«Questo libro nasce per raccontare, lungo
uno sviluppo secolare, la rete dei fattori organizzativi ed economici e delle
politiche culturali entro la quale lo spettacolo va in scena». Lo scopo è
perseguito dellautrice con paziente e metodica precisione, fino a fornire per
la prima volta «un quadro generale e di lungo periodo […], collegando fra loro
momenti e contesti finora studiati singolarmente e separatamente» (p. 19). Tre parti
in dieci capitoli per documentare, attraverso atti legislativi e
amministrativi, statistiche, bilanci e loro interpretazioni, lo sviluppo diseguale
delle arti teatrali e delle attività connesse alla loro industria. Un esempio
necessario di storia “materiale” del nostro teatro, sensibile alle sue ragioni
ideali ed estetiche. Precedenti comunque meritori Livia Cavaglieri usa e
integra nel suo studio, rendendo accessibile una bibliografia preziosa, spesso
dispersa.
Lindagine risale alle prime «fraternali
compagnie» del Cinquecento, che attestano la professione dellArte a scopo
lucrativo, nella prassi del «vendere teatro» (pp. 28-29). In seguito, «basato
sul policentrismo urbano e sulla mobilità di artisti e spettacoli, il sistema
acquisì rapidamente un profilo nazionale, secoli prima del raggiungimento
dellunità politica del Paese» (p. 27). Liter produttivo è sintetizzato nelle tappe
e nei settori organizzativi (La filiera teatrale) alla luce di teorie che
ne misurino i parametri, come quelle meno note di William J. Baumol
e William G. Bowen (1993). Frattanto si dichiarano i debiti verso
altre fonti (Livio, Pedullà, Tessari, Scarpelli, Guazzotti,
Gallina, ecc.) nel costituire un quadro interdisciplinare esteso ed efficace.
Con un balzo a tempi più prossimi (precedenti lUnità nazionale) appare il
costituirsi di compagnie presso gli Stati autonomi, quali la Reale Sarda (1820-1853)
in regime privilegiato e tendente alla stabilità: vocazione interrotta e poi ripresa
nel Novecento.
In luoghi deputati si svolgerà da allora la
vita artistica, a partire dalle città maggiori, dove la sala “barocca” (o
“allitaliana”) si sarebbe imposta (come allestero) nello stabilire rapporti
di classe, specchio della società in atto. Vengono descritte le forme di
investimento e di gestione secondo le quali è la redditività a orientare le
imprese verso lera della “cassetta”, nel momento in cui però difettano gli
interventi statali. Fra gli eventi legati allevoluzione dei rapporti fra
artisti, proprietari e gestori, il riconoscimento del diritto dautore, assicurato
dalla SIA (1882), in ritardo sulla Francia di un secolo e la Scuola (Accademia
dArte Drammatica a Firenze, 1882). In conseguenza, la valorizzazione del
drammaturgo mediante una rete capillare di agenzie di controllo e riscossione.
Cavaglieri si sofferma a tratti sulla
condizione, mutevole e precaria, dellattore e ne rileva la diversità rispetto
alla gente comune, poiché «lavorava sulle emozioni, esibiva il corpo e
permetteva una inusuale promiscuità di vita fra uomini e donne» (p. 47). La
preminenza del “grande attore” nellOttocento segna il ritmo delle compagnie
capocomicali, cellule autonome della “microsocietà” teatrale (pp. 47-50).
Lespansione comprende le tournées internazionali che uniscono al
prestigio il guadagno. Funzionamento e regole, rapporti contrattuali e
convenzioni duso sono esaminati nel concreto delle funzioni dei ruoli e degli
apporti specifici dei componenti. La maggiore offerta di posti nei teatri
documenta la diffusione dei luoghi di spettacolo e la crescente sensibilità
verso il pubblico, considerato sempre più degno di un servizio sociale e
culturale. La proprietà è divisa fra privati, amministrazioni locali e
“palchettisti” (possessori di un palco riservato). Attorno ai teatri è notevole
il sorgere di attività commerciali indotte, di agenzie teatrali e di una stampa
specializzata a strumento della critica.
Nel primo Novecento il teatro partecipa
alla ricerca della modernità e condivide i condizionamenti del mercato con
tutta la società. Lo slancio imprenditoriale cresce, gli organizzatori chiedono
riforme strutturali e quando viene scisso il rischio dimpresa dalla
responsabilità artistica, a risentirne è il capocomicato, mentre se ne avvantaggiano
i trust. La difficoltà sofferta dal capocomico porta alla costituzione
delle compagnie “impresariali”. Nuove anche le troupe a carattere “semistabile”
e laccesso dei drammaturghi alla loro direzione. Tanti interessi intrecciati
comportano conflitti e la nascita di sindacati (Cfr. Dal mutualismo alle
organizzazioni di categoria, p. 69). Con laccentuarsi delle disparità di
classe e i disagi della guerra, si manifestano proteste e scioperi finora
inconsueti.
Risorgono esigenze per un teatro popolare
(che in Francia suscitava ipotesi e tentativi ricorrenti) alimentate dallidea di
“servizio pubblico”, declinata dal fascismo e poi dalla repubblica in molte
varianti. Nel Ventennio assumerà scopi educativi dichiarati, assetti più vistosi
(teatro “di masse”) e controlli più severi (censura e sussidi discriminanti). È
pure momento di sovvenzioni (anche con concorsi per le compagnie, 1921) in
funzione di propaganda e di controllo ideologico. Dal lato artistico, «la
prevalenza della voce degli intellettuali su quella dei teatranti avvalorò idee
di riforma, incentrate su un modo di guardare che riconosce nella scrittura
drammatica lelemento base dello spettacolo e che al linguaggio dellattore
richiede fedeltà allautore» (p. 75). Criteri diversi (nelle visioni di Praga
e di DAmico, di Bragaglia e di Pirandello) attorno al teatro
“darte” generano unoscillazione perenne (cfr. Leccezione e la regola:
piccoli teatri darte e teatri nazionali, p. 81). Con il risultato duna
crisi per defezione crescente del pubblico, distratto dalla seduzione del
cinema.
In compenso, listituzione dellOpera Nazionale
Dopolavoro produce le filodrammatiche, caso significativo nelle sue formazioni
parrocchiali. I Carri di Tespi (decentramento ambulante) e il sabato teatrale
fascista saturano totalmente una “vocazione” espressiva davvero popolare, che
il Minculpop di Corrado Pavolini e lassenza di un sindacalismo libero
ed efficace destinano a esercizio professionalmente marginale. Soltanto
lAccademia dArte Drammatica sembra dare un impulso originale preparando al
futuro. Nel dopoguerra, quel futuro savvera nella rinascita e la
valorizzazione di idee mai maturate. Ma pure avviato alla «conquista della stabilità»
(p. 98), lo stato democratico continua a gestire il settore dello spettacolo
secondo «limpianto normativo di epoca fascista, che viene anzi confermato» (p.
104). LAGIS (dal 1945) e la Direzione generale dello spettacolo intervengono
in un quadro sempre incerto.
Una costante caratteriale è la rivalità fra
pubblico (Stabili) e privato (compagnie), tendente comunque allequilibrio, poi
scosso dalle cooperative che negli anni Settanta tentano programmi artistici e
politici al contempo. Lautrice segue la funzione legislativa – da parte della
Direzione Spettacolo (confluita nel 1959 nel Ministero Turismo e Spettacolo) – nel
suo procedere per circolari e non per atti unitari e completi. La mancanza in
più di mezzo secolo di una legge per il teatro apre una discussione ben viva,
che testimonia la centralità e la difficoltà di soluzioni adeguate. Il
persistente dilemma è riassunto in due «macro questioni» (p. 107):
programmazione di una politica culturale globale e superamento della precarietà
degli strumenti finanziari. Problemi connessi, quelli della competenza
ministeriale e del Fondo Unico Spettacolo (FUS, 1985). Una rassegna di
“situazioni” locali significative (per luoghi, città e circostanze e tipologie
dazione) informa in misura finora inedita sullo stato generale. Infine, riforme
e appuntamenti mancati (cap. 10), oltre che bilancio allarmante, sono invito (o
riprova di necessità) alla formulazione di un «Codice dello spettacolo dal vivo»
(p. 142).
Cavaglieri esprime responsabilmente, con
dati statistici e passione intellettuale, giudizi anche severi sul
funzionamento più recente del sistema. Davvero preziosa, la sua competenza
illustra le variabili influenti sullintero processo, sempre più complesso nel
tempo, così da facilitarne la comprensione alle diverse categorie di lettori e
operatori.
di Gianni Poli
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