Melchiorre Zoppio
Giuliano cacciatore

A cura di Lorena Vallieri

Perugia, Morlacchi, 2023, 285 pp., euro 18,00
ISBN 9788893924436

Data di pubblicazione su web 12/07/2024

Giuliano cacciatore

Il volume egregiamente curato da Lorena Vallieri presenta – attraverso un testo teatrale perduto e ritrovato ma anche per mezzo della ricognizione nella vita di un illustre intellettuale e nelle attività di una importante accademia bolognese – uno spaccato interessante e anche prezioso della vita teatrale e spettacolare del Cinque-Seicento. 

Il testo è la tragedia Giuliano cacciatore, l'autore è Melchiorre Zoppio (1544-1634, «filosofo, medico, letterato e drammaturgo» bolognese, p. 9) Caliginoso come membro dell'accademia dei Gelati di Bologna da lui stesso fondata. Bologna era una importantissima città nella sfera papale che godeva di rilevanti privilegi teatrali (che conservò anche nel secolo successivo). Questo testo ritrovato ha nel suo paratesto una fonte importante riguardo alle concezioni tragiche del tempo (XVI-XVII sec.), paratesto che forse rappresenta l'elemento più significativo della tragedia. 

Vallieri ci introduce dunque sia nella famiglia “accademica” degli Zoppio, sia nel mondo accademico italiano (in questo caso dell'Italia del centro-nord), così rilevante e significativo per lo spettacolo e per il suo fitto reticolo di teatri e sale. Le accademie sono state la spina dorsale del discorso culturale italiano fin dal Cinquecento e la ricognizione nei “lavori spettacolari” dell'accademia dei Gelati consente di vedere, attraverso Zoppio e i suoi “colleghi”, in dettaglio l'influenza dei Gelati su certi episodi ed eventi spettacolari a Bologna. 

La curatrice ricostruisce una parte interessante della vita politico-sociale e culturale di Bologna in cui Melchiorre Zoppio nacque da famiglia aristocratica e fu sempre parte, per lettere e per teatro, di quella fiorente comunità. Seguendo “l'esempio” del padre Girolamo, membro dell'accademia bolognese dei Catenati, fondò, insieme ad altri, quella dei Gelati dotandola di uno spazio notevole nel proprio palazzo in Strada Maggiore (p. 17) e facendo disegnare l'impresa da Agostino Carracci

Un aspetto interessante delle attività accademico-teatrali sono i tornei scenografico-spettacolari, con relative relazioni-descrizioni. Se si hanno in mente i tornei per l'arrivo della maturità di un gentiluomo in ambito fiorentino (penso alle giostre medicee quattrocentesche), si capisce l'importanza di ricostruire questi eventi spettacolari in ambito felsineo. Ma lo Zoppio Caliginoso costruisce pure teatri provvisori nel suo palazzo sede dei Gelati e compone per il teatro. Un tratto importante di questo intellettuale sta nelle riflessioni drammaturgiche sui generi, su limiti e doveri (per così dire) della drammaturgia, un “dibattito” (anche acceso) che attraversa il teatro italiano (ma non solo) fino a tutto il Settecento. Poi cambia tutto. Dunque l'aspetto teorico e l'“ispezione critica” sul teatro (comico e tragico) sono forse il tratto più influente di questo accademico, riflessioni che lasciano tracce importanti nella cultura del Seicento bolognese. Vallieri si sofferma su un trattato «d'amore», Psafone del 1590. Ma, come accade anche per il testo proposto in edizione critica e commentata, l'aspetto più rilevante del trattato si trova nell'appendice Ricreationi amorose (poi riproposte nel 1617). Il testo affronta temi mitologici tratti dalle fonti antiche che ebbero un'influenza diretta anche sul già citato Agostino Carracci che utilizzò le tematiche del Caliginoso per gli affreschi della Galleria Farnese. Uno scritto che «rappresenta una tappa importante per lo sviluppo di molta cultura bolognese del Seicento» (p. 21). 

Zoppio fu autore di tragedie di un qualche valore e dopo il Diogene compose Medea esule (1602), il Re Meandro (1629) e Admeto (1634), oltre alla perduta Creusa, oltre ad altre opere elencate dall'Allacci ma irrintracciabili. Vallieri si sofferma sulla Medea esule, notando che nella struttura formale «riprende il modello proposto dal Giraldi Cinzio, mentre per quanto riguarda gli espedienti per aumentare il grado di tensione tragica molto deve alla Merope del Morelli» (p. 23). D'interesse, di nuovo, il prologo recitato da Diana che rimanda, con i suoi riferimenti al giro del sole, alle unità pseudo-aristoteliche (Vallieri ricorda, per ciò, il famoso “sole” del Sangallo per il Commodo “mediceo” del 1539). 

Tornando ai tornei spettacolari dell'Accademia dei Gelati, Vallieri cita, tra gli altri, quello del 1600, La montagna circea, il primo organizzato dai Gelati, in occasione del passaggio di Margherita Aldobrandini da Bologna. La tradizione spettacolare-cavalleresca era radicata in città ed è proprio attraverso questa attività così legata a musica, coreografia e scenotecnica che gli artisti bolognesi «felicemente versati nel campo dell'effimero, riuscirono a dare un apporto determinante alla storia della scenografia e a quella dell'edificio teatrale» (p. 28). 

L'autrice-curatrice nota elementi importanti, in questi spettacoli, come quello scenografico del monte, una imponente macchina che ospitava sulla sua sommità il palazzo della maga Circe. Il monte, nella storia della scenografia, ha un posto di rilievo, e rinvio alle riflessioni e ricognizioni di Ludovico Zorzi (Il teatro e la città, 1977) al riguardo. Vengono usate le dettagliate descrizioni disponibili e provenienti dai Gelati e dallo Zoppio, e così si forniscono dati e spunti per riflessioni importanti sulla storia (e in parte lo sviluppo e la genesi) della scenografia barocca. Segue una dettagliata descrizione degli apparati e degli “effetti speciali” (numerosi ed elaborati). Segue anche, nel volume, una ulteriore rassegna delle opere dello Zoppio. Delle composizioni, che coprono, direi, tutto l'arco “canonico” dei generi teatrali, Vallieri evidenzia il valore che rivestono nella comunità teatrale coeva e sottolinea il significato importante delle collaborazioni, addirittura col Guarini. Suggestivamente, l'autrice ci fa immaginare discussioni teoriche sulle pastorali o le tragedie tra l'autore del Pastor fido e l'altro accademico Campeggi nelle sale dei Gelati in palazzo Zoppio. Nient'affatto improbabile. 

L'autrice poi va ancora più a fondo nella produzione dello Zoppio e nel tentativo di ricostruire l'attività teatrale nella sala dei Gelati a Bologna. Un reticolo di titoli, nomi, informazioni preziose che forniscono un vero e ricco panorama, quasi un diorama (se si immaginano i protagonisti come figurine di un presepe teatrale) del mondo teatrale del primo Seicento felsineo. Non posso qui riportare tutto questo fitto e rilevante “reticolo” ma dico solo che le pagine sono ricche e interessantissime per lo storico del teatro e dello spettacolo, assetato di informazioni affidabili e rappresentative. 

Ho mancato, finora, di segnalare un “dato” importantissimo per il Seicento: la musica e l'opera e le collaborazioni, gli autori, i musicisti, le occasioni sono precisamente riportati nelle pagine introduttive al testo teatrale. Concludo questa parte segnalando in particolare la sezione Le “Prose” dei Gelati (1671) e la posizione estetica dell'accademia dei Gelati. Si tratta di pagine che danno conto non solo degli aspetti teorici, riportati in tre opere delle Prose, ma anche di quello scenotecnico, quello relativo ai costumi, alla musica, alla poesia (con riflessioni sulla lingua), al canto. Vallieri definisce, giustamente, questa parte «un vero e proprio catalogo delle meraviglie scenotecniche […] un fitto repertorio di “effetti speciali” nella cui realizzazione i Gelati avevano dimostrato le proprie capacità e competenze fin dal 1600» (pp. 48-49). Quindi siamo di fronte a una tradizione fatta di tornei, opere-torneo, pastorali, tragedie, commedie ecc., una ricca produzione che, nonostante alcuni anni di silenzio editoriali, i Gelati raccolgono in importanti “trattati” (direi quasi “repertorî”)” sull'arte e sulla “teoria/ideologia” del teatro e dello spettacolo. 

Venendo al testo ritrovato, e cioè la tragedia nei canonici cinque atti Giuliano cacciatore del 1605, devo dire, come già accennato all'inizio di questa recensione, che probabilmente l'aspetto più prezioso si trova, di nuovo, nel suo contributo teorico ai dibattiti coevi. Infatti questa tragedia consente di «fare alcune considerazioni sulla poetica tragica del Caliginoso attraverso una drammaturgia che coinvolse tanto l'accademia dei Catenati [quella del padre dello Zoppio, ndr] […] quanto quella dei Gelati» (p. 71). La lunghissima lettera dedicataria al cardinale franco-bolognese Serafino Olivier Razzali/Razali «è un vero e proprio trattato di poetica» (p. 72) in cui Vallieri rileva che la Medea esule era la tragedia che Zoppio riteneva più rappresentativa della sua idea drammaturgico-tragica. «Sulla scia di Aristotele di cui Zoppio era profondo conoscitore, Sofocle viene indicato come modello di riferimento per una tragedia scevra dalle raffinatezze e dagli abbellimenti tipici della drammaturgia contemporanea» (p. 73), ma ciò nonostante resta (significativamente) centrale, per lo Zoppio, la Poetica di Orazio (cfr. p. 75). 

Diversamente da altre sue drammaturgie, il Giuliano attinge a una leggenda religiosa medievale (con una eco dell'Edipo sofocleo) presa dalla Legenda aurea. Lascio ai lettori e alle lettrici l'investigare (e chissà? forse apprezzare) la trama di questo testo “medieval-barocco” (cfr. pp. 77-84). 

Il volume include una interessante appendice iconografica che riporta, oltre a un singolare ritratto dello Zoppio, anche i disegni della montagna per La montagna circea

In conclusione, questo volume ci apre una finestra privilegiata sul mondo accademico-spettacolare della Bologna del tardo Cinquecento e del primo Seicento, un periodo fondamentale e formativo per lo spettacolo italiano (teatro e opera e da non dimenticare lo stabilizzarsi del professionismo degli attori e delle attrici). Attraverso una vasta messe documentaria, testuale e bibliografica, Vallieri ci fa rivivere polemiche e dibattiti a cui lo Zoppio partecipava attivamente, e con una certa influenza, attraverso i Gelati. Seppure nella sua relativa brevità, questa edizione critica mette in conversazione un notevole numero di poeti, musicisti, drammaturghi, pittori, apparatori, ossia con un mondo spettacolare bolognese ricostruito con rigore scientifico.


di Gianni Cicali

Giuliano cacciatore

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Morlacchi Editore

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Indice

 

1. Melchiorre Zoppio, un accademico versatile

1.1 Per una biografia culturale  

1.2 Le drammaturgie del “Caliginoso” accademico Gelato

 

2. I Gelati e lo spettacolo tra teoria e prassi

2.1 La cronologia, i protagonisti

2.2 Le “Prose” dei Gelati (1671) e la posizione estetica dell’accademia in ambito teatrale

2.3 L’accademia e gli artisti

2.4 Il teatro di casa Zoppio

 

3. Una tragedia ritrovata: Giuliano cacciatore

3.1 Zoppio e la poetica tragica  

3.2 Tra testo e scena  

 

Appendice fotografica

Censimento delle opere

Bibliografia essenziale

Nota al testo


GIULIANO CACCIATORE


Indice dei nomi