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Stefano Mazzoni

Vincenzo Scamozzi architetto-scenografo all’Olimpico di Vicenza

Data di pubblicazione su web 28/03/2019
Vincenzo Scamozzi architetto-scenografo all’Olimpico di Vicenza

Questo intervento intende fare il punto sull’operato di Scamozzi nel teatro Olimpico di Vicenza per valutare al giusto la sua grandezza scenica. Considerarlo, come di recente e` stato proposto, «the best architect-stage designer of his time»[1] e` forse eccessivo a fronte del genio scenotecnico di Vasari e Buontalenti, nonché dell’importanza di precedenti esperienze, rimaste troppo a lungo in un cono d’ombra, che consentiranno di ridisegnare la storia della scena cinquecentesca. Si pensi al dinamico palcoscenico bolognese di Prospero Fontana.[2] Comunque, Scamozzi fu un protagonista assoluto della architettura teatrale e della scenografia del XVI secolo.

Il ruolo decisivo di quest’ultimo nell’avventura edificatoria come nell’inaugurazione del teatro degli accademici Olimpici e` ormai documentato.[3] L’architetto fu attivo in quel cantiere a seguito delle decisioni prese nella risolutiva tornata accademica del 6 maggio 1584.[4] A lui vanno attribuiti la scenografia prospettica e l’illuminotecnica per l’Edipo tiranno, nonché tutti gli altri lavori post 6 maggio: la copertura dell’udienza; la messa in opera del piancito del palcoscenico e di «cortine, et tende»,[5] cioè di un ampio sipario a caduta che occultava a tempo debito il piano di calpestio del palco, la scenafronte e le prospettive; il portale profilato a bugnato di sapore serliano del vestibolo e la razionalizzazione del sistema di ingressi e del palcoscenico; e, infine, la secentesca edificazione dell’odeo. Per non dire del suo più che probabile interesse all’acustica di tale ambiente e del contiguo teatro.[6] L’entità dell’intervento fu dunque notevolissima, nel Cinquecento come nel secolo seguente.

Costruendo la porta sul cortile, che si affiancava a quella palladiana sul prospetto sud-ovest della fabbrica, Scamozzi non solo snelliva le entrate e le uscite del pubblico ma creava un sistema di accessi coerentemente speculare a quello da lui ideato per il vestibolo. Osserviamo, “calata” sulla più antica e preziosa planimetria del teatro Olimpico, della sede accademica e del contiguo palazzo del Territorio (fig. 1),[7] questa ipotesi di ricostruzione del sistema cinquecentesco d’ingressi all’Olimpico: le frecce segnate in nero indicano gli accessi al peristilio, ai soprastanti “Poggi per gli spettatori” e alla cavea, mentre quelle in bianco indicano gli accessi all’orchestra. A Scamozzi spetta inoltre la progettazione del retropalco (portale d’accesso incluso) che, comunque lo si voglia immaginare in quello scorcio degli anni Ottanta – (fig. 2): cosi` Edoardo Danzi nel 2011; (fig. 3): cosi` Tancredi Carunchio e l’équipe del Corpus palladiano nel 1992[8] – migliorava in modo sostanziale l’organizzazione del palcoscenico.

Si sa che si discusse a lungo a partire dal Settecento circa la tipologia originaria della copertura che celava le capriate:[9] integralmente a velario? A lacunari sulla scena e a velario sulla cavea? In breve: credo si possa concludere economicamente ipotizzando che la copertura dell’udienza fu attuata proprio da Scamozzi con un velario in stoffa. Lo attestano sia la soluzione neutra visibile nell’affidabile monocromo di Alessandro Maganza eseguito nel 1596 nel vestibolo del teatro e raffigurante la serata inaugurale; sia, soprattutto, la minuziosa descrizione dovuta a Inigo Jones che nel 1613 visito` la sala. Il sottovalutato ma ineludibile riferimento di Jones a «un telone» (“canvas”) superiore e` da intendersi, stimo, quale allusione alla tipologia a velario posta da Scamozzi sopra l’udienza e probabilmente già prevista da Palladio.[10] La scenafronte disponeva invece, come dimostrano il ricordato monocromo del 1596 e la prima testimonianza incisoria relativa all’Olimpico (1620), di un soffitto a lacunari sopra il piancito del palcoscenico: una struttura che richiamava la copertura canonica della scenafronte romana. Una tipologia da assegnare all’ideazione palladiana per la struttura di derivazione vitruviana d’appoggio dei cassettoni: la frons e le “ali” delle versurae. Di conseguenza, non e` inutile ribadirlo, va espunto dal catalogo scamozziano l’embrionale boccadopera dell’Olimpico (l’architrave e le due grandi ante murarie parallele alla scenafronte separanti la cavea dal palcoscenico), di norma assegnato a Scamozzi ma da ricondurre senza esitazioni a Palladio.[11]

Dopo il 6 maggio 1584, mentre si lavorava al “cielo” del teatro, iniziava la costruzione della scenografia che fu conclusa ante 30 gennaio 1585.[12] Una scena tragica «di architettura finissima, e di legname sodo per dover sempre durare».[13] Plastica, fissa, a fuochi multipli e sviluppata in profondità, tale scenografia rinnovava la tipologia monofocale serliana dei «telari» e si differenziava dal tecnologico palco mediceo a scena girevole e dalla fiorentina complessità macchinistica vasariano-buontalentiana, impalcando una suite di edifici policromi in legno e stucco raffigurante, si sa, le sette vie di una metaforica Vicenza-Tebe splendente di luci in cui i committenti si riconoscevano nel segno della cinquecentesca idea d’impero, chiave ermeneutica del programma iconografico dell’Olimpico. Si aggiunga che l’uso di materiali «leggeri, o leggerissimi» contribuì con ogni probabilità alla buona resa acustica del teatro.[14] Asserì l’ideatore delle prospettive a sintetico bilancio della propria attività di architetto-scenografo:

Scena Tragica varia secondo il soggetto. Vedi la Scena dello Scamozzi con sette [strade] nel theatro di Vicenza. Telari con tele s’adoprano per fare i casamenti delle Scene: secondo lo Scamozzi le Scene de importanza loda, che siano fatte di legnami, come egli ha ordinato la Scena della Academia di Vicenza, & a Sabionetta.[15]

Lignee scene di «importanza» quelle dell’Olimpico. Destinate a rimanere nella storia e di sapore scamozziano, al pari dei cinque disegni autografi stilati per esse da Vincenzo.[16] Eppure vi e` stata differenza di opinione circa la paternità della scenografia,[17] ma poi il rinvenimento tra le carte dell’accademia della risolutiva testimonianza di Pompeo Trissino, nipote del grande Giangiorgio e testimone oculare degli eventi, ha provato che davvero le prospettive dell’Olimpico vennero «fatte – come scrive Pompeo nella sua nervosa grafia (fig. 4) – per opera del Signor Vicenzo Scamocio, compatrioto nostro in bella et artificiosissima maniera».[18]

La nuova fonte ha consentito inoltre di smantellare finalmente l’erroneo riassunto settecentesco di Bartolomeo Ziggiotti circa il palladiano «modello […] e disegno parimenti delle Prospettive»,[19] ritenuto per lungo tempo dalla storiografia prova fondamentale dell’esistenza di un articolato progetto del maestro patavino per le scene prospettiche. La storia dell’Olimpico si e` liberata cosi` di un referente archivistico assente nelle fonti originali. Davvero economico pensare che il sopra citato «modello» sia da identificarsi con il progetto di massima per il teatro Olimpico disegnato da Palladio.[20] Sicché e` stato possibile affrontare in modo diverso il problema della scenografia prospettica prevista da quest’ultimo, ipotizzando con buone ragioni che egli, condizionato dall’esiguità dello spazio a disposizione dell’accademia mentre stilava il progetto della scena Olimpica tra il 1579 e il 1580, prevedesse prospettive plastiche solo nella ianua regia e pannelli dipinti negli hospitalia.[21] Si vedano (fig. 3) le assonometrie del teatro Olimpico con, in alto, l’innovativa ipotesi di ricostruzione dell’assetto esterno del palcoscenico palladiano formulata negli anni Novanta del secolo scorso e frutto di un accurato rilievo architettonico dell’edificio,[22] nonché della mai abbastanza lodata intelligenza di Magagnato. Ipotesi in larga misura confermata anche da studi recenti (fig. 5).[23]

Le «prospettive di dentro fatte dal Tamoscio […] non illuminate non son niente, illuminate paiono ogni cosa», affermava uno spettatore della recita inaugurale.[24] Quella sera, dico cose note, l’illuminotecnica fu un elemento saliente per la resa visiva della scenografia (e della frons) accordando la vivace policromia e le decorazioni scultoree delle prospettive e valorizzando i movimenti di attori e figuranti e lo squillante cromatismo dei loro costumi. Anche in questo caso Angelo Ingegneri esercito` una funzione importante. Ma davvero possiamo individuare solo in lui il direttore delle luci?[25] Più economico pensare che al corago sia da attribuire un ruolo di coordinamento. Logico che Ingegneri si sia occupato del problema in linea generale. Ciò non toglie che abbia fatto ricorso a uno o più tecnici specializzati. Dobbiamo allora pensare proprio a Scamozzi, architetto sapiente della luce naturale e artificiale,[26] che si attribuisce l’illuminotecnica dello spettacolo.[27] L’autoattribuzione, suffragata da altri documenti,[28] e` attendibile.

Lo staff comprendeva, oltre a Scamozzi, «Montagna da Ferara per l’illuminatione»,[29] id est l’ingegnere, architetto e scenografo carpigiano Marco Antonio Pasi, alias Montagna, stimato da Alfonso II d’Este, raccomandato agli Olimpici da Battista Guarini[30] e già impegnato a Ferrara nel 1569, a fianco di Pirro Ligorio e di Giovan Battista Verato, in uno spettacolo tecnologicamente complesso quale L’Isola beata.[31] Scamozzi – coadiuvato da Guarini e dal corago – fu l’inventore dell’illuminotecnica, non l’esecutore. Il tecnico qualificato per la messa in opera di specchi rifrangenti, lumi a olio, superfici metalliche parafuoco fu il citato ingegner Pasi «eccellente di inventioni per illuminare».[32] Una consulenza artigianale esercito` forse il poco noto Alessandro Tessame autore di una nota lettera a Ingegneri nella quale informa tra l’altro di aver

investigato e ritrovato il segreto dell’oglio tanto tenuto celato dal duca e da questi che se ne fanno auttori; anzi di piu` vi aggiungo questa parte, che sara` di gran beneficio per l’intento della Accademia: che con spessi ordini di canalletti si guarniranno per di dentro le due ale della scena e con un vaso di oglio o due al piu` per ciascuna si distribuira` l’umore a tutti i canali.[33]

L’effettiva partecipazione di Tessame allo spettacolo non e` attestata dalle fonti. Ma non e` da escludere se consideriamo che il suo progetto era stato elaborato con il patrocinio del corago.[34] Tenendo presente, in caso affermativo, che gli «spessi ordini di canalletti» in cui fare scorrere l’olio non sono da immaginare ne´ disposti a vista sulla frons ne´ occultati nelle prospettive lignee (dotate di una soluzione tradizionale e sicura: mensole di appoggio con parafuoco e ganci di sostegno per lumi rispettivamente in latta e in vetro), e nemmeno nel festone illuminotecnico aereo sospeso tra il cielo della scena e quello del teatro.[35] Bensì, come dice Tessame, «dentro le due ale della scena», ossia all’interno degli “appoggi” in muratura dell’architrave-boccascena palladiano che inquadravano il sipario a caduta e incorniciavano la scenafronte.

La monumentale scenafronte, con attico colonne statue ianua regia hospitalia, ideata da Palladio non quale un iperbolico arco trionfale, come talvolta stancamente si ripete, bensì, lo ha mostrato limpidamente Magagnato, come parte di una piazza dei greci recuperando genialmente, anche sul versante classicista, l’idea simbolica di citta`, asse portante della scena cinquecentesca.[36] Idea declinata invece da Scamozzi nella chiave prospettico-romanza della scena di citta`. E` capitale la distinzione storico-filologica tra la «coppia di opposizioni» tradizione scenica pratico-romanza e tradizione classicistica o pseudo-vitruviana.[37] Furono questi i due differenti vettori che, convergendo nelle multiformi prassi del teatro di corte e accademico, determinarono la riformulazione dell’idea di teatro in Italia in età umanistico-rinascimentale. E occorre puntualmente distinguerli quei vettori onde non ingenerare equivoci ermeneutici perniciosi. Non lo si dirà mai abbastanza a fronte di una storiografia talvolta disarmante.

Di li` a pochi anni Scamozzi fu impegnato in un’altra “impresa” vicentina: la realizzazione dell’odeo accademico. Nuovi documenti hanno attestato che la sontuosa «stantia nova» non fu costruita nel Cinquecento.[38] Si osservi un particolare della già citata pianta dell’Olimpico nel 1585 (fig. 6) e si noti lo spazio denominato «Locho per li Musichi per cantar». Un ambiente raggiungibile dal vestibolo del teatro. Costruito in funzione della scena. Impiegato da musici e cantori durante lo spettacolo inaugurale e in diretta comunicazione per una delle versurae con il palcoscenico.[39] Nel 1585 la sala dell’odeo non esisteva. Venne commissionata e portata a compimento, nei lineamenti architettonici essenziali, dal giugno 1608 al marzo dell’anno seguente essendo Pompeo Trissino «Regente e Governatore della accademia […] in vece et loco di Prencipe».[40] Sono cadute cosi` le precedenti ipotesi attorno alla data di conclusione dell’odeo[41] e sono state smentite le argomentazioni di chi ancorava al 1584 l’esecuzione della sala negando la paternità scamozziana dell’aula. Anche a questo proposito e` attendibile l’autoattribuzione avanzata da Scamozzi nel settembre-dicembre 1615 nell’Idea della Architettura Universale in quella dedica riservata agli «illustri signori» Olimpici che tanto avevano contribuito al suo prestigio professionale ma, si badi, escludendolo dal rango accademico. Vale la pena rimeditarla:

dedico, e consacro alla nobilissima Citta`, et Academia, nella quale risiede la Virtù, e nobiltà, non solo questo Ottavo Libro, ma` tutta l’Opera, et anco me stesso, per testimonio della mia antica osservanza […]. Degnandosi parimente di haver a` memoria, che quanto la Magnifica Citta` di Vicenza hebbe di honore, e di gloria nel ricevere con solennissima pompa la Maestà dell’Imperatrice Maria d’Austria, e nella nobilissima fabrica del Odeo dell’Academia (che forsi non ha pari,) e specialmente nell’inventare, et ordinare le Prospettive, et illuminare la Scena per l’apparato Tragico, et altre cose, che io non racconto; il tutto e` proceduto dall’ingegno, et industria mia, per honorar quella Citta` nella quale io ho` avuto i miei antenati, e genitori, la mia nascita, et educatione giovenile.[42]

Rivendicazione autocelebrativa, ma anche fierezza intellettuale di un uomo sapiente che si definiva «Cittadino del Mondo»[43] e bilancio puntuale dell’attività di un architetto-scenografo ambizioso cui ormai andava stretto il ruolo di mero tecnico esecutore al servizio di un’ambiziosa committenza.[44]



   

[1] P. SANVITO, How much Vitruvianism is Left in Vincenzo Scamozzi’s Architectural Theory?, in Vitruvianism. Origins and Transformation, a cura di P. S., Berlin-Boston, De Gruyter, 2016, p. 186.

[2] Si veda il saggio della mia brava allieva L. VALLIERI, Prospero Fontana pittore-scenografo a Bologna (1543), in «Drammaturgia», XI / n.s. 1, 2014, pp. 347-369. Gli esempi potrebbero moltiplicarsi. Per la tecnologica scena medicea cfr. ora S. MAMONE, Drammaturgia di macchine nel teatro granducale fiorentino. Il teatro degli Uffizi da Buontalenti ai Parigi, in «Drammaturgia», XII / n.s. 2, 2015, pp. 17-43.

[3] Cfr., anche per approfondimenti su quanto segue, S. MAZZONI, L’Olimpico di Vicenza: un teatro e la sua «perpetua memoria» (1998), Firenze, Le Lettere, 20102, passim. Nell’affollata bibliografia sull’Olimpico segnalo inoltre: L. MAGAGNATO, Il teatro Olimpico, a cura di L. PUPPI, contributi di M.E. AVAGNINA, T. CARUNCHIO, S. MAZZONI, Milano, Electa, 1992; P. SANVITO, Il teatro Olimpico di Vicenza. La genesi di un’impresa architettonica e l’accademia sua fondatrice, con un contributo sull’acustica in collaborazione con S. WEINZIERL, Napoli, Paparo, 2012. Ulteriori referenze sono registrate nelle note seguenti.

[4] Cfr. Biblioteca civica Bertoliana di Vicenza (d’ora in poi BBV), Archivio storico dell’accademia Olimpica (d’ora in poi A.O.), b. 1, fasc. 5, libro segnato E, cc. 22v.-26r.

[5] A.O., b. 1, fasc. 5, libro segnato E, c. 23v.

[6] Cfr. P. SANVITO-S. WEINZIERL, L’acustica del teatro Olimpico di Vicenza, in «Odeo Olimpico», XXVIII, 2011-2102 [ma 2013], pp. 463-492; SANVITO, Il teatro Olimpico, cit., in partic. pp. 87-88; cfr. anche D. BONSI, The Acoustic Analysis of Palladio’s Teatro Olimpico, Vicenza, in The Music Room in Early Modern France and Italy. Sound, Space and Object, a cura di D. HOWARD e L. MORETTI, Oxford, Published for the British Academy by Oxford University Press, 2012, pp. 277-289.

[7] Museo Civico di Vicenza, D 52. L’anonima pianta (stilata nel 1599 da una perduta redazione del 1585) e` stata edita da S. MAZZONI, Regesto iconografico. Introduzione per la storia delle prospettive e dell’odeo Olimpico, in MAGAGNATO, Il teatro Olimpico, cit., p. 164, scheda 1.14 e quindi più diffusamente ragionata in MAZZONI, L’Olimpico, cit., pp. 117-118, 183 nota 247, figg. 22, 34-35. Tra i contributi successivi che hanno messo a partito il fondamentale documento: L. PUPPI, Andrea Palladio (1973), nuova ed. aggiornata e ampliata a cura di D. BATTILOTTI, Milano, Electa, 1999, p. 511, scheda 174* (di D. Battilotti); M.E. AVAGNINA, Il teatro Olimpico, Venezia, Marsilio, 2005, p. 11 e fig. 7; E. DANZI, Il teatro Olimpico: alcune trasformazioni costruttive osservate con l’ausilio dell’analisi stratigrafica, in Palladio, materiali tecniche restauri in onore di Renato Cevese, a cura di M. PIANA e U. SORAGNI, Venezia, Marsilio, 2011, pp. 12-22: 13, 16 e fig. 5, 20 nota 14; SANVITO, Il teatro Olimpico, cit., p. 90 (e fig. 22); ID., How much Vitruvianism is Left in Vincenzo Scamozzi’s Architectural Theory?, cit., p. 184.

[8] Cfr. T. CARUNCHIO, Indagini conoscitive sul teatro Olimpico di Vicenza, in MAGAGNATO, Il teatro Olimpico, cit., pp. 129-139: 131 e tav. 17 a p. 139 (nonché, a conferma, ivi, pp. 22-25 e relative tavv.). Per una diversa ipotesi di ricostruzione del retropalco scamozziano: DANZI, Il teatro Olimpico, cit., pp. 13, 16 e fig. 15 a p. 19. Da segnalare il «probabile rimontaggio» ottocentesco dell’arco lapideo d’accesso al retropalco (ivi, p. 18).

[9] Per la storia della copertura della sala e della scena: L. PUPPI, La copertura e la facciata del teatro Olimpico, in «Commentari», n.s., XXVI, 1975, pp. 310-332; D. MCREYNOLDS, Restoring the Teatro Olimpico: Palladio’s Contested Legacy, in «Memoirs of the American Academy in Rome», LIII, 2008, pp. 153-212: passim. e cfr. nota seguente.

[10] La descrizione di Jones e` trasmessa da una delle postille da lui apposte alla copia di sua proprietà dei Quattro libri palladiani, Venezia, Bartolomeo Carampello, 1601, L. I, p. 5; esemplare conservato presso il Worcester College di Oxford: cfr. da ultimo G. HIGGOTT, Inigo Jones, John Webb and Palladio’s Teatro Olimpico, in Palladio 1508-2008. Il simposio del cinquecentenario, a cura di F. BARBIERI et al., Venezia, Marsilio, 2008, pp. 352-356: 352; MAZZONI, L’Olimpico, cit., pp. 107-108. A conferma dell’ipotesi da me formulata (soffitto alla “ducale” sul palcoscenico e velario sull’udienza): MAGAGNATO, Il teatro Olimpico, cit., p. 69; L. PUPPI, Palladio. Introduzione alle architetture e al pensiero teorico, fotografie di P. CODATO e M. VENCHIERUTTI, Venezia-San Giovanni Lupatoto (Vr), Regione del Veneto-Arsenale editrice, 2005, pp. 432-433; AVAGNINA, Il teatro Olimpico, cit., p. 42. Omette la testimonianza di Jones SANVITO, Il teatro Olimpico, cit., pp. 73-74.

[11] Si veda l’impeccabile dimostrazione di MAGAGNATO, Il teatro Olimpico, cit., pp. 63-69, 76.

[12] Cfr. A.O., b. 1, fasc. 5, libro segnato E, cc. 23v., 35r.     

[13] Lettera di Filippo Pigafetta, Vicenza, 4 marzo 1585, in Tragoedia vicentina intitolata l’Edipo di Sofocle, ms., XVI secolo, Biblioteca Ambrosiana di Milano, codice R 123 sup., cc. 322r.-325r. (in A. GALLO, La prima rappresentazione al teatro Olimpico, con i progetti e le relazioni dei contemporanei, prefazione di L. PUPPI, Milano, Il Polifilo, 1973, doc. VII, p. 54).

[14] Cfr. SANVITO, Il teatro Olimpico, cit., pp. 87-88.

[15] Cosi` nello scamozziano Indice copiosissimo a S. SERLIO, Tutte l’opere d’architettura, et prospetiva […] con un indice copiosissimo […] & un breve discorso […] raccolto da M. Gio. Domenico Scamozzi […] (1584), Venezia, Eredi di Francesco de’ Franceschi, 16002, s.v. Scena tragica e Telari con tele (cito dalla ediz. Venezia, Giacomo de’ Franceschi, 1619). Sull’Indice copiosissimo si veda almeno la bibliografia registrata in S. MAZZONI, «Oltre le pietre»: Vespasiano Gonzaga, Vincenzo Scamozzi y el teatro de Sabbioneta, in Teatro clásico italiano y español. Sabbioneta y los lugares del teatro. Atti delle giornate di studio (Sabbioneta, 25-27 giugno 2009), a cura di M.D.V. OJEDA CALVO e M. PRESOTTO, València, Universitat de València, 2013, pp. 11-63: 21 nota 54. Per un quadro di riferimento: H. GÜNTHER, Vincenzo Scamozzi Comments on the Architectural Treatise of Sebastiano Serlio, in «Annali di architettura», 2015, 27, pp. 47-60.

 

[16] Vedili ora in V. CAFA`, Interventi sul teatro Olimpico a Vicenza (1584-1585), in Vincenzo Scamozzi 1548-1616, catalogo della mostra a cura di F. BARBIERI e G. BELTRAMINI (Vicenza, 7 settembre 2003-11 gennaio 2004), Venezia, Marsilio, 2003, pp. 254-259, schede 19a-e (con bibliografia).

[17] Per la questione si vedano le lucide pagine di L. PUPPI, Prospettive dell’Olimpico, documenti dell’Ambrosiana e altre cose: argomenti per una replica, in «Arte Lombarda», XI, 1966, 1, pp. 26-32. Tra gli studi che hanno sostenuto e infine provato l’attribuzione all’architetto vicentino: MAGAGNATO, Il teatro Olimpico, cit., p. 61; MAZZONI, L’Olimpico, cit., pp. 108-113 (e p. 179 nota per un’estesa bibliografia); e, infine, la scheda puntuale di D. Battilotti, in PUPPI, Andrea Palladio, cit., p. 511.

[18] P. TRISSINO, Commentarij del[l’] Acad. Olimpica, ms. autografo, A.O., b. 1, fasc. 1, libro segnato A, p. 42. Il documento e` stato pubblicato e commentato in MAZZONI, Regesto iconografico, cit., pp. 143-145 (quindi, più estesamente ragionato, in ID., L’Olimpico, cit., pp. 108-113).

[19] B. ZIGGIOTTI, Accademia Olimpica, ms., 1746 circa-1752, copia stilata nella prima meta` del XIX secolo, BBV, ms. Gonz. 21.11.2 (2916), p. 31. Sulla erronea sutura fontale operata dallo Ziggiotti tra il preventivo «modello» palladiano e le “consuntive” scamozziane prospettive: MAZZONI, Regesto iconografico, cit., pp. 143-145; ID., L’Olimpico, cit., pp. 111-112; e, a conferma, PUPPI, Andrea Palladio, cit., p. 511; AVAGNINA, Il teatro Olimpico, cit., p. 20.

[20] Il foglio e` conservato a Londra, RIBA, BDVIII, 5 (gia` XIII, 5). Sul disegno: MAZZONI, Regesto iconografico, cit., p. 203, scheda 2.4 (con bibliografia); H. BURNS, Il teatro Olimpico, in Palladio, catalogo della mostra Palladio 500 anni (Vicenza, 20 settembre 2008-6 gennaio 2009; Londra, 31 gennaio-13 aprile 2009), a cura di G. BELTRAMINI e H. BURNS, Venezia, Marsilio, 2008, pp. 254-255, scheda 128 (con bibliografia). Quanto all’individuazione del palladiano «modello» nel foglio citato: MAZZONI, Regesto iconografico, cit., p. 151 nota 25 (con bibliografia); PUPPI, Palladio. Introduzione alle architetture e al pensiero teorico, cit., pp. 431- 432; AVAGNINA, Il teatro Olimpico, cit., p. 13.

[21] Cfr. specialmente MAZZONI, L’Olimpico, cit., pp. 112-113.

[22] Cfr. CARUNCHIO, Indagini conoscitive, cit., p. 138 e tav. 16 a p. 139; nonché più di recente, in sintesi, ID., Les releve´s architecturaux au XVIe sie`cle en Italie, in Le releve´ en architecture ou l’e´ternelle que^te du vrai. Atti delle giornate internazionali di studi (5-6 novembre 2007), Lione, Editions Lieux Dits, 2011, pp. 130-142: 140-142.

[23] Cfr. DANZI, Il teatro Olimpico, cit., p. 13 e fig. 12 a p. 17.

[24] Cfr. la lettera di Giacomo Dolfin a Battista Guarini, Venezia, 9 marzo 1585, in Tragoedia, cit., cc. 304r.-306v. (in GALLO, La prima rappresentazione, cit., doc. V, p. 34).

[25] Cfr. e.g. M.L. DOGLIO, Nota biografica, in A. INGEGNERI, Della poesia rappresentativa e del modo di rappresentare le favole sceniche (1598), a cura di M.L. D., Ferrara-Modena, ISR-Edizioni Panini, 1989, p. XXVI. Una interpretazione corretta e bibliograficamente informata offre M. MAINO, Il teatro Olimpico di Vicenza tra visioni prospettiche e sguardo interiore: Ingegneri e le poetiche della luce tra Cinque e Seicento, in «Biblioteca teatrale», n.s. 2013, 107-108, pp. 109-125.

[26] Cfr. C. DAVIS, Vincenzo Scamozzi architetto della luce, in Vincenzo Scamozzi 1548-1616, cit., pp. 33-45.

[27] Cfr. V. SCAMOZZI, L’Idea della Architettura Universale di Vincenzo Scamozzi architetto veneto, prefazione di F. Barbieri, testo di W. Oechslin, Verona-Vicenza, Fondazione Cassa di Risparmio di Verona Vicenza Belluno e Ancona-CISA “Andrea Palladio”, 1997 (rist. anast. della ediz. Venezia 1615), P. II, L.VIII, p. 270, dedica (per la quale cfr. qui avanti).

[28] Cfr. ad es. G. MARZARI, La historia di Vicenza […] (1591), Vicenza, Giorgio Greco, 16042, p. 213 (ricorda che lo Scamozzi illumino` «quelle cose parte di rilievo, et parte dipinte del naturale, con stupore d’ogni uno»).

[29] A.O., b. 1, fasc. 1, libro segnato A, p. 63; ZIGGIOTTI, Accademia Olimpica, cit., p. 46.

[30] Cfr. A.O., b. 1, fasc. 1, libro segnato A, pp. 106, 64; per la precisazione biografica cfr. ancora MAZZONI, Regesto iconografico, cit., p. 213, scheda 2.16 Sul ruolo fondamentale svolto da Guarini all’Olimpico: ID., L’Olimpico, cit., passim.

[31] Cfr. M. MAINO, Dispositivi illuminotecnici e spettacolo a Vicenza: l’accademia Olimpica, l’inaugurazione del teatro e gli influssi sul contesto spettacolare (1555-1656), tesi di dottorato, Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato di Ricerca in Storia e Critica dei Beni artistici, musicali e dello spettacolo, 2009 (tutor: Cristina Grazioli), pp. 126-127, 243-259 (anche per la bibliografia).

[32] A.O., b. 1, fasc. 1, libro segnato A, p. 106.

[33] Lettera di Alessandro Tessame a Angelo Ingegneri, Torino, [post 6 maggio 1584], in Tragoedia, cit., cc. 300r.-v. (in GALLO, La prima rappresentazione, cit., doc. III, p. 29. Per il destinatario della missiva: ivi, p. 63).

[34] Cfr. ivi, p. 29.

[35] Cfr. MAZZONI, L’Olimpico, cit., pp. 124-126.

[36] Cfr. MAGAGNATO, Il teatro Olimpico, cit., pp. 42, 45, 77.

[37] Cfr. L. ZORZI, Il teatro e la citta`. Saggi sulla scena italiana, Torino, Einaudi, 1977, pp. 171-174 nota 46. Sull’importanza decisiva della “romanza” tradizione scenotecnica cinquecentesca cfr. ora, anche per la bibliografica di riferimento, MAMONE, Drammaturgia di macchine nel teatro granducale fiorentino, cit.

[38] Per la decisione di edificare la nuova sala: A.O., b. 4, fasc. 70, Atti dell’academia Olimpica. Da l’anno 1600 in poi, et successivamente N.o 70=Atti della accademia Olimpica dall’anno 1600 no l’anno 1611, cc. 32 r.-v. (32r.-33v. per l’intera «parte»), alla data 18 giugno 1608; per la conclusione dei lavori: ivi, c. 38v. (cc. 38r.-40r. per l’intera «parte»), alla data 18 marzo 1609. I due verbali sono stati resi noti e ragionati (con altri documenti attinenti all’odeo) in S. MAZZONI, Regesto iconografico cit., pp. 145-147, 222-223, schede 2.23-2.24; e in ID., L’Olimpico, cit., pp. 210-212, 219 n. Cfr. inoltre, in efficace sintesi, PUPPI, Andrea Palladio, cit., p. 511, scheda 174* (di D. Battilotti).

[39] Per tutto (e per ulteriori osservazioni): MAZZONI, L’Olimpico, cit., pp. 130-131, 189 nota 348, 210; ID., «Oltre le pietre», cit., p. 26 nota 86; SANVITO, Il teatro Olimpico, cit., p. 90; ID.-WEINZIERL, L’acustica del teatro Olimpico, cit., p. 486; SANVITO, How much Vitruvianism is Left in Vincenzo Scamozzi’s Architectural Theory?, cit., pp. 184-185.

[40] A.O., b. 4, fasc. 70, Atti dell’academia Olimpica. Da l’anno 1600 in poi, et successivamente N.o 70=Atti della accademia Olimpica dall’anno 1600 no l’anno 1611, c. 32r.

[41] Per le quali cfr. le sintesi di PUPPI, La copertura e la facciata, cit., p. 328 nota; e di F. BARBIERI, Vicenza citta` di palazzi, Milano, Silvana, 1987, p. 95.

[42] SCAMOZZI, L’Idea della Architettura Universale, cit., P. II, L.VIII, p. 270. Come ho detto mi riferisco all’impianto architettonico.

[43] Ibid.

[44] Svela, con la consueta sagacia ermeneutica, la rivendicazione di principio e i malumori scamozziani sottesi alla citata dedica dell’Idea PUPPI, «Questa eccellente professione delle Mathematiche e dell’Architettura». Idea di cultura e ruoli sociali nel pensiero di Vincenzo Scamozzi», in Vincenzo Scamozzi 1548-1616, cit., pp. 11-21: 13-14.

 

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