio, Roma, CNR, 1989,specialmente pp. 7 ss. e n. 24. 

[61] Cfr. ZANKER, Augusto e ilpotere delle immagini, cit., pp. 78ss. e fig. 56. Per il consistente apporto di Agrippa al rinnovamento urbanisticodi Roma cfr. ivi, pp.149-154. 

[62] Cfr. CIANCIO ROSSETTO-PISANISARTORIO, Gli edifici per lo spettacolo, cit., p. 191. 

[63] Corrispondente al modelloiconografico ufficiale approvato dal princeps. Cfr. il catalogo delMuseo nacional de arte romano, Mérida, Getafe (Madrid), Ministerio deeducación y cultura, 1997³, pp. 13-14; MAZZONI, Atlante iconografico, cit., p. 125, tav. 58. Spuntiinterpretativi sul ritratto imperiale offre D. BOSCHUNG, L’esempio del ritratto imperiale, in Hispania romana, cit., pp. 239-243. Sull’iconografiadi Augusto a capo coperto cfr. ZANKER, Augusto e il potere delle immagini, cit., pp. 137 ss., 250, 317. 

[64] Cfr. il citato catalogo del Museonacional de arte romano, a pp. 12, 14 e Hispania romana, cit., pp. 385 ss., schede 167 e168. 

[65] Suet. Aug. LXII (ed. CaioSvetonio Tranquillo. Vite dei Cesari,cit., vol. I, p. 245). 

[66] Cfr. CAPUTO-TRAVERSARI, Lesculture del teatro di Leptis Magna,cit., p. 76 e n.; CAPUTO, Il teatro augusteo di Leptis Magna, cit., vol. I, pp. 25, 56 ss., 61-66e tav. I; ZANKER, Augusto e il potere delle immagini, cit., pp. 250-252, 346 e fig. 185.

[67] Cfr. CAPUTO, Il teatro augusteodi Leptis Magna, cit., vol.I, pp. 51, 57-59, 95 per la citazione, 127, 133 ss. 

[68] Cfr. Alessandro Magno, storia emito, cit., pp. 207 ss. Sulteatro di Perge cfr. la scheda (con bibliografia) di H.P. Isler in CIANCIOROSSETTO-PISANI SARTORIO, Censimento analitico, cit., vol. III, pp.356-358. 

[69] Rivedi n. 6.

[70] Un’esigenza scientifica ormaiimprocrastinabile. Segnalo che chi scrive ha avviato, presso l’Università diFirenze, un progetto (Fonti per lo spettacolo romano) in collaborazionecon i propri allievi. 

[71] Cfr. E.J. JORY, Associazioni di attori in Roma, in Teatriromani, cit., pp. 181 ss. 

[72] Cfr. ivi, pp. 186-189. 

[73] In M. GALLINA, Appendice II, in D. DE BERNARDI FERRERO,Teatri classici in Asia Minore.IV. Deduzioni e proposte. Con un capitolo epigrafico di M. G., econtributi di K.T. ERIM, G.A. PUGNO, E. POZZI, Roma, «L’Erma» di Bretschneide,1974, p. 210.



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