Lambito temporale del saggio va
dal 1968 al 2018, per una riflessione scaturita sia dalle manifestazioni in
memoria degli eventi del maggio 68, sia dal
loro prolungamento avignonese nel luglio seguente, quando il Living Theatre
presentò la creazione di Paradise Now di Émeline
Jouve. Un paragone tra fenomeni artistici e civili analoghi, in
differenti condizioni storiche e culturali. Pascal Ory inquadra nel Préface il lavoro di scoperta e valorizzazione
di documenti inediti dellautrice, che partecipò ventenne ad Avignone alle
prime rappresentazioni del famoso e discusso spettacolo. Il suo libro è programmato
come «une étude culturelle et esthétique de lœuvre emblematique du Living
Theatre, considérée dans son contexte de création, celui de la révolutionnaire
année 1968» (p. 17) e segue un metodo basato su archivi e testimonianze dirette
di persone presenti. Le varie parti ripercorrono dapprima la storia della
compagnia dellOff-Broadway (Un Théâtre de la marge 1947-1967), caratterizzata dalla ricerca
drammaturgica e dal bisogno di un intervento politico radicalmente riformatore.
Gli esempi tratti dagli spettacoli ideati e allestiti in quella stagione sono
resi più interessanti dallautenticità delle fonti e dal preciso tracciato
della situazione teatrale statunitense, nella quale appaiono i debiti verso larte
europea. Dopo il sintetico excursus
chiarificatore, si affronta la gestazione di Paradise Now in rapporto
alla polemica che la distingue dalle prime prove. Vengono enunciati gli elementi
ispiratori strutturali dellopera, accanto alle intenzioni programmatiche più
provocatorie. Si afferma «le dialogisme entre le personnel et le collectif, le
spirituel et le social» (p. 85) quale principio creativo fondamentale, sviluppato
nel clima duna «hétérotopie de crise» (“altro luogo”, secondo Michel
Foucault). Tensione ascetica a scopo rigenerativo della persona (lo
spettatore, nello specifico) ed elaborazione drammaturgica procedono appaiati
negli otto “riti” che compongono la scansione a tappe della conquista di unazione
rivoluzionaria non violenta, ma efficace. La progressione degli elementi
costitutivi è illustrata nei paragrafi Théâtre sacré: voyage intérieur, Le magico-réligieux: syncrétisme
spirituel, Théâtre-performance: au-delà de la mimesis. In
essi si specificano i riferimenti allinfluenza di Artaud, alluso delle droghe,
al ricorso alla simbologia dei colori. A distanza di tanto tempo, suonano
ancora sorprendenti i toni di quelle proposte: «Le canevas structurel de Paradise
Now est donc spirituel puisque le spectateur séveille à sa propre divinitè
par le truchement de différentes croyances et pratiques mystiques» (p. 106). Lesegeta
classifica la rappresentazione come performance (pp. 108-116) in base
alle figure dellazione scenica, quali la liberazione sessuale e il denudamento
come segno di reazione allautoritarismo sociale (p. 129). Insomma, la ritualità
impiegata come sovversione piuttosto che come consolidamento delle regole
comuni. Lanalisi prosegue con il vaglio delle differenze di ricezione e di
critica, nei tanti passaggi e significati concomitanti, ai quali non tutti gli
spettatori risposero con attenzione e intelligenza adeguate. Il capitolo dedicato
alla pièce e alla sua rappresentazione termina con il riassunto degli
obiettivi e delle attese, anche mancate, degli autori (p. 158). In Hétérotipie de déviation
si segue la storia della preparazione in Francia dellevento, a partire dallincontro
del Living con Jean-Louis Barrault
direttore del Théâtre de lOdéon. Si entra decisamente nella cronaca
dellapertura del XXII Festival dAvignon, introducendo fra i protagonisti Jean Vilar, il sindaco e i vari organi
dinformazione. Sebbene già noti e acquisiti ai teatranti e agli storici, gli
avvenimenti illustrati assumono una nuova coerenza. Sono presentati come una «Tragédie avignonnaise
en trois actes […]. Acte I, ou linterdiction de la Paillasse aux seins nus;
Acte II, ou les représentations de Paradise Now; Acte III, ou
linterdiction de Paradise Now» (pp. 188-202). Soltanto tre
recite (23, 24 e 25 luglio) furono date, seguite dalla partenza, per cacciata
autoritaria, della troupe il 31
luglio. Il rapido succedersi dei fatti e delle ragioni del contendere, esposte
o sottintese dalle parti, concludono il racconto. Lultimo capitolo, 2018, Des
Paradis aujourdhui, introduce alloccasione commemorativa recente, quando alcuni
spettacoli hanno inteso rievocare levento storico per misurarne lattualità e
confrontarla con i motivi dellinteresse suscitato allora. Nel mezzo secolo
trascorso, lautrice rileva mutamenti sostanziali, di gusti, di sensibilità e
di comportamenti – soprattutto in quelli politici e sociali – sicché ne risalta
una distanza spesso incolmabile dallimpressione che ne ebbero i partecipanti
storici. Nello spettacolo Mai 68. Que
sera le théâtre dans 50 ans? di Cyril
Cotinaut e Sébastien Davis, due
specialisti discutono sul futuro del teatro alla luce di istanze e contraddizioni
della loro esperienza e in prospettiva intravedono «théâtres qui veulent
changer le monde… mais qui ny arrivent pas» (p. 272). Più ambiziose imprese si
propongono con la trascrizione in francese della creazione collettiva originale,
data al Théâtre Nanterre-Amandiers nel maggio 2018 con la regia di Gwenaël Morin. Al centro, la messa in
scena dello script di Malina
e Beck. «La démarche de Morin consistait
[…] à guider les comédiens de façon à ce quils fassent ce qui est écrit en
matière daction physique et de parole» (p. 275). Ancora una creazione, ma coreografica,
Paradise Now (1968-2018) di Michiel
Vandevelde, data al Kaaitheatre di Bruxelles nel maggio 2018. Lallievo di Anne Teresa De Keersmaeker, rimasto impressionato
in precedenza dallenergia sprigionata dal Living, concepiva la sua azione in
due parti: la prima, con andamento a ritroso, riassuntiva di eventi e
personaggi apparsi nel mezzo secolo trascorso, della durata di cinquanta minuti;
la seconda, svolta dal passato al presente, con accelerazione crescente, della
durata di sette minuti. I tredici interpreti furono scelti fra i più giovani
per escludere i testimoni dei fatti. La dimensione politica, riconosciuta
tipica nelloriginale, veniva concentrata sul processo creativo, sentito «comme
voyage qui serait initiatique dabord pour les jeunes danseurs» (p. 281). La
descrizione della performance chiarisce efficacemente le condizioni, le
pulsioni e gli obiettivi comunicativi, anche in relazione alla partecipazione
del pubblico. Ancora un saggio, al Théâtre National
de Strasbourg, Paradis maintenant. Un spectacle documentaire di Ferdinand Flame e Hugo Soubise, anchesso causa dun vivo dibattito, almeno in loco, con autocritiche degli autori sui
pericoli di trasmettere una “verità” univoca. La studiosa interviene sui tre
esempi maggiori: «Paradise Now peut être considéré comme un pretexte à
lexploration du passé pour parler du présent» (p. 292). Onesta ed equilibrata nella
chiusa, fra scandalo e speranza emersi dagli spettacoli, tende a riconoscere loro
un effetto-specchio (frutto della hétérotopie citata) e definisce il
fenomeno quasi una rifrazione «par le prisme déformant de la subjectivité» (p. 306),
tanto di chi lo visse quanto di chi aveva provato a interpretarlo. La “storia” del Living così ripercorsa
salimenta da uningente documentazione anglofona, finora mai attraversata e
discussa. Per contro, losservazione della vicenda in ambito esclusivamente
francese trascura fasi e circostanze significative della presenza originale del
gruppo in Europa. Sfuggono in particolare eventi italiani, a partire dalla
partecipazione alla Biennale di Venezia con Frankenstein, nel 1965, fino
alle rappresentazioni di Paradise Now a Torino, Bologna, Prato, Napoli e
Roma, nel 1969 e ritorni, dai segni evolutivi come lAntigone,
riproposta nel 1980. Manca la storiografia critica dellepoca, né compaiono
nella ricca Bibliografia i contributi di testimoni e studiosi italiani
importanti. La residenza in Italia dal 1999 al 2003 di Judith Malina (morta nel
2015) comporta inoltre una memoria considerevole (raccolta nellArchivio Morra
di Napoli) che non appare e che pure concorre a testimoniare la presenza
influente di tanti artisti cosmopoliti in Italia.
Un libro denso e stimolante,
impegnativo sia nellassimilazione di categorie insolite nel vaglio dellarte
teatrale, sia nella complessità darticolazione dei documenti e dei criteri interpretativi.
di Gianni Poli
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