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Hystrio, a. XXXVI, n. 2, 2023


116 pp., euro 12,00
ISSN 1121-2691

Il teatro partecipato, ossia la realizzazione di uno spettacolo con intenti aggregativi e costruito in compresenza tra attori professionisti e non attori, costituisce l’argomento affrontato da Elena Scolari e posizionato nella Vetrina con cui si apre questo nuovo numero di «Hystrio». In merito si propone una panoramica ragionata di queste esperienze seguendo un itinerario attraverso l’Italia dalla quale emergono, tra le tante, le attività di Teatro dell’Argine, Teatro delle Albe, Teatro della Tosse e i tanti analoghi progetti in corso in molte regioni meridionali. 

Trasmette un senso di amarezza e di frustrazione culturale l’articolo di Alessandro Toppi che spiega i motivi della recente chiusura del Nuovo Teatro Sanità diretto da Mario Gelardi lungo un percorso segnato da lavori di adeguamento imposti dalla Digos al silenzio del Comune di Napoli in veste di proprietario dell’immobile. Si rimane nella città partenopea dove opera dal 2006 la compagnia Teatringestazione – come spiega Emilio Nigro – che si caratterizza per un linguaggio di ricerca mimico-gestuale, finalizzato anche a una fruizione in contesti variegati al cospetto di pubblici particolari, dal carcere di Poggioreale agli ambienti urbani, periferie comprese. 

Matteo Brighenti presenta il Collettivo Amigdala attivo a Modena dal 2005: declinato interamente al femminile, intende «indagare attraverso i processi artistici le trasformazioni della città» (p. 8) come realizzato nell’ambito delle manifestazioni inserite nel Festival internazionale Periferico e nelle produzioni della stessa compagnia, a partire da Elementare

Il viaggio di Teatromondo inizia al Théâtre de Vidy di Losanna recentemente riaperto dopo la chiusura per ristrutturazione, che lo ha reso, come ci informa Laura Bevione, moderno e funzionale all’esercizio delle arti sceniche praticabili in cinque sale attrezzate. Malgrado lo scandalo provocato da un attore accusato di pedopornografia, il viennese Burgtheater produce, secondo quanto emerge dalla corrispondenza di Irina Wolf, spettacoli di successo e di pregevole qualità artistica come I demoni di Dostoevskij per la regia di Johan Simons e Angels of America di Tony Kushner allestito dall’americano Daniel Kramer; altrettanto significativa è la messinscena al Volkstheater di Black Flame della regista cilena Manuela Infante, che ha inaugurato un ciclo di spettacoli in cui domina il petrolio inteso come arbitro inquietante dell’economia mondiale. 

Con Laura Caparrotti ci si trasferisce a New York dove hanno fatto notizia sia la rappresentazione al Longacre Theatre di Leopoldstadt, ultimo lavoro di Tom Stoppard diretto da Patrick Marber, sia la riapertura del La Mama e il varo dell’Exponential Festival a Brooklyn rivolto a giovani artisti. Il Downtown Contemporary Arts Festival, spiega Brunella Fusco, costituisce la principale rassegna internazionale egiziana attiva da dieci anni: nell’ultima edizione ha proposto spettacoli rilevanti, da Losing It della coreografa palestinese Samaa Wakim a Dear Layla di Basel Zaraa; altro contesto per misurare lo stato di salute della scena contemporanea è stato l’Arab Arts Focus, sempre al Cairo. Teatromondo si conclude con il contributo di Nicola Pianzola che racconta il proficuo incontro artistico tra Instabili Vaganti e gli artisti balinesi Made Suteja e Kadek Budi Setiawan, da cui è maturato il progetto interculturale The Shadow of Dante, in cui i versi del Sommo Poeta incontrano i linguaggi figurativi del teatro indonesiano. 

Spetta alle competenze di Marco Menini, Roberto Rizzente e Francesco Tei la cura del Dossier Teatro e follia. Intervistato dallo stesso Rizzente il noto psichiatra Vittorino Andreoli – addentratosi con passione nel teatro tanto da ricordare Artaud, il pirandelliano Enrico IV e Amleto – sostiene che «esiste un teatro dell’esistenza, che si recita senza copione» e che «la follia non si misura sui sintomi, si misura su una visione del mondo» (p. 21). Come la concezione della follia si sia definita nel corso della storia dell’uomo è l’argomento affrontato da Alice Strazzi (i Greci, per i quali è dono divino oppure castigo), Claudio Bernardi (Medioevo e Rinascimento: ossia dalla Festa dei Folli alla Commedia dell’Arte con La pazzia di Isabella), Laura Bevione (la follia autentica e simulata in Shakespeare), Stefania Di Carlo (la pazzia nel teatro del Siglo de Oro, da Lope de Vega a Calderón de la Barca), Gianni Poli (la teatralizzazione comica in Molière e tragica in Racine), Marco Castellari (la follia nel teatro tedesco da Goethe all’espressionismo di Georg Kaiser, passando attraverso Kleist, Hörderlin, Büchner), Andrea Bisicchia (il senso di pazzia dettato e prodotto dalle convenzioni sociali nel teatro borghese scandinavo di fine Ottocento). 

Ancora Bisicchia firma l’articolo dedicato all’analisi della follia in Pirandello soffermandosi su Il berretto a sonagli, la signora Flora di Così è (se vi pare) e la ribellione di Enrico IV. Si riconduce a problematiche strettamente congiunte alla denuncia dei disagi sociali «la pazzia che abbrutisce le facce, che spezza le voci e conduce alla disperazione e alle lacrime» (p. 29), dichiara Alessandro Toppi riferendosi al teatro napoletano e individuando un filo rosso che attraversa Eduardo, Enzo Moscato, Annibale Ruccello fino a Mimmo Borrelli e Davide Iodice. L’irrazionale, la diversità e la malattia costituiscono i perni intorno ai quali Pier Paolo Pasolini si relaziona alla pazzia intesa come contrapposizione alla società borghese: è quanto rivela Matteo Boriassi dall’analisi delle tragedie composte negli anni Sessanta. 

Renata Savo propone una mappatura ragionata e assai dettagliata delle compagnie teatrali in cui figurano soggetti disagiati o diversamente abili. Seguendo un criterio geografico si ricordano, tra le tante iniziative, Teatro la Ribalta di Bolzano, Atir Teatro Ringhiera di Milano, la bolognese Arte e Salute Onlus, Teatro dell’Ortica di Genova, il romano Teatro Patologico e le napoletane TeatrinGestAzione e Teatro Civico 14. 

«Tra il teatro e la follia c’è un territorio comune, la catarsi in stati d’animo dalle svariate sfumature» (p. 34), dichiara Danio Manfredini a Giusi Zippo, dopo aver raccontato le esperienze vissute presso la comunità psichiatrica Casa Nuova di Milano e successivamente filtrate nella sua produzione drammaturgica. Altrettanto fondamentale è la testimonianza artistica dell’autore, attore e regista Pippo Delbono: nel dialogo con Marco Menini sottolinea l’importanza della presenza creativa di attori disagiati nella sua compagnia, segnatamente il compianto Bobò, e nella costruzione dei suoi spettacoli, trai quali La gioia (2018) e Amore (2021) costituiscono eloquenti esempi. 

La pazzia declinata al femminile diventa il percorso analitico seguito da Laura Caretti che si rivolge alle varie interpretazioni attoriali di Ofelia (da Patrizia Zappa Mulas a Flaminia Cuzzoli), di Blanche di Un tram che si chiama desiderio di Tennessee Williams (da Mariangela Melato a Laura Marinoni) per concludere con 4:48 Psychosis di Sarah Kane (da Monica Nappo a Micaela Esdra). Per quanto riguarda i personaggi maschili alterati dalla follia, Francesco Tei sceglie Re Lear interpretato da Glauco Mauri, Oreste affidato a Giovanni Drago diretto da Valerio Binasco (2022), Woyzeck di Büchner secondo la lettura scenica impressa da Claudio Morganti e infine Osvald di Spettri assunto da Gianluca Merolli

Contiene in sé gli elementi propri di un vero e proprio percorso interno alla drammaturgia italiana contemporanea la serie di testi in cui domina il disagio psichico esaminati da Federico Bellini, quali Un bès di Mario Perrotta, L’odore assordante del bianco di Stefano Massini, La pecora nera di Ascanio Celestini, per concludere con Il delirio bizzarro di Carullo-Minasi. Aprono uno sguardo sulla presenza della follia nel teatro europeo e americano del secondo Novecento una serie di finestre dedicate a Samuel Beckett (Laura Santini), a Thomas Bernhard (Roberto Menin), Albert Camus (Gianni Poli), Friedrich Dürrenmatt (Giuseppe Liotta), Jean Giraudoux (Letizia Russo), Rafael Spregelburd (Manuela Cherubini), per concludere con Peter Weiss (Liotta) e Williams (Fabrizio Sebastian Caleffi), non dimenticando il legame di Antonio Rezza con Antonin Artaud (Amelia Natalia Bulboaca). 

Partecipa al racconto della follia anche la danza a partire da Giselle (1841) per proseguire con i contributi novecenteschi e poi contemporanei riconoscibili – come dimostra Carmelo A. Zapparrata – in Mats Ek, Vaslav Nijinsky, John Neumeier, Emio Greco e Roberto Zappalà

Conclude questo interessante e dettagliato Dossier il contributo di Giuseppe Montemagno indirizzato al melodramma delineato nel suo percorso storico, dagli albori con la Finta pazza al suo successivo consolidamento con le opere in musica di Gaetano Donizetti, Vincenzo Bellini, Giacomo Rossini e Richard Wagner per incontrare nel ’900 Alban Berg

La sezione Anniversari ospita un pregevole intervento di Annamaria Cascetta per il centenario della nascita di Giovanni Testori, del quale sottolinea la posizione di primo piano nel teatro contemporaneo grazie all’invenzione di una lingua «di carne e ossa […] lontana dagli accademismi» e calata «nella vivezza del dialetto, nelle cadenze della parlata» (p. 51), come bene emerge dalle commedie analizzate quali La monaca di Monza e I promessi sposi alla prova. Con adeguate competenze analitiche Simone Soriani si addentra nelle eredità artistiche lasciate da Franca Rame a dieci anni dalla scomparsa. 

In Exit si accolgono luminose schede artistiche di uomini dello spettacolo recentemente scomparsi quali il regista Maurizio Scaparro (Claudia Cannella), il critico e studioso Georges Banu (Giuseppe Montemagno), il conduttore televisivo e drammaturgo Maurizio Costanzo (Fabrizio Sebastian Caleffi), l’attore Ivano Marescotti (Giuseppe Liotta), il commediografo Massimo Sgorbani (Diego Vincenti), il coreografo Gino Landi e l’attore Piero Nuti (Albarosa Camaldo). 

Due sono i Ritratti presentati da «Hystrio»: Elena Scolari dipinge quello di Roberto Anglisani, attore meritevole di attenzione per il suo lungo percorso artistico segnato da tappe importanti come l’incontro con Marco Baliani con il quale affina le tecniche del teatro di narrazione poi messe in pratica nei suoi spettacoli di maggiore successo quali Giovanni Livigno ispirato al Gabbiano di Jonathan Livingstone e Giobbe, storia di un uomo semplice da Joseph Roth. Di Luigi Dadina, co-fondatore nel 1983 di Teatro delle Albe, si occupa Michele Pascarella che mette in luce le sue abilità come attore e nei panni di regista e drammaturgo. 

Il giovane collettivo Les Moustaches, sostenitore di un linguaggio teatrale sperimentale aperto alle arti visive secondo quanto scrive Mario Bianchi nelle pagine di Nati ieri, si sta affermando per effetto del successo ottenuto con Il giovane Riccardo ispirato allo shakespeariano Riccardo III letto in chiave contemporanea, e il successivo La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza (semifinalista del Premio Scenario) fino al recente L’ombra lunga del nano

La consueta e corposa sezione delle Critiche teatrali ordina le tante recensioni degli spettacoli secondo criteri regionali. Altrettanto aggiornate e ricche di informazioni sono le pagine dedicate alla Danza e alla Lirica. Nella Biblioteca Ilaria Angelone e Albarosa Camaldo raccolgono le schede relative alle novità editoriali italiane legate alla cultura dello spettacolo. 

Il testo pubblicato in versione integrale è Zorro di Federico Bellini e Antonio Latella anche regista dell’allestimento che ha debuttato nel settembre 2021 allo Staatstheater di Cottbus. Le tante e utili informazioni de La società teatrale sono raccolte da Roberto Rizzente.


di Massimo Bertoldi


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