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Hystrio, a. XXXVI, n. 1, 2023


116 pp., euro 12,00

C’è molta carne al fuoco, e di ottima qualità, in questo nuovo numero di «Hystrio» che si apre con gli Anniversari dedicati all’Elfo e al Franco Parenti di Milano, due teatri fondati quasi contemporaneamente nel 1973, dei cui percorsi artistici Sara Chiappori ripercorre le tappe fondamentali e ricorda gli eventi programmati per festeggiare i primi cinquant’anni di attività. 

La consueta Vetrina mette in mostra Verdecoprente, progetto avviato nel 2011 in Umbria da Rossella Viti e Roberto Giannini con l’intento, come racconta Michele Pascarella, di diffondere le arti performative e visive anche attraverso un festival e un nuovo bando per le residenze d’artista. Di un’altra residenza ci parla Giusi Zippo: si tratta della napoletana Sala Sole guidata dall’intraprendente regista Sara Sole Notarbartolo. «Colmare una voragine», quella di assenza di eventi teatrali in Calabria, costituisce l’intento di Showcase come dichiara il promotore Settimio Pisano ad Alessandro Toppi, illustrando il cartellone della manifestazione e pensando alla prossima edizione. 

La sezione Gli spettacoli della nostra vita, novità della rivista milanese, è inaugurata da Roberto Canziani che sceglie Einstein on the Beach di Bob Wilson visto nel 1976 al Teatro La Fenice e definito «una macchina per percezioni» (p. 10); si prosegue con Ignorabimus di Arno Holz allestito da Luca Ronconi nel 1986 al Fabbricone di Prato: pur lungo dodici ore riuscì a incantare Francesco Tei in quanto «esperimento “incommensurabile”, sublime in cui il regista-demiurgo è  arrivato […] ai limiti estremi del possibile» (p. 11). 

Laura Bevione sceglie Elementi di struttura del sentimento dal romanzo Le affinità elettive di Goethe, ideazione tutta femminile realizzata dal Laboratorio Teatro Settimo datata 1986 e rivelatrice di una «drammaturgia visiva e gestuale […] costruita su piccoli tasselli che, affiancati, delineano un mosaico narrativo e poetico di fascinosa coesione» (p. 12). Infine la memoria di Roberto Rizzente si concentra su The Sound of Silence di Alvis Hermanis, spettacolo visto nel 2008 al Napoli Teatro Festival e mai dimenticato visto che «il tonfo di quei corpi, il gioco degli sguardi, la gestualità preverbale mi parlano ancora adesso» (p. 13). 

Prima tappa di Teatromondo è New York visitata da Laura Caparrotti che propone un’attenta mappatura dei principali centri di accoglienza artistica attivi negli ultimi anni come The Tank NYC, Culture Lab LIC, il Rattlestick Theatre e il People’s Theatre Project, a dimostrazione del grande fervore artistico, favorito anche da contributi governativi, presente nella metropoli. Con Irina Wolf ci si trasferisce a Vienna dove si sono svolte importanti manifestazioni quali il Festival Europe in Scene in cui si sono distinti Azelia Opak con la riduzione dello shakespeariano Coriolano, Uwe Reichwaldt con la regia di Danza di morte di Strindberg. Si segnalano, inoltre, la prima mondiale di Amsterdam dell’israeliana Maya Arad Yasur al Teatro Nestroyhof Hamakom e il progetto commissionato dal Burgtheater alla Compagnia inglese 1927 che comprende, tra l’altro le rappresentazioni di More than Anything in the World e di Die unheimliche Bibliothek della regista Jacqueline Kornmüller. L’edizione 2022 del Festival Nazionale di Teatro di Bucarest è l’argomento della stessa Wolf, attenta a sottolineare la proficua presenza di giovani registi emergenti come Toma Gabór, Silviu Purcărete, Máté Hegymegi, affiancati da colleghi già affermati in Europa, da Catinca Drăgănescu a Adina Lazăr. 

Ritorno al tragico è il titolo del Dossier curato da Maddalena Giovannelli e Martina Treu, che si apre con un’intervista rilasciata da Milo Rau, artista molto legato al teatro greco come dimostrano le creazioni di Orestes in Mosul e Antigone in Amazzonia prossima al debutto; illuminante è la sua dichiarazione finale: «il teatro dovrebbe interrogarsi – non solo a livello formale o sul piano delle estetiche – su un linguaggio capace di raccontare il declino (e dunque la tragedia) della nostra società» (p. 23). Il nome di Rau si ritrova anche nel dettagliato contributo di Maddalena Giovannelli e Martina Treu che avanzano interessanti riflessioni sulle diverse modalità di “ritorno” al tragico nel teatro contemporaneo, sempre oscillante tra rivisitazione politica e fedeltà filologica, e in ambito performativo esplicato da Edipo in cerca di Colono presentato dall’artista greca Loukìa Alavanou nell’ambito dell’ultima Biennale Arte di Venezia. 

Daniela Sacco seleziona una serie di spettacoli italiani caratterizzati da un uso drammaturgico e creativo del tragico svincolato da finalità filologiche come emerge, a titolo esemplificativo, da Oreste (una commedia organica?) della Socìetas Raffaello Sanzio/Romeo Castellucci, da Edipo del Teatro del Lemming e da Metamorfosi di Roberto Latini. Le numerose incursioni di Luca Ronconi nel repertorio tragico, dal 1969 al 2002, costituiscono l’argomento affidato a Claudio Longhi: il regista, anche attraverso gli allestimenti di commediografi greci, «mette a punto la sua opera di destrutturazione dell’idea di personaggio» (p. 28), per arrivare alla perdita del senso del tragico stesso. 

Con il contributo di Isabella Innamorati si passa all’analisi del rapporto di Massimo Castri con Euripide e Sofocle, costellato da importanti produzioni e attività laboratoriali dal 1978 al 2006, con il chiaro intento di analizzare la società contemporanea. Intervistato da Claudia Cannella, Antonio Latella spiega la sua personale rilettura di tragedie classiche in cui risaltano le figure femminili perché – sostiene il regista – «l’atto tragico è nelle donne» (p. 33). Si riparla di Socìetas Raffaello Sanzio guidata da Castellucci nell’intervento di Roberto Canziani che ne ripercorre il senso del tragico dalla messinscena della già citata Orestea (una commedia organica?) del 1995 alla Tragedia Endogonidia del 2007: si evidenzia un progetto artistico in cui convergono riflessioni sul linguaggio e un fine gioco drammaturgico di apparizioni e visioni. 

Marina Treu riconosce negli indirizzi culturali del teatro dell’Elfo un importante filone tragico a partire dagli anni Novanta che si è sviluppato secondo un confronto tra antico e contemporaneo attraverso gli allestimenti, tra i tanti, di Alla greca di Steve Berkoff, Orestea di Eschilo tradotta da Pasolini, per non dimenticare Le donne di Trachis di Ezra Pound e Riva abbandonata / Materiale per Medea / Paesaggio con Argonauti di Heiner Müller. Tutto brucia (2021) è lo spettacolo approfondito da Stefania Rimini per analizzare l’incidenza del tragico nella poetica dei Motus qui declinato nel «ritorno a uno stato creaturale originario» (p. 37). Nel repertorio di Serena Sinigaglia e della compagnia Atir, come spiega Nicola Fogazzi, la ricerca del tragico costituisce una costante contrassegnata da messinscene di grande spessore artistico come Troiane di Euripide. 

Anche la scrittura scenica di Emma Dante, sottolinea Anna Barsotti, è attraversata da elementi drammatici di derivazione classica disposti su un tappeto coreografico che affronta tematiche legate ai rapporti di forza e di potere tra le persone, in una prospettiva analitica in cui si pongono scontri generazionali come si nota in Eraclea e prima ancora in Carnezzeria e Cani di bancata. La presenza della tragedia greca è assidua nel repertorio di Anagoor: in merito, la ricognizione di Laura Bevione si sofferma soprattutto su Virgilio brucia (2014), Socrate. Il sopravvissuto. Come le foglie (2016) e Orestea (2018). 

Rivisitazioni in chiave contemporanea di Alcesti (2015) e Antigone (2019), sull’asse di un linguaggio scenico minimale ma capace di esprimere stili eterogenei e profondità filologica, definiscono – secondo Micol Sala – la ricerca di Massimiliano Civica, anche quando collabora con I Sacchi di Sabbia con i quali ha realizzato Andromaca e Sette contro Tebe. Il dialogo tra danza e tragedia greca risulta centrale nell’articolo firmato da Carmelo A. Zapparrata che si sofferma sugli ultimi trent’anni, prendendo in considerazione i lavori di Virgilio Sieni, Enzo Cosimi, Abbondanza/Bertoni e Michela Lucenti. Con Giuseppe Montemagno entra in gioco il mondo dell’opera lirica attraverso gli esempi offerti da Medée di Luigi Cherubini e Iphigénie en Tauride di Gluck trasferiti sul palcoscenico da Krzystof Wallikowski rispettivamente nel 2008 e 2006, non dimenticando i nomi di Emma Dante, Hans Neuenfels e Damiano Michieletto

Raffaella Viccei denuncia «il mancato dialogo tra registi e scenografi da un lato, studiosi di archeologia e cultura teatrale dall’altro» (p. 45), a proposito degli allestimenti di drammi greci in teatri antico: questa carenza produrrebbe spettacoli lacunosi con Antigone diretta da Konstantinos Ntellas a Epidauro o Edipo re di Sofocle curato da Robert Carsen al Teatro greco di Siracusa. E a quest’ultimo si rivolge Giuseppe Liotta con un rapido e pregevole excursus sulle rappresentazioni classiche prodotte a partire dal 1914. Il Dossier si conclude con gli interessanti spunti critico-analitici offerti da Gilda Tentorio relativi al ruolo del Festival Internazionale di Atene e di Epidauro. Dichiara in merito: «Oltre alla promozione del turismo locale e alla rivitalizzazione dei siti è una dimostrazione che la tragedia antica è vitale soprattutto negli spazi aperti» (p. 47). 

In Ritratti Fausto Malcovati presenta le caratteristiche di Hedda. Gabler. Come una pistola carica che Liv Ferracchiati ha realizzato per gli allievi dell’Accademia Silvio d’Amico di Roma. «Le mie non sono riscritture, sono nuove drammaturgie» (p. 50), sostiene l’autore del testo recentemente allestito al Piccolo di Milano; questo discorso vale anche per il precedente Il gabbiano. Come la marmellata che non mangio mai. Segue il racconto, firmato da Elena Scolari, delle tappe salienti dell’attività artistica di Roberto Abbiati – attore, regista, drammaturgo, mimo e musicista – del quale è doveroso ricordare il recente Il processo a Kafka. Di Invisibile Kollettivo, giovane e intraprendente gruppo noto per Open dall’omonima biografia del tennista Andre Agassi (2019) e per Come tu mi vuoi (2022), parla con pertinenza Laura Bevione; mentre Matteo Brighenti espone l’esperienza artistica di Daniele Bartolini, artista multidisciplinare, drammaturgo e regista. Infine alla scrittura lacerante e radicale sperimentata da Rino Marino è dedicato l’intervento di Filippa Ilardo

La consueta e corposa sezione delle Critiche ordina le tante recensioni degli spettacoli secondo criteri regionali. Altrettanto aggiornate e ricche di informazioni sono le pagine dedicate alla danza e alla lirica. 

Nella Biblioteca Ilaria Angelone e Albarosa Camaldo raccolgono le schede relative alle novità editoriali italiane legate alla cultura dello spettacolo. Il testo pubblicato in versione integrale è Neve di carta di Letizia Russo (Premio Hystrio alla Drammaturgia 2022). Le tante, utili informazioni de La società teatrale sono offerte da Roberto Rizzente.


di Massimo Bertoldi


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