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Mapping Artistic Networks: Eigteenth-Century Italian Theatre and Opera Across Europe

A cura di Tatiana Korneeva

Turnhout, Brepols, 2021, 231 pp., euro 125,00
ISBN 978-2-503-58495-9

Ormai da qualche lustro la casa editrice Brepols si sta affermando come punto di riferimento di studi musicali e teatrali di ampio respiro, nel segno di quel cosmopolitismo che fenomeni italiani come l’improvvisa, l’opera seria e buffa, gli intermezzi e la commedia riformata seppero incentivare in Europa a partire dall’età moderna. Lo sforzo, sempre più urgente, di sistematica mappatura degli itinerari di artisti e professionisti del belpaese coinvolti nella macchina spettacolare attraverso le rotte d’oltralpe, da ovest a est e da sud a nord del continente, trova un punto fermo in questo volume collettaneo, per le cure di Tatiana Korneeva, che raccoglie saggi di studiosi internazionali afferenti a vari ambiti disciplinari che spaziano nel cuore del Settecento tra diversi generi e a differenti latitudini. Ne viene fuori la ridefinizione di una mobilità complessa, ben più articolata e multiforme di quella finora tracciata, in cui l’importazione delle culture da altri paesi nella penisola è almeno di pari importanza all’esportazione dei saperi e del professionismo made in Italy

Nella prima delle tre sezioni di cui si compone il volume, Itinerant Italians, si indagano gli itinerari e i flussi migratori dei professionisti del teatro italiano in Europa, con un’attenzione particolare alla rete di agenti e intermediari che fecero da tramite fra artisti e mecenati. Melania Bucciarelli ricostruisce l’intreccio di contatti che negli anni venti del secolo portarono a Londra il grande castrato Francesco Bernardi detto il Senesino, punta di diamante di una scuderia di virtuosi che contribuì a istituzionalizzare l’opera italiana sulle sponde del Tamigi. Marc Niubo individua le caratteristiche delle diverse compagnie operistiche itineranti attive nell’Europa centro-orientale, partendo dalla ricognizione del sistema produttivo e dei suoi circuiti a Praga, centro d’attrazione di molteplici impresari teatrali quali Antonio Maria Peruzzi, Tommaso Ristori, Antonio Denzio, Angelo e Pietro Mingotti, Santo Lapis, Pasquale Bondini e Domenico Guardasoni. Anna Parkitna si concentra su un’altra grande capitale europea della spettacolarità italiana, la Varsavia del riformista Stanisław August Poniatowski, mettendo in evidenza le peculiarità e i rischi del mercato locale e il conseguente ripensamento degli stratagemmi commerciali da parte delle troupes ospiti. Gesa zur Nieden propone il caso studio di una famiglia d’arte, quella dei Masi, cantanti di opere serie, buffe e pasticci che nella seconda metà del secolo transitarono tra Monaco di Baviera, Stoccarda, Hannover, Francoforte, Dresda e San Pietroburgo. 

Nella seconda sezione, Russian Italians, si pone una lente d’ingrandimento sul territorio russo e sulle strategie politiche adottate dalla corte zarista che usò la cultura italiana per imporsi autorevolmente sullo scacchiere internazionale come paese culturalmente avanzato a vocazione “europea”. Tatiana Korneeva si sofferma sul circuito di comici, musicisti, ballerini, maestri di danza e architetti teatrali che dal 1733 al 1735 operarono a San Pietroburgo al servizio della zarina Anna Ioannovna, indagando il ruolo dei cantanti-attori nell’acquisizione del repertorio e la ricezione degli spettacoli da parte del pubblico autoctono. Nadezhda Chamina analizza, alla luce del suo linguaggio scenografico intrinseco, la produzione decorativa di Giacomo Quarenghi, giunto alla corte di Caterina la Grande nel 1780 dove avviò un radicale programma di rinnovamento architettonico e urbanistico della città. Anna Korndorf offre nuovi documenti su Nachal’noe upravlenie Olega (1790), dramma su intonazione di Giuseppe Sarti, Carlo Canobbio e Vasilii Pashkevich il cui allestimento, ora riconducibile allo scenografo Francesco Gradizzi, sancisce la virtuosa collaborazione tra artisti russi e italiani. Di un’altra opera in musica, Andromeda (1798), si occupa Bella Brover-Lubovsky, che evidenzia i significati politici e la funzione cerimoniale dello spettacolo costruito sul libretto di Ferdinando Moretti e la partitura di Sarti. 

Nella terza sezione, Translational Encounters, ci si interroga sulla migrazione e sull’adattamento dei generi drammatici italiani al di fuori dell’Italia. Javier Gutiérrez Carou approfondisce, attraverso l’esempio di Semiramide (1753), la messa in scena delle opere metastasiane alla corte madrilena di Ferdinando VI, che per volere del direttore di scena Carlo Broschi Farinelli furono eseguite senza gli elementi aggiuntivi imposti dalla prassi locale. Piermario Vescovo ripensa le operazioni di riscrittura delle opere di Goldoni per il pubblico di Dresda e Varsavia intorno agli anni cinquanta, riconducendole non già alle indebite appropriazioni dei testi originali da parte degli interpreti bensì all’impegno in prima persona del grande drammaturgo veneziano a fornire le sue commedie per i teatri sassoni e polacchi. Massimo Ciavolella affronta un aspetto poco indagato di Giacomo Casanova, la sua produzione teatrale, dalla farsa Les Théssaliennes ou Arlequin au Sabbat composta per la Comédie-Italienne (1752) alla traduzione dello Zoroastre di Louis de Cahusac e Jean-Philippe Rameau (1753) fino alla tragicommedia Le Polémoscope ou la calomnie démasquée par la présence d’esprit pubblicata postuma (1886). 

Arricchito da illustrazioni a colori e apparati sinottici, il volume offre un valido contributo alla ricostruzione di quella circolazione transnazionale di artisti, mecenati, oggetti e pratiche performative che si pone alle basi dell’identità europea settecentesca e che giunge in eredità fino ai nostri giorni.



di Gianluca Stefani


La copertina

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