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«Ludica. Annali di storia e civiltà del gioco», 2020, n. 26


165 pp., euro 40,00
ISSN 1126-0890

Non delude il ventiseiesimo fascicolo di «Ludica. Annali di storia e civiltà del gioco». In linea con gli altri numeri della rivista, offre interessanti spunti di riflessione e suggerisce al lettore attento inusuali percorsi di ricerca. A cominciare dalle considerazioni di Matteo Sartori sui mutamenti intervenuti nelle raffigurazioni del Decameron tra XIV e XVI secolo. La raccolta di novelle di Boccaccio fu l’unica a essere illustrata con continuità sia nei manoscritti sia nelle edizioni a stampa durante l’intero arco cronologico indicato e molte di quelle raffigurazioni sono ascrivibili alla sfera del loisir come danze, musica, caccia, giostre e tornei, scacchi, giochi da tavolo e passeggiate. Una lettura iconologica e iconografica comparata di quelle immagini ha permesso di individuare i segnali di un cambiamento storico e sociale nell’immaginario ludico (pp. 7-20). A seguire John McClelland si è interrogato sulle cause della mancanza di manuali sportivi in Francia, nonostante nel paese si praticassero già dal Medioevo sport fisicamente impegnativi con una professionalità riconosciuta a livello internazionale. Una delle motivazioni potrebbe essere legata a fattori linguistici (pp. 21-34).

Il bel contributo di Esther Merino indaga in una prospettiva europea le competenze stilistiche e l’attività internazionale dello scenografo veneziano Francesco Santurini detto il Baviera (1627-1682). Nella seconda parte del saggio la studiosa offre una dettagliata lettura delle invenzioni per tre opere del 1662: Fedra incoronata, Antiopa giustificata e Medea vendicativa (pp. 35-49). Manfred Zollinger si occupa del tentativo da parte di alcuni mercanti britannici di introdurre in Inghilterra il gioco del lotto secondo il modello genovese. Tentativo fallito, ma di cui resta testimonianza in un poco noto documento di “promozione” pubblicato a Londra nel 1662 e qui integralmente riproposto (pp. 50-68). Dal lotto alla dama polacca con Thierry Depaulis. La variante del celebre gioco, comparsa alla fine del XVII secolo nei Paesi Bassi settentrionali, si diffuse velocemente in Francia, divenendo popolare nei caffè parigini. Fino al 1770, quando venne pubblicato l’Essai sur le jeu de dames à la polonoise «par le sieur Manoury», recentemente identificato con il gestore di un locale all’angolo tra Place de l’École e Quai du Louvre. Alcune testimonianze inedite hanno permesso di ricostruire l’elegante disposizione del caffè e le bevande che venivano servite (pp. 69-81).

La sezione dedicata al Premio Gaetano Cozzi per saggi di storia del gioco, giunto alla sua quarta edizione, raccoglie i saggi dei due vincitori, Francisco Javier Bran Garcíag e Mattia Corso, e quello di Marco Felicioni, segnalato dalla giuria. Il primo rintraccia nei trentasette volumi della Storia naturale di Plinio i riferimenti al gioco, poi utilizzati come punto di partenza per arricchire le nostre conoscenze sulle pratiche ludiche del tempo (pp. 85-96); il secondo è dedicato alla ricostruzione di due danze popolari di tradizione veneta – il ballo del cavallo e quello della botte – che attestano come alcune prassi coreutiche fossero caratterizzate da un uso del corpo improntato a movenze lubriche e alla ricerca del contatto fisico con il partner (pp. 97-107). Infine, Felicioni sonda lo scivoloso terreno delle contaminazioni tra gioco e progetto architettonico. Attraverso selezionati esempi, databili per lo più tra il XIX e il XX secolo, viene delineata un’inaspettata rete di connessioni tra esperienze che, seppur lontane in termini cronologici e geografici, hanno in comune il ricorso a strategie ludiche e a comportamenti tipici del gioco (pp. 108-116).

Infine, tra le utili Schede che chiudono il volume, sono da segnalare la trascrizione di Paolo Procaccioli dell’anonimo sonetto Pasquino a i cardinali che giocano a carte, risalente al conclave successivo alla morte di Paolo III (pp. 119-123); gli appunti di Gherardo Ortalli sulla storia della lotteria (pp. 124-128); e le pagine dedicate ai giochi di carta conservati al Gabinetto delle Stampe dell’Istituto centrale per il Patrimonio immateriale (pp. 129-138).


di Lorena Vallieri


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