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Theatre Research international, Volume 46, Number 2, July 2021


154 pp.
ISSN 0307 8833

Questo numero di «Theatre Research International», dedicato a una Sounding corporeality, si interroga sul sonic turn di inizio secolo, il rapporto tra suono e corpo. Le prospettive di indagine, eterogenee e interdisciplinari, d’area teatrale, coreografica e musicale, focalizzano la riflessione sulla «relazione tra il sonico e l’aptico [che] può essere individuata in molte culture e generi musicali» (p. 109). Ogni contributo approfondisce il tema in direzioni diverse, seguendo la cesura tra musica e danza, suono e corpo – due momenti indipendenti e in costante dialogo – e dunque con possibilità comunicative intermediali e autonome.

Thomas F. Defrantz, nel saggio di apertura (Intermediality and Queer African American Improvisation), affronta la questione del movimento corporeo nell’opera della coreografa e artista Diane McIntyre. Defrantz vede l’improvvisazione di McIntyre come elemento performativo cruciale nel rapporto tra danza e musica – alla base del «black North American context» (p. 120) come modo di espressione e conferma del sé. L’improvvisazione «consente al movimento di allungarsi e piegarsi alla propria volontà in mutamento» (p. 118) e porta la formazione di uno spazio di black regard, in cui l’estetica della performance non nasconde le violenze nei confronti della popolazione afro-americana.


Tempo e improvvisazione creano un legame al di fuori del singolo intervento. Moving Cage: Vibration, Sonification and the Quanta of Time di Marcus Cheng Chye Tan esplora la relazione tra suono, corpo e movimento in Dear John (nel suo allestimento del 2019) della compagnia taiwanese M.O.V.E. Theatre. Qui le relazioni di causa ed effetto tra suono e movimento si confondono; Tan sfrutta la performance per riflettere sul concetto di “sonificazione” e sul suono in quanto «pratica vibrazionale» (p. 175), recepita in ugual misura da artisti, auditorio e personale di sala.


Il concetto di improvvisazione prende una “deriva” sui generis nella conversazione di Prarthana Purkayastha con Jun Nguyen-Hatsushiba in Visuality, Sonicity and Corporeality in Installation Art. Al centro della conversazione con l’artista è la sua installazione Memorial Project Nha Trang, Vietnam: Towards the Complex – For the Courageous, the Curious and the Cowards (2001), che consiste nella proiezione di un film in una sala allagata. Le immagini mostrano le attività subacquee dei pescatori vietnamiti, i cui spostamenti in immersione derivano dalla «necessità di muoversi sotto l’acqua, e, aspetto più essenziale, raggiungere la superficie per respirare» (p. 204), dando origine a una «performance incidentale o addirittura consequenziale» (p. 205).


Annalisa Piccirillo riflette sulla liquidità in Dancing Migration, Making Sound: Mediterranean Practices of Listening and Hospitality, ovvero sulle «risonanze che occorrono tra il migrante […] e il cittadino euro-mediterraneo» (p. 185), dove il mare nostrum funge da luogo amplificatore di quelle sonorità. A partire dal corpo come “cassa di risonanza” in ascolto del sé e dell’altro, sono descritti quattro progetti di performance che riflettono sulla migrazione e l’ospitalità (ascoltare “l’altro” vuol dire creare spazio per “l’altro”) fino all’idea delle affinità tra danza e migrazione, «in virtù della traccia erratica della coreografia» (p. 195).


“Risonanze” di liquidità appaiono anche in Sounding a Quietening: Breastfeeding Choreographies and the Sonic Corporeal Dialogue of Maternal Experience di Aoife McGrath. L’autrice prende come riferimento la propria performance Let Down (2018) per indagare il rapporto tra suono e corporeità nel gesto dell’allattamento materno, dove «l’ambiente sonoro diviene dunque un elemento coreografico centrale nel comunicare le esperienze» di questo tipo (p. 150). Se proprio il suono si fa elemento costitutivo del disagio sociale che l’allattamento in pubblico comporta, la riflessione su di esso ha portato alla «creazione di un corpo sonoro che è stato possibile separare e mettere in dialogo con il corpo danzante» (p. 163)


Voice and the Sleepwalking Body di Michal Grover-Friedlander riflette sulle affinità tra la pratica plurisecolare della deformazione dei piedi (footbinding) delle donne cinesi – fasciati e inarcati in tenera età per ridurne le dimensioni, controverso canone di bellezza che agevolava il matrimonio con i ceti più alti – e la figura del castrato nel canto operistico occidentale, mettendo in comunicazione le finalità estetiche, violente ed erotiche delle due tradizioni. Punto di convergenza è l’opera lirica The Empress’s Feet (nella messa in scena dal gruppo TA OPERA ZUTA nel 2014 a Tel Aviv), diretta dalla stessa Grover-Friedlander.


La seconda sezione della rivista, un dossier dal titolo Sound Moves, si divide in tre parti. La prima, An Archaeology of Sound: “A Slightly Curving Place”, a cura di Nida Ghouse, Umashankar Manthravadi, Moushumi Bhowmik, Alexander Keefe e Padmini Chettur con i loro rispettivi interventi, riprende i temi dell’evento omonimo tenutosi a Berlino nel 2020 e degli argomenti cari a Manthravadi: la mancanza di studi sulle caratteristiche acustiche degli spazi performativi del passato e odierni, con la proposta di «ascoltare al passato e all’assenza che ne rimane» (p. 210).

 

La seconda, Reassembled, Slightly Askew: “Immersive Storytelling Through Sound”, è curata da Shannon Yee (Sickels), Anna Newell, Paul Stapleton, Hanna Slättne e Stevie Prickett e fornisce indicazioni di metodo su come narrazione, suono e coreografia comunicano tra loro nell’opera, basata sull’esperienza traumatica di neurochirurgia invasiva subita da Shannon e il tentativo di restituzione di tale esperienza verso il pubblico.

 

La terza, “Unsettling Sounds”: Some Traces – curata da Sara Jane Bailes, Arabella Stanger, Alexandrina Hemsley, Rajni Shah, Royona Mitra e Jeremy Toussaint-Baptiste riporta le conversazioni del progetto omonimo, che, tenutesi da remoto, hanno esplorato «i vari significati, sensazioni, e potenzialità ideologiche del sonico nell’ambito di composizione sonora, danza, arti visive performance» (p. 230), sotto lo stimolo dell’esperienza del comporre, parlare, ascoltare e discutere on line.



di Davide Bianchi


Theatre Research international, Volume 46, Number 2, July 2021

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