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Eva Marinai

Il tragico quotidiano. Jean Anouilh, mito e teatro a Parigi fra le due guerre


Corazzano (Pisa), Titivillus, 2023, 240 pp., euro 18
ISBN 9788872184714

La figura di Jean Anouilh (1910-1987), prolifico drammaturgo e uomo di teatro, è stata solo di recente rivalutata dagli studi, vittima di settorializzazioni arbitrarie che l’hanno relegata ingiustamente sullo sfondo. Eva Marinai la ricolloca molto opportunamente in un momento storico complicato ma allo stesso tempo irripetibile per l’abbondanza e la qualità delle sperimentazioni spettacolari a Parigi: quello dell’entre-deux-guerres

I fuochi della prospettiva alla base del saggio sono il concetto di tragico (con le annesse tematiche del mito e del ritorno al classico) e il teatro parigino del tempo, inteso come insieme eterogeneo di concezioni e realizzazioni anche molto diverse tra loro. Entrambi sono fondamentali per l’arte di Anouilh. 

Nella prima parte, Tempo, l’autrice parte dal primo dei due cuori della questione e squaderna in pagine dense ma ben dosate le intuizioni e le riflessioni più lucide di studiosi che, dal secolo scorso a oggi, hanno scavato nel concetto di tragico e nella sua relazione con la tragedia, da George Steiner e Peter Szondi passando per Hans Blumenberg fino a Hans-Thies Lehmann. Inseguendo il tragico sulle loro orme, Marinai rintraccia il fil rouge di un’accezione più “umile” del concetto. Da Le tragique quotidien (1896) di Maurice Maeterlinck questo tragico “diverso” arriva alle pièces noires di Anouilh e alle sue protagoniste che «indossano le maschere del mito così come le ragazzine portano i tacchi della madre, avanzando sfrontate e traballanti verso lo specchio» (p. 16). Legata a doppio filo al tragico è la ripresa novecentesca del mito, «bacino a cui il mondo contemporaneo attinge per comprendere e tentare di “ordinare” un caos che apparirebbe altrimenti inspiegabile» (p. 8). 

Con la seconda parte, Azione, si entra nel vivo dell’operato di Anouilh, che si configura giustamente come vero e proprio artigianato del teatro. L’ambiente parigino nel quale il precoce drammaturgo si forma ed emerge è ricco di stimoli e brilla grazie ai quattro punti cardinali del Cartel, l’alleanza stretta fra Louis Jouvet, Gaston Baty, Charles Dullin e Georges Pitoëff contro il teatro accademico e quello boulevardier. In questo contesto Anouilh incontra figure chiave come quelle di Cocteau e di Giraudoux e rilegge i classici (soprattutto i greci, Shakespeare, Molière) che non perderà mai di vista e che innervano la sua opera. 

Nella prospettiva specifica della monografia, Marinai seleziona cinque drammi dell’abbondante corpus anouiliano, andati in scena tra il 1929 e il 1944: L’Hermine (1932), Le Voyageur sans bagage (1937), La Sauvage (1938), Eurydice (1941) e Antigone (1944). Fonti per lo studio delle opere selezionate sono state lettere, taccuini, carnets con disegni e note per gli allestimenti, manoscritti e dattiloscritti. L’analisi è preceduta da focus fondamentali sui rapporti e le collaborazioni di Anouilh rispettivamente con Jouvet e Paulette Pax, con Pitoëff, con André Barsacq. Molteplici sono gli aspetti quindi considerati per le singole opere: la drammaturgia stessa, i rimandi ad altri testi, il processo di realizzazione scenica, l’interpretazione, la ricezione e la rassegna stampa sono i riflettori puntati sull’oggetto primario e inafferrabile, lo spettacolo. 

La terza parte, Luogo, firmata da Carlo Titomanlio, illustra infine la costellazione ricchissima dei luoghi dello spettacolo parigino tra le due guerre (e oltre), in relazione alle esperienze e alle opere delle sue personalità di spicco. Gli spazi vengono così riannodati a eventi entrati oggi a pieno titolo nella storia del teatro. 

Chiudono il volume un suggestivo apparato iconografico di ventisei immagini e la bibliografia.


di Italo Papandrea


La copertina

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