Risultato
di un lavoro di ricerca avviato nel 2014 in occasione del centenario dello
scoppio del primo conflitto mondiale, il volume di Armando Petrini illustra le profonde trasformazioni del teatro
italiano negli anni terribili e sconvolgenti della Grande guerra, con una
particolare attenzione al periodo immediatamente precedente. Lassunto di
partenza è infatti quello che «non si insisterà mai abbastanza sulla continuità
tra Otto e Novecento» (p. VII). Così, nei Preliminari,
lautore si interroga su quando inizia il
Novecento teatrale italiano e, nel riannodare i fili che legano i due
secoli, mette in luce le spinte antitetiche e dialettiche che caratterizzano
unepoca che, pur nei decisivi tratti di continuità, è segnata da inquietudini
e rotture.
Sentimenti
che si percepiscono con precisione proprio nel secondo decennio del XIX secolo.
Basti pensare alle cosiddette “commedie cerebrali” di Pirandello, composte tra il 1915 e il 1918; ai due manifesti del Teatro di varietà e del Teatro futurista sintetico, che Marinetti redige tra il 1913 e il 1915;
o alle coeve “parodie” petroliniane, a cominciare da Nerone e Il belArturo. Ma
aldilà dei singoli e pur significativi episodi, in questo frangente si
manifestano alcuni macrofenomeni decisivi per la storia del teatro successivo, come
lindebolirsi della figura del Grande attore e laffermarsi dei processi di
industrializzazione dello spettacolo. E mentre prende la parola una nuova
generazione di critici del calibro di Antonio
Gramsci, Piero Gobetti e Silvio dAmico – che si rivela
determinante nel formare il gusto degli spettatori –, si instaura una inedita
relazione tra teatro e cinema con reciproche, rilevanti influenze sul piano
recitativo.
A
queste Questioni generali è dedicata la prima parte del libro, in cui si
approfondiscono sia gli aspetti organizzativi che segnarono il teatro italiano
negli anni del conflitto, sia le concrete ricadute della temperie bellica sulle
vicende dello spettacolo. Anche in teatro, infatti, come in ogni altro
frangente della vita, le scosse brutali della guerra si percepirono con
precisione. Certo nellinevitabile calo di pubblico, nella riduzione degli incassi,
nella temporanea chiusura delle sale, ma soprattutto in quegli aspetti forse a
prima vista meno evidenti. Penso allelevato numero dei chiamati al fronte tra
gli attori, che mise a rischio lesistenza stessa delle compagnie, soprattutto
nel caso di formazioni minori. Ma anche ai provvedimenti del Governo di guerra,
dalle limitazioni imposte ai trasporti ferroviari al decreto per leconomia
della carta dellaprile 1917, che contribuirono a rendere più disagevole la
vita delle troupes.
Petrini
prende in considerazione anche alcuni episodi del “teatro al fronte”, a partire
dal cosiddetto Teatro del soldato. Ideato
dal Comando Supremo dellEsercito e sostenuto dalla Società degli Autori, liniziativa
riesce, anche grazie allapporto di Renato
Simoni e Nino Oxilia, a
promuovere alcune recite nelle zone di guerra. A questo scopo il Genio militare
costruisce in diverse località sul Carso teatri in legno della capienza di
duemila posti ciascuno. Per un mese e mezzo si alternano su quei palcoscenici
alcuni fra gli attori italiani più conosciuti: Ermete Novelli, Tina di
Lorenzo, Ermete Zacconi, Ruggero Ruggeri, Leopoldo Fregoli, Alfredo de
Sanctis, ma liniziativa si rivela fallimentare. Dopo poche settimane gli
spettacoli vengono sospesi con la motivazione “ufficiale” che i rovesci della
guerra sconsigliano di portare avanti il progetto. Dai periodici del tempo si
capisce che in realtà i sentimenti dei soldati erano mossi più al «desiderio
del ritorno a casa che alla “poesia” del nostro teatro» (p. 21).
Il
vero cuore del volume è la seconda sezione, che si concentra, secondo diverse
prospettive, sui percorsi di cinque fra i protagonisti della scena italiana negli
anni del conflitto: Zacconi, Ruggeri, Emma
Grammatica, Febo Mari ed Ettore Petrolini. Sono gli attori,
infatti, che «instaurano sempre con il momento storico in cui vivono un
rapporto particolare»: «interrogarne larte significa perciò leggere con un
filtro particolare, e particolarmente potente, il frangente in cui è stata
espressa, di cui è insieme testimonianza e alimento, cartina al tornasole e
pungolo» (pp. XXI-XXII). In altre parole: è solo attraverso una riflessione sui
loro stili e sulle loro scelte recitative che emergono sia i sentimenti del
tempo, sia i nodi che segnarono la cultura, non solo teatrale, del primo
Novecento.
di Lorena Vallieri
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