Il
volume propone una raccolta di
saggi firmati da studiosi italiani e internazionali, a cura di Antonio
Caroccia, Francesco Cotticelli e Paologiovanni Maione, su aspetti inediti o poco indagati
della vita e dellopera di Gioacchino Rossini e sul rapporto con la città di Napoli.Paola Avallone e Raffaella
Salvemini esaminano il contesto storico-culturale in cui operò lillustre
musicista, delineando
rispettivamente le vicende politiche e la delicata situazione economica allindomani
della Restaurazione con il ritorno dei Borbone sul trono partenopeo. Le questioni
politiche ed economiche si riflettono anche nellesperimento della compagnia
reale del teatro de Fiorentini (1816-1824), gestita dallimpresario Salvatore
Fabbrichesi, di cui racconta con dovizia di particolari Alberto Bentoglio.
Cotticelli analizza
la drammaturgia napoletana negli anni rossiniani e lespansione dei centri di
spettacolo nella capitale, in particolare al Largo di Castello e alla Medina, tracciando
una «topografia
della fruizione» (p.
55) che caratterizzava la vita teatrale di Napoli. Il sodalizio tra il
musicista e limpresario Domenico Barbaja è indagato da Paologiovanni Maione
e Francesca Seller: mentre il giovane Rossini inconsapevolmente inaugura una
nuova epoca facendo breccia su un pubblico diffidente, Barbaja segna una svolta decisiva nellorganizzazione
dello spettacolo, ponendosi in dialogo con la città, con il regno meridionale e con
lEuropa tutta.
Maria Venuso evidenzia come durante gli anni
napoletani del maestro pesarese la danza al San Carlo presenti una realtà
composita, intrecciata di elementi mitteleuropei, e sotto certi aspetti
allavanguardia, a livello drammaturgico e formativo nel segno di grandi nomi della
storia del balletto ancora in
parte trascurati dalla critica. Sulla scorta delle fonti raccolte Paul-André
Demierre
riflette sulle orchestrazioni napoletane di Rossini, giustificandone la novità
e la scrittura «troppo rumorosa» (p. 98) al cospetto di esperienze prestigiose
e del differente gusto delle nazioni europee.
Paolo
Fabbri
evidenzia come le partiture di Johann
Simon Mayr, autore di successi quali
Medea in Corinto e Cora, e quelle di Rossini ebbero una
sostanziale continuità. «Si direbbe che nel cembalo di Mayr sassida il Genio
della divina Musica Italiana, che nella mano tiene il cuore umano, e allontana
colla destra dalla composizione le folgori e gli aquiloni della musica
doltremonte» (p. 102); «Rossini è il solo compositore veramente originale in
Italia, e quel chè curioso, originale rubando a man salva; ma lo fa in modo
che a guisa degli stomaci ciò che prende di non suo lo trasforma in chilo e
diventa suo sangue. Sparisce il furto e brilla la proprietà» (p. 106). Il
trionfo del pesarese è sottolineato poi da Massimo Fusillo, che ne
evidenzia linnovazione drammaturgica – con la divisione in tre atti e finale
tragico – nellOtello.
Lorenzo
Mattei
pone in risalto la
dimensione performativa delle composizioni rossiniane individuando le strategie
melo-drammaturgiche della commedia per musica, prodotta allinizio
dellOttocento nei teatri napoletani sulla scia della separazione in due atti
tentata – nel secolo precedente – prima da Giambattista Lorenzi e poi da
Giuseppe Palomba. Focalizzandosi sullesordio del maestro a Napoli, Antonio
Caroccia mette in rilievo come lartista seppe farsi amare dal pubblico sin
dalle prime recite nonostante resistenze e gelosie locali. «Il Signor
Rossini, di cui taluni avranno trovato altra volta strano ignorarsi da noi il
merito, trionfa oggi su i primi teatri di questa antica culla della scienza e
del genio musicale» (p. 148).
I ricchi
apparati documentali della collezione di Masseangelo Masseangeli (1809-1878),
custodita presso lAccademia Filarmonica di Bologna, sono illustrati da Rosa Cafiero e
da Marina Marino. Le due studiose propongono nuovi elementi per una
diversa contestualizzazione del rapporto tra Rossini e il basso Gian Lorenzo Capranica,
curatore
dellarchivio musicale della real cappella palatina, alla luce del ritrovamento di un
biglietto autografo. Da non trascurare il contributo sugli echi rossiniani a
firma di Loredana Palma, che ripercorre la fortuna musicale della stampa
periodica degli anni Trenta. Nel 1839 Rossini – ormai riconosciuto genio
europeo e «massimo
de viventi compositori di musica» (p. 188) – rientra brevemente in
città suscitando un vasto clamore: «i Napoletani ritroveranno così pel gran Pesarese le
splendide corone che allora gli offrirono e che non dovevano appassire giammai»
(p. 189).
Chiudono
il volume la rassegna a cura di Cesare Corsi di una parte delle musiche relative
allopera Mercadante, conservate presso la
biblioteca del Conservatorio di San Pietro a Majella, e lapprofondimento
dellesperto di organologia Francesco Nocerino su interessi, gusti e
preferenze dellinsigne compositore pesarese: violinista, violista,
violoncellista, flautista, cornista e fine conoscitore degli strumenti musicali
a tastiera. «Mi compiaccio dichiararle che il Pianoforte del Fabricante Johann
Fritz di Vienna a lei ceduto […] è quello stesso di cui mi valsi allorquando
composi il mio Spartito che per titolo Semiramide: in fede
Gioacchino Rossini» (p. 223).
di Stefania Prisco
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