Questo numero di «Theatre Research International»,
dedicato a una Sounding corporeality, si interroga sul sonic turn
di inizio secolo, il rapporto tra suono e corpo. Le prospettive di indagine,
eterogenee e interdisciplinari, darea teatrale, coreografica e musicale,
focalizzano la riflessione sulla «relazione tra il sonico e laptico [che] può
essere individuata in molte culture e generi musicali» (p. 109). Ogni
contributo approfondisce il tema in direzioni diverse, seguendo la cesura tra
musica e danza, suono e corpo – due momenti indipendenti e in costante dialogo
– e dunque con possibilità comunicative intermediali e autonome.
Thomas F. Defrantz, nel saggio di apertura (Intermediality and Queer African American
Improvisation), affronta la questione del movimento corporeo nellopera della
coreografa e artista Diane McIntyre. Defrantz vede limprovvisazione di
McIntyre come elemento performativo cruciale nel rapporto tra danza e musica –
alla base del «black North American
context» (p. 120) come modo di espressione e conferma del sé. Limprovvisazione
«consente al movimento di allungarsi e piegarsi alla propria volontà in
mutamento» (p. 118) e porta la formazione di uno spazio di black regard,
in cui lestetica della performance non nasconde le violenze nei confronti
della popolazione afro-americana.
Tempo e improvvisazione creano un legame al di fuori del
singolo intervento. Moving Cage: Vibration, Sonification and the Quanta of
Time di Marcus Cheng Chye Tan esplora la relazione tra suono, corpo
e movimento in Dear John (nel suo allestimento del 2019) della compagnia
taiwanese M.O.V.E. Theatre. Qui le relazioni di causa ed effetto tra suono e
movimento si confondono; Tan sfrutta la performance per riflettere sul concetto
di “sonificazione” e sul suono in quanto «pratica vibrazionale» (p. 175), recepita
in ugual misura da artisti, auditorio e personale di sala.
Il concetto di improvvisazione prende una “deriva” sui
generis nella conversazione di Prarthana Purkayastha con Jun
Nguyen-Hatsushiba in Visuality, Sonicity and Corporeality in
Installation Art. Al centro della conversazione con lartista è la sua
installazione Memorial Project Nha Trang, Vietnam: Towards the Complex – For
the Courageous, the Curious and the Cowards (2001), che consiste nella
proiezione di un film in una sala allagata. Le immagini mostrano le attività
subacquee dei pescatori vietnamiti, i cui spostamenti in immersione derivano
dalla «necessità di muoversi sotto lacqua, e, aspetto più essenziale,
raggiungere la superficie per respirare» (p. 204), dando origine a una «performance
incidentale o addirittura consequenziale» (p. 205).
Annalisa Piccirillo riflette sulla liquidità in Dancing Migration, Making Sound: Mediterranean
Practices of Listening and Hospitality, ovvero sulle «risonanze che
occorrono tra il migrante […] e il cittadino euro-mediterraneo» (p. 185), dove
il mare nostrum funge da luogo amplificatore di quelle sonorità. A
partire dal corpo come “cassa di risonanza” in ascolto del sé e dellaltro,
sono descritti quattro progetti di performance che riflettono sulla migrazione
e lospitalità (ascoltare “laltro” vuol dire creare spazio per “laltro”) fino
allidea delle affinità tra danza e migrazione, «in virtù della traccia
erratica della coreografia» (p. 195).
“Risonanze”
di liquidità appaiono anche in Sounding a Quietening: Breastfeeding
Choreographies and the Sonic Corporeal Dialogue of Maternal Experience di Aoife
McGrath. Lautrice prende come riferimento la propria performance Let
Down (2018) per indagare il rapporto tra suono e corporeità nel gesto
dellallattamento materno, dove «lambiente sonoro diviene dunque un elemento
coreografico centrale nel comunicare le esperienze» di questo tipo (p. 150). Se
proprio il suono si fa elemento costitutivo del disagio sociale che
lallattamento in pubblico comporta, la riflessione su di esso ha portato alla «creazione
di un corpo sonoro che è stato possibile separare e mettere in dialogo con il
corpo danzante» (p. 163)
Voice and the Sleepwalking Body di Michal Grover-Friedlander riflette sulle affinità tra la pratica
plurisecolare della deformazione dei piedi (footbinding) delle donne
cinesi – fasciati e inarcati in tenera età per ridurne le dimensioni,
controverso canone di bellezza che agevolava il matrimonio con i ceti più alti
– e la figura del castrato nel canto operistico occidentale, mettendo in
comunicazione le finalità estetiche, violente ed erotiche delle due tradizioni.
Punto di convergenza è lopera lirica The Empresss Feet (nella messa in
scena dal gruppo TA OPERA ZUTA nel 2014 a Tel Aviv), diretta dalla stessa
Grover-Friedlander.
La seconda sezione della rivista, un dossier dal titolo Sound
Moves, si divide in tre parti. La prima, An Archaeology of Sound: “A
Slightly Curving Place”, a cura di Nida Ghouse, Umashankar
Manthravadi, Moushumi Bhowmik, Alexander Keefe e Padmini
Chettur con i loro rispettivi interventi, riprende i temi dellevento
omonimo tenutosi a Berlino nel 2020 e degli argomenti cari a Manthravadi: la
mancanza di studi sulle caratteristiche acustiche degli spazi performativi del
passato e odierni, con la proposta di «ascoltare al passato e allassenza che
ne rimane» (p. 210).
La seconda, Reassembled, Slightly Askew: “Immersive
Storytelling Through Sound”,
è curata da Shannon Yee (Sickels), Anna Newell, Paul Stapleton,
Hanna Slättne e Stevie Prickett e fornisce indicazioni di metodo
su come narrazione, suono e coreografia comunicano tra loro nellopera, basata
sullesperienza traumatica di neurochirurgia invasiva subita da Shannon e il
tentativo di restituzione di tale esperienza verso il pubblico.
La terza, “Unsettling Sounds”: Some Traces – curata
da Sara Jane Bailes, Arabella Stanger, Alexandrina Hemsley,
Rajni Shah, Royona Mitra e Jeremy Toussaint-Baptiste –
riporta le conversazioni del progetto omonimo, che, tenutesi da remoto, hanno
esplorato «i vari significati, sensazioni, e potenzialità ideologiche del
sonico nellambito di composizione sonora, danza, arti visive performance» (p.
230), sotto lo stimolo dellesperienza del comporre, parlare, ascoltare e
discutere on line.
di Davide Bianchi
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