Il volume raccoglie una serie di
contributi sul tema della memoria e delle sue tecniche di trasmissione in età
borromaica. Dopo il breve saluto di Alberto
Rocca, direttore della Classe di Studi Borromaici dellAccademia, Roberta Ferro, Annamaria Cascetta, Alessandro
Rovetta e Angelo Bianchi
ricordano rispettivamente Andrea
Battistini, Christian Biet, Pinin Brambilla Barcilon e Massimo Marcocchi, studiosi e
accademici dellAmbrosiana recentemente scomparsi. Un passo tratto dalla Miscellanea adnotationum variarum di Federico Borromeo in esergo (p. 3)
inaugura la raccolta dei saggi esplicitando il titolo della pubblicazione: i
“nodi della memoria” sono quelli, materiali e simbolici, stretti sulle corde
dagli indigeni delle Americhe, adoperati insieme a «varij contrassegni, et
zifre e colori» al posto dellalfabeto per fissare storie e eventi: vere e
proprie concrezioni della memoria individuale e collettiva. Lina
Bolzoni introduce quindi il lettore alla
mnemotecnica e al suo metodo in autori come Agostino Valier, Francesco
Panigarola, Carlo Borromeo e lo
stesso Federico. Significativo il caso del francescano Diego Valadés, teologo e missionario, che adoperava sia alberi
mnemonici e diagrammi sia immagini a corredo dei suoi testi: operazione dal
forte valore simbolico in una personale rivalutazione positiva della cultura
india (fortemente “visiva”). Franco
Buzzi approfondisce invece la figura di San Giovanni della Croce e il percorso di rigenerazione della
memoria, a partire dalle radici aristoteliche e agostiniane. Torna quindi sulla figura di
Federico Borromeo Alberto Rocca, che evidenzia come la memoria intesa quale
mezzo per preservare una civiltà sia essenziale, più che negli scritti,
specialmente nelloperato del cardinale, fautore di un vero e proprio «progetto
culturale» (p. 56) fondato sulla centralità della scrittura e delle immagini affidato
alla Biblioteca Ambrosiana e alla Pinacoteca. La memoria come riscrittura della
tradizione permea anche le esperienze di teatro allinterno dei collegi gestiti
dai gesuiti in età borromaica. A questo aspetto è dedicato il corposo saggio di
Annamaria Cascetta, che analizza due testi significativi: lErgastus di Francesco Benci (1587) e lHermenegildus
di Emanuele Tesauro (1621). Riguardo
al primo, che si pone alle origini della drammaturgia gesuitica, la studiosa
nota che «la memoria dellantico entra con tecnica precisione nel progetto
retorico dellopera e con rigore spirituale nel suo progetto morale, facendone
quasi un prototipo della transizione dallumanesimo di segno antico allumanesimo
cristiano» (p. 78). NellHermenegildus,
invece, sono più tipologie di memoria a intrecciarsi in quella che Cascetta
identifica giustamente come una “griglia” sulla quale poggia il testo: memoria
storica, scritturale, letteraria, retorica. Segue il contributo di Bernadette Majorana sulle modalità di
predicazione e sulle esperienze dei missionari gesuiti in Italia fra Cinque e
Settecento. Lo stile oratorio di “improvvisazione” di questi predicatori, operanti
nelle zone rurali della penisola, era simile per certi aspetti a quello tipico
dei comici dellarte. La relativa memoria scritta pervenutaci non include,
significativamente, i testi delle prediche, quanto soprattutto le relazioni dei
padri missionari ai loro superiori e le loro lettere: proprio da questi scritti
emerge limportanza dellaspetto “fisico” e performativo delle loro prediche,
come in quelle di Paolo Segneri. Lindagine sulle concezioni e pratiche della
memoria in età borromaica si allarga geograficamente nei tre contributi finali.
Alla diffusione della mnemotecnica occidentale in Cina fra Cinque e Seicento è
dedicato infatti il saggio di Filippo
Magnini, che prende in esame il caso della pubblicazione in Cina di un
breve trattato sulla memoria di Matteo
Ricci: il Xiguo Jifa (Mnemotecnica occidentale). Lapprofondimento di Marina
Massimi sulle pratiche della memoria nelle tradizioni popolari brasiliane
dimostra invece come celebrazioni religiose contemporanee, quali quelle della
Settimana Santa della cittadina di Sćo Joćo del Rey, in Brasile, siano ancora
oggi la ricaduta tangibile di concezioni della memoria antichissime. Chiude il volume
Carlos Zeron con un focus sui tentativi di sostituzione
della memoria messi in atto dai missionari gesuiti nellAmerica portoghese in
età coloniale.
di Italo Papandrea
|
|