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Hystrio, a. XXXV, n. 2, 2022


120 pp., euro 12, 00

Un articolo di Claudia Cannella apre la Vetrina di questo nuovo numero di «Hystrio» con la comunicazione di un’importante novità: il Premio Hystrio diventa Hystrio Festival con sede al Teatro Elfo Puccini di Milano dove, tra i tanti artisti, si esibiranno le Compagnie under 35 e saranno proposte letture sceniche. Segue un approfondimento di Laura Caretti relativo alla recente pubblicazione dei Quaderni di regia e testi riveduti. Aspettando Godot di Beckett (a cura di J. Knowlson, D. MacMillan, L. Scarlini, Cue Press, Imola, 2021): tradotte con maestria da Luca Scarlini, le pagine rivelano la revisione drammaturgica e le linee di regia elaborate per la messinscena in lingua tedesca della commedia allo Schiller Theater di Berlino nel 1975.

Tiago Rodrigues, nuovo direttore del Festival di Avignone subentrato a Oliver Py, rilascia a Roberto Canziani un’intervista in cui parla anche del suo nuovo progetto Dans la mesure de l’impossible, ambientato sotto la tenda di un ospedale militare da campo dove si intrecciano storie di vita e di morte legate alla guerra.

Come spiega Laura Bevione, in occasione dei primi quarant’anni di attività, Centrale Fies ha predisposto un ricco archivio on line, capace di raccogliere materiali relativi agli spettacoli prodotti a partire dalla prima edizione di Drodesera Festival. Emergono le trasformazioni artistiche delle performing arts in Italia e all’estero. Matteo Tamborrino si occupa di Stalker Teatri, storica compagnia piemontese del teatro di innovazione a carattere interdisciplinare, come emerge dall’acclamato Drama Sound City in cui dialogano linguaggi performativi e musica elettronica. Coniugare musica antica e teatro contemporaneo costituisce l’obiettivo artistico di Andrea Cigni – regista lirico, docente e attuale sovrintendente del Teatro Ponchielli di Cremona – che nella conversazione con Nicola Arrigoni ricorda, a titolo esemplificativo, la presenza di Anagoor all’ultima edizione del Festival Monteverdi e anticipa la possibile partecipazione di Teatro Sotterraneo e di Fanny e Alexander. Ultimo soggetto esposto in Vetrina è Teatro Due Mondi, gruppo di Faenza attivo dal 1979 e noto per la ricerca di un linguaggio teatrale colto e popolare, impostato sul movimento interattivo, come illustra l’articolo di Michele Pascarella.

La sezione Teatromondo si apre con il resoconto di Carmelo A. Zapparrata relativo al progetto realizzato da Gigi Cristoforetti per Aterballetto e Greek National Opera Ballett di Bruxelles. Si tratta di esibizioni di tre danzatori all’interno di spazi ristretti per la durata di otto minuti e con il ricorso a variegate soluzioni coreografiche sostenute dall’uso innovativo delle tecnologie. A Vienna – secondo la relazione di Irina Wolf – il teatro affronta le limitazioni pandemiche con rigoroso rispetto delle norme e si rilancia con proposte che spaziano dagli allestimenti di autori classici (Storie del bosco viennese di von Horváth al Burgtheater per la regia di Joan Simons; Un marito ideale di Wilde al Theater in der Josefstadt firmato da Alexandra Liedtke; il dramma cechoviano Tre sorelle al Volkstheater nella lettura scenica di Susanne Kennedy) a testi su tematiche di forte attualità come l’eutanasia (Gott di Ferdinand von Schirach, regia di Bernd Motte, o Il silenzio di Nathalie Sarraute a cura di Dávid Paška). La scena moscovita, racconta Fausto Malcovati, ruota intorno al bicentenario della nascita di Dostoevskij, del quale Mieczyslaw Weinberg allestisce L’idiota in versione operistica al Bol’šoj. Spazio anche per grandi classici come Un mese in campagna di Turgenev sul palco del Teatro d’Arte (regia di Egor Peregudov) e Anime morte di Gogol al Teatro Vachtangov a cura di Vladimir Ivanov. Teatromondo si conclude a New York dove Laura Caparrotti ha intervistato Shanta Thake, direttrice del Lincoln Center, centro cardine per le arti performative del quale si illustrano obiettivi artistici e strategie per ricompattare il pubblico disunitosi a causa del Coronavirus.

La cura del Dossier: Teatro di Poesia spetta alle competenze di Giuseppe Liotta, Marco Mennini e Roberto Rizzente. Quest’ultimo, in apertura, intervista Emanuele Trevi: il vincitore del Premio Strega 2012, dopo aver confrontato il teatro in versi francese con quello italiano, sostiene la necessità di rivisitazione linguistica per una ipotetica messinscena. Liotta ripercorre la storia del rapporto tra il teatro e la poesia che si sviluppa nella tragedia greca, si declina nel Cinque e Seicento italiano e francese, per poi ritrovare rinnovata forza tragica in Alfieri e Manzoni e vigore comico in Goldoni, fino ad arrivare al bivio del Naturalismo.

Se i poeti-traduttori tendono all’infedeltà del testo, filtrando il verso originale nel lessico e nel gusto personale – è il caso, per esempio, di Montale, Quasimodo, Luzi, Raboni – diverso è il caso, secondo quanto rileva Giuseppe Liotta, di Patrizia Valduga, fedele alla filologia testuale. Su Luzi interviene Roberta Carrani per ricordare i suoi testi teatrali, nati come necessità interiore per dare rilevanza a tematiche basilari della vita, da Pietra oscura del 1946 fino a Il fiore del dolore (2003). Per illustrare lo sviluppo del teatro di poesia dal Novecento a oggi, Stefano Casi propone una mappatura ragionata che segue le lezioni di Yeats, Eliot, Claudel e Müller, per poi inquadrare l’interpretazione degli attori da Dario Bellezza a Eduardo De Filippo e le visioni dei vari registi chiamati a confrontarsi con Pasolini. Spicca la poesia drammatica di Giovanni Testori teorizzata nello scritto Nel ventre del teatro e riconoscibile nella produzione teatrale ricordata con puntualità da Annamaria Cascetta, anche pensando alle interpretazioni sceniche di prestigiosi attori quali Franco Parenti, Adriana Innocenti, Sandro Lombardi e Arianna Scommegna.

Un confronto fra Carmelo Bene e Leo de Berardinis permette a Jean-Paul Manganaro e a Laura Mariani di approfondire la carica innovativa dei due attori-maestri, determinata dall’uso particolare e non convenzionale della voce e del corpo, delle luci e della musica, pur con diverse declinazioni espressive. Il ruolo fondamentale esercitato da Sanguineti e Balestrini è sottolineato dall’intervento di Maria Dolores Pesce, meticolosa nel ricordare i diversi approcci creativi con il teatro, capaci di produrre nuovi modelli letterari. Altro percorso culturale di primaria importanza è quello tracciato da Roberto Roversi, capace di mescolare livelli poetici popolari e colti, non dissimili da quelli evidenziati da Mariangela Gualtieri, secondo quanto spiega Gerardo Guccini. Marco De Marinis si occupa di Giuliano Scabia specificando che «la poesia per lui è una condizione, uno stato (non ordinario) dell’essere» (pag. 39). Anche il teatro napoletano offre pregevoli esempi di teatro di poesia, declinando la fisicità dell’attore nelle pieghe dei versi in una tensione continua e oscillante tra tradizione e avanguardia. Lo illustra Giusi Zippo chiamando in causa i nomi di Enzo Moscato e Mimmo Borrelli, Francesco Silvestri e Antonio Neiwiller.

«Mi interessa che sulla scena risuoni una lingua non usuale, in forma fortemente ritmica e dinamica» (pag. 42), dichiara Federico Tiezzi nell’intervista concessa a Marco Menini, in cui si sofferma sull’allestimento delle tre cantiche della Divina Commedia rispettivamente rielaborate da Sanguineti, Luzi e Giudici (1989-1991), a fronte della sua grande passione per la poesia. La stessa è condivisa anche da Antonio Latella che, come spiega Federico Bellini, tra 2002 e 2003 ha affrontato Pilade di Pasolini e I trionfi di Testori, non dimenticando, in successivi allestimenti, Tasso e Dante (Dante/Pasolini: una commedia divina) e i cantautori italiani, da Battiato a De André. L’uso del verso e della rima si ritrova anche nel cabaret musicale e nel varietà televisivo, come si legge nella sintesi storica di Sandro Avanzo, nella quale ritornano, tra i tanti nomi, Brecht, Wanda Osiris, Paolo Poli, Quartetto Cetra.

Oggetto di censura zarista, la poesia russa si divulga attraverso le letture salottiere a partire dalla fine del Settecento, come espone Fausto Malcovati, per poi incontrare la scena soprattutto grazie al regista Jurij Petrovič Ljubimor, fondatore nel 1964 del celebre teatro na Taganke, e all’estro creativo di Petr Fomenko. Con Laura Bevione l’attenzione si sposta sul teatro inglese e segnatamente sul superamento del tradizionale verse drama avviato da Yeats e Eliot e proseguito da Auden e Fry, dall’ultimo Beckett a Caryl Churchill, da Sarah Kane a Kae Tempest. Quanto succede sul versante tedesco emerge dall’intervista concessa a Ira Rubini da parte di Bernd Stegemann: il drammaturgo del Berliner Ensemble spiega la mancanza di tradizione teatrale poetica pur annoverando un filone finemente tracciato da Goethe, Schiller, Brecht e Müller. Sulla situazione spagnola fa il punto l’intervista concessa da Lluís Pasqual a Sara Chiappori: dalle parole del regista emerge la sua passione per García Lorca, a proposito del quale dichiara: «la poesia per lui era un gesto più intimo, il testo invece un modo per offrirsi generosamente agli altri» (pag. 49). Compete a Gianni Poli l’analisi del teatro francese, per tradizione aperto al dialogo con la poesia soprattutto come antidoto al Naturalismo, lungo le rotte di Claudel e successivamente del teatro dell’assurdo, fino a Genet, Koltès e alla drammaturgia contemporanea rappresentata da Michel Azama e Alfredo Arias.

La sezione Ritratti si apre con Fabio Condemi: Lucia Medri ripercorre le tappe essenziali della carriera del regista da Jakob Von Gunter, che debutta nel 2018 alla Biennale di Venezia, a La filosofia del boudoir di de Sade, vincitore del Premio Ubu 2021. Nella produzione artistica di Condemi dialogano fotografia e arti visive, poesia e letteratura, come lo stesso dichiara: «Cerco di collocare i miei lavori in quel confine frastagliato tra la parola e l’immaginazione che si stratifica nella visione dello spettatore» (p. 53).

Elena Scolari si occupa di Andrea Pennacchi, attore legato alle lezioni di qualificati maestri (Baliani, Curino, Paolini, Ovadia), poi applicate a produzioni proprie (Mio padre – Appunti sulla guerra civile) e alla partecipazione a importanti programmi televisivi (Propaganda live). Lorenzo Conti intervista Annie Hanauer, prestigiosa danzatrice internazionale che, dopo aver riepilogato le tappe essenziali della sua carriera, presenta il suo nuovo lavoro come coreografa, All our Tomorrows, incentrato sull’utopia. Si sta affermando in campo teatrale e cinematografico il giovane regista Giovanni Ortoleva, come osserva Matteo Brighenti, che ricorda il suo cammino artistico impreziosito dai successi ottenuti anche come drammaturgo. Analoga è la crescita di Marina Occhionero, giovane attrice diplomata all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”, rivelatasi al Teatro della Tosse di Genova in Arianna porta scompiglio di Oscar De Summa, nonché interprete, tra l’altro, del recente Padri e figli di Fausto Russo Alesi e di pellicole cinematografiche. È quanto riporta Renata Savo.

Lo spazio di Nati ieri è riservato al Collettivo LunAzione, compagnia napoletana nata nel 2013. Nel contributo di Alessandro Toppi, assai esaustivo nella ricostruzione cronologica degli spettacoli prodotti, viene riservata particolare considerazione a AVE, Il colloquio e al nuovo Hosting.

La consueta e corposa sezione delle Critiche ordina le tante recensioni degli spettacoli secondo criteri regionali. Seguono le pagine dedicate alla danza e alla lirica.

Exit contiene brevi ricordi di personaggi dello spettacolo recentemente scomparsi: Filippo Crivelli, Ezio Frigerio, Paolo Graziosi (di Pierfrancesco Giannangeli), Vitaliano Trevisan (di Roberto Canziani). 

Nella ricca Biblioteca Ilaria Angelone e Albarosa Camaldo raccolgono le schede relative alle novità editoriali italiane legate alla cultura dello spettacolo. Il testo pubblicato è La macchia di Fabio Pisano

Le tante e utili informazioni de la società teatrale sono offerte da Roberto Rizzente.


di Massimo Bertoldi


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