Il maestro Meyer, sovrintendente della Scala, ha
presentato il 25 ottobre la nuova stagione 2023-2024 allambasciata dItalia a
Washington. Più che una presentazione è stata una conversazione, con un piccolo
pubblico a cui Meyer ha illustrato lo stato di salute del maggiore scaligero: “healthy
and happy”, un teatro in salute e felice. La “conversazione” è stata introdotta
dallambasciatrice dItalia a D.C., Mariangela Zappia, con una certa emozione. Del lato “healthy” il sovrintendente ha spiegato come il
teatro alla Scala sia riuscito a superare la pandemia e a ritornare pienamente
attiva e in buona salute finanziaria dopo mesi e mesi di chiusura. Molta attenzione è stata data sia al lavoro con gli
sponsor, sia al grande successo della vendita dei biglietti, con un media del
90% di biglietti venduti (e non solo dunque per le opere di grande richiamo),
il che rappresenta un dato assai eloquente della buona salute di un teatro che
non è sovvenzionato interamente dallo stato (o quasi) come succede ad altri
grandi teatri in Europa. Gli sponsor sono restati “fedeli” per la maggior
parte, tranne una defezione, chiamiamola così, per ragioni legate alla crisi
economica del COVID, a cui però si è posto rimedio con larrivo di Giorgio
Armani tra i grandi benefattori, un legame che Meyer ha definito un ideal
match per entrambe le parti. La salute economica ha permesso molti aggiornamenti e
Meyer ha sempre, con eleganza, evidenziato lessenziale contributo dei vari sponsor,
ma anche lesperto e generoso contributo di tutte le parti che rendono vivo un
grande teatro: dai macchinisti alle sarte e così via: la materialità dello
spettacolo. Sono stati apportati miglioramenti nella già ottima acustica, le poltroncine
nei palchi sono state sostituite per aumentarne la comodità, cosi come gli schermi
per le didascalie sono stati aggiornati (ora forniscono traduzioni in otto
lingue), e così via, in un costante sforzo di mantenimento e aggiornamento
delledificio teatrale sia dal lato del complesso produttivo, sia da quello del
pubblico, anche con una specifica attenzione ai flussi turistici e alla loro
demografia. Ma non solo. Leccellente stato di salute (per vendita
biglietti, sponsor, interventi ecc.) si vede anche nei nuovi progetti. Oltre
laggiornamento della componente web (essenziale oggi), La Scala ha lanciato il
suo canale tv online (https://lascala.tv), dove, a costo contenuto, è possibile
vedere o rivedere le grandi opere. Una tv “on demand” (si possono acquistare
anche solo uno o due spettacoli) che permette a chi non può andare a teatro di
fruirne lofferta. Ci sono aperture anche in senso moderno. Meyer ha usato
parole come inclusione (che implica laggiustamento di una serie di accessi al
teatro e altri interventi) o sostenibilità, e a proposito di questultima Meyer
ha abbattuto i consumi energetici (e di conseguenza i costi in tempi di
impennate dei prezzi) di ben il 30%. Una grande attenzione viene data ai progetti per i
giovani, anche con soluzioni (di grande successo) per aiutare i genitori a
portare i bambini a teatro con sconti sensibili e con un “cartelloncino” (tra
cui Il piccolo principe) a misura degli spettatori di domani e per la
loro gioia. Ma ecco il piatto forte della serata-conversazione: la
stagione 2023-24 con opere, concerti, recitals, balletti. Dopo il “russo”
dellanno scorso, si torna al monumento locale, nazionale e identitario per La
Scala: Verdi e il suo Don Carlo diretto da Riccardo Chailly con regia di
Lluis Pasqual, René Pape (Filippo II), Francesco Meli (Don Carlo), Anna
Netrebko (Elisabetta di Valois, poi Maria José Siri il 30 dicembre e il 2
gennaio). Lopera, forse una delle più affascinanti del maestro, riporta alla
Scala per la prima il grande operista e sono sicuro che il pubblico ne
sarà molto lieto. Infatti, i biglietti per il 7 dicembre del Don Carlo
sono andati esauriti in poche ore! Poi seguono titoli pucciniani (è un ennesimo centenario,
1924-2024), con una nuova produzione della Rondine (direttore R. Chailly
e regia di Irina Brook), e la Turandot diretta da Daniel Harding con la
regia di Davide Livermore. Ma ci sarà anche la Médée di Cherubini, e Li
Zite ngalera di Leonardo Vinci, libretto di Bernardo Saddumene, deliziosa
commedia per musica del primo Settecento ed esempio di quella stagione
benedetta per il teatro comico-musicale napoletano ma anche italiano e per i
suoi e le sue interpreti. Di nuovo il grande Verdi con Simon Boccanegra
(direzione Lorenzo Viotti, regia Daniele Abbado), ma poi anche Rota con il Cappello
di paglia di Firenze, il Werther di Massenet, il Rosenkavalier
di Strauss e il Rheingold di Wagner con la direzione di Thielemann e la
regia di David McVicar. Ricco anche il cartellone dei balletti di cui interessa
segnalare Madina con musiche del contemporaneo, e bravo, Fabio Vacchi.
Segnalo anche la terza edizione del Gala Fracci. Del ricchissimo calendario concertistico trovo notevole e
da elogiare la scelta di eseguire Come una ola de fuerza y luz di Luigi
Nono (direttore Ingo Metzmacher, orchestra Filarmonica della Scala). Un compositore
che Claudio Abbado eseguiva spesso e fa piacere vedere mantenuto questo
“sentiero” indicato dal grande maestro. Ma ci saranno anche Schoenberg, Berg e
Webern diretti da Chailly con la Filarmonica. Meyer ha sottolineato inoltre lattenzione al repertorio
barocco che sta riscuotendo un crescente successo anche in Italia oramai da
diversi anni, e per venire incontro ai molti appassionati sarà messa in scena lOrontea
di Antonio Cesti. La stagione si presenta equilibrata, varia e attraente. Non
tralascia le “grandi” opere o i grandi recitals delle star (ci sarà quello di
Florez, tra gli altri), ma include Nono, Berg, Vacchi, opere un po dimenticate
come quelle comiche napoletane od opere barocche come quella del Cesti. Un teatro splendidamente “healthy and happy” come ha
esordito lespertissimo manager-sovrintendente Meyer. Il pubblico è sicuramente
grato come tutti i numeri dimostrano. Concludo segnalando che il 17 novembre, al Museo Teatrale
alla Scala, aprirà la mostra Fantasmagoria Callas, curata da Francesco
Stocchi con lallestimento di Margherita Palli. Se Verdi è la Scala, la Callas
o la Fracci, non sono certo da meno.
di Gianni Cicali
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