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Paola Daniela Giovanelli

Paola Daniela Giovanelli, 1759: aspetti trascurati e controversi della polemica Diderot-Goldoni (III parte)

Data di pubblicazione su web 11/03/2009
copertina de <i> La serva amorosa <i/> edizione Marsilio

3. Riprendiamo un’ultima volta le pagine della recensione Diderot-Grimm alla Suivante. Una volta liberata da tutto quanto è l’apporto di Grimm, rimane il testo originale di Diderot, i cui rilievi riguardano la qualità e la struttura dei versi e del dialogo («Elle est écrite en vers libres, et le style m’en paraît très facile. Le dialogue est sans esprit, sans idées, mais assez naturel»), dei monologhi («Il y a aussi par-ci par-là des tirades qu’on n’a pas oublié de mettre et que le spectateur n’a pas manqué d’applaudir [.] Cela est dans la règle»), degli atti («Le premier acte est froid, et n’a point eu d’applaudissement [.] Il en a été de même du second acte. […] Le quatrième acte est vide, absolument vide. […] Le cinquième acte est croqué. On a craint de le faire long, et l’on a manqué toutes les situations»), dei caratteri («Il m’a semblé qu’en général le ton de tous les caractères n’était pas monté assez haut. […] Quant aux caractères, il n’y en a qu’un, c’est celui de Marine. Elle occupe tant de place que les autres en sont étouffés. Son protégé Clitandre est un benêt, de tous les benêts le plus insupportable, il ne sait ni parler ni agir. Rosalie n’est rien. Geronte peu de chose. Oronte nul. Frontin est un valet impertinent et faux comme tous les autres») e in particolare quello di Marine («Marine est toujours gaie. Cependant elle est dans l’indigence, dans l’embarras; et sa réputation fort suspectée par son commerce avec Clitandre ne lui revient presque point en pensée, quoique tout le monde lui en parle»), senza dimenticare nella penna un tocco di sottile perfidia («La teinte de gaieté du caractère de Marine nuit à l’intérêt. Elle ne paraît pas mettre beaucoup d’importance à ses projets et le spectateur traite la chose comme elle»). E ancora: «La pièce n’est ni gaie ni touchante. On a voulu lui conserver ces deux caractères, et on les a manqués tous les deux»; qualche tratto è «impertinent et faux», qualche altro «indécent» e qualche altro ancora «ridicule». Infine: «Il n’y a aucune liaison dans les scènes. On sort, on entre, sans savoir pourquoi. Ce défaut a choqué tout le monde. […] Et puis point de traits de caractères. Peu de goût. Point de génie» [73]: insomma, interessante e «goûté» rimane solo il passaggio copiato dal suo Père de famille

Presenti in sala, quella sera, alcuni fra i più accaniti anti-enciclopedisti:

 

On la donne à Mrs Bertin-Hus, Buchelet, Richelet, Palissot, Poincinet et compagnie. Au reste ces messieurs n’auront pas à se plaindre des acteurs; ils ont joué comme des anges. C’est la Dumesni [sic] qui faisait Beatrix, à ravir, et c’est la Dangeville qui jouait Marine, très bien. [74]

 

Sulla scorta delle modificazioni apportate da Grimm, che sostituisce – e non solo in questo punto del testo – alla parola «messieurs» la parola «auteurs» [75], alcuni studiosi hanno pensato che questi signori fossero gli autori della traduzione [76], altro tassello che è andato ad accrescere la serie degli interrogativi che avvolgono questa pagina diderottiana, mentre palesemente oziosa è la discussione circa un’ipotetica terza rappresentazione della Suivante – mai avvenuta – basata su un’interpretazione capziosa della frase di Diderot («La pièce est tombée à la première représentation. On l’a retirée à la troisième») [77] che a qualcuno è sembrata ambigua. Comunque entrambi i dubbi sono risolti dalle carte conservate presso l’Archivio della Comédie-Française e in particolare dalla ricevuta per diritti d’autore firmata da Sablier che riguarda appunto due sole rappresentazioni [78].

In ogni caso, anche ammesso che Diderot non conoscesse il nome del traduttore-adattatore, la coterie degli anti-enciclopedisti schierati in sala non avrà certo contribuito a rasserenare il suo animo, già così provato in quella primavera bollente del 1759 nel corso della quale, l’8 marzo precedente, era stato soppresso il privilegio di stampa concesso all’Encyclopédie.

Alla fin fine è molto difficile essere d’accordo con Dieckmann quando scrive che questa recensione diderottiana «ha interesse per noi soltanto nella misura in cui testimonia […] la straordinaria facoltà di osservazione e memorizzazione di Diderot» [79]. Al contrario, inseguendo il suo tormentato e controverso destino, si direbbe che La suivante généreuse sia servita da parafulmine a una polemica di ben altra portata, capro espiatorio di uno dei più accaniti scontri culturali e politici nel cuore del Settecento francese. E che il «pacifico» (o meglio: aspirante pacifico) Goldoni, coinvolto a sua insaputa e suo malgrado in uno scontro tanto più grande di lui, preceduto il suo arrivo da tale clamore (il plagio, certo, ma anche più sottili forme di emarginazione e di ripulsa come quella consumata in questa occasione), abbia pagato cara questa anticipata «notoriété fatale», come la definisce, in un saggio acuto ed elegante, Pierre Frantz [80]. Fatale a Goldoni. Fatale a Diderot. Della reale portata del risentimento di Goldoni nei confronti di Diderot non sappiamo, perché fino all’ultimo si adopera a mascherarla [81]. Certo è che Diderot, a Goldoni, non l’avrebbe mai più perdonata.


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[73] D. Diderot, [La suivante généreuse], cit., pp. 58-61, passim. Alcuni di questi stessi rilievi sono nella recensione di Collé, dove occorrerà notare la singolare considerazione sul carattere «romanzesco» – alla Nivelle de La Chaussée – della protagonista: «Nulle vraisemblance dans l’action, nulle liaison dans les scènes; les acteurs entrent et sortent du théâtre sans raison, sans motifs, et comme si on les y faisoit avancer ou reculer avec des fils d’archal; il y a du mouvement théâtral, mais rien n’est fondé pour l’amener. Les caractères sont outrés; celui du fils de la belle-mère n’a pas le sens commun […]; celui de la suivante généreuse est un de ces caractères romanesques et impossibles dont le Théâtre de La Chaussée est rempli. Elle est le seul personnage dans la pièce qui ait de l’esprit; tous les autres sont des bêtes, des imbécilles, ou quelque chose d’approchant» (C. Collé, Journal et Mémoires, cit., p. 181).

[74] D. Diderot, [La suivante généreuse], cit., p. 61.

[75] Cfr. J. Garagnon, Problèmes d’attribution et de texte: l’article de Diderot sur «La suivante généreuse», cit., p. 41; già in Correspondance littéraire, t. IV, cit., p. 118.

[76] Cfr. E. Maddalena, che pure non se ne mostra persuaso («La serva amorosa» del Goldoni, cit., p. 9). Che la traduzione sia da attribuire a Sablier è confermato da J.-M. Quérard, Les supercheries littéraires dévoilées, Paris, P. Daffis, 1869-1870, vol. II, p. 335; da Ant.-Alex. Barbier, Dictionnaire des ouvrages anonymes, Paris, P. Daffis, 1872-18793, vol. IV, p. 687. Cfr. anche infra, n. 78. Ma la consultazione dell’indice generale di Tourneux, la Tablé [sic] générale des noms propres et des titres cités dans la «Correspondance littéraire, philosophique et critique», sembrava riaprire la questione: alla voce Suivante généreuse – preceduta da un asterisco che «indique que le passage auquel il renvoie est inédit» (Correspondance littéraire, cit., t. XVI [1882], p. 573) – è scritto: «com., imitée de Goldoni, attribuée à divers auteurs» (ivi, p. 732, corsivo mio), (seguivano, peraltro, tutti i numeri delle pagine della Correspondance alle quali occorreva risalire: «IV, 113, 118»: ibid.). Comunque, circa l’autorialità della Suivante, gli stessi curatori delle Oeuvres complètes di Diderot prendono in considerazione la possibilità di questa interpretazione «fondée sur un autre sens de donner: il faudrait alors comprendre: l’attribue (aux auteurs de la coterie, sous le nom de Sablier?)» («La suivante généreuse» de Goldoni et Sablier, cit., p. 61). Del resto, è piuttosto oscura anche la frase dello stesso Diderot che subito segue la lista delle persone nominate: «Au reste ces messieurs n’auront pas à se plaindre des acteurs» (D. Diderot, [La suivante généreuse], ibid., corsivo mio). Comunque, il gruppo di persone citate costituisce l’entourage degli anti-philosophes che gravitava attorno al finanziere Louis-Auguste Bertin de Blagny, tesoriere dei fondi particolari del re, ma noto soprattutto per la movimentata relazione amorosa – si sarebbe conclusa il 2 settembre 1761 dopo circa quindici anni – con l’attrice Adélaïde-Louise-Pauline Hus (1734-1805): a causa di questa liaison (ma anche per deridere la fama immeritata di erudito che lo aveva spinto a farsi membro dell’Académie des Inscriptions) Bertin era stato soprannominato Bertinus (o Bertin-hus). Rivale della Clairon, musa del gruppo dei Philosophes, la Hus avrebbe fatto rappresentare, il 2 maggio 1760, «par les comédiens françois ordinaires du Roi», la commedia in tre atti e in versi Les Philosophes di Charles Palissot de Montenoy (1730-1814), satira degli enciclopedisti e di Diderot in particolare. Ma all’altezza cronologica di questa recensione a La suivante généreuse, Palissot aveva già scritto e pubblicato Petites lettres sur de grands philosophes (Paris, 1757) dove ridicolizzava le teorie diderottiane relative al dramma borghese sull’onda dello scandalo scoppiato dopo la pubblicazione de Le fils naturel di Diderot, accusato di aver plagiato con questa commedia Il vero amico di Goldoni. Anche Antoine-Henri Poinsinet (1734-1769) avrebbe disegnato una caricatura di Diderot nella commedia Le petit philosophe, un atto in versi liberi recitato il 14 luglio 1760 al Th. Italien e pubblicato a Parigi da Prault-fils nello stesso anno. A sua volta Diderot si sarebbe vendicato duramente del gruppo nel suo Le neveu de Rameau. Sui protagonisti di queste vicende cfr. J. Fabre, Notes a D. Diderot, Le neveu de Rameau. Édition critique avec notes et lexique par J. Fabre, Genève, Droz, 1963, pp. 145-151, 155-157, 168-170. Anche il giudizio negativo espresso nella recensione a La suivante généreuse potrebbe essere frutto della convinzione di Diderot che gli autori fossero proprio le persone qui ricordate.

[77] D. Diderot, [La suivante généreuse], cit., p. 60. Il «Journal encyclopédique» scriveva più chiaramente: «Cette pièce a été retirée après la 2me représentation» (t. V, première partie, 1er juillet 1759, pp. 135-139, in partic. p. 139; ora Genève, Slatkine e Nendeln, Kraus reprint, 1967, t. VIII [Juillet-Décembre 1759], pp. 40-41, in partic. p. 41). E Collé: «elle a eu deux représentations» (C. Collé, Journal et Mémoires, cit., p. 182). Ancora due anni dopo, dando notizia della pubblicazione delle Oeuvres de M*** di Sablier nella Correspondance littéraire datata «1er avril 1761», sarebbe stato ricordato l’insuccesso che la commedia aveva registrato sulla scena della Comédie-Française (cfr. Correspondance littéraire, t. IV, cit., p. 368).

[78] I documenti, rintracciati grazie alle ricerche della prof. ssa Catherine Gottesman presso l’Archivio della Comédie-Française, riportano questi incassi: alla première 3032 livres (unità monetaria francese in corso prima della Rivoluzione) con poco più di un migliaio di spettatori; alla seconda rappresentazione incasso di 1588 livres con poco più di cinquecento spettatori. La ricevuta, che reca la data del 29 maggio 1759, è rilasciata da Sablier a M. Baron, cassiere della Comédie, per la somma di 301,19 livres relativa ai diritti sulle due rappresentazioni. (Cfr. anche N. Guibert e G. Herry, Carlo Goldoni et la Comédie-Française, cit., p. 104).

[79] H. Dieckmann, Appendice a Diderot e Goldoni, cit., p. 90.

[80] P. Frantz, Un hôte mal attendu. Goldoni, Diderot, Voltaire, in «Revue d’histoire du Théâtre», VL, 1, gennaio-marzo 1993, pp. 55-66, in partic. p. 55.

[81] L’incontro con Diderot è narrato nei Mémoires ([III, cap. V], MN, vol. I, pp. 456-458): qui Goldoni scrive che avvenne l’anno successivo alla rappresentazione del Père de famille alla Comédie-Française (18 febbraio 1761), dunque nel 1762 («En attendant je ne quittois pas les François; ils avoient donné l’année précédente le Pere de Famille de M. Diderot, Comédie nouvelle qui avoit eu du succès»: ivi, p. 456), ma precedentemente, nell’Autore a chi legge del Vero amico (edito, assieme al Padre di famiglia, nel t. VII della Pasquali nel 1764 e diffuso in Francia all’inizio del 1765), riferendosi a Diderot, aveva scritto: «in un anno e mezzo ch’io sono a Parigi, non ho mai avuto la sorte di poterlo vedere, ed io certamente non l’ho sfuggito» (MN, vol. III, pp. 574-575). A ciò si aggiunga la pagina dei Mémoires secrets di L.P. de Bachaumont, datata «4 octobre 1764»: «Nous tenons de la bouche de M. Goldoni que, malgré toutes les démarches que lui et ses amis ont faites pour le faire rencontrer avec M. Diderot, celui-ci l’a toujours éludé» (cit. in M. Busnelli, Diderot et Goldoni, in Id., Diderot et l’Italie, Paris, É. Champion, 1925, pp. 75-146, in partic. p. 119). Già J. Assézat, nell’introduzione a Le père de famille aveva fatto notare la discordanza dei dati (cfr. D. Diderot, Oeuvres complètes, cit., t. VII [1875], pp. 171-178, in partic. pp. 174, 176), anche se è certo più verosimile che l’incontro possa essere avvenuto fra l’autunno del 1764 e la primavera del 1765 (cfr. M. Busnelli, Diderot et Goldoni, cit., p. 121; G. Ortolani, Note a Il vero amico, MN, vol. III, p. 1200; A. Scannapieco, Introduzione a C. Goldoni, Il padre di famiglia, a cura della stessa, Edizione Nazionale, Venezia, Marsilio, 1996, pp. 9-52, in partic. pp. 30-33). Proprio la fisionomia dell’ultima redazione Pasquali del Padre di famiglia (1764) – analizzata con il consueto rigore da Anna Scannapieco nel confronto con le varianti estremamente significative delle precedenti Bettinelli (1751) e Paperini (1754) – appare il frutto di una ricerca di compattezza e di equilibrio compositivo teso a una organica riscrittura drammaturgica che rivela l’effettiva necessità da parte di Goldoni di fare davvero i conti con Diderot: «Se, come pare, nella realtà storica l’incontro con Diderot ebbe luogo sul finire del 1764 (immediatamente a ridosso, quindi, della diffusione del t. VII Pasquali), è difficile sottrarsi alla sensazione che a quell’incontro (e ideale o reale che fosse, a questo punto poco importa) Goldoni abbia lavorato proprio con l’allestimento editoriale del nuovo Padre di famiglia. Attraverso la riconsiderazione di quel testo, egli fa i conti simultaneamente con il proprio senso di frustrazione e la consapevolezza critica delle proprie capacità, e attraverso l’oggettivo riscontro di una nuova risultante testuale articola una speculare difesa contro le insufficienze addebitategli per il passato e quelle, identiche, che rimproverano alla sua nuova produzione parigina» (A. Scannapieco, Introduzione a C. Goldoni, Il padre di famiglia, cit., p. 33).









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