Fa parte della collana “Voci
di scena” diretta e curata
da Teresa Megale, tradotta per la prima volta in italiano da Antonia
Liberto, lautobiografia di Valentino Albert Fratellini unisce
diversi materiali: memorie, pensieri, dediche di personaggi celebri, ricordi. Organizzata
in un prologo e sei capitoli, racconta di Albert, il più piccolo di quattro
fratelli, e della sua famiglia, fra le più longeve nellambito circense del
vecchio continente. Il trio artistico, composto da Paul, François
e (alla morte del maggiore Louis)
Albert, raggiunge il maggior successo in Francia durante gli anni
Venti e Trenta del Novecento. I clown Fratellini alimentano un mito, le cui testimonianze
si riflettono in film, musiche, fotografie, manifesti, fumetti, per tutto il
corso del Novecento.
«Ah! la pista… chi mi ridarà la pista, il pubblico, gli
applausi, le chiacchiere nei camerini? Chi? Nemmeno io stesso ne sono capace»
(p. 34). Il prologo si apre con le parole di Albert che non accetta di non
essere più in scena: la gente non crede che lui possa sedersi ad un tavolo e
scrivere le sue memorie, la sua biografia. È un vecchio clown, che non
ha piacere di essere trattato da guitto, da saltimbanco o da strampalato perché
lui il mestiere lo ha nel sangue. «Sono un uomo di circo e se un giorno sarò
accolto in Paradiso – come spero – Dio forse mi considererà come uno dei suoi
buoni soci» (p. 35).
Il primo capitolo si apre con il padre
Gustavo, nato in una famiglia di artigiani fiorentini, che sceglie il mestiere
circense. Abile trapezista e clown, sposa
una giovane lavandaia incontrata a un ballo del quartiere, che vive la sua esistenza
occupandosi dei figli e del marito, spesso nei peggiori alloggi di fortuna. Ai
Fratellini viene sin da subito impartita uneducazione al mestiere attraverso
la pratica diretta, sotto la guida paterna, formandoli attraverso complessi
esercizi acrobatici e abituandoli a adattarsi alla vita girovaga. Alletà di
quattro anni Albert realizza il suo primo salto mortale, evidenziando come Gustavo
ha fretta di unirlo al numero familiare. «Leducazione acrobatica, che ci hanno
insegnato dalla A alla Z, non era il nostro unico lavoro. Dovevamo essere
idonei a comparire nelle pantomime […] e di conseguenza imparare la danza e il
mimo». E ancora: «un clown deve aver svolto tutti i mestieri del circo, dal
cavallerizzo allacrobata, solamente allora sarà in grado di far ridere il
pubblico» (pp. 60-61).
Nel secondo capitolo lartista racconta del trasferimento
dalla Russia – luogo di nascita e di prime esperienze lavorative – a Parigi,
nel quartiere di Montmartre, dove trascorrerà la maggior parte della sua vita.
A sedici anni inizia una grande tournée attraverso la Francia con il
Circo Plège, con François come cavallerizzo e lui, il padre, Louis, Paul come
acrobati. Abituati al pubblico russo, tedesco e francese, si recano poi in
Inghilterra e «fummo innanzitutto colpiti da quella che viene chiamata “flemma
inglese”» (p. 102). È qui che Albert elabora il suo prezioso tesoro: labbigliamento
largo e trasandato e il trucco.
«Sono dunque partito dallInghilterra con il mio trucco […]
che ha ottenuto il successo che sapete. Si è visto affisso in tutte le capitali
[…] nei luoghi più inaspettati […] la mia faccia era anche nei gabinetti
pubblici» (p. 119). Si apre così il terzo capitolo prima di raccontare della
dipartita del caro fratello Luis – grazie al quale nasce il famoso trio – e
della storia, simpatica e complicata, dellamore per lartista Amelia de Palma
che sposa – fuggendo con lei per tre giorni – in gran segreto. Albert esalta la
comicità dei Fratellini come un dono di natura. Far ridere senza una
preparazione, senza imbrogli, mantenere le risate senza cedimenti, fino
alluscita dalla pista, sono i soli e unici obiettivi dei fratelli. Il lato
solare è la loro unica direzione e il riso il loro inseparabile compagno di
avventure. «Aver divertito gli scandinavi, i russi, i tedeschi, i cechi, i
danesi, i polacchi, i romeni, gli austriaci, gli ungheresi, i belgi, gli
olandesi, gli inglesi, gli italiani, gli spagnoli, i portoghesi, gli arabi, i
francesi […] è stato un bellissimo tour de force e siamo fieri di
esserci riusciti» (p. 122).
Il quarto capitolo racconta di alcuni avvenimenti durante
la Grande guerra. La fama di molti acrobati, funamboli, artisti equestri –
tornati in patria per servire il proprio paese – comincia a svanire e il circo subisce
una grave crisi dovuta al fatto che i suoi migliori elementi si disperdono.
Anche Albert, idoneo alla leva, decide di arruolarsi nella Legione straniera,
malgrado in molti lo persuadono a rimanere in “uno status quo più
confortevole”. Uno dei musicisti del Medrano riesce così a trovargli un lavoro
in uno degli stabilimenti della periferia parigina per occuparsi della difesa
nazionale e per non fargli abbandonare i fratelli, rispettando lingaggio al
Medrano. «Senza perder tempo a togliermi la tuta da operaio, fuggivo ogni sera
al circo e prendevo il primo treno allalba per andare a “girare” le cartucce
dei proiettili» (pp. 171-172). Gli anni passati in questo circo sono inoltre
legati allamicizia con il signor Bonten e della signora Medrano, che annullano
le barriere esistenti di norma tra artisti e direttori.
Il quinto capitolo mette in luce il momento in cui nel 1930
Desprez ha lidea di promuovere un tendone itinerante per la Francia, il
Cirque Fratellini, approfittando del grande successo dei tre artisti.
Limpresa, però, ha vita breve: dopo ununica tournée il circo viene
chiuso e demolito. Il direttore si ritira e, nonostante una sentenza che lo
costringe a versare milioni di danni e interessi, i Fratellini non ricevono
nulla. Nel 1928, per la prima volta, approdano in Italia per una serie di
spettacoli durante i quali si esibiscono al fiorentino Politeama, a Milano
e a Roma, dove sono ricevuti da Papa Pio XI e da Mussolini. Girano la penisola
almeno nel 1932 e nel 1933, arrivando anche a Napoli e Palermo. In Italia
Albert acquista la sua prima e tanto desiderata auto – grazie ad André Citroën
– che, col nero e il rosso brillante, richiamava le tinte del suo maquillage: «rappresentava
i colori del mio personaggio e come ero vestito in pista! Questauto mi
piaceva, anche più della Peugeot che acquistai più tardi, sulla quale feci
montare un motore Bugatti. Quante volte ho ingannato gli amatori delle
competizioni che, in strada, vedevano trasformarsi allimprovviso quella
pacifica auto familiare in un bolide!» (p. 215).
Ecco lincipit dellultimo capitolo del volume: «giunto
quasi al termine di questo libro, mi accorgo di avere ancora molto da dire. Ma
come scegliere tutti i fiori in questo mazzo di aneddoti e ricordi?» (p. 225).
Albert evidenzia come per molto tempo – in veste di clown – ha sorriso
solo in pista, soprattutto dopo la perdita degli altri suoi fratelli e della
sua unica figlia Alberta-Louisette, morta nel 1931. Eccellente artista, è
la sua spalla in La Java, una delle migliori entrate, che
piace tanto al pubblico. Un talento comico suona il violino, il sassofono, il
trombone e il pianoforte. «Non possono comunque immaginare quanto è amara la
sorte di un clown. Sono sceso dalla pista a Lione ridendo, mentre la bara
contenente le spoglie di mia figlia si stava incamminando verso il cimitero»
(p. 229). Malgrado tutte queste vicissitudini lartista riesce a tenere a galla
il loro nome «perché il nome dei Fratellini deve rimanere, per coloro
che ci hanno conosciuti e per le generazioni a venire, il simbolo della gioia
che dilaga, come una tempesta, sui gradoni del circo. Non resta altro che […]
con una grande risata e una capriola, si congeda da voi, cari lettori» (p.
237).
Noi, i Fratellini costituisce
una straordinaria testimonianza sulla vita dei celebri clown. Fin
dallintroduzione, si manifesta lintenzione di rendere il volume una “fonte
preziosa sul mondo dello spettacolo popolare dalle rigide leggi interne”. Il
testo offre un valido contributo alla ricostruzione delle prassi circensi
dellomonima famiglia, sulle fragilità e sullalienazione di un mondo fatto di
allenamento quotidiano, di regole inflessibili. Il volume si chiude con un
suggestivo apparato iconografico e la bibliografia.
di Stefania Prisco
|
 |