Il drammaturgo Dmytro Ternovyi, originario di Charkiv,
approfondisce le radici storiche dei contrasti etnici e politici tra Russia e
Ucraina e invita lEuropa a boicottare la cultura quando esprime atteggiamenti
riconducibili al nazionalismo di eredità sovietica. Questo prezioso e ragionato
intervento si legge nel Foyer con cui
si apre questo numero di «Theaterheute».
Segue la
sezione Aufführungen, lo spazio riservato alle
recensioni delle principali produzioni dellarea tedesca che si apre con la
considerazione della scena berlinese dalla quale emerge Werther. Ein
Spiel von Liebe und Freundschaft in scena
al Deutsches Theater. Si tratta di una libera rivisitazione del goethiano Werther
da parte di Jaroslaw Murawski che si sofferma sulle ore antecedenti il suicidio del
protagonista creando un dialogo di amore e amicizia, con uno sguardo sulle
occasioni perse e le decisioni sbagliate. La regia compete a Ewelina Marciniak, i ruoli principali spettano a Marcel Kohler e Regine Zimmermann.
Geht es dir gut! è la novità di René Pollesch e Fabian Hinrichs in visione alla Volksbühne am Rosa-Luxemburg-Platz
che affronta scottanti problematiche contemporanee – emergenza climatica,
guerra in Ucraina e post pandemia – lette da una prospettiva di follia e
degenerazione morale ed etica. Il tema della guerra ritorna in Draußen vor
der Tür di Wolfgang Borchert: la commedia, scritta nel 1946,
solleva riflessioni sul disinteresse collettivo dei conflitti “lontani”,
lucidamente sottolineate dalla regia di Michael Thalheimer e dallinterpretazione, tra gli
altri, di Kathrin Wehlisch, Jonathan Kempf e Josefin Platt.
Ci si trasferisce ai Kammerspiele
di Monaco in cui Jan-Christoph Gockel ha curato la messinscena di Wer
immer hofft, stirbt singend basata su un collage di testi del regista e
produttore televisivo Alexander Klerge incentrati su personaggi ostinati
e ottimisti nella loro ricerca di felicità. Tra i tanti attori si sono distinti
Julia Gräfer, Johanna Kappauf, Michael Pietsch e Sebastian Brandes.
Una nuova particolare edizione
dello shakespeariano Hamlet è stata ideata da Philipp Preuß allAnhatisches Theater di Dessau:
il principe di Danimarca è sdoppiato in due personaggi affidati a Niklas Herzberg e Alex Peißler, che interrogano il mondo senza
ricevere risposte arrivando a una sorta di mortificante requiem del linguaggio
e della comunicazione.
Dal celebre romanzo Momo di Michael Ende è tratto lomonimo spettacolo
prodotto dallo Schauspielhaus di Zurigo: il dramaturg
e regista Alexander Giesche indaga limpatto della tecnologia nella vita quotidiana,
secondo quanto hanno bene espresso in scena Thomas Hauser, Maximilian Reichert e Karin Pfammatter.
Di pregevole qualità artistica
risultano le proposte viennesi: lo shakespeariano Der Sturm (La tempesta) per la regia di Örn Arnasson presenta sul palcoscenico del Burgtheater
una lettura in chiave politica, segnatamente contro il colonialismo, sostenuta
da musiche pop-rock che imprimono allo spettacolo ritmi pulsanti e
sapientemente adattati allesibizione di Dietmar
König, Michael Maertens, Roland Kock, Maria Happel e Lilli Winderlich.
LAkademietheater ha ospitato la
rappresentazione di Adern di Lisa Wentz, una storia intensa ambientata nel
dopoguerra, sospesa tra le condizioni disumane del lavoro in miniera e la forza
risolutrice di un amore sereno in ambito famigliare. Guidati dalla regia di David Bösch si sono fatti applaudire Sara Viktoria Frick, Markus Hering e Elisa Plüss.
In Theatertreffen Berlin si leggono essenziali schede critiche
dedicate alle dieci produzioni considerate le migliori del panorama tedesco e,
perciò, ospitate dalla prestigiosa manifestazione, quali: Das neue Leben (Vita nuova) di Dante (regia di Christopher Rüping, Schauspiel di Bochum), Jungfrau
von Orleans di Schiller (regia di Ewelina Marciniak, Nationaltheater di Mannheim), Like
Lovers (Memoiren der Medusa)
di Sivan Ben Yishai (regia di Pinar Karabulut, Kammerspiele di Monaco), Slippery
Slope di Yael Ronen anche regista (Maxim Gorki Theater di Berlino), SIGNA,
Die Ruhe del regista Signa Köstler (Deutsches Schauspielhaus di
Amburgo), Der Tartuffe oder Kapital und Ideologie di Soeren Voima da Molière (regia di Volker Lösch, Staatsschauspiel di Dresda), Ein
Mann seiner Klasse di Christian Baron (regia di Lukas Holzhausen, Schauspiel di Hannover), Doughnuts
del regista Toshika Okada (Thalia Theaterdi Amburgo), humanistää! di Ernst Jandl (regia di Claudia Bauer, Volkstheater di Vienna), All
right. Good night di Heldard Haug-Rimini Protokoll (HAU di Berlino).
Seguono, accompagnati da adeguate
schede analitiche, gli spettacoli mancanti, secondo la redazione di
«Theaterheute», nel programma della rassegna berlinese: Richard The Kid & the Ting della regista Karin Henkel (Deutsches Schauspielhaus di
Amburgo), Das Himmelreich wollen wir schon selber finden del regista
croato Oliver Frljic (Schauspiel di Colonia), Lieder ohne Worte di Thom Luz.
In Porträt si legge il profilo artistico di Lukas Holzhausen, regista e attore svizzero
formatosi presso la Schauspielakademie di Zurigo per poi essere scritturato
allo Schauspielhaus di Graz, al Bremer Theater, allo Schauspiel di Francoforte
e poi di Colonia, allo Schauspielhaus di Amburgo e successivamente di Zurigo,
lavorando al fianco, tra i tanti, di Martin Kušej, Stefan Kimmig, Michael Thalheimer e Peter Greenaway.
Sono marcatamente legati alla
contemporaneità gli spettacoli iscritti nel cartellone della rassegna Mühlheimer Theatertage, a partire da Lärm.
Blindes Sehen. Blinde sehen! di Elfriede Jelinek, che denuncia il business
economico cresciuto intorno al Covid-19, per proseguire con Monte Rosa
di Teresa Dopler, testo crudo e di contrapposizione tra la visione
idilliaca della montagna e il suo attuale degrado e sfruttamento turistico.
Analisi della società emergono
anche da Jeeps di Nora Abdel-Maksoud; radiografie spietate della crisi
della famiglia doggi caratterizzano il tessuto narrativo di Mutter Vater
Land di Akin Emanuel e di White Passing di Sarah Kilter (commedia scelta dalla redazione
di «Theaterheute» come testo del mese e pubblicato in
versione integrale nella sezione Das Stück, accompagnato da unintervista
alla giovane autrice berlinese). Infine declinano la poesia dellutopia di un
mondo diverso spettacoli come All right. Good
night di Helgard Haug-Rimini Protokoll e Wounds
Are Forever (Selbstporträit als Nationaldichterin) di Sivan Ben Yishai.
Le pagine di Essay sono occupate da un estratto di un saggio di Ute Nyssen di prossima pubblicazione nel
volume JELINEK [JAHR]BUCH a cura di Pia Janke. Si parla della concezione di Elfriede Jelinek in merito alle maschere e ai
travestimenti scenici, al corpo e particolarmente al taglio dei capelli. Gli
spettacoli di riferimento sono Raststätte oder Sie machens alle (regia
di Frank Castorf, 1995), Konigsweg (regia di Falk Richter, 2017), Schwarzewasser a
cura di Stefan Bachmann (2020), Schatten (Euridike sagt) allestito da Matthias Hartmann nel 2013.
Akteure è dedicato a Wiebke Mollenhauer, giovane attrice che si è rivelata
allo Schauspielhaus di Zurigo particolarmente in Enifach das Ende der Welt
di Jean-Luc
Lagarge per la
regia di Christopher Rüping e nel recente Der Ring der
Nibelungen di Necati Öziri. In
precedenza aveva maturato importanti esperienze artistiche allo Schauspiel di
Francoforte (2011-2014), al Deutsches Theater di Berlino (2014-2015) e ai
Kammerspiele di Monaco (2017-2018) facendosi applaudire in Trommeln in der
Nacht di Brecht.
di Massimo Bertoldi
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