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Theaterheute, Nr. 5, Mai 2022


72 pp., euro 18,50
ISSN 0040 5507

Il drammaturgo Dmytro Ternovyi, originario di Charkiv, approfondisce le radici storiche dei contrasti etnici e politici tra Russia e Ucraina e invita l’Europa a boicottare la cultura quando esprime atteggiamenti riconducibili al nazionalismo di eredità sovietica. Questo prezioso e ragionato intervento si legge nel Foyer con cui si apre questo numero di «Theaterheute». 

Segue la sezione Aufführungen, lo spazio riservato alle recensioni delle principali produzioni dell’area tedesca che si apre con la considerazione della scena berlinese dalla quale emerge Werther. Ein Spiel von Liebe und Freundschaft in scena al Deutsches Theater. Si tratta di una libera rivisitazione del goethiano Werther da parte di Jaroslaw Murawski che si sofferma sulle ore antecedenti il suicidio del protagonista creando un dialogo di amore e amicizia, con uno sguardo sulle occasioni perse e le decisioni sbagliate. La regia compete a Ewelina Marciniak, i ruoli principali spettano a Marcel Kohler e Regine Zimmermann

Geht es dir gut! è la novità di René Pollesch e Fabian Hinrichs in visione alla Volksbühne am Rosa-Luxemburg-Platz che affronta scottanti problematiche contemporanee – emergenza climatica, guerra in Ucraina e post pandemia – lette da una prospettiva di follia e degenerazione morale ed etica. Il tema della guerra ritorna in Draußen vor der Tür di Wolfgang Borchert: la commedia, scritta nel 1946, solleva riflessioni sul disinteresse collettivo dei conflitti “lontani”, lucidamente sottolineate dalla regia di Michael Thalheimer e dall’interpretazione, tra gli altri, di Kathrin Wehlisch, Jonathan Kempf e Josefin Platt

Ci si trasferisce ai Kammerspiele di Monaco in cui Jan-Christoph Gockel ha curato la messinscena di Wer immer hofft, stirbt singend basata su un collage di testi del regista e produttore televisivo Alexander Klerge incentrati su personaggi ostinati e ottimisti nella loro ricerca di felicità. Tra i tanti attori si sono distinti Julia Gräfer, Johanna Kappauf, Michael Pietsch e Sebastian Brandes

Una nuova particolare edizione dello shakespeariano Hamlet è stata ideata da Philipp Preuß all’Anhatisches Theater di Dessau: il principe di Danimarca è sdoppiato in due personaggi affidati a Niklas Herzberg e Alex Peißler, che interrogano il mondo senza ricevere risposte arrivando a una sorta di mortificante requiem del linguaggio e della comunicazione. 

Dal celebre romanzo Momo di Michael Ende è tratto l’omonimo spettacolo prodotto dallo Schauspielhaus di Zurigo: il dramaturg e regista Alexander Giesche indaga l’impatto della tecnologia nella vita quotidiana, secondo quanto hanno bene espresso in scena Thomas Hauser, Maximilian Reichert e Karin Pfammatter

Di pregevole qualità artistica risultano le proposte viennesi: lo shakespeariano Der Sturm (La tempesta) per la regia di Örn Arnasson presenta sul palcoscenico del Burgtheater una lettura in chiave politica, segnatamente contro il colonialismo, sostenuta da musiche pop-rock che imprimono allo spettacolo ritmi pulsanti e sapientemente adattati all’esibizione di Dietmar König, Michael Maertens, Roland Kock, Maria Happel e Lilli Winderlich

L’Akademietheater ha ospitato la rappresentazione di Adern di Lisa Wentz, una storia intensa ambientata nel dopoguerra, sospesa tra le condizioni disumane del lavoro in miniera e la forza risolutrice di un amore sereno in ambito famigliare. Guidati dalla regia di David Bösch si sono fatti applaudire Sara Viktoria Frick, Markus Hering e Elisa Plüss

In Theatertreffen Berlin si leggono essenziali schede critiche dedicate alle dieci produzioni considerate le migliori del panorama tedesco e, perciò, ospitate dalla prestigiosa manifestazione, quali: Das neue Leben (Vita nuova) di Dante (regia di Christopher Rüping, Schauspiel di Bochum), Jungfrau von Orleans di Schiller (regia di Ewelina Marciniak, Nationaltheater di Mannheim), Like Lovers (Memoiren der Medusa) di Sivan Ben Yishai (regia di Pinar Karabulut, Kammerspiele di Monaco), Slippery Slope di Yael Ronen anche regista (Maxim Gorki Theater di Berlino), SIGNA, Die Ruhe del regista Signa Köstler (Deutsches Schauspielhaus di Amburgo), Der Tartuffe oder Kapital und Ideologie di Soeren Voima da Molière (regia di Volker Lösch, Staatsschauspiel di Dresda), Ein Mann seiner Klasse di Christian Baron (regia di Lukas Holzhausen, Schauspiel di Hannover), Doughnuts del regista Toshika Okada (Thalia Theaterdi Amburgo), humanistää! di Ernst Jandl (regia di Claudia Bauer, Volkstheater di Vienna), All right. Good night di Heldard Haug-Rimini Protokoll (HAU di Berlino). 

Seguono, accompagnati da adeguate schede analitiche, gli spettacoli mancanti, secondo la redazione di «Theaterheute», nel programma della rassegna berlinese: Richard The Kid & the Ting della regista Karin Henkel (Deutsches Schauspielhaus di Amburgo), Das Himmelreich wollen wir schon selber finden del regista croato Oliver Frljic (Schauspiel di Colonia), Lieder ohne Worte di Thom Luz

In Porträt si legge il profilo artistico di Lukas Holzhausen, regista e attore svizzero formatosi presso la Schauspielakademie di Zurigo per poi essere scritturato allo Schauspielhaus di Graz, al Bremer Theater, allo Schauspiel di Francoforte e poi di Colonia, allo Schauspielhaus di Amburgo e successivamente di Zurigo, lavorando al fianco, tra i tanti, di Martin Kušej, Stefan Kimmig, Michael Thalheimer e Peter Greenaway

Sono marcatamente legati alla contemporaneità gli spettacoli iscritti nel cartellone della rassegna Mühlheimer Theatertage, a partire da Lärm. Blindes Sehen. Blinde sehen! di Elfriede Jelinek, che denuncia il business economico cresciuto intorno al Covid-19, per proseguire con Monte Rosa di Teresa Dopler, testo crudo e di contrapposizione tra la visione idilliaca della montagna e il suo attuale degrado e sfruttamento turistico. 

Analisi della società emergono anche da Jeeps di Nora Abdel-Maksoud; radiografie spietate della crisi della famiglia d’oggi caratterizzano il tessuto narrativo di Mutter Vater Land di Akin Emanuel e di White Passing di Sarah Kilter (commedia scelta dalla redazione di «Theaterheute» come testo del mese e pubblicato in versione integrale nella sezione Das Stück, accompagnato da un’intervista alla giovane autrice berlinese). Infine declinano la poesia dell’utopia di un mondo diverso spettacoli come All right. Good night di Helgard Haug-Rimini Protokoll e Wounds Are Forever (Selbstporträit als Nationaldichterin) di Sivan Ben Yishai

Le pagine di Essay sono occupate da un estratto di un saggio di Ute Nyssen di prossima pubblicazione nel volume JELINEK [JAHR]BUCH a cura di Pia Janke. Si parla della concezione di Elfriede Jelinek in merito alle maschere e ai travestimenti scenici, al corpo e particolarmente al taglio dei capelli. Gli spettacoli di riferimento sono Raststätte oder Sie machens alle (regia di Frank Castorf, 1995), Konigsweg (regia di Falk Richter, 2017), Schwarzewasser a cura di Stefan Bachmann (2020), Schatten (Euridike sagt) allestito da Matthias Hartmann nel 2013. 

Akteure è dedicato a Wiebke Mollenhauer, giovane attrice che si è rivelata allo Schauspielhaus di Zurigo particolarmente in Enifach das Ende der Welt di Jean-Luc Lagarge per la regia di Christopher Rüping e nel recente Der Ring der Nibelungen di Necati Öziri. In precedenza aveva maturato importanti esperienze artistiche allo Schauspiel di Francoforte (2011-2014), al Deutsches Theater di Berlino (2014-2015) e ai Kammerspiele di Monaco (2017-2018) facendosi applaudire in Trommeln in der Nacht di Brecht.



di Massimo Bertoldi


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