Il
volume di Giulia Taddeo prende le mosse dalle avanguardie
storiche per tracciare un percorso di storia della danza, in parte inedito,
fondamentale per comprendere le varie declinazioni della disciplina lungo il
corso del Novecento. I punti di partenza sono il manifesto della danza
futurista di Filippo Tommaso Marinetti (1917) e le feconde esperienze
dei Balletti Russi che, ispirandosi e collaborando con le suddette avanguardie,
hanno nutrito e continuano a nutrire la produzione di danza europea e mondiale.
Basti pensare alla versione de Luccello di fuoco di Maurice Béjart
e al più recente Petruška di Virgilio Sieni.
Il
primo capitolo, Il manifesto e
linfatuazione russa,
mette in relazione i dettami di Marinetti alloperato dellabile impresario Sergej
Djagilev. Anche se non si possono dimenticare le feconde collaborazioni tra
Cubismo e Ballets Russes – si pensi alle scenografie e ai costumi di Pablo
Picasso per alcuni capolavori come Parade, Le tricorne o Pulcinella
–, il Futurismo è il primo dei movimenti avanguardistici a dimostrare
apertamente linteresse per unarte spesso rimasta marginale. Nel medesimo periodo
limpresario, facendo propria la tecnica del balletto ma allo stesso tempo rinnovandola,
restituiva nuova linfa vitale alla danza classica anche grazie a scenografie,
costumi, musiche e drammaturgie stravaganti e accattivanti. L8 luglio 1917
Marinetti firmava il manifesto intitolato La danza futurista; poco tempo
prima, a Parigi, debuttava Parade. Si tratta dunque di due percorsi
paralleli ma forti di scambi e influenze reciproci.
Più originale risulta lassociazione della
danza al manifesto La declamazione dinamica e sinottica (1916).
Questultimo disegna i tratti di un nuovo declamatore: abiti anonimi,
disumanizzazione, geometrizzazione, impiego di strumenti o oggetti, uso inedito
dello spazio. Tali caratteristiche richiamano le pièce più innovative
dei Balletti Russi di Djagilev. Il volume ha il merito di registrare
accuratamente le fonti, anche se note. Prezioso, in questa ottica, è lapporto
degli articoli di giornale: in particolare, uno anonimo attribuito a Sebastiano
Arturo Luciani su Il ritorno di Dioniso, pubblicato su «Il Giornale
dItalia» il 12 aprile 1917; un altro su I nuovi balli russi al Costanzi,
di Alberto Gasco, uscito su «La Tribuna» il 14 aprile dello stesso anno;
infine una recensione coeva pubblicata su «LIdea Nazionale», Passatismo e
futurismo nei Balletti russi al Costanzi. Accostare paratesti come
manifesti (preventivi alle opere) e opinioni della critica (redatte a
consuntivo) è unoperazione utile per analizzare il fenomeno da diverse
prospettive.
Il secondo capitolo, Luci, automi e
macchine danzanti, evidenzia come il rapporto tra macchina e corpo umano,
molto antico, continui a modificarsi con lo scorrere dei secoli, complice il
progresso tecnologico. Il Futurismo, che esalta la bellezza della velocità e
delle macchine, pone questo rapporto in evidenza; il danzatore, dotato di un fisico
allenato, ne sfrutta le meccaniche al fine di esplorare forme di movimento
sempre nuove. Lautrice affronta anche il tema della luce e dellilluminazione,
elemento fondante in ambito spettacolare a partire dallavventura del teatro al
chiuso. In particolare, tratta del ballo Luce su libretto in versi di Gustavo
Macchi (1905), andato in scena al Teatro alla Scala e il cui testo
è fruibile tra le pagine del volume.
Segue un paragrafo dedicato a un testo
pubblicato sulla rivista «Montjoie! Organe delimpérialisme artistique» scritto
da Valentine de Saint-Point nel 1913 e intitolato La Mètachorie.
Il titolo significa “al di là del coro” e rimanda alla danza antica che
accompagnava le tragedie greche; nel testo si accenna anche al valore rituale che
fa della danza un linguaggio stilizzato e «ideista», cioè una danza «suggerita
a livello celebrale dallidea, dalla visione, dal tema da interpretare» (p.
109). A conclusione della prima parte del capitolo, Taddeo propone un estratto
dal Teatro del colore di Achille Ricciardi (1919) e una scena di
danza da Aviatore Dro. Poema tragico in tre atti di Francesco Balilla
Pratella (1920).
Si entra successivamente nel vivo del
rapporto uomo-automa e uomo-macchina tramite il lavoro di Fortunato Depero.
Anche su questo argomento fanno chiarezza alcune fonti: Le prove generali,
articolo su «LImpero» attribuito a Emilio Settimelli; un episodio da Lalcova
dacciaio di Marinetti (1921); Teatro plastico di Gilbert Clavel, pubblicato
in «Comoedia» nel 1915. Per Marinetti il poeta futurista «deve amare ciò che
gli uomini hanno inventato e inventano di più meraviglioso: la MACCHINA» (Lestetica
della macchina, in «La Fiamma», 4 aprile 1926). Gino Gori riflette
invece sulla scenografia, dove il «meccanismo esteriorizzato nelle macchine,
qui non è vana pompa; è materia viva del dramma» (Scenografia. La tradizione
e la rivoluzione contemporanea: teoria e storia, Roma, Stock, 1926, p. 76).
Il
terzo e ultimo capitolo è dedicato alle Pantomime nelle loro
declinazioni novecentesche. Si parte con Ileana Leonidoff, poliedrica
artista (danzatrice, attrice e cantante) che si cimenta sia nel cinema, sia
nella danza, sia come coreografa sia come insegnante. Di Leonidoff lautrice
del volume pubblica Il Mimodramma (apparso ne «Il Mondo» il 14 aprile
1918), «ove lorchestra ha tutta la libertà sinfonica, e lazione è più rapida
e concisa, offre un campo indefinito per lautore della musica e del soggetto,
e per lattore, poiché nessuno di essi dipende dallaltro» (Il Mimodramma,
in «Il Mondo», IV, 14 aprile 1918, 15, p. 10). Segue il testo de Il castello
nel bosco. Azione coreografica in un quadro per la musica di Franco Casavola (Milano,
Ricordi, 1931) di Arturo Rossato.
Taddeo
introduce poi lattività del Teatro Sperimentale degli Indipendenti di Anton
Giulio Bragaglia, soffermandosi in particolare sulla prima stagione (1923)
e rimarcandone laccostamento alla scena futurista. Propone di seguito il
manifesto de Il teatro di Varietà di Marinetti, uscito il 29 settembre
1913; un articolo di Piero Gobetti dedicato a Bragaglia direttore di
scena e pubblicato in «LOra» il 13 ottobre 1923; e unaltra recensione
anonima uscita sulla «Gazzetta di Venezia» il 20 luglio 1923 intitolata Larte
di Jia Ruskaia la meravigliosa danzatrice del Teatro degli Indipendenti.
Ci si concentra poi sul Théâtre de la
Pantomime Futurista, fondato da Enrico Prampolini e da Maria Ricotti
nel 1927. Su questo argomento si registra unintroduzione al programma di sala
del Teatro e tre articoli: Enrico Prampolini e la Pantomima Futurista
(in «LAmbrosiano», 12 maggio 1927); Futurismo italiano sulle scene di
Parigi di Carlo Sircana (in «Il Torchio», 15 maggio 1927); Penombre
di palcoscenico e fantasmagorie di arcoscenico di Vittorio Orazi (ma
Alessandro Prampolini, in «LImpero», 10 giugno 1927). Conclude il
paragrafo il testo de La Salamandra. Sogno mimico per una Danza in 5 tempi di
Massimo Bontempelli di Luigi Pirandello (1928).
Infine,
una sezione dedicata a Giannina Censi, interprete delle cosiddette
“aerodanze”, riprende largomento del capitolo precedente. A corredo Il
teatro aereo futurista di Fedele Azari (1919); unintervista a Censi
di Sofronio Pocarini (Dieci minuti con la danzatrice Giannina Censi,
in «LEco dellIsonzo», 30 maggio 1931); la poesia Decollaggio di Filippo
Tommaso Marinetti; le definizioni di “ritmo”, “euritmia” e “spazio scenico”
tratte da Ritmografia di Antonio Chiesa (Milano, edizione
fuori commercio, 1932, pp. 8-10); e una recensione di Ettore Romagnoli, Tre
arti in una (in «Il Resto del Carlino, 14 luglio 1932), che condensa
poesia, musica e danza.
di Benedetta Colasanti
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