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Renaissance Metapainting

A cura di Péter Bokody e Alexander Nagel

London-Turnhout, Brepols, 2020, 348 pp., euro 125,00
ISBN 978-1-912554-26-3

Sulla sovraccoperta di questo volume è riprodotto un interessante dettaglio di una tela di Jan van Eyck. I panneggi del piviale dell’arcangelo Gabriele e del velo di Maria si adagiano sulle formelle di un pavimento decorato sul soggetto di episodi veterotestamentari: le storie di Sansone e Dalila, Sansone abbatte il tempio, Sansone uccide i filistei, Davide e Golia, la Morte di Assalonne, la Morte di Abimelech. Prive di colori, definite da un tratto quasi abbozzato e da una prospettiva intuitiva, queste scene occupano lo spazio che sostiene, dal fondo di un antico passato, l’ Annunciazione (1434-1436) dell’angelo alla Vergine. Simbologie allusive, che con il sovrapporsi di piani di profondità e l’accostamento di stili figurativi differenti permisero a pittori del Rinascimento di riprodurre sculture, rilievi, vetrate, affreschi contemporanei e precedenti, ampliando il potenziale di comunicazione delle loro opere e dando prova del proprio talento nel citare creazioni di maestri apprezzati.

 

A casi analoghi di Renaissance Metapainting sono dedicati i contributi di questa pubblicazione, nei quali si valutano alcuni episodi italiani e fiamminghi della fase aurorale di tale fenomeno – i secoli XIV e XV –, non ancora fatta oggetto di indagini sistematiche. Se già nel 1964 André Chastel aveva sottolineato come la riproduzione di un Tableau dans le tableau (Berlin, Mann, 1964) fosse stato uno dei mezzi con cui gli artisti affermarono la consapevolezza dell’importanza del proprio operato tra Quattro e Novecento, solo nel 1993 fu illustrato da Klaus Krüger (Mimesis als Bildlichkeit des Scheins. Zur Fiktionalitat religioser Bildkunst im Trecento, Berlin, Akademie, 1993) come già nel Trecento italiano la riproduzione di architetture e opere d’arte nei dipinti potesse assumere significati simbolici e suggerire all’osservatore l’esercizio di alcune pratiche devozionali. Wolfgang Kemp nel 1995 ne sondò le declinazioni nelle opere di van Eych e di Mantegna (in Praktische Bildbeschreibung. Űber Bilder in Bilden, Besonders bei Van Eych und Mantegna, Munich, Fink, 1995). I testi di questi tre studiosi vengono qui pubblicati per la prima volta in traduzione inglese da Péter Bokody e Alexander Nagel, autori anche dell’introduzione al volume, insieme a otto nuovi saggi apprezzabili per la varietà di metodologie adottate e per il loro focus sul primo Rinascimento, che colma un vuoto storiografico.

 

Robert Brennan esamina gli affreschi di Giusto de’ Menabuoi per la Cappella Conti nella Basilica di Sant’Antonio a Padova (1382), riconoscendovi quattro occasioni di metapittura nelle scena della vita del beato Luca Belludi; l’inclusione di ritratti dei protagonisti delle vicende politiche padovane di fine Trecento; le similarità e le divergenze nel disegno delle aureole secondo i canoni prospettici proposti da Giotto nella Cappella degli Scrovegni; il raffronto tra le diverse volumetrie degli idoli pagani e delle croci astili dei cristiani; la raffigurazione di san Luca nell’atto di ritrarre Maria e il Bambino, iconografia che suggerì a numerosi pittori forme di celebrazione e autorappresentazione del proprio operato nel Quattrocento.

 

Sulla ricezione da parte di Taddeo Gaddi, Niccolò di Tommaso, Lorenzo Monaco, Ambrogio Lorenzetti della lezione di Giotto riguardo alla riproduzione in affreschi di architetture adorne di statue e vetrate si sofferma Péter Bakody; mentre Erik Eising e Nicolas Herman esplorano come la citazione di quadri e retabli in tele e codici miniati fiamminghi destinati al mercato dei Paesi Bassi offrisse agli artisti locali l’occasione per un aggiornamento sui canoni figurativi elaborati nell’Europa del Mediterraneo.   

 

Anna Degler, partendo dall’analisi del caso degli occhi di Santa Lucia colti come un fiore nel polittico Griffoni di Francesco del Cossa, illustra come alcuni pererga che arricchirono le tele del maestro riproducessero curiosità custodite nelle collezioni estensi, delle quali la copia in pittura divenne un’abilità apprezzata degli artisti dell’officina ferrarese. Beate Fricke legge nel Cristo come Uomo dei dolori di Albrecht Dürer lo sforzo di superare i limiti della pittura nel contenere i dolori fisici e metafisici nella bidimensionalità della tela, dal cui fondo, scuro e luminoso a un tempo, il Salvatore si protende da un antro tetro spalancato su una parete dorata verso l’osservatore.

 

Sull’interesse di Leonardo, Fra Bartolomeo, Raffaello per le icone bizantine circolanti nell’Italia dell’inizio del Cinquecento si sofferma Nagel, proponendo un ampliamento del catalogo dei modelli di tali pittori in una prospettiva arcaizzante, inusuale rispetto alle linee della consolidata storiografia artistica. Due tele di Jan GossartLa Vergine e il Bambino e il San Luca ritrae la Vergine – sono al centro del contributo di Shira Brisman, che riflette su come un’immagine sacra potesse alludere ai principi fondativi della propria elaborazione. In particolare, si esamina il caso della preghiera Ave Sanctissima, più volte musicato e recitato dai fedeli per volontà di papa Sisto IV a partire dal 1477, dove Maria rifulge in sole consacrando una diffusa iconografia rinascimentale di cui l’autrice studia numerose occorrenze.

 

La lettura di questa pubblicazione è di grande utilità per quanti si occupano di iconografia e iconologia e della ricezione delle opere d’arte presso il pubblico quattrocentesco italiano e fiammingo. Le numerose tavole ad alta risoluzione, gli indici e una ricca bibliografia internazionale ne fanno uno strumento importante di aggiornamento scientifico e di preziosa educazione all’indagine del significato delle immagini nel Rinascimento.


di Claudio Passera


Renaissance Metapainting

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