Esce, a cura del figlio Jean-Marie,
una pièce incompiuta del 1940 di Raymond
Queneau: contributo alla conoscenza dun aspetto meno conosciuto
dellautore francese, celebre per narrativa, poesia e speculazione su ogni
genere di linguaggio espressivo, ma pressoché ignorato quale drammaturgo e appassionato
dello spettacolo. Lopera drammatica dellinventore dellOULIPO, del narratore
di Le Chiendent (1933), Saint-Glinglin (1948), Zazie dans le métro (1959) e del poeta
di Petite cosmogonie portative (1950)
e Morale élémentaire (1975) è ben minima
e appartata, compresa lunica pièce edita finora, En passant, del 1944.
Lo scrittore dallo spirito
scientifico enciclopedico, dallo sguardo malizioso e affilato nel valutare ogni
comportamento comunicativo, verbale e gestuale, ha sperimentato senza sosta le
funzioni espressive del linguaggio nei generi più disparati. Una teatralità
evidente lascia tracce di dialogo e didascalie nei romanzi e nelle poesie e
compare nelle prove di scrittura per la scena, al principio mimate sugli esempi
che, sorti dalla mitologia classica, giungono al teatro borghese, via il grottesco,
il vaudeville e lassurdo di modello
jarryiano. Pure lesercizio di stile surrealista vi si trova, in tangenza
rispetto allopera di Achard, Cocteau e Salacrou. Un
inedito rimasto in archivio è la commedia in cinque quadri, Saint-Siméon (1947), pièce fra simbolismo e giallo carica di suspense, in cui linseguimento del
gatto (Saint-Siméon) eletto a vittima sacrificale distoglie dal gioco (finto,
ma serio) dellamore.
Monsieur Phosphore è un divertissement
drammatico allegorico, non totalmente svolto e concluso, in cui agiscono
quattro angeli (Anges de Lumière, poi
decaduti) e tre arcangeli – Gabriel, Raphaël e Michaël – in un arco temporale
immaginario dalla Creazione alla storia più recente. A indagare nel pensiero
dellautore, in quegli anni prossimi alla guerra, si rileva la costante duna ricerca
filosofica e “metafisica”, mista alla meditazione, sulleredità biblica diffusa
nella cultura europea. Queneau affronta allora la dicotomia fra razionalità (occidentale) e intelletto (orientale, declinato in senso
cosmico e psicologico), frutto anche della lettura dellopera di René
Guénon, alla “tradizione” improntata.
Il tema infernale – già affiorato
in un appunto infantile e magari echeggiato da La fin de Satan di Victor Hugo – si precisa nella premessa in
cui gli angeli, informati della creazione delluomo, reagiscono con un moto dorgoglio
invidioso: «En rival du créateur, une trinité angélique et maudite (Lucifer, le
Diable et Satan), figure unique composée de trois personnages, se voit assistée
de lénigmatique Monsieur Phosphore, en retrait, porteur de lumière, voué à
lhumanitè et à la réflexion» (p. 8). Nellatto I, i quattro giocano a carte o
piuttosto interpretano, quasi tarocchi primordiali, mazzi di carte di materia
grezza, specie di pesanti lastre scistose che «en fait se composent de lames» (p. 15). Ignari ancora della
nozione di “male”, estraggono figure delle quali discutono il misterioso
significato, senza tuttavia individuare origine e natura della realtà che di lì
a poco verrà manifestata. Le carte così consultate, nei mazzi che vengono lanciati
e risucchiati nel vuoto universo, si dissolvono, mentre il pensiero
dellInferno si concreta. Gabriel interviene ad annunciare la Creazione e Raphaël
la dichiara finita con la nascita delluomo. La natura di quello strano essere
nuovo, suggerita dallarcangelo, scatena dubbi e sconcerto nei diavoli che ritengono
blasfema questultima creatura.
«LUCIFER – Parle donc, Raphaël, et dis nous: quest-ce que lhomme ? /
RAPHAËL – Un résumé de lunivers. / SATAN – Sublime merveille. / LE DIABLE –
Mais quel aspect ? / RAPHAËL – Daucun animal, quoique animal lui-même. / M.
PHOSPHORE – Une bête ? / RAPHAËL – Douée de raison et dont lâme est
immortelle. / LUCIFER – Blasphème!» (p. 31).
Percorsa da perplessità e ironia,
quellidea in apparenza consona alla rivelazione biblica ortodossa procede a
contestare, con amarezza e pudore, lessenza della verità e delle sue
rappresentazioni. Lentrata di Michaël avviene in piena discussione su una natura
umana che appare unoffesa a Dio. Ma lordine supremo impone di riconoscere lUomo
quale gloria di Dio. «Supérieur alors à lange… ainsi honoré, un résumé de lUnivers, par-dessus le marché. Un
microcosme. Doué de raison… Dune âme immortelle» (p. 36), farfugliano confusi
i poveri Diavoli. Di fronte ai connotati inaccettabili per il loro zelo
integralista (diremmo noi), tutti solidali rifiutano di sottomettersi.
Latto II evoca la dannazione
degli angeli, colti nel momento di precipitare e durante la caduta, nella quale
traggono dalle “carte” precedenti responsi ed eventi proiettati nella storia
futura dellumanità, suffragabili da ragioni attinte alla teologia cattolica. Lazione
si chiude sullinvenzione organizzata della funzione, ormai indispensabile,
dellInferno, luogo della punizione a base di fuoco eterno. In tutta la
vicenda, il ruolo di Phosphore è quello dal carattere più umano. Peccato che i
diversi sviluppi ipotizzati non siano sfociati in un finale coerente, affidato
comè soltanto agli appunti manoscritti del progetto, chiuso da una sintesi
genericamente ottimistica: «Le Monde est Bon / Nous collaborons au Plan Divin /
même les enfants Martyrs / Lenormité du Mal / Mais aussi son impuissance
puisque Dieu peu tout pardonner» (p.
59). O forse, conscio e sazio davere piuttosto un po scherzato, il patafisico
incallito rinunciava a completare e pubblicare per non offrire ai posteri un
ritratto di sé oltremodo antipatico e serioso.
di Gianni Poli
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